«Tu sai che chi attribuisce il Nobel sono quattro poeti ridicoli. Gli altri sono uomini di scienza e il più cretino dei quattro è il segretario permanente… Hai compreso la serietà del Nobel? La merda che è in realtà il Nobel?».
Non è uno scrittore, opinionista, letterato che commenta il Nobel a Bob Dylan ieri, o che commentò quello a Dario Fo nel 1997. E’ Giuseppe Ungaretti che si sfoga con Jean Lescur dopo il Nobel a Salvatore Quasimodo nel 1959.
Polemiche fra letterati? Sì, certo. E qualcosa in più.
C’è una teoria interessante, che è stata formulata nel 2005 per il marketing, ed è quella della Blue Ocean Strategy. In poche parole: se ti butti nell’oceano rosso, dove tutti fanno la stessa cosa e si mordono a vicenda, finisci sbranato dagli squali, mentre se riesci a dar vita a un nuovo oceano (quello blu), nuoterai e navigherai tranquillo.
Naturalmente non sono in grado di prefigurare l’oceano blu in ambito letterario, ma di certo. in questo ambito, l’oceano rosso è molto affollato, e sempre più agitato in tempi dove, val la pena di ricordarlo, si legge pochissimo, soprattutto in Italia, e dove di questioni letterarie ci si occupa, in modo esteso naturalmente, solo quando si formano tifoserie. Pro o contro Torino e Milano. Pro o contro lo Strega. Pro o contro il Nobel per la Letteratura.
Ammetto di essere rimasta stupita dalla veemenza con cui si è discusso ieri e si continua a discutere oggi, dell’assegnazione del premio a Bob Dylan. In toni ponderati e riflessivi, o con la violenza (degna di miglior causa, credo) di Irvine Welsh (“un premio nostalgia mal concepito strappato dalla prostata rancida di vecchi hippies balbettanti”: al confronto Ungaretti era serafico).
Personalmente, continuo a ritenere che letteratura sia un concetto molto più ampio rispetto al romanzo e alla poesia: che includa ogni forma di testi che non solo abbiano potenza estetica ma vadano nella direzione voluta da chi assegna i Nobel (anzi, dal fondatore stesso: si assegna il premio per la letteratura a chi ” si sia maggiormente distinto per le sue opere in una direzione ideale”).
Certo che dai Nobel sono rimasti fuori molti grandissimi della letteratura mondiale: ma non mi sembra che questo abbia impedito ai lettori di amare Borges, Joyce, Proust, Woolf. Né – perché questo sembra il punto – impedirà di amare e leggere Adonis e Roth.
Credo che il senso del Nobel per la letteratura sia leggermente diverso dal premio alla carriera: ma che vada a riconoscere il lavoro di chi ha con le proprie opere inciso nelle vite degli altri, a livello sociale oltre che estetico. La tifoseria da stadio, che pure è ovvia e naturale (ma noiosa, dopo un po’), non mi sembra avere molto senso. Tutto qui.
Il Nobel è diventato proprio un premio alla carriera. Nel caso di Bob Dylan… Fu lui stesso a dire anni fa che canzone è cosa diversa da poesia… Pessimo servigio dunque alla letteratura da parte dell’Accademia svedese
io la mia l’ho detta, e sposo anche le belle riflessioni di scarpa sul primo amore.
le contrapposizioni manichee e la tifoseria da stadio forse sono inevitabili, mica per niente siamo il paese dei guelfi e ghibellini. io mi accontenterei che si argomentassero le proprie opinioni, per es. senza accusare gli altri di rosicamento (su repubblica alcuni commenti tacciavano di invidia pure l’opposizione di enrico mentana!)
Be’, diciamo che mi limito a stigmatizzare Welsh. 🙂
Trovo che le polemiche di queste ore si limitino davvero, esse stesse, a fare della letteratura, nel senso che fanno della semplice retorica, curandosi più della forma di quest’attribuzione che della sostanza. Bisognerebbe capire che insieme ai tempi cambiano anche i giurati cui viene affidato il compito di scegliere il meritevole e che potrebbero essere ormai lontani dalla mentalità conservatrice ed accademica del passato, aprendo brecce verso nuovi lidi, inglobando generi considerati subalterni. In un’epoca in cui si parla già dichiaratamente di un’apertura “gender” negli orientamenti sessuali, si dovrebbe considerare che le cose sono strettamente collegate le une alle altre e pertanto non è assurdo prevedere e constatare un cambiamento e quindi un’apertura di genere che tocca finanche il campo della letteratura. Tutto fluisce.
Cerco di essere chiaro e senza alcun intento polemico o noioso. Il problema non è capire se Dylan abbia o meno inciso su generazioni sia a livello sociale che estetico, probabilmente sì, ma includere la forma canzone d’autore nella lista di possibili candidati al Nobel della letteratura mutando l’ambito del premio, come ha ben specificato Paolo Di Stefano, sul Corriere; così facendo si estende la rosa dei candidati a dismisura, prima o poi potranno giustamente essere considerati candidabili anche gli autori di graphic novel, allorché non basterà un Nobel all’anno ma ce ne vorrebbe almeno uno al mese per poter premiare i migliori, che non vivono 1000 anni per vedersi riconosciuto un premio. Quindi o si introducono categorie a latere, come nei festival cinematografici, oppure il Premio Nobel rischia di svuotarsi di senso in un’enormità di accezioni su cosa è letteratura oggi. Inoltre tutti hanno ricordato l’intento originale e generale del Nobel (a chi si sia distinto maggiormente per le sue opere in una direzione ideale) ma nessuno ha ricordato l’altra peculiarità del Nobel fin dagli inizi, ovvero illuminare l’opera di un autore che non ha avuto risonanza mondiale e lo avrebbe meritato (penso a Szymborska), in questo senso il Nobel a Dylan arriva tardissimo poiché tutto quello che aveva da dire lo ha detto almeno da 40 anni; spesso è stato rilevato che Kundera meritevole con pochissimi del Nobel non ha scritto cose rilevanti da almeno 20 anni, e tutto ciò per Dylan non vale? Insomma davvero non riesco a trovare una sola giustificazione plausibile al conferimento di questo Nobel, che è sbagliato alla radice, a mio parere. Anche volendo considerare Dylan per la sua poesia basterebbe leggere i testi delle sue canzoni accanto a Montale, Luzi, Caproni. E volendolo considerare un cantautore, ha giustamente chiarito Magrelli, la lotta è impari poiché la suggestione che suscita la canzone d’autore e autore stesso coinvolge migliaia di persone, nei concerti, ma un poeta vanno a sentirlo leggere solo 4 gatti. Siamo in abiti e ambiti differenti.
Esattamente, Domenico Fina, si dovrebbero considerare papabili anche gli autori di graphic novel. Che fanno libri, romanzi, detti anche novel, nell’idioma di Albione.
Non vorrei fare come il bambino che disse che il re è nudo: ma mentre i cosiddetti grandi della letteratura girano il mondo tradotti in mille lingue, quanti hanno avuto accesso ai testi di BD in inglese o in traduzione? O non si sono/ci siamo limitati a una fruizione soprattutto della musica con vaghi riferimenti ai testi? Ciò detto W BD!
Igort ma a questo punto il Nobel diventa una sorta di asintoto, cioè si estende a dismisura e non arriva mai a toccare tutti i meritevoli, oppure deve prendere atto di ciò, e svecchiarsi seriamente, ovvero diventare come il Pulitzer che suddivide i premi in 21 categorie, fotografia e musica comprese.
1. Io l’ho aspettato per vent’anni il Nobel a Bob Dylan, ma negli anni in cui non l’ha avuto non m’è mai passato per la mente di fare paragoni fra lui, i vincitori e gli altri che non l’hanno avuto. Il Nobel è un premio all’autore, non una multa agli altri. Molto triste, lo spettacolo annuale di chi fa la lista dei “migliori incompresi”: il benaltrismo è una brutta bestia, tanto quanto l’invidia rosicona.
2. Le polemiche su Dylan che non è “letterario” andavano fatte quando il suo nome fu inserito fr ai candidati (com epure Leonard Cohen), non adesso. Farle adesso dà l’idea di aver detto: “si, va bene, lo hanno candidato, ma tanto non vince, che mi disturbo a fare?” – una figura piuttosto meschina, per chi tiene davvero ai “sacri confini” (contento lui) della letteratura.
3. Premiando Dylan, si è voluto ampliare il campo del letterario, includendo una nuova modalità espressiva. Lo stasse sarebbe stato se l’avessero dato ad Al Capp (che è stato candidato) o a Charles M. Schulz (non ricordo se lo sia stato), lo stesso valse quando, con Dario Fo, ampliarono il genere teatrale includendovi il comico, che fino a quel momento era escluso. Paragonare Dylan e Fo a Roth, De Lillo, Kundera, è privo di senso, perché non si comprende, e forse nemmeno si conosce, il senso del premio. Per comprendere il quale sarebbe utile leggere, almeno una volta, i criteri e le motivazioni. Per dire: in quelle di Fo si menzionava l’aver riportato alla luce un linguaggio espressivo del passato andato perduto; non sarebbe stupido chiedere quale lingua morta abbia riportato in vita Pynchon? Si, certo: tanto quanto dire che Fo non è Pynchon.
4. Le polemiche sul Dylan “letterario” che leggo oggi non cambiano di una virgola quanto scritto mezzo secolo fa dai soloni del Gruppo ’63, impegnati ad alzare un argine pro domo per ogni altro che abbattevano; me li ricordo, esultare perché Dylan aveva attaccato la spina e gli si poteva finalmente dare del servo del sistema (elettrico, suppongo). Ciò dà l’idea di quanto di originale, nuovo, talora leggibile abbiano da dire quelli che ripetono le parole dei loro nonni. Come dire: perché non ti preoccupi del palo del non aver scritto niente di leggibile negli ultimi decenni, invece di preoccuparti della pagliuzza svedese di qualcun altro?
5. Io cmq il Grammy a Javier Marias glielo darei, meglio ancora toglierei qualche premio a certe archistar che devstano il territorio (ma arricchiscono il proprio conto in banca) per darlo a Marias.
PS. Amo troppo Welsh per negargli il diritto di esprimersi nei suoi modi e linguaggi, che sono quelli della sua letteratura (a proposito: io a lui lo darei, il Nobel). Purtroppo anche altri commenti sono espressivi di quel che hanno da dire, ma soprattutto da dare, certi commentatori “illustri”…
le mie proposte per il nobel
https://lavienbeige.wordpress.com/2016/10/14/i-miei-nobel/
Bella l’immagine dell’Oceano Rosso e dell’Oceano Blu. A volte anche le teste d’uovo del marketing concepiscono idee interessanti.
Facciamoci qualche domanda: chi sono i fantomatici accademici svedesi che assegnano il Nobel? Chi lo consegna nelle mani del premiato di turno? Alla seconda domanda è facile rispondere: il re di Svezia. Il quale, incidentalmente, è anche Gran Maestro del rito massonico svedese (che comprende, oltre alla Svezia, Danimarca, Islanda e Norvegia – dove assegnano il vituperato Nobel per la Pace) Più difficile rispondere alla prima domanda: qualcuno sa dire quanti sono oggi i membri e i loro nomi? Di sicuro si sa che il segretario del Comité è nominato (a vita) dal re, che sono tutti svedesi e che vengono cooptati (non eletti, nominati) dall’alto. Sul risultato delle votazioni si stende un silenzio di 50 anni; in pratica, quando sono tutti morti, premiati e giudici.
Che discrezione… che sublime riservatezza… Per soddisfare le esigenze di trasparenza e di democraticità, si istituisce il rito delle proposte di nomina dei premiandi, che possono venire da istituzioni grandi e minuscole, gruppi di aficionados, ecc. Un po’ come le letterine dei fanciulli a Babbo Natale.
O qualcuno immagina che le migliaia di segnalazioni che arrivano ogni anno siano compulsate attentamente dal Comité?
Allora, se dico che il premio Nobel viene assegnato dai massoni svedesi mi merito l’epiteto di “complottista”?
È ancora “inspiegabile” il premio a Dario Fo nel 1997 e a Saramago l’anno successivo? No, i protestanti svedesi (il rito svedese prevede che tutti i membri siano cristiani, in barba alle pretese ecumeniche della massoneria ufficiale) hanno premiato due scrittori dichiaratamente atei e sedicenti comunisti di due paesi cattolici (papisti) nel momento in cui Woityla teneva le sue adunate oceaniche. È ancora la guerra tra Riforma e Controriforma…(Incidentalmente, si venne incontro alla casa editrice Einaudi, che pubblicava entrambi gli autori.)
Sul premio a Dylan l’ha azzeccata (per una volta in vita sua) Tony Negri: è un assist alla Clinton contro Trump, oltre che un bel restyling d’immagine per ingraziarsi le simpatie di vecchi sessantottini e giovani indignados.
O qualcuno si immagina che le scelte del Comité non abbiano quasi sempre motivazioni di ordine politico in senso lato?
Non fu solo Ungaretti a lamentarsi del Nobel a Quasimodo, dato che era evidentemente un poeta minore rispetto a Montale (che dovette attendere quasi vent’anni per riceverlo a sua volta) C’entra forse qualcosa il fatto che Quasimodo fosse iscritto alla massoneria? (Come pure Carducci e pare anche Pirandello?)
Raul Schenardi, è così. E’ un complotto pluto-massonico degli Illuminati! Come non capirlo?
La questione è: ma se il Nobel (come quasi tutti i premi) è fazioso, opinabile e 9 volte su 10 viene mal giudicato per le sue scelte; perché ci lamentiamo?
Basta non considerarlo. O eventualmente boicottarlo. E tanti saluti.
Non so, apprezzo molto di più l’assegnazione del Nobel quando mi aiuta a scoprire un autore di valore meno conosciuto. Ad esempio, adoro la letteratura giapponese ed apprezzo Murakami (lo cito dato che da anni è uno dei “papabili” all’investitura del Nobel ed anche quest’anno riecheggiava il suo nome), ma non sarei stata contenta se il Nobel fosse stato assegnato a lui, molto più e piacevolmente sorpresa se fosse stato fatto il nome di una autrice giapponese, dato che quel paese vanta diverse scrittrici di pregio che meriterebbero essere un pò meno di “nicchia” (un nome per tutti: Ogawa Yoko, pubblicata anche da noi ma non nota come Natsuo Kirino).
Il Nobel a Dylan semplicemente non lo capisco. Forse perchè, molto banalmente, ritengo che quell’artista sia stato già abbondantemente premiato in ogni modo nel corso della sua carriera? Forse perchè dopotutto sono una conservatrice e non mi piace mischiare categorie culturali? O magari perchè non amo particolarmente la musica e le canzoni di Dylan, certamente. Però, davvero, se c’è una cosa che non manca a questo mondo sono gli scrittori…perchè scegliere un musicista, sia pure a suo modo poeta?
Comunque, in un certo senso, il Nobel a Dylan è un riconoscimento dell’estetica di Benedetto Croce, per la quale non ha senso discutere di arti diverse se non per scopi di comodità classificatoria, e che si esprimono le stesse intuizioni in prosa, poesia, musica, pittura, scultura, architettura…
A proposito delle accuse di “complottismo” si può leggere con profitto un post de Il Pedante: http://ilpedante.org/post/gombloddoh
Mi sono limitato a riferire dei dati empirici che nessuno può contestare, e a suggerire un’interpretazione che forse bisognerebbe criticare o respingere nel merito (sui criteri dell’assegnazione). Certo, è più facile (ma a volte difficilissimo) sostenere che i criteri siano quelli della “qualità letteraria” o dei “valori ideali”. Potrei citare parecchi casi in cui la “qualità letteraria” stenta a emergere, ma mi basta l’esempio di Fo, e non posso che condividere il giudizio espresso a suo tempo da Alfonso Berardinelli e riportato da Lipperini: “Questo Nobel è il sintomo estremo della cattiva conoscenza che all’estero hanno della letteratura italiana del Novecento. A me Dario Fo non piace neanche come attore. Ma come scrittore è improponibile. Le sue opere le ho viste a teatro, ma non ho mai sentito il bisogno di leggerle, cosa che non mi succede con Shakespeare, ovviamente, ma neanche con Ionesco o Beckett. I suoi non sono testi”. Spiace che ancor oggi Marino Sinibaldi ritenga che: “Solo per stupido pregiudizio qualcuno ha contestato il premio Nobel per la letteratura che gli fu assegnato nel 1997” (Lo ha scritto su Internazionale). Non credo di essere stupido e neanche di nutrire troppi pregiudizi, ma forse non ho capito che di fronte alla dittatura del pensiero unico non è più permesso dissentire nemmeno su un giudizio estetico. Come minimo si rischia di passare per matti. Un po’ come nell’Urss, dove i dissenzienti finivano davvero in manicomio.
Nel 1997 due membri della commissione diedero le dimissioni denunciando le intromissioni della massoneria nell’assegnazione del premio, e, en passant, l’esistenza di una loggia “C”, dove la “C” stava per “Comunicazione”, la cui mission consisteva nell’infiltrare case editrici, media e stampa, per pilotare informazione e disinformazione. Perciò, se nessun giornalista vi ha mai rivelato il segreto di Pulcinella – è la massoneria ad assegnare il premio – non stupitevi più di tanto. Degli accademici svedesi si può dire che sono dei “mattacchioni”, o “che cosa si sono bevuti quest’anno” ecc, ma non quello che tutti dovrebbero sapere e possono agevolmente verificare, e cioè che sono massoni.
Quando fu assegnato il premio a Quasimodo, tutti sapevano che era un poeta decisamente inferiore a Ungaretti e Montale. Quasimodo però aveva un vantaggio: era massone (così come Carducci e a quanto pare pure Pirandello). Ma se porto questo altro dato empirico e facilmente verificabile sono recidivo nel mio “complottismo”, immagino…
@ Raul Schenardi
Si sa già che l’anno prossimo il Nobel per la letteratura lo vincono i cerchi nel grano (che sono un dato empirico pure loro)