LA SICUREZZA DEL POTERE SI FONDA SULL’INSICUREZZA DEI CITTADINI

La frase del titolo viene da Leonardo Sciascia, che ancora una volta fu lucidissimo nel fotografare non solo il presente ma, ahinoi, il futuro.
Ieri la Presidente del Consiglio ha risposto alle non poche polemiche relative al decreto anti-rave e anti-tutto con queste parole: “è una norma che rivendico e di cui vado fiera perché l’Italia – dopo anni di governi che hanno chinato la testa di fronte all’illegalità – non sarà più maglia nera in tema di sicurezza”.
Andiamo a vedere questa maglia nera. In verità, se andiamo a consultare i dati forniti a dicembre scorso dalla Polizia criminale, i reati calano: “sono in lieve crescita (5,4%) in Italia nel 2021 rispetto al 2020, caratterizzato dal calo verticale dei reati, ma comunque in calo del 12,6% in confronto al 2019“. Tranne che per i femminicidi: “116, come nel 2020, a fronte dei 110 del 2019, su un totale di 289 omicidi (+4 rispetto al 2020, -25 rispetto al 2019)”.
Passo indietro. In un vecchio appello, Il triangolo nero, che un gruppo di scrittori (fra cui la qui presente)  diffuse proprio all’indomani dell’omicidio di Giovanna Reggiani di cui ho parlato nel post precedente, si evidenzia come anche allora, 2007, si applicava la stessa distorsione:

“Politici vecchi e nuovi, di destra e di sinistra gareggiano a chi urla più forte, denunciando l’emergenza. Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalità (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli più bassi dell’ultimo ventennio, mentre sono in forte crescita i reati commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto Eures-Ansa 2005, L’omicidio volontario in Italia e l’indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci la vittima è una donna; più di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il responsabile di aggressione fisica o stupro è sette volte su dieci il marito o il compagno: la famiglia uccide più della mafia, le strade sono spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto”.

Ieri come oggi, il rischio-sicurezza non è nei rave, non è nelle manifestazioni: è nelle case e riguarda le donne, su cui al momento, a parte l’elenco senza cognomi nel discorso della presidente, così lodato da molte, non ci si esprime. Salvo nei famosi Appunti per un programma conservatore della scorsa primavera, dove si legge che lo Stato deve garantire sicurezza perché “non è possibile accettare che una donna non possa tornare a casa da sola senza essere importunata” (vecchia storia, quella dei corpi delle donne usati a fini securitari e identitari).
Anche qui, non c’è da stupirsi più di tanto. Andando a ripescare il vecchio programma di Fratelli d’Italia, si annunciava:  revisione “della cosiddetta legge sulla tortura. Controllo del territorio anche con il contributo dell’esercito. Chiusura dei campi nomadi anche per eliminare il fenomeno dei roghi tossici nelle grandi città, legge che dica che la difesa è sempre legittima”. Nei successi Appunti per un programma conservatore, Paolo Del Debbio ha parlato di periferie.  E per la lotta al degrado, alla spazzatura e alle scritte sui muri evocava la Teoria delle finestre rotte. Ora, la Teoria delle finestre rotte non è un film horror (o forse è horror ma non è un film). E’ una tesi di George L. Kelling e James Q. Wilson apparsa su The Atlantic nel 1982: sostiene, in pratica, che una finestra rotta ne chiama un’altra, e che quindi la criminalità, anche micro, si combatte con il decoro. Il sindaco di New York, Rudolph Giuliani, se ne servirà nel 1994 per la famigerata strategia della tolleranza zero (che rose e fiori non fu: Amnesty Internazional ricorda che le richieste di risarcimento per danni causati da perquisizioni violente della polizia e le denunce per i loro comportamenti arbitrari  aumentarono rispettivamente del 50 e del 41%, e che soprattutto tra il 1993 e il 1994  il numero di civili uccisi nel corso di operazioni di polizia crebbe del 35%). Soprattutto, la teoria venne contestata radicalmente in uno studio su Nature del 2017, che dimostra come semmai la repressione dei piccoli crimini abbia causato un incremento dei crimini maggiori.
Ora, Rudolph Giuliani è lo spettro che torna. Vanessa Roghi, in Eroina, racconta che l’allora prefetto di ferro ispirò Bettino Craxi che a sua volta ispirò la prima e contestata legge sulle droghe, la Iervolino-Vassalli. E’ interessante  la fascinazione nei confronti di quest’uomo, che si vantava di ripulire New York attraverso la repressioni di  reati minori come graffiti, turnstile jumping (il salto dei tornelli della metro), e squeegeemen (i lavavetri ai semafori), “con l’idea di mandare un chiaro messaggio alla criminalità in generale e che la città sarebbe stata “ripulita””. Decoro e sicurezza, ancora una volta.
Non importa, nel nostro caso, che la questione sicurezza si ponga soprattutto nei confronti delle donne uccise: è la percezione che conta e conterà.
Tempi duri, già.

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