LEGGERE FRA AMICI: LA STORIA DEL BOOKSHAMING E PARECCHIE QUESTIONI SULLA NON LETTURA

Cosa comprano gli italiani? Dice Istat che nel 2023 la spesa media mensile per consumi delle famiglie è stata di 2.738 euro. Dove devono entrare le spese per la casa,  per il cibo, per i vestiti e le scarpe, per i medicinali, per il riscaldamento, eccetera. Ai libri non scolastici si riserva il 3,71 %.
Ora. In tutti i discorsi sulla mancata lettura e sulla crisi dell’editoria che si intraprendono in questi giorni, come curiosamente avviene ogni anno a gennaio, manca sempre il discorso sugli stipendi degli italiani. Che sono fermi.
Perché, in  genere, le risposte che vengono date sul motivo della mancata lettura sono cinque:

La prima riguarda il fattore tempo. Abbiamo meno tempo. Siamo costretti a cercare metodi supplementari (o primari) per tirare avanti. Siamo stanchi.
La seconda riguarda i soldi: i libri costano troppo, non possiamo comprarli. Rileggiamo i vecchi libri oppure andiamo in biblioteca.
La terza riguarda Internet: io leggo lo stesso, vien detto, ma leggo soprattutto post e status e articoli on line. Non è la stessa cosa rispetto alla lettura di un libro, è vero, ma è pur sempre lettura.
La quarta, fra le più popolari, ci dice che dal momento che l’editoria sforna schifezze, non si è più invogliati a leggere (anche le non schifezze).
La quinta dice che la lettura viene sminuita, così come la cultura tutta, in quanto non utile. E il dato sui dirigenti e professionisti non lettori (tanti)  andrebbe a confermare il timore.

Parliamo subito di soldi. Ogni volta che si fa questo discorso salta fuori qualcuno che col ditino alzato dice: “e allora lo spritz? E allora l’iPhone? E allora il macchinone?”
Non funziona esattamente così. Mi ha scritto stamattina un amico, che nominerò se mi dà il permesso, ma mi ha autorizzato a raccontare la storia.
“Siamo, dice, un gruppo di amici. Disoccupati o part time, stipendi sotto i mille euro mensili. Ma siamo lettori forti, e spesso non vogliamo aspettare che le biblioteche acquisiscano quel titolo che stavamo aspettando, e ogni mese ce ne sono diversi. Ma i libri costano fra i quindici e i venti euro, e la spesa diventa impossibile.
Dunque, li compriamo insieme: ognuno versa una piccola quota, in modo che, dividendo il costo totale fra cinque persone, l’acquisto diventa accessibile. Come li leggiamo? Tirando a sorte: estraiamo i biglietti con i nostri nomi da un cestino, e il primo estratto inizia la lettura, che poi passa agli altri. Alla fine qualcuno tiene fisicamente in custodia il libro: c’è un ex libris con i nostri nomi, su Google Drive c’è un file con i titoli acquistati e il nome di chi lo tiene in consegna. Ognuno ha dedicato una sezione della libreria al “bookshaming”, dove si tengono i libri in comune, che possono essere richiesti per rilettura in qualsiasi momento.
E’ un paradosso. Anche in questo caso legato alle tante uscite e soprattutto alla scarsità di soldi. Mi rendo conto che il mercato editoriale non viene aiutato da questo sistema, perché un solo testo viene letto da cinque persone. Ma come si fa? I libri aumentano, in numero e costo, e gli stipendi non crescono, e il lavoro nemmeno. Quindi il problema non è l’editoria, o non solo: è il lavoro”.

E’ una bellissima soluzione che però mette in primo piano problemi enormi.
Aggiungo qualche altra considerazione, marginale se credete.
Da anni la cultura viene sminuita: da chi la vede come ostile o inutile, e spesso anche da chi la fa, e continua a dipingerla come una faccenda per pochi (pochi eletti e aggiungo anche maschi nella maggior parte dei casi: siamo eruditi, siamo intelligenti e in tempo di social persino brillanti e -uh!- urticanti, noi sappiamo come vanno le cose e cosa è letterario e cosa no, voi zitti e applaudite).
Di contro, come veniva detto in qualche commento sulla mia bacheca facebook, c’è la mancanza di fiducia nei confronti di chi parla di libri. Un po’ giustificata, ma solo un po’. Così come è giustificata, e più di un po’, la diffidenza nelle classifiche di Amazon e nelle recensioni on line, perché in molti casi le prime sono gonfiate e le seconde interessate. Però di qualcuno occorre pur fidarsi, fosse anche un lettore o lettrice forte di riferimento: perché  a chi sostiene che si pubblicano solo schifezze rispondo fieramente che non è vero, e l’ho anche scritto in passato.
Dunque? Dunque c’è un problema di fiducia (enorme), un problema di snobismo (notevole),  “anche” un problema di editoria, un problema di tempo e un problema culturale.
E c’è un problema di soldi. Che è faccenda che dovrebbe riguardarci tutti, che si faccia un lavoro culturale o no.

4 pensieri su “LEGGERE FRA AMICI: LA STORIA DEL BOOKSHAMING E PARECCHIE QUESTIONI SULLA NON LETTURA

  1. Lo facevano gli operai e le operaie nei quartieri popolari nella Parigi dell’Ottocento: compravano in comune i romanzi, se li passavano di mano in mano, alla fine si sorteggiava chi lo avrebbe avuto in custodia a casa. È così che “I miserabili” divenne un best seller. Però non si limitavano a leggere libri: si incazzavano, e facevano le barricate.

  2. Siamo sicuri che si tratti di “bookshaming”? Se i libri sono custoditi “in comune” tra tutti, è probabile che si tratti di “booksharing”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto