Quelle che seguono sono due lettere. Alle lettere segue un commento. Io mi limito alla premessa. Violata, come credo molti di voi sappiano, è una statua non bella che originariamente era stata concepita dall’autore come una semplice statua che ritrae una donna, con abito stracciato nei punti giusti, che stringe una borsa. Difatti, il titolo originale era “Donna con borsa”. La Commissione pari opportunità Marche decide di investire i 17.000 euro del proprio budget per trasformare in simbolo contro la violenza sulle donne un’opera che era già stata precedentemente rifiutata da Provincia, Comune e Regione e che, si ripete, esisteva già con altro nome e non certo con destinazione pubblica e non certo con il significato che le si è voluto dare. Alle prime proteste (numerosissime), la risposta della presidente delle Pari Opportunità, Adriana Celestini è stata questa: “Quella statua non è un’ offesa alle donne perché quello che si è voluto leggere dai più è la cultura del rispetto. Chi ci vede altro è una persona che deve essere curata.”
A nulla sono serviti anni di petizioni e appelli firmati da donne e uomini. Celestini ha sempre difeso la sua scelta come insindacabile. Niente concorso, soldi che potevano essere investiti in modo più utile, scelta di un simbolo a posteriori. Nulla: le Pari Opportunità Marche hanno ragione e parlano, dobbiamo dedurre, a nome delle donne: anche se quella scelta è stata fatta a propria personale gloria. Un bel convegno, tailleur d’ordinanza, foto: a questo si mirava.
Per chi volesse, qui altri post di questo blog su Violata.
Francesca Baleani, marchigiana, è la coraggiosa donna che nel 2006 è stata quasi uccisa dall’ex compagno e gettata agonizzante in un cassonetto. E’, grazie alla Dea, viva, lucida e non poco arrabbiata. Di seguito, pubblico la sua lettera a Valeria Mancinelli, sindaca di Ancona e a Adriana Celestini, la risposta di Celestini e il commento di Francesca. Con l’augurio sincero che prima o poi la commissione PO marchigiana venga azzerata.
LETTERA DI FRANCESCA BALEANI A VALERIA MANCINELLI SINDACA DI ANCONA
Alla cortese attenzione della Sindaca di Ancona, Signora Valeria Mancinelli
e p.c.
Presidente Commissione Pari Opportunità della Regione Marche, Signora Adriana Celestini
Assessore alla Cultura Comune di Ancona, Signor Paolo Marasca
Assessora ai Servizi Sociali del Comune di Ancona, Signora Emma Capogrossi
18/11/2014
Oggetto: La statua Violata e la protesta ignorata
Gentile Signora Mancinelli,
Dall’inizio, nell’aprile 2013, della protesta per richiedere la ricollocazione della statua Violata, a fronte della sostanziale indifferenza che la politica locale ha mostrato riguardo alla questione, mi trovo purtroppo a dover ancora manifestare il mio più profondo dissenso per la scelta di questa opera come omaggio “in onore di tutte le donne vittime di violenza”.
E questo, incredibilmente, malgrado una mobilitazione che ha coinvolto in tutta Italia un numero enorme di associazioni e centri antiviolenza, organismi e rappresentanti di parità e pari opportunità, centri studi di genere universitari, intellettuali e cittadini – tra cui molte donne vittime di abusi e familiari di donne uccise.
Da donna abusata, consapevole purtroppo in prima persona delle enormi problematiche interiori e sociali che questa dolorosa condizione comporta, voglio esprimerLe ancora il fortissimo disagio che provo nel vedere rappresentato un tale dramma in una maniera così superficiale, fuorviante e inopportuna.
Le ragioni culturali profonde dell’inadeguatezza di questo monumento come simbolo della lotta contro la violenza sulle donne sono state ampiamente e più volte illustrate nelle tante lettere e manifestazioni di protesta, e sono talmente evidenti a chiunque che eviterò di ripeterle. Mi limito a ribadire che questa raffigurazione di donna violata è fra le immagini più umilianti che si potessero scegliere per rappresentare certi squarci del corpo e dell’anima e sembra più adatta a sollevare morbosità erotica che qualsiasi riflessione su un tema che oggi nel nostro Paese è una vera e propria piaga sociale.
Questa leggerezza nella scelta dell’opera, la superficialità nell’affrontare l’argomento, unite alla scarsissima o nulla considerazione che ha trovato la voce dei tanti che si sono uniti in questa protesta nazionale sono l’ennesima offesa nei confronti della sensibilità di chi, vittime o familiari, ha vissuto o vive dinamiche di violenza.
Mi rifiuto di venire rappresentata dalle scelte di persone che troppo spesso ignorano ciò di cui stanno parlando, e che non di rado cavalcano l’onda mediatica del femminicidio, senza avere evidentemente la minima sensibilità o disposizione all’ascolto nel comprendere almeno in parte ciò che accade nella vita di chi subisce violenza, o di chi la conosce tramite l’esperienza di una familiare.
Mi rifiuto di essere “onorata” da un simile monumento se poi la mia voce, nel momento in cui si alza, non riceve la minima considerazione. Mi chiedo che politica sia quella che pretende di omaggiare le donne vittime di violenza quando poi le ignora completamente se prendono la parola su qualcosa che le riguarda in prima persona. Sicuramente non è la politica da cui voglio essere omaggiata, né interpretata.
A coloro che hanno liquidato la questione simbolica relativa alla statua Violata come marginale, tutto sommato ininfluente sull’impegno nel contrasto della violenza di genere, privilegiando le “azioni concrete” a sostegno delle vittime, rispondo, da donna abusata, che qualsiasi azione concreta, per quanto apprezzabile, importante e necessaria, sarà sempre e solo un tamponare l’emergenza, se non si affronta il problema della violenza di genere per quello che è: una questione in primo luogo profondamente culturale, nella quale l’educazione e la comunicazione, simbolica e non simbolica, verbale e non verbale, giocano un ruolo decisivo e fondamentale.
Per tutti questi motivi, mi rivolgo oggi a Lei per avere finalmente una risposta puntuale in merito alla protesta.
Spero che il prossimo 25 novembre non sia più soltanto una data da spot promozionale, come già troppo spesso accade l’8 marzo, ma diventi l’occasione per avviare un percorso di ascolto e confronto, al fine di trovare una soluzione condivisa a un problema che non può e non deve essere nascosto sotto il tappeto dell’indifferenza e del benaltrismo. Io aspetto.
Cordialmente, Francesca Baleani
RISPOSTA DI ADRIANA CELESTINI
Gent.ma Sig.ra Baleani,
ho letto la sua lettera e per prima cosa voglio ribadire che ho grandissimo rispetto per Lei e per tutte le vittime di qualsiasi forma di violenza.
Rispetto che mi ha sempre spinto a combattere, da tanti anni, la violenza di genere anche quando ancora poco se ne parlava.
Come Commissione Pari Opportunità regionale, nella convinzione che la violenza in ogni sua forma è figlia di una mancanza di rispetto dell’altro diverso da sè ,abbiamo voluto affrontare la battaglia occupandoci della prevenzione.
Ci siamo cioè indirizzate a smuovere l’indifferenza e l’omertà di chi pensa che “se la violenza è un problema, è cosa che riguarda solo chi la subisce”.
Quindi abbiamo fatto progetti con le scuole per parlare ai giovani, abbiamo fatto convegni per la gente tra la gente, abbiamo sostenuto rappresentazioni teatrali per arrivare ad un numero sempre crescente di persone.
Nonostante il tanto lavoro profuso sul territorio, da noi e da tutte le organizzazioni che si occupano di violenza di genere, abbiamo però assistito alla crescita esponenziale del numero di donne vittime.
A questo punto, consapevoli che per ripristinare la cultura del rispetto il cambiamento doveva coinvolgere tutto il tessuto sociale e non solo chi partecipava ai convegni o ai progetti, si è pensato alla creazione di un simbolo che inducesse alla riflessione anche le persone più indifferenti e che desse il via a discutere sulla gravità di questa piaga sociale, qualunque fosse il giudizio verso l’opera.
La statua perciò non è un tributo a donne che hanno subito violenza, ma un simbolo in una lotta contro la violenza.
Il progetto è stato sostenuto oltre che dalla Commissione che presiedo, anche da tante associazioni di donne numericamente più rappresentative della nostra regione e tra loro molte sono quelle che portano profonde ferite nell’anima per aver subito abusi di vario genere.
Ad oggi sono sempre più convinta che quella statua sia riuscita a smuovere parecchio se sempre più persone, al di là del giudizio estetico, in tanti ambiti sociali hanno affrontato l’argomento della violenza di genere e hanno iniziato ad avere meno tabù e maggiore presa di coscienza (tanto da invitarci a parlarne anche laddove mai avremmo pensato di essere chiamate a fare relazioni) e penso che forse più che analizzare il dito che punta alla luna sia ora di concentrarci ad guardare il problema presente sulla luna. E guardarlo non solo il 25 novembre o l’8 marzo ma continuamente non stancandoci mai di affermare che ”Il rispetto è un diritto sempre”.
Sempre disponibile ad un confronto costruttivo, le invio cordiali saluti.
Adriana Celestini, 24/11/2014
NOTA DI FRANCESCA BALEANI resa pubblica, con la lettera di Celestini, tre giorni fa.
Una risposta che mi lascia davvero allibita, che se da un lato spezza un silenzio istituzionale imbarazzante e insopportabile, dall’altro si rivela purtroppo, nel contenuto, del tutto prevedibile e deludente. Avrei voluto leggere nelle parole della Presidente, al di là del solito – già sentito – riepilogo delle tante attività svolte e dell’impegno profuso nel tempo – che né io né chi con me protesta ha mai messo in dubbio – almeno un cenno di dispiacere, se non di scuse, per l’offesa che – di certo involontariamente – questa iniziativa ha recato a me e a tante donne come me. Avrei voluto trovare almeno un barlume di umano dubbio sulle modalità con cui si è operato, un segnale di sana autocritica.
Leggo dichiarazioni di “rispetto” per me e per tutte le vittime di qualsiasi forma di violenza: peccato che il rispetto, anche e soprattutto nel momento del dissenso, si dimostra in primo luogo, da parte delle istituzioni, con l’ascolto e il confronto, e non rifuggendo la questione ed evitando di rispondere alle obiezioni che vengono poste dai cittadini in modo ragionato e costruttivo.
Nella risposta che ho ricevuto non vi è un solo cenno alle istanze della protesta, alle sue motivazioni profonde, all’importanza dell’adeguatezza dei simboli condivisi, alla loro rilevanza culturale nella lotta alla decostruzione degli stereotipi che sono il presupposto di ogni violenza di genere, alla mobilitazione di centinaia tra centri e associazioni antiviolenza e istituzioni. Non vi è – ancora a distanza di due anni – alcuna risposta di merito, se non l’ennesima totale autodifesa del proprio operato.
Leggo un compiacersi degli inviti a relazionare in convegni sulla violenza, nella convinzione che «la statua sia riuscita a smuovere parecchio»: peccato che il presenzialismo ai convegni serva più al prestigio di chi vi partecipa che al sollievo delle vittime e che l’esito di questa iniziativa, insieme al follow-up che ne è seguito, sia riuscito a smuovere soprattutto incredulità, indignazione e rabbia.
Resto allibita e sconcertata, poi, quando leggo addirittura che «la statua perciò non è un tributo a donne che hanno subito violenza, ma un simbolo in una lotta contro la violenza». Mi chiedo con quale onestà intellettuale si possa arrivare a fare una tale affermazione, smentita a chiarissime lettere dall’iscrizione sulla stessa targa apposta al monumento e che recita «in onore di tutte le donne vittime di violenza».
Un ribaltamento assurdo e inaccettabile della realtà, un sofismo offensivo dell’intelligenza e della sensibilità mia e dei tanti che con me protestano, il cui sentire sembra implicitamente liquidato come ininfluente. Un’affermazione che sbalordisce, ma che forse può paradossalmente aprire una breccia nella discussione: se davvero, come è scritto, l’opera non è dedicata alle donne vittime di violenza, chi l’ha voluta converrà che sarebbe allora opportuno almeno eliminare la medesima dedica dalla targa – il cui significato, mi spiace, non è controvertibile né fraintendibile – così come chiesto più volte e in più sedi da chi ha portato avanti la protesta.
Francesca Baleani
La vicenda della statua è comparsa nei media, la rammentavo vagamente. Concordo sull’inopportunità della scelta; immagino che le lettere del ’14 vengano rese pubbliche per reiterare la protesta.
Mi chiedevo, in riferimento a questa come ad altre iniziative “monumentali” di chi governa le nostre città sgradite ai cittadini, se esiste la possibilità di introdurre qualche forma di consultazione preventiva (obbligatoria e ovviamente regolamentata) che ponga un freno alla “creatività” di politici e amministratori.
Sai Virginia, io mi sarei accontentata di un concorso pubblico, se davvero si voleva realizzare un’opera contro la violenza e non una sfilata narcisistica di personalità locali.
Affermare il rispetto mentre lo si toglie, rifiutandosi di riconoscere e ascoltare le obiezioni di chi la violenza la conosce sulla propria pelle per esserle sopravvissuta. Ricondurre a vittima chi, grazie alla propria forza, riconosce e testimonia il danno che certe rappresentazioni stereotipate producono, e cioè l’effetto contrario rispetto al risultato che si dichiara di perseguire, un fallimento testimoniato dalle parole della risposta: “Nonostante il tanto lavoro profuso sul territorio, da noi e da tutte le organizzazioni che si occupano di violenza di genere, abbiamo però assistito alla crescita esponenziale del numero di donne vittime.” Per non parlare del dolore che quella rappresentazione e quella dedica producono. Ecco: io direi che è ora di farsi molte domande su come si lavora, sul come forse occorre parlare con e non ai giovani, fare meno convegni e ascoltare chi la violenza davvero la conosce, sostenere i veri centri antiviolenza. Grazie, Francesca, con tutto il cuore, e grazie anche a Loredana per questa discussione fondamentale.
è fin troppo evidente che Signora Adriana non legge il televideo(però probabilmente a messa ci va)
https://www.youtube.com/watch?v=YAa2byya0ts
Lo sconcerto sta proprio in quell’ammissione di impotenza e di fallimento politico-sociale: logica vorrebbe che si cambiassero atteggiamenti e iniziative. Comunque, tranquill* tutt*: quando tra poco in Regione avremo uno dei due partiti di destra al suo governo (Marche 2020 o PD, intendo), il problema non si porrà più; forse la statua sarà rimossa, forse la Commissione sarà azzerata, ma soprattutto continuerà a non esserci alcuna attenzione alle questioni di genere: voci di corridoio vorrebbero persino che, chiunque vinca, l’avvocato Amato o un esponente di qualche “Associazione per la Vita” stia direttamente ai Servizi Sociali…