L'ARTICOLO CHE ANDAVA SCRITTO SU MARCO DIMITRI

Muore a Bologna Marco Dimitri. Come scrivono i Wu Ming, gli articoli che sono usciti sono terribili, insinuanti, lasciano di quest’uomo soltanto lo stigma del satanista che, sì, è stato assolto, ma vai a vedere. Non una parola, in questi articoli, di quel che avvenne davvero. Articoli non firmati, spesso, scritti in fretta, con google a portata di meno, proprio, magari, su quello stesso giornale dove, all’epoca, chi vi scrive aveva raccontato che la verità è complessa, e non si può, come si fa con tutto, ridurla a slogan.
Lasciate, dunque, che vi racconti qualcosa.
Un’ombra cresceva, in quegli anni. Un’ombra terribile, fatta di ossessioni (purtroppo in maggioranza femminili: madri, psicologhe, magistrate) e che si estende fino a noi. Provo a raccontarne i presagi, perché in quella tenebra ancora camminiamo.
Alla metà esatta degli anni Novanta, avevo cominciato a capire che il mondo in cui si muovevano i miei figli, allora piccolissimi, non era esattamente quello in cui ero cresciuta io. 1995. Mia figlia aveva tre anni. L’avevamo portata a Città di Castello, dove ero stata invitata a una manifestazione musicale. Sera di inizio estate, c’è ancora luce sul vialetto alberato, un gruppo di giornalisti si avvia verso il ristorante. Io tengo per mano mia figlia, mio marito ci precede di pochi passi, si nasconde dietro un albero per giocare a quel cucù-settete che tanto diverte la ricciolina di tre anni che Carlotta era. Un critico musicale mi stringe il braccio, forte. “Stai attenta”, dice, “stai attenta, c’è un uomo dietro l’albero, guarda la bambina, ha cattive intenzioni”. Guardo il critico, stupita, incredula: “è mio marito, suo padre”, balbetto. E poi penso che il critico musicale dev’essere un po’, un po’ tanto, paranoico.
Non era il solo. Passano due anni. E’ già iniziata la beffa di Luther Blissett sui satanisti di Viterbo, di cui dirò fra pochissimo. Alcuni giovani membri della colonna romana di Blissett vengono a trovarmi a casa. I miei figli vanno ancora alla scuola materna, sono bambini allegri, entrano gioiosi in salotto per conoscere le persone nuove con cui chiacchiero. Uno dei ragazzi vorrebbe fare loro una carezza. Si ferma, esitando, mi guarda. Ci guardiamo: accarezzali pure, dico, io non sono così. Non sono una di quelle madri, intendevo, e tornavo a essere stupita e incredula, e molto preoccupata. Il sospetto per un adulto che accarezza i capelli di un bambino aleggiava anche fra persone che stavano lavorando contro chi quei sospetti diffondeva.
Questo era.
Marco Dimitri, dunque. Nel 1997 Luther Blissett scrisse un libro “maledetto”: si chiamava “Lasciate che i bimbi-Pedofilia: un pretesto per la caccia alle streghe“. C’è un altro libro in proposito di Antonella Beccaria,liberamente scaricabile dal suo blog.  Il libro di Luther Blissett, per inciso, contribuì a far uscire di prigione persone innocenti.
Il 24 gennaio del 1996 vengono arrestati Marco Dimitri, Gennaro Luongo e Piergiorgio Bonora. Dimitri è quello che oggi chiameremmo un provocatore. Leader dei Bambini di Satana, frequenta talk show e, insomma, si mette in mostra. Viene accusato di stupro da una sedicenne, ex fidanzata di Luongo, con la particolarità che lo stupro sarebbe avvenuto nel corso di una messa nera, con tanto di violazione di sepolcro e profanazione di cadavere. La ragazza, nel prosieguo degli interrogatori, tira in ballo un forno crematorio per eliminare i cadaveri. Tre esorcisti forniscono i pareri tecnici sul caso, spunta un testimone, un bambino di tre anni, figlio di una psicologa cattolica in contatto col GRIS (Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette). Il bambino non viene mai ascoltato direttamente dalla Pm Lucia Musti. E’ un’amica di famiglia a disegnare per lui. (qui l’inchiesta in tre puntate di Selene Pascarella per Giap, tutta da leggere).
Dopo mesi in cui Marco Dimitri viene dipinto come capo di un racket internazionale di pedofili, nel 1997 vengono tutti assolti. Luther Blissett ricostruisce la storia per la casa editrice Castelvecchi nel libro Lasciate che i bimbi. Pedofilia: un pretesto per la caccia alle streghe. Lucia Musti querela gli autori e l’editore, e nel 2001 ottiene una sentenza favorevole, chiedendo la distruzione del libro e la cancellazione dalla rete (c’è ancora, tranquilli). Nel 2004 a Dimitri e Luongo viene riconosciuto un risarcimento per l’ingiusta detenzione, rispettivamente di centomila e cinquantamila euro. Dimitri ha passato in carcere quattrocento giorni.
Forse ha contribuito un’operazione, fra le molte, raffinatissima, sempre a firma di Luther Blissett con la complicità della sottoscritta.
Il 4 febbraio 1996 sui muri di Viterbo appare una scritta. Solo due parole: Luther Blissett (ricostruzione integrale su Repubblica on line, a mia firma, quiqui un recente e importante articolo di Wu Ming per Internazionale sui complotti).
L’azione viterbese comincia in sordina, con una lettera di un finto studente a un paio di periodici locali: si firma Stefano Molinari, e si dice sconvolto dalla “malefica cappa nera” che avvolge la città e da un paio di scritte sataniche. Il 7 maggio, la prima beffa: nella “pinetina” dei Monti Cimini vengono ritrovati alcuni lumini cimiteriali, un pentagramma, qualche foto bruciacchiata e trafitta da spilloni. “Fatture a morte”, titola il “Corriere di Viterbo”, che chiede conferma al “mago del Brasile”, tal Enrico Perelli. Il mago annuisce: fatture a morte.
Seguono altre lettere, anche a firma del sedicente Comitato per la salvaguardia della morale, che insiste sulla presenza nella Tuscia di “un gruppetto di adoratori dell’occulto nerovestiti, intenti al maleficio della Morte Maligna” (rito che viene dritto dritto da un B-movie dell’orrore). Il 25 gennaio 1997 arriva al “Corriere di Viterbo” una lunghissima lettera del Comitato, dove si narra di una formidabile rissa fra il medesimo e i satanisti. Ovvero fra il Nulla e il Nulla. Oltre alla descrizione di bastonate e fuggi-fuggi, però, il Comitato alza il tiro: e rivela che la notte fra il 14 e il 15 luglio 1996 due suoi membri hanno assistito ad una messa nera, con presumibile sacrificio umano. Aggiunge di aver filmato il rito, e di aver avvertito i carabinieri, peraltro non intervenuti. Allega una piantina del casale maledetto e, nello stile dei più agguerriti uffici stampa, chiede al quotidiano di instaurare una “collaborazione esclusiva”: se il cronista accetta, dovrà pubblicare la loro lettera fino ad una parola convenzionale. Lo sventurato risponde.
Arriva il video. Dove, va detto, non si vede assolutamente niente: una fiammellina che potrebbe essere quella di un cerino danzante davanti alla telecamera, e voci (modificate) che invocano Lucifero, Lucibello e altre maestà infernali. Si sentono urla di donna. Punto. E’ sufficiente per il quotidiano viterbese (e per i due romani “Messaggero” e “Tempo”, a immediato rimorchio). Seguono i servizi televisivi: il “Tg3” annuncia di avere per le mani un video agghiacciante, ma di aver deciso di non mostrarlo (per forza, non si vede un accidente). “Studio Aperto” annuncia di avere per le mani un video agghiacciante, e annuncia che lo mostrerà: condendolo con immagini di repertorio e riprese di una targa stradale della località, quanto mai propizia, “Ponte del diavolo”. Spuntano i testimoni: pacifiche famigliole che, come in un romanzo di Stephen King, telefonano in redazione affermando di aver sentito le urla femminili. La Digos indaga.
Finché un bel mattino Luther Blissett fa pervenire le prove della sua beffa, che la sottoscritta mostra a Tv7: prima un bel dossier stampa, con gli originali delle lettere e le fotocopie degli articoli. Poi, la versione integrale del video: fiammelle, l’invocazione ossessiva “Lucifero, vieni a noi”, le urla della ragazza. Solo che il video dura qualche minuto in più di quello recapitato ai giornali. E al quindicesimo “Lucifero vieni a noi” fiorisce un punto interrogativo: Lucifero vieni a noi? “E perché?”, chiede una voce. Risponde il coro: “Eeeee perché ndringhete ndra ‘n miezzo ‘o mare uno scoglio ci sta, e perché ndringhte ndra…” E i satanisti, incappucciati di rosso, ballano una tarantella esibendo un manifesto con il faccione di Luther Blissett, sorretto dalla “vittima”, la ragazza dotata di gagliardi polmoni che urlava ad uso e consumo della videocamera.
Morale? Il vero Anticristo è lo scoop: e questo lo sostenne, in quei giorni, non Luther Blissett ma Umberto Eco. Luther Blissett non spacciava fake news: andava a evidenziare la contraddizione dei media che CERCAVANO fake news per rilanciarle, seguendo la filosofia di quel direttore che disse a un celebre inviato: “Non rovinarmi questa bella storia con la verità”. E tutto questo è accaduto ancora. Basta dare uno sguardo agli archivi, leggere come i quotidiani raccontarono la storia dei Diavoli della Bassa, quelli di Veleno e, più avanti, dei Pedofili di Rignano, che furono tutti assolti, dopo che le loro vite erano già state irrimediabilmente distrutte.
Tutto questo continua ad accadere. Forse non sono i pedofili, ma qualcun altro, il bersaglio su cui scaricare la nostra voglia di forca. Il contagio era là. Prenderne atto oggi non rende giustizia a chi è stato distrutto, e infine è morto. E neanche a noi, che guardammo l’orrore mentre si addensava, increduli.

3 pensieri su “L'ARTICOLO CHE ANDAVA SCRITTO SU MARCO DIMITRI

  1. Ho conosciuto Marco ai tempi, perché stazionava nel bar sotto casa mia. Non so nulla di lui, solo l’idea di una grande sofferenza e il ricordo, forse patetico, di quando mi aiutò a cercare la mia gatta che si era persa.

  2. Grazie Loredana.
    Le tue parole restituiscono quel minimo di giustizia mediatica che non credo sia mai stata resa a Dimitri. E anche per essere sempre cosi’ precisa nell’indicare dove e come si addensano le ombre.

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