LE PROFEZIE DI GISSING (VIA AVVENIRE)

Su Avvenire c’è (c’era) un interessante editoriale di Giampaolo Serino, che vi giro:

 

“Un reality show con protagonisti scrittori, editori e critici letterari? Fortunatamente non è un format televisivo ma «New Grub Street», romanzo scritto dall’inglese George Gissing  nel 1891 e finalmente pubblicato, per la prima volta in Italia, da Fazi. Un libro di un’attualità sconcertante, quasi profetico, e che mette a nudo, con quella presa diretta che soltanto le telecamere di carta riescono a restituirci, un universo letterario molto simile al nostro. Terze pagine che montano casi editoriali del tutto inventati, critici impegnati a trovare nuovi capolavori ad ogni angolo d’inchiostro, libri trasformati in prodotti, scrittori ridotti a mercanti e lettori completamente in balia della «vertiginosa e volgare amplificazione del mercato editoriale». Il rischio? Per Gissing è che la letteratura sarebbe diventata un deserto di parole stampate e la critica letteraria un’arte declassata al pettegolezzo e al sensazionalismo. Uno scenario non molto lontano da noi: da una parte dibattiti che all’inchiostro hanno sostituito la polvere della noia, dall’altra i classici istantanei, nuovo fenomeno della nostra «società dello spettacolo». Libri blockbuster, ma che abbiano una parvenza di spessore. Accantonati i vari Wilbur Smith e Ken Follett – che come le sigarette sembrano ormai banditi dai luoghi pubblici – la nuova tendenza sono proprio i classici istantanei, romanzi spesso di qualità liofilizzata, che non sfigurano sui mezzi di trasporto e che possono sempre rivelarsi un ottimo strumento di conversazione durante le cene del sabato sera drammaticamente orfane di qualsiasi programma degno anche soltanto di fare da sottofondo catodico. Ogni stagione ha il suo classico istantaneo: c’è stato l’anno di Umberto Eco, quello di Andrea De Carlo, quello di Jonathan Franzen, quello di Giorgio Faletti. Ora tocca a «Con le peggiori intenzioni» di Alessandro Piperno, lettura obbligata per chiunque non voglia rimanere isolato dal mondo della cultura. Il libro può piacere o non piacere, ma il fascino perverso del classico istantaneo non sta nei contenuti, ma nella grandiosità del suo lancio, nella sua capacita (im)mediata di imporsi al grande pubblico. Eventi editoriali che – con nessuna malizia e nemmeno «con le peggiori intenzioni» – fanno pensare a ciò che Gissing scrisse più di cento anni fa: «Le persone non hanno successo nell’attività letteraria per poi essere ammessi in società, ma si fanno ammettere in società per avere successo nel mondo letterario».”

198 pensieri su “LE PROFEZIE DI GISSING (VIA AVVENIRE)

  1. Scusate ma siete voi gli intellettuali? Perché io faccio l’impiegata, non ho alcun talento letterario, però so leggere, e leggo. Non mi avete aperto alcuna finestra, non mi avete minimamente illuminata su nulla, non avete nemmeno scritto un rigo (in questo blog) che non fossi riuscita a mettere nel mio primo intervento (escluse le polemiche,sterili purtroppo,sul vendersi dell’uno o dell’altro alla tal casa editrice o sulla presunta o pretesa ingenuità di un editore). Sono una lettrice, non un’addetta ai lavori, e vi trovo deludenti, credo che dovreste preoccuparvene. Insomma quale funzione dovrebbero avere gli intellettuali?

  2. Gentile Teo Monzani, non è elitarismo o essere snob (sine nobilitate), ma Gissing è stato davvero profetico. Ha preceduto ritratti molto simili alla società letteraria e artistica che saranno poi capolavori come i RACCONTI di Aldous Huxley (Baldini&CAstoldi), LE SCIMMIE DI DIO di Windham Lewis (EDizioni Mobydick) o Le perizie di Gaddis (Mondadori).

  3. Se posso fare un commento all’intervento di Mathilda, vorrei dire che uno dei motivi per cui in Italia si legge poco è anche perchè i cosiddetti ‘addetti ai lavori’ sono proprio i personaggi che lei lamenta: persone che parlano tra loro e per loro, in modo criptico, ma non tentano minimamente di trasmettere il loro pensiero ai ‘sine nobilitate’ (nel senso etimologico), a chi non conosce (e per la verità non è molto interessato a conoscere) il loro sanscrito. Del resto, qualunque banalità scritta in sanscrito acquista il suo fascino arcano…
    La divulgazione è un’arte: e, secondo me, non minore vedi Montanelli).
    Io ho fiducia che il sogno di Pasolini sia realizzabile: perchè in tanti Paesi al mondo si legge moltissimo? Sono tutti più intelligenti degli Italiani? Senz’altro sono meno intellettualmente pigri. Se poi per scuoterli dal loro torpore può servire il famigerato Codice, perchè qualche bellimbusto in televisione ha detto che è ‘emozionante’, ‘intrigante’, ‘imperdibile’, ben venga. Se uno su dieci, sarà tentato poi di affrontare qualcosa di più serio: bene, sarà stato un buon lavoro.

  4. Signor Monzani, per quel poco che ne so io, in Italia si legge anche toppo, considerando che una sessantina d’anni fa molte persone – specialmente al Sud – vivevano in stato di analfabetismo, e in altri paesi – quelli che hanno meno sud (!) – invece non era così.

  5. Scusa Matilde, ma sei tu una lettrice? Perché io faccio lo scrittore e ti trovo deludente come lettrice, credo che dovresti preoccupartene. Insomma quale funzione dovrebbero avere i lettori?

  6. Scusa Matilde, ma sei tu una lettrice? Perché io faccio lo scrittore e ti trovo deludente come lettrice, credo che dovresti preoccupartene. Insomma quale funzione dovrebbero avere i lettori?

  7. Scusi Mathilda, scusi:
    io non sono un intellettuale, cioè io sono uno che fa lavori manuali, ecco.
    Cioè io non so chi sono gli intellettuali, anzi io se ci fossero avrei pure diffidenza, ma essendo una categoria mentale essa è opinabile ossia chissamaicosè, cioè: nun se sape, come diceva lo zio Peppe Gruosso.
    Ovvero questa non è una palla.
    Mi spieghi, vivaddio, chi sono gli intellettuali, come essi si confanno e che modi ebbero ed userebbero ed hanno in cotesti lidi ed altri.
    Allora io capirò, forse.
    Benché.

  8. Mathilda e Theo: a me non sembra che qui si sia usato il sanscrito, in tutta coscienza. E, Mathilda, questo, per come la vedo, non è un luogo di illuminazione (!) ma di discussione, semplicemente.

  9. @ La Lipperini: non ho detto che si è usato il sanscrito, quanto piuttosto che non si è detto nulla. Non pretendo discettazioni, ma almeno contributi, invece che piccole polemiche e triti clichè.
    @ Mario Bianco: se non è un intellettuale perché si è sentito chiamato in causa dalla mia critica a tale categoria? E chiedevo la funzione degli intellettuali, per una definizione basta un vocabolario.
    @ Niccolò La Rocca: gli scrittori che non scrivono per i lettori non pubblicano e si tengono i loro manoscritti nel cassetto. I lettori, se non altro, con i loro acquisti, mantengono agli scrittori la possibilità di pubblicare. Lo snobismo di Baricco nel dichiarare che lo scrittore insegna a un passivo lettore non credevo fosse tanto diffuso. Mandami un tuo manoscritto Niccolò, che te lo commento, così che tu veda cosa pensa un lettore (spero che tu possa amare le sfide..).
    @ Teo Monzano: non credo che le chiacchiere tra addetti ai lavori impediscano la lettura. Personalmente continuerò a leggere, più difficilmente a cercare di partecipare a queste discussioni.

  10. Cara Mathilda, la mia era una risposta collettiva a Theo (che citava il famoso sanscrito) e a te. Quanto alle discussioni, mi sembra un po’ difficile immagine di trovare in un blog un ordinato dibattito. A volte questo avviene, altre no. Mi dispiace se le tue aspettative sono diverse. 🙂

  11. Mathilda ne ha proprio per tutti, compreso me che mi sentivo di condividere almeno in parte il suo modo di percepire la distanza che sta tra il ‘pubblico’ e gli ‘iniziati’. Rimane la consolazione di apprendere che non smetterà per questo di leggere.
    Ringrazio Loredana Lipparini e Gian Paolo Serino (il motore primo di questa discussione) per aver con tanta cortesia dato seguito ai miei modesti interventi. Io, invece, penso che continuerò a partecipare a queste discussioni: la massima che ‘il silenzio è d’oro’, vale soprattutto quando non si ha niente da dire (questo almeno penso che fosse l’intendiento di chi pronunciò per primo la frase, che, scusatemi, non ricordo chi fosse).

  12. Sinceramente invidio la vostra
    capacità di disquisire tanto su
    questioni letterarie. Io ho letto
    parecchio, leggo molto e
    ancora di più leggerò. Ma di
    tutto prendo il ‘succo’,
    quell’unico concetto o più
    concetti (nella migliore delle
    ipotesi) destinate a rimanere
    nella mia mente in eterno.
    Sono capace di dimenticare
    tutto di un libro, titolo e autore
    compreso, ma non dimentico
    mai l’emozioni che mi hanno
    condotto all’ultima pagina.
    Noto invece che alcuni di voi
    sembrano molto preoccupati
    di far notare quanto invece
    ricordino soprattutto titoli e/o
    autori. Insomma, se la gente
    che legge molto appare come
    alcuni che hanno lasciato il
    commento qui, forse è meglio
    leggere poco o, meglio,
    leggere e ricordare solo …
    poco. Perchè quello che non
    leggiamo, nella nostra
    coscienza, dobbiamo
    scrivercelo da soli. E forse è
    meglio. Per quanto riguarda
    l’articolo di Serino, lo trovo
    provocatoriamente musicale.
    Dove la musica, come spesso
    accade, a volte vale più di
    mille parole..
    Matilda cara o caro (non ho
    capito.. ma son fatta così), le
    abbandona i libri e abbraccia
    l’arte sana della retorica,
    sennò..sennò non ne esci..

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