LEZIONI DI VITA (SCOLASTICA)

Com’è
quella storia secondo la quale la nostra scuola elementare è la migliore del
mondo? Questo, almeno, è quanto viene ripetuto da più parti, in alto e in
basso, da ex ministri e da insegnanti orgogliose.
Bene, adesso vi racconto una piccola storia: che certamente non va ad inficiare
l’assioma di cui sopra. Però può esemplificare bene come vengono preparati e
gestiti i materiali didattici che si rivolgono agli insegnanti elementari: e
conferma quanto sostiene non da oggi Roberto Maragliano. Virgoletto: “questo
ordine di scuola sconta tuttora il retaggio di una ottocentesca misura, la
gratuità del libro di testo, novecentescamente tradotta nel permanere di un
oligopolio editoriale, di scarsissimi investimenti culturali e tecnici, di un
limitato livello di contribuzione all’elevazione professionale dei docenti.”

La vita
scolastica
, diretta da Mario Di Rienzo ed edita da Giunti, è la rivista
principe fra i periodici scolastici per i docenti delle elementari. Avviene che
a fine febbraio a Maragliano venga richiesta la collaborazione per
l’allestimento di uno speciale, interamente dedicato all’immaginario del
bambino. Maragliano coinvolge diverse persone, fra cui la vostra eccetera (ma
ce ne sono tanti, professionisti serissimi di varie estrazioni). Ci viene chiesto
di consegnare il nostro articolo subito dopo Pasqua. Lo facciamo tutti.

Pochi
giorni fa, vedo il pdf della rivista, che è peraltro uscita, da quanto ci
informa il sito. Tutti gli articoli sono stati modificati senza che gli autori
ne venissero informati. In alcuni casi (quello della sottoscritta) ampi pezzi
di testo vengono sfilati e trasformati in box, con il conseguente massacro
dello sviluppo logico. In altri, succede di molto peggio. A Ornella Martini,
per esempio, non solo vengono cambiati  i titoli, “forzandoli a dire il
contrario di quello che intendevano significare”. Ma vengono eliminati tutti i
passaggi in cui il discorso politico sull’utilizzazione dei media virava,
correttamente, sul coinvolgimento personale dell’insegnante. Insomma, il suo
testo viene devitalizzato.

Ancora.  A Lorena Fasolino (e ad altri due) il pezzo
viene cassato e pubblicato in rete senza autorizzazione degli autori. A Luciano
Lucci vengono tagliate le parti su “le posizioni pedagogiche” relative alla
multimedialità, stravolgendo il significato complessivo. A Stefano Petruccioli
vengono riscritte le frasi, e tocca anche a lui la segregazione di parti intere
nei box (“l’articolo non era più il mio, e non solo nel senso in cui
normalmente un’opera non è più del suo autore una volta che egli l’ha creata e
affidata al pubblico”). A Mario Pireddu cambiano il titolo e gli affibbiano “Un
sistema al tramonto” (“solo che per me non è al tramonto, è già bello che
morto… “). Anche ad Alberto Abruzzese impongono “L’anello di Moebius” invece
di "Infanzia dell’immaginario e immaginario dell’infanzia", che era
stato scelto per un motivo preciso. Poi. Simona Taborro si è trovata davanti il suo articolo “come uno specchio
deformato, tanto che alla prima lettura, senza riguardare il mio originale in
alcuni punti mi sono chiesta:”ma che cavolo ho scritto, sono passata così male
da un tema all’altro?!” (oltretutto, sostituiscono una sua frase “con un’altra
contenente un errore di ortografia e uno concettuale”)..

Veniamo a
Ilaria Margapoti. Testo originale: "con i quali i bambini devono
interagire"; Testo modificato: "dai quali i bambini ricevono
informazioni". Scrive l’autrice: “"con" contro "da",
"interagire" contro "ricevere": il bambino che partecipa
attivamente contro il bambino che subisce passivamente..Si tratta di sei
parole, ma quanto cambia il significato! E, casualmente, cambia esattamente nel senso contrario a quello che cercavo
di esprimere: ripropone ancora una volta le posizioni chiuse ed ottuse della
tradizione scolastica, cioè proprio quelle che con il mio articolo (con i
nostri articoli, tutti!) tentavo di smuovere!”.

Maragliano commenta: “gli interventi
redazionali sono stati fatti con estrema accuratezza e perizia asportando tutto
quanto noi consideriamo più prezioso e utile in vista di una presa di
coscienza, da parte degli insegnanti, del rapporto fra media, immaginario ed
educazione; una presa di coscienza che, a nostro avviso, deve partire da
considerazioni di tipo personale ed esistenziale, come bene diceva la parte tagliata
del contributo di Ornella Martini  e le altre innumerevoli censure fatte sugli altri
articoli”.

Ciliegina: a rivista uscita, arriva a tutti
il contratto. Nel quale ci si chiede di dichiarare che accetteremo i tagli
redazionali e che cederemo la proprietà intellettuale dei nostri scritti alla
Giunti.

Naturalmente, a tutti coloro che si
appassionano per il presunto strapotere degli editor letterari, di questa
vicenda piccolissima importerà poco: in fondo, si tratta solo di una rivista
destinata ad informare e formare coloro che, a loro volta, sono deputati alla
formazione dei bambini nella fase più delicata della loro vita. Ah. Si tratta
di una rivista, però, che ha qualche decina di migliaia di abbonati.

10 pensieri su “LEZIONI DI VITA (SCOLASTICA)

  1. Mi è montata la rabbia, e mi sembra tutto talmente speculare a quello che succede nelle classi con i bambini/ragazzi. Abbonda la necessità di “intrudere” pesantemente nelle vite, nel lavoro e nella psiche degli altri. Spero che qualcuno di voi autori si faccia davvero sentire.

  2. Loredana, come forse sai sono un insegnante di scuola primaria. Mi dispiace per la brutta avventura. Però ci tengo a sottolineare che “La vita scolastica” non gode di nessun credito presso i miei colleghi, almeno così mi pare dalla mia esperienza. Non è, insomma, percepita come una fonte autorevole. Invece, i libri di testo per la scuola primaria mi sembrano fatti bene, nel complesso l’editoria scolastica merita di essere promossa.
    Il problema della scuola – e scusa se sembrerò prosaico – sta nella scarsa valorizzazione degli insegnanti che, credimi, come credito sociale sono (siamo) poco più di zero. Faccio un esempio banalissimo: quando mi invitano come relatore a un convegno scolastico – da insegnante intendo – non cacciano un euro, e se provo a chiedere qualcosa mi guardano pure male: come a dire, uno che fa un mestiere così nobile chiede la grana? (Questa cosa mi ricorda l’esperienza di mio nonno che di mestiere faceva il restauratore. Ogni volta che finiva un lavoro in una chiesa, doveva litigare col parrrino di turno che quasi lo scomunicava per il denaro che lui aveva chiesto per la sua opera – lei si rende conto che ha lavorato nelal casa di Dio?!!! Gli urlavano in faccia. Come se per mantenere la famiglia gli dovesse bastare aver lavorato nella casa di Dio…).
    Invece, quando vado a fare il relatore come scrittore mi pagano tranquillamente.
    Sarà corporativismo, boh, però pretendere di formare professionisti che abbiano profonde e complesse competenze pedagogiche, culturali e bla bla bla ed ecc. ecc., pagandoli mille euro al mese, mi sembra un’assurdità.
    Va be’, sono andato fuori tema.

  3. Nicolò mi trova completamente d’accordo: la professione del professore/insegnante oramai non ha più alcun peso.
    Non ha senso che una società civile maltratti in questo modo che contribuisce a creare il nostro futuro.
    Blackjack

  4. Un piccolo sfogo da un insegnante di una scuola bergamasca prendendo in prestito il tono di un celebre articolo di Pier Paolo Pasolini. Sperando che -ovunque sia- non se ne abbia a male. E scusandomi per essere andato fuori tema.
    IO SO.
    Io so come si emargina -giorno dopo giorno- in un lento percorso di agonia, la vita di una persona che chiede soltanto diritto a un futuro migliore. Io so come può formarsi un potenziale criminale e come lo si aiuta a credere che il gesto dirompente sia l’unico modo per gridare al mondo la propria disperazione. Io so come si riesce a evitare l’accusa di razzismo, come si può darla a bere, come si può fingere di essere disponibili all’integrazione pur senza crederci davvero, pur sapendo che nel proprio intimo lo straniero ci insospettisce. Io so come ci si può costruire una vita rispettabile, come essere riveriti da tutti, come ergersi a cittadino modello. So come si costruisce una parvenza di normalità per nasconderci dietro i propri vizi, i propri demoni. So che il denaro qui dove vivo muove tutto e che la religione significa andare a messa la domenica per opzionarsi il paradiso.
    Sì, io so. Ma non ho le prove. Ho soltanto indizi. Ho il mio naso per la puzza di sudore del disperato che vive al mio fianco, ho gli occhi per guardare gli scatti nervosi del ragazzino compresso nel suo disagio, ho orecchie per sentire che mi sta sussurrando la sua morte sociale giorno dopo giorno. Ho le mani per appendere la mia speranza sulle spalle ricurve di alcuni sacerdoti, angeli sulla via che mi guardano per quello che sono, figlio di un dio che può avere tanti nomi ma un unico sapore: quello acre e pungente della solitudine. Ho una penna per scrivere quello che penso. E io penso che lo straniero rapinatore è una serpe che il mio mondo -il mondo in cui vivo e da cui non mi sento rappresentato- si è covata e coccolata in seno sin dalla più tenera età. La serpe ha bisogno di molte attenzioni per poter sviluppare bene le sue infide attitudini; la devi affacciare sulla vita e le devi far vedere che tutto intorno a sé è normale, pacificato, sereno. Lei all’inizio crederà che il futuro porterà solo bellezza e gioia. Subito dopo, però, devi cominciare a isolarla: le devi parlare solo quando è necessario, non le devi mai chiedere come si sente oggi, devi far finta che non esista ma devi sempre stare attento a non farle capire che non la sopporti. Devi giocare sui suoi nervi, sul detto e non detto, spesso eviterai di farle sapere cosa pensi perché lei non merita il tuo pensiero; e quando qualcosa non ti va di lei, non glielo dirai ma glielo farai giusto giusto intuire pur lasciandola nel dubbio perché lei non merita la tua esposizione. Il suo peso sociale non merita il confronto e tu lo sai e tanto basta la messa alla domenica mattina per andare in paradiso.
    La serpe così cresce in salute, gonfia di rabbia e di rancore perché vede le altre serpi intorno a sé che vivono, si divertono, si confrontano, si sposano, crescono e muoiono. La serpe cattiva, come l’erba famosa, non muore mai. Tu non lo saprai mai quando lascerà questo mondo infame perché come gli elefanti andrà a crepare in solitudine, quando le girerà bene. Morta ammazzata quando andrà male. E pace all’anima sua.

  5. Davvero un affare poco pulito, sporco.
    Davvero scorretto il comportamento di quelli della rivista.
    Come si fa a dire, come lor signori hanno scritto sul contratto tanto poco puntualmente inviato (cioè dopo la consegna degli articoli, dei nostri lavori), che la rivista si riserva di apportare tagli e modifiche che non alterino i contenuti originali del testo? Come fanno tagli e modifiche alla forma a non modificare il contenuto? A me personalmente ha dato molto fastidio vedere alcune mie frasi riscritte e intere parti espunte dal corpo dell’articolo e relegate in dei box. Davvero l’articolo non era più il mio, e non solo nel senso in cui normalmente un’opera non è più del suo autore una volta che egli l’ha creata e affidata al pubblico. Davvero la parola “violare” ci sta bene a indicare quanto è successo.

  6. Sono assolutamente stupefatto. Roba da Piano per la rinascita democratica! Credo che Loredana conosca meglio di me quanto può e deve fare ciascuno degli autori per tutelare la proprietà intellettuale di quanto ha scritto. Gli estremi per un’azione legale ci sono…

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