LE INTERMITTENZE E LE CITTADINANZE DELLA MORTE

Mi colpì molto, all’epoca, quel che disse Giuliano Amato, che in quell’agosto 2006 era ministro degli Interni. Hina Saleem era morta da pochi giorni, quando Amato disse:
“Il caso della ragazza pachistana uccisa dal padre insegna molto ai fini della cittadinanza, perché è evidente che non basta chiedere l’adesione ai valori della Costituzione”, ma bisogna che ci sia un’adesione anche a diritti “fondamentali come il fatto che la donna si rispetta secondo regole che io considero universali”. Aggiunse, il ministro, che un diritto da considerare universale è il fatto che “la donna ha il diritto di scegliere la sua vita e il matrimonio combinato noi lo abbiamo abbandonato alcuni secoli fa”. Il fatto dunque che per accedere alla cittadinanza ci debba essere una piena adesione a questi valori “è un problema che dovrà essere affrontato bene”.
Ignorava, o fingeva di ignorare, o chi lo sa, i dati Eures-Ansa che già allora denunciavano come coloro che erano già in possesso della cittadinanza,  gli italiani, uccidessero le loro compagne. Sei anni dopo, la parola femminicidio viene infine pronunciata. Ma il modo di raccontarlo non cambia. Leggete le cronache sulla morte di Kaur Balwinder, incinta, strangolata  dal marito: “Uccide la moglie incinta per preservare la sua cultura“. “Risvolto drammatico di un’immigrazione che rifiuta l’integrazione”.  E poi: uccisa perchè vestiva all’occidentale, perchè la suocera imponeva di non uscire di casa, eccetera eccetera. Come già sottolineato a Napoli e ribadito da Femminismo a Sud, le cronache usano due pesi e due misure a seconda della nazionalità di chi uccide.
Così, nel giorno della partita Italia-Lussemburgo contro il femminicidio, sarà bene ricordare una storia dimenticata. Una storia che il ministro Amato, in quel 2006, avrebbe dovuto conoscere bene.  Era accaduto l’8 maggio, pochi mesi prima.
Si chiamava Jennifer Zacconi.

43 pensieri su “LE INTERMITTENZE E LE CITTADINANZE DELLA MORTE

  1. Il calcio sta al femminicidio come il fascismo sta al razzismo. Ennesimo caso di sfruttamento delle problematiche attorno alla violenza di genere.

  2. “Il caso della ragazza pachistana uccisa dal padre insegna molto ai fini della cittadinanza, perché è evidente che non basta chiedere l’adesione ai valori della Costituzione”.
    E’interessante notare che per Amato non rientrino nei valori della Costituzione il diritto della donna di scegliersi il marito…eppure il caro Amato e’ professore di diritto costituzionale…del resto non si puo´dimenticare come lo stesso si rammaricava dell´esistenza della costituzione che non gli permetteva di vietare il gay pride del 2000. I diritti delle donne non sono diritti diversi dal diritto di parola o di stampa, finche’ non lo si capira’ per bene c’e’ poca speranza che le cose migliorino.

  3. non ho proprio capito cosa abbia detto di così grave Amato.
    E’ verisiimo che si usano due pesi e due misure molte volte in maniera del tutto arbitraria, faziosa, dunque criticabile, ma questo vale ad esempio quando si parla di furti o di incidenti stradali: “marocchino investe un anziano”, “senegalese ruba al supermercato”.
    Qui il tema è un pochino diverso: Amato parla ad esempio di matrimoni combinati, ormai archiviati nella nostra cultura, evidentemente invece ancora ben presenti in culture differenti.

  4. Però bisognerà pur distinguere tra omicidi che nascono da aberrazioni individuali e omicidi che hanno l’avvallo di tradizioni culturali e costume. Capisco che per chi ha fatto del relativismo culturale una bandiera questa distinzione sia scomoda, ma difficilmente si può omettere.
    E farebbe pure pensare a tante stronzate globaliste dette e scritte negli anni novanta.

  5. Loredana, capisco perfettamente ciò che vuoi dire, però secondo me occorre distinguere.
    Amato ha detto così e cosà e Amato non ha detto (o fatto) questo e quest’altro.
    Su ciò che non ha detto o fatto sono perfettamente d’accordo con te.
    Su ciò che invece ha detto e che sarebbe da farsi sono perfettamente d’accordo con lui.
    Senza ricordarmi minimamente di Amato, ho detto proprio ieri a una persona che occorrerebbe, oltre al test di lingua italiana, introdurre per gli aspiranti immigrati un test con domande inerenti la Costituzione italiana.
    Tu mi dirai: ma gli italiani non la rispettano quando si tratta di donne. Lo so.
    Per gli italiani occorrono altre misure, a partire da un’educazione al rispetto di genere OBBLIGATORIA nelle scuole di ogni ordine e grado.
    Gli immigrati, però, non possono essere raggiunti allo stesso modo. L’unico mezzo è un test iniziale che dimostri quanto meno la conoscenza delle norme e che implichi l’obbligo di adeguarvisi una volta ottenuto il permesso di soggiorno. Magari si potrebbero studiare anche corsi con frequentazione obbligatoria da collocare tra il tempo della domanda e il tempo di perfezionamento della stessa.
    Sempre ieri all’obiezione della mia amica “ma gli immigrati devono liberarsi da soli” obiettavo che le donne immigrate provenienti da paesi con cultura islamica sono in una condizione ancora più disperante della nostra. Sanno già che qualunque ribellione, anche la più lieve dal nostro punto di vista, ha come conseguenza la morte. Noi non facciamo proprio niente per aiutarle.
    Se le misure suggerite da Amato ed eventualmente integrate da un corso d’istruzione obbligatoria, possono servire anche solo a ridurre l’incidenza degli assassinii delle donne immigrate, che ben vengano. Quanto a quelle che riguardano gli italiani, occorrerà provvedere su altri fronti e al più presto.

  6. Capisco che Loredana tu volessi mettere l’accento su un problema nazionale messo in secondo piano e la rivendicazione di una superiorità culturale nostrana, che fa un tantino acqua da tutte le parti. Però io mi sento in sintonia con Iole Natoli, e il problema di culture diverse dalla nostra. Ma proprio diverse eh, non poco tanto. Al punto che il discorso di Napolitano io lo trovo condivisibile non in linea di principio ma in linea di concreta necessità politica e attrito di orizzonti culturali. Perchè la poligamia a me non sta bene, in casa mia. Ma non sono proprio certa di avere il diritto di andare dalla mia amica e dirle che +è una scema che non conosce la libertà. E’ facile la soluzione del conflitto di interessi tra accettazione di culture diverse dalla propria e prospettiva antisessista di fronte alla grande violenza e alla morte, che sono le due grandi agenzie identitarie dell’essere di sinistra oggi. Molto più complessa la questione per altri aspetti che compongono la qualità della vita.
    Poi ecco, non sono convinta che ci sia un solo tipo di maschilismo culturale di cui ogni morte è la diretta emanazione.

  7. Leggo con qualche perplessità: “Però bisognerà pur distinguere tra omicidi che nascono da aberrazioni individuali e omicidi che hanno l’avvallo di tradizioni culturali e costume.” La distinzione è stata fatta, in passato riconoscendo il “delitto d’onore”, di recente in Germania da parte di un giudice a proposito di un marito picchiatore (ma sardo, quindi con attenuanti). Si tratta di una distinzione aberrante, di cui se capisco bene il sig. Binaghi propone un rovesciamento (dall’attenuazione della pena all’accentuazione della condanna morale). Anche in questo caso mi pare una distinzione aberrante, e mi chiedo: il sig. Binaghi si dedica a tale affermazione per inclinazioni personali o per l’avallo (con una “v”) di una tradizione di costume? Se la risposta è la seconda, si tratta di un’attenuante o un’aggravante?

  8. Loredana: intanto in percentuale non saprei, temo che nessuno si sia presa la briga di rilevare statisticamente il fenomeno, poi ho premesso che sulla colpevole assenza di attenzione di Amato al problema nostrano sono perfettamente d’accordo con te e lo ribadisco. Però dico: ma se si chiedesse l’introduzione di un test e di corsi per gli immigrati si farebbe forse un torto alle donne italiane o semplicemente si aiuterebbero le immigrate a morire di meno? Amato o non Amato, il problema esiste secondo me e va affrontato.

  9. Iole, come nessuno ha rilevato statisticamente il fenomeno? Guarda che il rapporto Eures-Ansa sugli omicidi in famiglia, famiglie italianissime, era di quello stesso 2006. Inoltre, sono mesi e anni che si parla di statistiche e si spiega che i femminicidi avvengono per mano di compagni ed ex fidanzati. Se poi hai la pazienza di guardarti il video e i post di Femminismo a Sud, magari si può parlare con cognizione di causa, come si dovrebbe sempre fare.

  10. @Giusi
    No, lei il Binaghi non lo capisce proprio. D’altro canto il Binaghi è anche stufo di seguire contorsioni sintattiche al servizio di pregiudiziali ideologiche, quindi la lascia volentieri nel suo brodo.

  11. Loredana, mi stavo riferendo NON alle statistiche sui femminicidi italiani ma a una comparazione tra i femminicidi commessi da italiani e quelli commessi dagli immigrati, anzi da immigrati di cultura islamica che sono anche una fascia minore, sui quali temo difettino le rilevazioni statistiche. Le statistiche presuppongono la definizione di universi analizzabili e non una semplice sommatoria tout court. Purtroppo il mezzo che stiamo usando non permette di capirci al volo, ma ti prego di non attribuirmi superficialità o improprietà che non mi competono. Suppongo che il riportare a verità le mie affermazioni non ti offenda.

  12. Quanto alle attenuanti per motivi culturali – se poi è questo ciò che intendeva dire Binaghi, ma non ne sono certa – io le considero da escludere in assoluto. Le violenze subite da una vittima non cambiano a seconda del sostrato culturale del suo aggressore, né risuscitano le donne uccise a seconda della nazionalità o delle regioni nostrane degli assassini.
    Questo non toglie però che una responsabilità dei vari Stati in tutto questo esista. Esiste nei confronti delle donne immigrate, esiste nei confronti delle italiane, esiste nei confronti degli aggressori – e perfino degli assassini – di donne. Perché quando non si adottano mezzi idonei a ridurre la frequenza di questi fenomeni una colpa degli Stati c’è sempre.
    Per ridurli occorre ripartire dalle leggi: perché queste non soltanto possono incidere alla lunga mediante specifici programmi educativi, ma anche alla svelta fornendo informazioni immediate su visioni dei diritti diverse da quelle cui gli immigrati, per loro conto, e gli italiani, per altro verso, sono abituati.
    Le leggi sono – quando ben fatte – un mezzo educativo potente perché incidono su tutto il territorio nazionale. Invece di stare a cercar il pelo nell’uovo di questo o quel provvedimento legislativo pensabile, dovremmo abituarci a considerarli nel loro insieme, perché dove non potrà arrivare l’uno arriverà l’altro e viceversa.
    Un ventaglio di leggi e non una soltanto. E sarà un bene per le donne e anche per gli uomini: perché ridurre il numero delle morti per femminicidio significa anche ridurre il numero di uomini che per femminicidio diventano assassini. E non mi sembra che il vantaggio per loro sia poco.

  13. Nell’agosto 2006, qualche giorno dop Hina, venne assassinata durante un tentativo di violenza carnale Elena Lonati, 23enne di cui sono certo nessuno si ricorda. Eppure venne uccisa a poche centinaia di metri da dove si trovava il corpo di Hina per l’autopsia e il colpevole è un immigrato cingalese. Il fatto non fu amplificato dai media perchè in quei giorni c’era un clima da caccia alle streghe patrocinato dalla lega, non ancora ladrona, ma come sempre razzista, inoltre si trattava di un cingalese cattolico e sacrestano, che la uccise in chiesa e ne nascose il corpo nel campanile.

  14. Forse sono OT (ma non del tutto, credo). Dalle mie parti c’è stato pochi giorni fa un brutto fatto di cronaca. Un ultrasessantenne del posto ha adescato la figlia quindicenne di un suo lavoratore ed amico tunisino e invece di portarla a scuola come promesso ha cercato di stuprarla (come certificato anche da referto del PS), per poi accompagnarla a scuola come niente fosse. Mentre la ragazzina andava con la madre dai carabinieri il padre ha cercato il quasistupratore e l’ha ucciso. Ora il paese è diviso in fazioni pro-locale e pro-tunisino, con la stessa bandiera per entrambi:”Sembrava tanto una brava persona”, varianti xenofobe e leggi del taglione varie.
    Articoli, riflessioni ma silenzio su una cosa: e la ragazza? che fa, come sta? traumatizzata due volte, chi la aiuterà a superare tutto questo? perché anche stavolta l’attenzione si è spostata dalla vittima al carnefice. http://www.cilentonotizie.it/dettaglio/?ID=11542

  15. Iole: sarebbe utile che ti ci mettess con calma, a elaborare un bel test o un corso, per lavoratori immigrati, e a imaginare come selezionare quelli che anni dopo potrebbero uccidere la moglie. Se si rilevasse utile, il test si potrebbe estendere a tutti gli autoctoni; e un test simile si potrebbe immaginare per le donne (in minoranza, anch’esse possibili omicide). Uno in forma più attenuata potrebbe essere impartito a datori di lavori, dirigenti, prof. universitari, redattori di giornali, per individuare gli esperti nell’arte del mobbing antifemminile (molto probabilmente estremamente più numerosi degli immigrati destinati a uccidere la moglie).
    A parte gli scherzi, Iole potrebbe leggere, su quanto sia ridicolo e inaffidabile il test d’italiano per stranieri, un saggio su tali test uscito da poco su “Cronache di ordinario razzismo”, a cura di lunaria, ed. dell’Asino, 2011. Lo consiglio anche a Loredana.

  16. Giusi: a parte il fatto che proporre una possibilità non significa che debba farmene necessariamente carico direttamente – esistono i parlamentari lautamente pagati da noi per tutte le riforme e sarebbe il caso che chi si candida alle prossime elezioni includesse nel proprio programma le migliori – il mio riferimento al test d’italiano (che non ho mai fatto in proprio) non significa che quel test sia buono. Significa solamente che uno ne esiste. Se è pessimo, mal pensato e da rielaborare, bene: che ci si muova anche in tal senso. Io non ho proposto un test (da affiancare anche con un corso e l’ho scritto) caldeggiando un’elaborazione al ribasso. Se ne potrà pensare anche uno a livelli superiori ed è a un buon test, accompagnato da un buon corso, eventualmente preparatorio, che intendevo e intendo riferirmi. Semplice suggerimento e non bandiera cui dedicare l’intera mia esistenza. Me ne scuso con tutt* ma non ci sto.

  17. Ciò che dice Amato è problematico in sé. La cittadinanza io ce l’ho di diritto, nessuno mi ha chiesto di aderire ad alcunché. Chiedere di farlo agli stranieri è non-sense. Chiedere di farlo allora a tutti è comunque un non-sense. Aldilà del non-sense della cittadinanza tutta, è però vero che questi fatti possono insegnarci qualcosa, qualcosa che in realtà già sappiamo, ovvero che abbiamo bisogno di essere educati.
    Però tutti i corsi possibili e necessari andrebbero fatti a prescindere. Anche perché il punto non è dove vengono ammazzate le donne, ma contribuire a scardinare tutti i presupposti che fondano ogni cultura nociva per l’umanità.

  18. Condivido interamente questo punto del commento di @___@: “Però tutti i corsi possibili e necessari andrebbero fatti a prescindere. Anche perché il punto non è dove vengono ammazzate le donne, ma contribuire a scardinare tutti i presupposti che fondano ogni cultura nociva per l’umanità”. Resta il fatto che andrebbero studiate iniziative mirate e che, al di là di campagne apposite – che fin qui non esistono – non è possibile raggiungere tutti i cittadini capillarmente. E allora individuare i punti mediante i quali taluni “universi” specifici possono essere coinvolti mi sembra essenziale per una concretezza del discorso e per giungere in tempi brevi quanto meno a una riduzione del danno.
    Gli studenti sono già un universo e qui la differenza tra italiani e immigrati conta poco: conterà semmai per il modo in cui gli insegnanti dovranno relazionarsi ai loro alunni, perché i contesti di provenienza contano sempre. Gli immigrati in cerca di permesso di soggiorno rappresentano un altro universo raggiungibile, o con le iniziative che ho proposte o con altre se a qualcuno ne vengono in mente di migliori. Pretendere campagne informative mirate è un diritto di tutt*, donne e uomini. E non mi riferisco qui a iniziative, di cui alcune già esistenti, come l’invito a denunciare le violenze: queste sono rivolte in massima parte alle donne. Ne occorrono altre rivolte agli uomini affinché non usino violenza, affinché modifichino i loro atteggiamenti di base, affinché riconoscano gli stereotipi come fuorvianti rispetto alla parità di diritti e se ne liberino.
    Tempo fa sono andata a una riunione di donne promossa dalle consigliere del gruppo Pisapia. Tutto bellissimo, tranne un particolare di peso. Le proposte da presentare alle consigliere dovevano avere una caratteristica specifica: essere tutte quante A COSTO ZERO.
    Ecco, finché si continuerà a non volere investire nel sociale, finché una giunta o tutt’intero lo Stato continueranno a non volere spendere per tutelare le donne e – come ho rilevato prima – anche gli uomini, noi potremo star qui a discettare su quali cose sarebbe più utile fare ma quelle cose rimarranno sulla carta anzi solo sul web. Esattamente come accade adesso.

  19. Iole, perdonami la franchezza, ma io trovo estremamente superficiale l’approccio a una questione complessa e delicata come il test d’italiano e tutte le problematiche che riguardano l’integrazione. Che non sono affrontabili “per sentito dire”. Ci sono persone che se ne stanno occupando e se ne occupano in rete e fuori, e che ben sanno come non si possa parlare di un argomento simile in questi termini. Quanto al numero delle donne migranti uccise rispetto alle italiane, esistono blog militanti, come bollettino di guerra, che tengono il conto e ne narrano le storie. Tutto questo per dire che entrare a gamba tesa su questioni che vengono affrontate da anni e quotidianamente ha poco senso e non arricchisce la discussione. Vale, naturalmente, anche per le iniziative da intraprendere contro il femminicidio, di cui si sta parlando da mesi. Grazie.

  20. Si direbbe che cancelli le repliche, mia cara. Sono scomparsi due commenti: il mio e quello di un altro signore.
    O forse è il web che gioca brutti scherzi. Avevo scritto, come penso saprai: “Vedo che la franchezza ti serve anche per saltare a piè pari una tua solenne svista precedente. Tolgo il disturbo a te ma anche a me. Buon lavoro”.
    Questo rimarrà o sparirà nel nulla nuovamente?

  21. Iole. Trovo sgradevolissimo il modo in cui hai affrontato la vicenda, dall’inizio alla fine. Come se nulla fosse stato detto e fatto da tante, tantissime donne prima del tuo arrivo. E trovo, ripeto, semplificante quanto detto sull’immigrazione e sui test d’italiano. Ho fatto una svista? Non so quale ma amen, capita. Però, perdonami, delle cose serie si parla con serietà. E senza personalismi. E per me razzismo e femminicidio sono cose molto serie. Molto più serie di eventuali sviste. E molto più importanti della mia o della tua o di qualsivoglia altra singola persona. Commenta pure. Ma, ripeto, prima di commentare documentati.

  22. E’ molto delicata la questione, è vero. Perché il rischio di aver richiamato la vicenda di Hina e di Amato con questo post è quello di scatenare il razzismo, che è quel che leggo nei commenti di Iole e in altri. Ma credo che questa sia responsabilità soprattutto dei giornali e del modo in cui raccontano gli omicidi delle immigrate, come testimoniato dal bel video di Femminismo a Sud (grazie per averlo postato, a proposito).

  23. Loredana, sei molto ma molto riduttiva e quanto ai brividi non so cosa consigliarti di utile. Per parte mia, ho trovato superficiale (proprio da sguardo veloce), inappropriato e sgradevole il tuo modo di rispondermi fin dalle prime battute, anche se avevo evitato di porlo in luce.
    Se essere riduttiva e volere una qualche testa ti serve per portare avanti il tuo discorso nel blog, fai pure. Con franchezza – questa volta la mia – non ritengo di dover dedicare a battibecchi personali (a questo di fatto hai ridotto il discorso) più tempo di quello finora sprecato.
    Scrivi pure quel che credi dopo questo commento, io non ti risponderò. Un definitivo saluto.

  24. Allora spiegati. Sinceramente Iole, anche io ho avuto la stessa, identica sensazione di Marina. Cosa significa fare il test di cittadinanza ai migranti? Che cosa intendi, esattamente? E cosa ti fa pensare che il migrante sia più violento del nativo?
    Ps. E per cortesia basta col piagnisteo sul fatto che io voglio teste per portare avanti cosa? Ma quali discorsi? Ripeto. Spiegati. Cosa intendi per test di cittadinanza?

  25. “Gli immigrati, però, non possono essere raggiunti allo stesso modo. L’unico mezzo è un test iniziale che dimostri quanto meno la conoscenza delle norme e che implichi l’obbligo di adeguarvisi una volta ottenuto il permesso di soggiorno. Magari si potrebbero studiare anche corsi con frequentazione obbligatoria da collocare tra il tempo della domanda e il tempo di perfezionamento della stessa.”
    Che vuoi che spieghi? E’ tutto scritto qui. Meglio della bossi-fini. Paura.

  26. Il post che hai linkato di Femminismo a Sud è chiaro: “Le vittime uccise da stranieri, fino ad ora, sono pochissime. Ce ne sono state tante italiane uccise da italiani.” E’ chiaro pure che chi piega la verità alle proprie opinioni che, lo ripeto, sono fondamentalmente razziste è in mala fede.

  27. Ci provo.
    Se qualcuno proietta nelle mie parole i suoi fantasmi, la colpa non è mia. Non sono mai stata contro gli immigrati: al contrario. Non ho parlato di test di cittadinanza ai migranti ma di test di conoscenza della Costituzione della nostra Repubblica a chi chiede il permesso di soggiorno in Italia.
    Vorrete ammettere che la nostra Costituzione non è conosciuta da coloro che arrivano e che dunque quei principi cui noi ci appelliamo ogni qualvolta ne ravvisiamo la necessità non fanno parte del loro bagaglio culturale. Da noi i principi fondamentali della Costituzione si studiano anche nelle scuole elementari: chi giunge da altri paesi non ne ha invece la minima conoscenza. Tutto qua, relativamente a questo punto.
    Mettere queste persone in condizione di sapere a priori quali sono le norme cui dovranno attenersi non è pensare a strategie contro di loro: è casomai l’opposto, visto che in ogni caso dovranno fare i conti con esse se le violeranno. Non è una misura punitiva quella che suggerisco, ma casomai preventiva. Per quel poco che potrà fare, ovviamente, dato che una parte degli italiani non applica le norme che conosce e uccide ugualmente. Nella sua limitatezza, potrà però contribuire a far riflettere chi arriva portandosi dietro tutte le sue convinzioni culturali, che in alcuni casi – me lo consentirete senza insorgere – sono peggiori delle nostre.
    Inoltre, NON ho detto che questa misura sia il toccasana o che debba rimanere isolata: al contrario ho scritto di un VENTAGLIO d’interventi possibili, che non esclude dunque misure o interventi diversi, già applicati o pensati o pensabili. Ribadisco: l’errore sta nel voler privilegiare l’unicità di un qualche tipo d’intervento, nell’attribuirgli valore quasi magico. Per me occorre avere un atteggiamento pragmatico: se una cosa può funzionare la si fa e la si affianca a un’altra che può funzionare anch’essa in altro modo, maggiore, minore, poco importa. È dalla somma degli interventi, anzi dalla loro interazione dinamica che può nascere realmente il cambiamento.
    Per concludere – ammesso che si concluda – io non ho scritto che gli immigrati sono più violenti degli italiani (per saperlo dovrei comparare le varie statistiche e sapere anche come sono state ottenute: non è raro che chi le imposta definisca in modo erroneo il suo universo ottenendo risultati falsati) anche perché non mi sembra che attribuire la palma d’oro della violenza agli uni o agli altri serva concretamente a qualcosa. Se mi sono soffermata sugli immigrati è perché nella proposta di Amato vedevo una qualche base, sia pure poco felicemente esplicitata, da utilizzare. Non per la cittadinanza ma prima. Prima, non per togliere qualcosa agli immigrati, ma per equipararli di fatto a quello statuto civile che i cittadini italiani dovrebbero avere: la conoscenza della Costituzione e dei principi di libertà e parità che la ispirano.
    Il resto non è affar mio. Non mi attribuisco poteri straordinari né voglio rendermi vittima dell’IO VI SALVERÒ, cui in fondo molti uomini ci chiamano. Questa morale del sacrificio permanente delle donne è ancora una volta un portato della morale cattolica che ci soffoca. Io mi occupo di andare a fondo in alcune cose soltanto: per altre posso solo lanciare suggerimenti che possono o non possono piacere. Se convincono, qualcuna/o li raccoglierà, se non convincono, beh, pazienza. L’errore di volerli ignorare, se un errore poi è, non sarà mio.

  28. Qual è il nesso fra imparare i principi della Costituzione e non ammazzare la moglie? E cosa c’entra soprattutto col fatto che gli uomini italiani uccidano più degli immigrati?

  29. Marina, io di stare a giocare sono stanca. Se rileggi TUTTI i miei commenti trovi le risposte già lì. Riproporre senza alcuna ragione le domande vuol dire giocare a obbligare a nuove risposte. Se però la cosa può appagarti facciamo così: io mi sono espressa male su ogni cosa e tu hai capito tutto.
    Mi spiace deluderti ma io la chiudo qui e non solo per stasera. ‘notte.

  30. @Lipperini.
    Minchia, il dialogo civile.
    Qua si prende la non allineata di turno (Natoli) e la si massacra con tutti i mezzi. Agli altri si concede qualsiasi stronzata.
    Complimentoni.

  31. “Questa morale del sacrificio permanente delle donne è ancora una volta un portato della morale cattolica che ci soffoca.” (Natoli)
    – – –
    Questo era uno dei temi della discussione, totalmente mancata, di ieri. Ancora mi sto chiedendo come mai qui si scatena un (imho, inutile) flame su una questione tanto evidente quanto vecchia, mentre ieri cala il silenzio assoluto su una questione, Murgia vs 27esima ora, niente affatto evidente nei suoi risvolti profondi e pertanto urgentissima. Avevo scritto un lungo intervento che poi mi sono perso in un crash del pc; ora ricollegandomi al concetto di Natoli posso però dire che, no, messa così è molto ambigua la cosa: la morale cattolica ci soffoca, è vero, ma la sindrome da “io ti salverò” ha origini nel rimosso della nostra infanzia: i condizionamenti ideologici e culturali agiscono solo se la nostra psiche è stata indebolita e schiacciata durante tutta l’infanzia; insomma, si tratta dell’ormai famigerata questione psicoanalitica che Murgia nel suo intervento critico elude ideologicamente (o inconsciamente, non saprei: confesso che non me l’aspettavo in verità, ci sono rimasto di sasso, ma forse non conosco bene Murgia; peraltro anche FaS mi lascia di sasso quanto a idiosincrasia nei riguardi del fattore psicologico e psicoanalitico). Tutto ciò ci servirebbe anche per capire come mai un Amato agiva di rimozione ideologica, no perché questo non è solo evidente ma appare come l’essenza stessa della nostra cultura conservatrice, reazionaria, spesso fascista. E un paese reazionario non farà mai nulla di buono per gli immigrati. Quanto alla distinzione tra femminicidio su base psico-ideologica o culturale-ideologica è una distinzione totalmente illogica, che appunto elude ancora una volta il fattore psicologico che nella formazione dell’individuo viene sempre prima di qualsasi posteriore indottrinamento.

  32. Non vorrei che passassimo da un tranello all’altro.
    Per molto tempo ho seguito un blog chiamato “mille e una donna” dedicato alla condizione della donna islamica, e devo dire malgrado le ottime intenzioni dell’autrice, parecchi dei commentatori evidentemente sfogano frustrazioni personali maledicendo gli stranieri islamici accusandoli delle peggiori nefandezze con cui infesterebbero il nostro paese, rivendicando la superiorità della cultura europea, rivendicando la libertà delle donne dall’islam… salvo poi magari sostenere che le italiane che abortiscono sono delle assassine ecc. Insomma i soliti discorsi. Questo è un primo tranello, che chiamerei “orianofallace”.
    Il secondo tranello è disconoscere il fatto indiscutibile che l’Italia sul piano del diritto e della cultura è comunque un passo avanti rispetto ad altri paesi da cui provengono consistenti comunità di immigrati, penso per esempio al Bangladesh e al Pakistan, concentrati in due regioni del Nord Italia. Se da noi arrivano donne che provengono da regioni in cui si trovano stupri punitivi di gruppo alla presenza di tutto il villaggio… temo che sia difficile parlare con loro a tu per tu di diritti femminili, perché la storia del loro paese, che compone la loro storia personale, è completamente diversa dalla nostra.
    Io credo che senza voler “alzare” o “abbassare” nessuno, la cosa migliore sia proprio fare la campagna d’opinione che si sta facendo adesso, sul fatto che nessuna donna merita di essere uccisa per nessun motivo e men che meno perché sta esercitando il diritto di scelta. Ma per parlare alle immigrate occorre un lavoro di mediazione interculturale titanico, che conosco solo parzialmente ma che certamente è solo all’inizio.

  33. Open the Doors.. 🙂 I processi di civilizzazione passano attraverso la progressiva presa di coscienza dell’umano essere: prima della psicoanalisi c’erano le alchimie, le filosofie, le religioni, il mito, gli dei, i rituali, la Natura, il cosmo, il big bang, un buco nero. Alcune religioni sembrano le più attratte da quel buco nero iniziale.

  34. Sull’idea del corso + test di istituzioni italiane agli immigrati.
    Non mi sembra in sé razzista, ma temo che si scontrerebbe subito con i meccanismi di difesa tipici degli immigrati coatti (cioè quelli che si spostano non per scelta ma inseguendo pane e lavoro, e sognano di ritornare un giorno a casa), che fanno gruppo e accettano con riluttanza i costumi del paese di arrivo, seguendo un proprio codice di condotta che ritengono l’unico valido. E’ un meccanismo valido per tutti ovviamente, i nostri preti che seguivano gli emigranti in Canada facevano opera di convincimento presso le famiglie – a volte per conto del Governo – perché mandassero le figlie a scuola.
    Lo dicevano già i Sofisti greci, che se per ipotesi tutte le leggi del mondo fossero portate in un luogo per confronto, ognuno si sceglierebbe come migliori quelle del suo paese. Quindi se si introducesse il corso+test quello che mi potrei aspettare è che la persona ti risponde sì ok, è vietato uccidere, ma se poi la moglie mi fa le corna me ne frego di quello che dice la legge italiana.
    La prima generazione di immigrati a mio avviso è comunque “persa” sotto questo punto di vista, e non è un caso che il conflitto messo in evidenza da tanti fatti di cronaca è fra genitori e figli. E’ la seconda generazione di immigrati quella su cui ci può essere la possibilità di lavorare, e per l’appunto vedo come soluzione un discorso “di genere” complessivo che parli a tutti i ragazzini e ragazzine italiani e non solo di origine straniera, perche’ significa accusarli a prescindere.

  35. @ Luziferszorn, la mia opinione è che la religione c’entri sempre solo fino a un certo punto. Le mutilazioni genitali femminili sono pratica corrente nei paesi cristiani copti dell’Africa, solo per dare un esempio.

  36. A proposito di storie dimenticate, anzi, di intere categorie di cui frega poco a tutti, vorrei leggere ogni tanto temi che riguardino i diritti dei bambini, sull’infanzia abbandonata maltrattata e schiavizzata, ad esempio tutto ciò che riguarda i vari orfanatrofi lager sparsi per il mondo.

  37. A me sembra che presidiare le porte d’ingresso mettendo tornelli in forma di test d’ammissione non sia una buona strategia né per chi vuole entrare, né per chi è dentro. Il che non vuol dire che chi entra (ma anche chi è dentro) debba essere esonerato dal conoscere le leggi fondamentali dello Stato: basterebbe però un corso obbligatorio, non c’è bisogno di un esame che, concordo con quanti lo hanno già detto, la maggior parte degli italiani non supererebbe. Comunque, il fatto che simili atrocità si verifichino in Italia fa sì che siano almeno punite, cosa che difficilmente avverrebbe in molti dei paesi d’origine di queste persone. E’ una ben magra consolazione di fronte alla perdita di una vita umana, non cè risarcimento nella pena inflitta all’assassino, ma è comunque la riaffermazione del diritto sopra la brutalità, e un segnale a quanti alla norma non intendono conformarsi. Se avessimo a suo tempo vietato l’ingresso in Italia a queste persone avremmo forse salvato le vite che sono state troncate, le facce che sono state sfregiate per aver rifiutato un matrimonio combinato, per aver voluto studiare, lavorare, guidare la macchina? Non penso: Semplicemente, avremmo respinto questi orrori oltre gli orizzonti del nostro sguardo, così come respingendo i migranti nelle carceri di Gheddafi o direttamente sul fondo del mare ci siamo risparmiati lo spettacolo di gente che mendica e vive di espedienti, senza però muovere un solo passo per incontrare quelle vite e le loro necessità. Al di là di quelle che sono le nostre percezioni sull’attuale situazione economica nel nostro paese (e quindi nuova povertà, disoccupazione, ecc.), è incontrovertibile che la stragrande maggioranza di noi sta infinitamente meglio di chi rischia la vita traversando un deserto e un mare per arrivare qui. Questo, credo, ci dà la responsabilità di essere solidali e anche quella – spiacevolissima – di assumere su di noi il carico di orrore che molta di questa gente si porta dietro. Perché, se siamo veramente convinti che le nostre norme e i nostri costumi siano migliori nella tutela dei diritti delle persone, dobbiamo fare di tutto per portare sotto l’ombrello di queste norme i più deboli tra loro, a cominciare dalle donne e dai bambini, la cui educazione deve essere depurata da quelle incrostazioni.

  38. Ho apprezzato molto l’andamento dialogico e civile degli ultimi post e in particolare, per la loro manifesta intenzione di dare un contributo fattivo al discorso, quelli di Close The Door e di Maurizio.
    Ed infatti i colpi di machete sferrati a caso non portano da nessuna parte chicchessia. Accetto in pieno lo spostamento di accento dal test+corso al solo corso obbligatorio, in cui potrebbe essere o non essere incluso un test di controllo della comprensione dei contenuti del corso, purché non abbia valore di possibile esclusione. Detto in altri termini: quasi tutti i programmi educativi prevedono anche l’uso di test, che possono servire a responsabilizzare lo studente rispetto all’attenzione con cui partecipare al corso stesso.
    Ciò che conta è che quel che determina la non ammissione non siano né i punteggi né altri aspetti ipoteticamente discriminanti, ma solamente la non frequentazione del corso.
    Un tempo gli insegnanti erano tenuti prima di assumere servizio a giurare fedeltà alla Costituzione italiana: non penso si sentissero discriminati per questo né so se la prassi sia ancora oggi in vigore.
    Quanto alla considerazione di Close The Door «la prima generazione di immigrati a mio avviso è comunque “persa” sotto questo punto di vista, e non è un caso che il conflitto messo in evidenza da tanti fatti di cronaca è fra genitori e figli»… sì, è persa, ma proprio perché possa non esserlo del tutto un qualche tentativo verso quella generazione andrebbe compiuto, anche perché che si tratti di figlie (come in massima parte è) o di mogli (come l’episodio più recente) in ogni caso sempre di vittime si tratta.
    Sui respingimenti mi sono sempre espressa contro: tutto avrei immaginato intervenendo, tranne quel che ho visto scatenarsi qui dentro. http://www.kultbazar.com/societa_Icentopassi.htm

  39. stavo pensando(anche se come al solito vado un po fuori fuoco)che forse in italia è mancato proprio un narratore come King che da sempre ha messo in luce la questione delle prepotenze perpetrate nei confronti dei soggetti deboli spesso all’interno di contesti familiari,peraltro con grande stile.Resta il fatto che in italia siamo sempre due passi indietro sui temi dei diritti civili rispetto alle democrazie anglosassoni (e ora chi è che bussa?)
    http://files.myfrogbag.com/xeltqs/knockknock.gif

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