NEGLI STUDI DI FAHRENHEIT…

…per esempio, oltre a reincontrare alcuni vecchi amici, oltre a partecipare alla discussione con Carla Benedetti e Benedetta Centovalli, avviene, assolutamente a sorpresa, di imbattersi in Sergio Endrigo, ospite di Marino Sinibaldi per presentare il suo libro. Marino ha raccontato del circuito blog-giornali-radio che si è innestato in questa occasione. Endrigo ha parlato, anche, del nuovo romanzo che sta scrivendo. Frase del pomeriggio: “Quando una società promette e non mantiene, diventa una società pericolosa”.

76 pensieri su “NEGLI STUDI DI FAHRENHEIT…

  1. Loredana, hai ripetuto ancora una volta e nonostante le puntualizzazioni di tanti che la letteratura di progetto sta bene (idea che ormai condividete solo tu e wu ming 1 perché probabilmente Wu Ming 1 non ha la forza di contraddirti), e per fortuna la Centovalli ha smentito la cosa parlando di spazi che si chiudono ogni giorno. Hai ripetuto il mantra che il noir è la forma più adatta oggi per raccontare il mondo. Hai ripetuto il giudizio di Carla Benedetti su Evangelisti sostenendo che era diverso dal tuo e facendole sussurrare: Stiamo dicendo la stessa cosa. Ma allora che senso ha avuto che tanti intervenissero qui. Il problema è che i giochi sono fatti, che esistono comunità che magari si scambiano saluti amichevoli ma la pensano all’opposto e che l’unica cosa sensata da fare se si ama la letteratura (la cultura, l’arte) è rivolgersi direttamente al pubblico. Proprio come farà Nazione Indiana con l’incontro su Giornalismo e Verità, sabato 19 febbraio al Teatro i di Milano.

  2. Va bene. Adesso per provare l’efficacia del circuito “gionali-blog-radio”, io che lavoravo posso chiedere a qualcuno – come gli studenti secchioni a cui capiti di assentarsi, ma è che io sono letteralmente una secchionissma! – vedere o sentire da qualche parte almeno dei pezzi della trasmissione? Grazie in anticipo per gli appunti.

  3. mi sa proprio che tra poco dirò anche io la mia umile opinione su questa salutare polemica/riflessione…. popolare…
    intanto un grazie a te e a carla.
    g

  4. Re-Re-Reload Endrigo. Mi sono cascati, scusate, ma mi sono proprio cascati. Direte tanto peggio per me, ma non so mica se sia tanto vero che sia solo peggio per me. Torno a vedere 1984, con W. Hurt, un film bello, su cui riflettere. E magari rileggo pure il libro, per la millesima volta: mi potrà solo fare molto ma molto bene.
    Saludos.
    Iannox

  5. Scusate se dico la mia, ma mi sento in diritto/dovere. Letteratura di progetto, letteratura di genere… da qualche tempo mi trovo in mezzo all’editoria, in quanto autore e in quanto addetto ai lavori (ho militato per qualche anno nella consulenza editoriale, prima di ravvedermi e passare ad altro), da qualche tempo mi trovo in mezzo all’editoria e mi sembra che quelli che esistono in libreria sono più che altro libri. Ce ne sono di belli (pochi, è chiaro) e di brutti. Ma sono libri. Più che in passato, evvivaddio. Esistono piccoli editori coraggiosi, i nomi li sapete già, e anche grandi editori che ogni tanto sono coraggiosi (Strade Blu, citavi tu Loredana…). La Centovalli si lamenta, ma forse pensava a se stessa più che all’editoria. Chiaro, viviamo in un periodo di decadenza, con quel che ne consegue, ma non diamo solo la colpa all’editoria. E’ solo decandenza, che diamine. Per parte mia ho pubblicato racconti col placet del Gruppo 63 (nella persona di Balestrini), romanzi sperimentali in Strade Blu, noir da Luigi Bernardi, reportage gonzo scritti a quattro mani con rockstar, biografie di cantanti (con cui sono finito in classifica) e ora sono passato a scrivere la vita di Costantino Vitagliano. Faccio letteratura? Sono alto? Basso? Medio? Sono vivo? Sono morto? La scrittura mi fa campare, questo è un fatto, e per ora sono vivo….

  6. Andrea, tu ti amareggi e io adesso mi incazzo. Più o meno.
    Ho ripetutto NON che l’editoria di progetto sta bene, ma che ESISTE. E non per dare ragione a Wu Ming (che poi Wu Ming “non abbia la forza” di non contraddirmi, scusa, ma è argomento quanto meno risibile). Chi dice il contrario? Benedetta Centovalli, editor di Rizzoli. Sul mio tavolino, che certo non fa testo, arrivano ogni giorno libri “di progetto”. E a questo punto ti lancio una sfida: dimmi quante volte la sottoscritta ha recensito un best-seller, a parte Faletti. In quindici anni. Dimmi quante volte si è occupata di autori che sono nel giro dei best seller. E non mi considero un’eccezione alla regola. Per fortuna.
    Proprio gli interventi che si sono succeduti qui e su Nazione Indiana (evidentemente non era materialmente possibile dar conto di tutti) hanno sottolineato che se Baldini Castoldi Dalai pubblica Faletti pubblica anche altro. Che se adesso tu ed io abbiamo la possibilità di apprezzare, per fare un nome soltanto, Tiziano Scarpa, si deve anche a Einaudi. Che pubblica Covacich adesso, per fare un altro nome, e non Bruno Vespa. Che, lo ribadisco, in Strade Blu di Mondadori si trovano autori di grande interesse e non da premio Bancarella. E’ un fatto o ce lo stiamo sognando fra due mentecatti o politici della Margheria come li chiami tu?
    Gli spazi si chiudono? Fai il paragone con dieci, quindici anni fa, quando non potevi nemmeno concepirli, certi spazi, e editoriali, e giornalistici.
    Veniamo al noir. Posto (ed è stato premesso) che la discussione non vedeva il bene contro il male, il torto contro la ragione, Luke Skywalker contro Darth Vader, perchè grazie al cielo nella letteratura c’è posto per tutti, IO considero non il noir ma il genere la forma che secondo me, racconta meglio la realtà: a mio personalissimo gusto e parere, capisco molto meglio la realtà degli anni Sessanta da scerbanenco piuttosto che dal gruppo 63, con tutto il rispetto e l’affetto personale per alcuni dei componenti del medesimo. Non pretendo che il resto del mondo la pensi come me.
    Evangelisti: non stavamo affatto dicendo la stessa cosa, mi sembra. Evangelisti non fa fantascienza, fa qualcosa di più e di meglio perchè, ma questo l’abbiamo già detto altrove, lavora dentro il genere per superarlo addirittura.
    Caro Andrea, sì che esistono comunità che vivaddio la pensano diversamente, e “il siamo tutti d’accordo” sarebbe insensato. Qui, alla radio, in qualsiasi sede.
    Ma, ti domando, qua dentro si sta o no aprendo a quello che tu chiami “pubblico”? Sto pontificando in solitudine o sto battendo sui tasti per rispondere alle tue amarezze e delusioni? Quali giochi sono fatti, e di chi?
    E porca miseria.
    ps. Iannox, sapevo che ti avrei fatto arrabbiare citando Endrigo. Però, scusami, mi faceva piacere raccontare a coloro che hanno apprezzato il libro e apprezzano il cantautore dell’incontro. La chiudo qui.
    pps. Giuseppe, è una gioia ritrovarti. E a questo punto aspetto il tuo parere.

  7. Essendo un affezionato uditore di Fahrenheit, ho ascoltato il tema del giorno. Vi ho ritrovato alla lettera le posizioni espresse nei rispettivi blog. Penso umilmente che sia giusto così, dal momento che trattavasi di una trasmissione radiofonica e non di un’assemblea. Ho anche ascoltato, successivamente, l’intervista ad un libraio di cui non ricordo il nome, che sosteneva le stessi tesi della Lipperini, mi sembra. Ho ascoltato Endrigo, e mi è parso un intervento moltopiacevole. Chiedo, senza polemica, che cosa chiede esattamente, Andrea nei suoi commenti che molto spesso sembrano attacchi. Chiedo alla Lipperini una cortesia: autore e titolo del libro su Eleonora Pimentel che ha citato. Grazie

  8. Andrea, ho già risposto alle tue osservazioni infondate e poco sensate nel thread sui kamikaze, diversi giorni fa, e tu evidentemente… non hai avuto la forza di contraddirmi :-)))))
    Ad ogni modo, io non ho mai parlato di “letteratura di progetto”, non ho idea di cosa significhi, quindi non posso certo avere affermato che sta bene.
    Mi sono limitato a dire una cosa che dovrebbe essere scontata: in Italia esistono case editrici di progetto, e collane di progetto anche dentro le major, e forse è d’uopo investire le nostre energie nell’appoggiare e valorizzare quel che ci sembra valido, anziché produrre lamentele, fasciarci la testa, strapparci le vesti di dosso etc.
    Ho ribadito, anche nel risponderti, quella che è una posizione classica mia e dell’intero collettivo, se vuoi una posizione anti-nichilista: qualunque discorso-catacomba sui pericoli che corriamo, qualunque descrizione “sistemica” del Nemico che non offra a chi legge almeno un pertugio da cui entrino una lamina di sole e un barlume d’azzurro del cielo, bene, qualunque discorso del genere è *incapacitante*.
    “Incapacitante” perché porta a concludere che il nemico è troppo forte, è dappertutto, è sempre una posizione avanti a noi, è in grado di disinnescare qualunque conflitto e assorbire qualunque spinta etc.
    Enunciazioni così producono solo impotenza (per di più impotenza compiaciuta) e contemplazione passiva del sistema (apparentemente critica, in realtà quasi ammirata nei confronti delle strategie in corso).
    Mi sembrava (forse a torto?) che il discorso di Benedetti pencolasse un po’ troppo in quella direzione, magari solo per provocare, ma sono provocazioni che servono davvero a poco, perché anche l’allarmismo maldiretto tarpa le ali all’azione e castra la buona volontà che pure esiste.
    Per giunta alcune cose mi sembravano veri e propri sfondoni. L’editoria di progetto fa fatica ma esiste e resiste, i “libri che non vendono [tanto]” esistono ancora.
    Quando c’è qualcuno che mette in atto una resistenza, per di più facendosi il culo quadro tutti i giorni che Dio manda in terra, non serve a niente descrivere il potere senza descrivere anche tale resistenza. Non solo non serve, ma fa danni, è un’attitudine reazionaria.
    Quando ti sarai calmato e ti saranno passate le convulsioni perché qualcuno ha osato dire che Carla Benedetti a volte ha torto su qualcosa, ti invito a rileggere quel mio post, visto che ogni volta che ne parli ne dài una versione sempre più fantasiosa, tanto che sta diventando una leggenda urbana: “Wu Ming 1 ha scritto che tutto va bene!”

  9. Scusate, non vorrei fare ancora più confusione, ma (Loredana) secondo me Scerbanenco é uno di quei casi in cui il genere – per esempio in “Non rimanere soli” – viene superato, se no é genere anche Simenon. Proprio lui caso mai é uno di quelli se non da “riscoprire”, sicuramente sottovalutato. Uno di quelli che certi dizionari di letteratura italiana – fatti da autori che dicono, “Non si cono più romanzieri!” – non metterebbero mai fra i loro autori. Come Sandro De Feo o Ercole Patti o la Mazzetti, o Tedesco, quest’ultimo per tornare al genere ;
    2. Perché non facciamo anche a Roma un’ assemblea – che bella parola, ah! magari sarà un’altra cosa, ma la parola fatemela dire – come quella di Milano? Ne parlava Andrea o mi sbaglio?

  10. Il posto dei libri: la trasmissione è in rete: sul sito di fahreneheit.
    E ora me la ascolto, mentre i bimbi dormono.
    (L’ultima proposizione è per il grande pubblico).
    Poi vi faccio sapere (e non è una minaccia)

  11. Ascoltando fare-con-l’acca-in-mezzo mi sono convinto del tutto che non c’è una così gran distanza tra le due ‘agoniste’. C.B. intendeva mostrare le polarità, dare rilievo a una tendenza, parlare di un idealtipo. L.L. punta invece sullo spettro dei colori, su ciò che va da una polarità all’altra. Non vedo contraddizioni, se non nei ‘gusti’ (la preferenza di Loredana per una certa raffigurazione del mondo, per intenderci, come scrive lei stessa qua sopra) – e su questo condivido quanto ha scritto ieri b.georg. Insomma ha ragione La Benedetti quando contrasta la (tendenziale) monocultura del bestseller (e la Centovalli sottoscrive) e ha ragione La Lipperini quando dice che non è una legge che il lettore debba faticare. (L’importante è che non diventi una legge il contrario).
    Spero di non aver ricoperto il ruolo del Mittler delle affinità elettive…

  12. …e però, no aspettate, perché qualcuno potrebbe giustamente dire, “Ah, ma anche tu ti lamenti…l’isolamento!”. No, giuro. Quando dico “morti” penso a quel personaggio di Testori, che diceva, “venite giù o morti, venitemi a prendere! “. E’ una frase che ci faceva sorridere a me e ai miei amici, per quanto era bella. Penso all’Ade, che non é meno bello del posto di Blade Runner, nella mia testa, a Virgilio “nella nebbia”, a certi “vapori” sulla laguna di Venezia descritti da D’Annunzio che non sono meno belli di tanto “genere”. Anzi, WU Ming ve l’ha mai detto nessuno che siete – come figure retoriche, assonanze, costruzioni della frase, vedi inizio 54, per es. – un po’ figli di D’Annunzio? Se rompo, ditemelo.

  13. No, ehm, non ce l’ha mai detto nessuno :-), e infatti non credo sia così, non trovo assonanze stilistiche, anzi, spesso ci accusano di usare una lingua troppo secca, “sporca” e paratattica, in realtà noi non usiamo *una* lingua né *uno* stile… Comunque, se ciascuno trova nei nostri libri ciò che ama, e tu ami D’Annunzio, beh, va bene, chi sono io per obiettare? Meglio lui di altri.

  14. E va bene. Da un certo punto di vista é vantaggioso essere arrivati da poco. Perché qui si gioca un po’ tutti a fare i disgraziati. Ma perché? in questo ha ragione WU Ming. Perché non bisogna metterle “bene in luce” le conquiste quotidiane? E poi, sempre tutti a lamentarsi. “Faletti non é considerato abbastanza!” “Faletti é un cretino!”. Vorrei chiedervi una cosa: ma se uno/a lavora per tutta la vita nell’editoria, e per tutta una vita cerca di scoprire il “nuovo”, e sempre torna a essere innamorato di Verga, quello che stava a Milano, o del Manzoni dei Promessi Sposi, che cosa si deve considerare un cretino, una vecchia zitella, un cattolico, un coglione, un leccaculo dei professori, o – finalmente – un marziano?

  15. A me ha colpito la citazione finale:
    “Quando una società promette e non mantiene, diventa una società pericolosa”.
    Io sinceramente non mi fiderei mai delle promesse di una “società”,
    mi sembra incredibile che qualcuno possa pensare che un’entità come la “società” possa promettere qualcosa.
    E’ già difficile credere nelle promesse delle persone, figuriamoci in quelle della “società”…
    e chi è poi questa “società”?
    e come fa a promettere qualcosa?
    Io credo si stia parlando non di promesse ma di illusioni.
    Scusate la digressione.
    Ciao
    Vittorio

  16. Rispondo a Wu Ming 1.
    “Andrea, ho già risposto alle tue osservazioni infondate e poco sensate nel thread sui kamikaze, diversi giorni fa, e tu evidentemente… non hai avuto la forza di contraddirmi :-)))))”
    Scusami, non l’avevo letto altrimenti ti avrei risposto subito.
    “Ad ogni modo, io non ho mai parlato di “letteratura di progetto”, non ho idea di cosa significhi, quindi non posso certo avere affermato che sta bene.”
    Certo, battendo in fretta ho scritto letteratura per editoria, quindi non potevi capirlo.
    “Mi sono limitato a dire una cosa che dovrebbe essere scontata: in Italia esistono case editrici di progetto, e collane di progetto anche dentro le major, e forse è d’uopo investire le nostre energie nell’appoggiare e valorizzare quel che ci sembra valido, anziché produrre lamentele, fasciarci la testa, strapparci le vesti di dosso etc.”
    Infatti nel mio piccolissimo lo faccio. Ma sulle lamentele non sono d’accordo, secondo me servono anche quelle quando sono fondate. Perché se si parla di letteratura sono lamentele e se si parla di rapporti co.co.co. alla Sala Borsa è denuncia?
    “Ho ribadito, anche nel risponderti, quella che è una posizione classica mia e dell’intero collettivo, se vuoi una posizione anti-nichilista: qualunque discorso-catacomba sui pericoli che corriamo, qualunque descrizione “sistemica” del Nemico che non offra a chi legge almeno un pertugio da cui entrino una lamina di sole e un barlume d’azzurro del cielo, bene, qualunque discorso del genere è *incapacitante*.
    “Incapacitante” perché porta a concludere che il nemico è troppo forte, è dappertutto, è sempre una posizione avanti a noi, è in grado di disinnescare qualunque conflitto e assorbire qualunque spinta etc.”
    Quando scrivi “il collettivo” mi fai sorridere, non riesco a capire come nasce la volontà del soggetto collettivo Wu Ming, forse con una votazione?
    Quello della Benedetti, come lei stessa ha spiegato, come comunque si poteva leggere facilmente nel suo primo articolo, non è per nulla nichilista, né incapacitante dato che da lei e da intellettuali vicini a lei stanno partendo parecchie iniziative, per esempio quella che ho segnalato sopra (io forse vado, ci vediamo in treno?).
    Poi scusami Wu Ming 1, ma la parola “Nemico” qualunque sia l’origine filosofica non mi piace.
    “Enunciazioni così producono solo impotenza (per di più impotenza compiaciuta) e contemplazione passiva del sistema (apparentemente critica, in realtà quasi ammirata nei confronti delle strategie in corso).”
    Come ho scritto sopra, non viene prodotta impotenza ma saggi, convegni, spettacoli teatrali, recensioni, romanzi. Forse a te non piacciono ma sono il contrario dell’impotenza. Quindi anche il resto della frase, che è un argomento ad personam contro la Benedetti e quelli che la pensano come lei (impotenza compiaciuta) è completamente fuori luogo.
    “Mi sembrava (forse a torto?) che il discorso di Benedetti pencolasse un po’ troppo in quella direzione, magari solo per provocare, ma sono provocazioni che servono davvero a poco, perché anche l’allarmismo maldiretto tarpa le ali all’azione e castra la buona volontà che pure esiste.”
    Sì, credo proprio che tu avessi torto. Se leggi i saggi della Benedetti, difficilmente puoi pensare che faccia sparate provocatorie. E già che siamo in argomento, leggendo testi di Wu Ming l’impressione di allarmismo è fortissima. Tutta colpa secondo me del tipo di linguaggio che usate, quella specie di birignao da tecnobrigatisti (questa non è soltanto una battuta, pensaci).
    “Per giunta alcune cose mi sembravano veri e propri sfondoni. L’editoria di progetto fa fatica ma esiste e resiste, i “libri che non vendono [tanto]” esistono ancora.
    Quando c’è qualcuno che mette in atto una resistenza, per di più facendosi il culo quadro tutti i giorni che Dio manda in terra, non serve a niente descrivere il potere senza descrivere anche tale resistenza. Non solo non serve, ma fa danni, è un’attitudine reazionaria.”
    Certo, “ L’editoria di progetto fa fatica ma esiste e resiste”, solo che tu nel tuo primo intervento avevi detto che esiste punto e basta, e hai dato l’idea che sia florida come dimostrerebbe la presenza di pubblico al festival “Più libri, più liberi”, la rassegna della piccola e media editoria di Roma. Se tu avessi descritto quella resistenza non avrei reagito, e non avrei messo a confronto certe tue espressioni radicali (tipo usare la fionda con le biglie d’acciaio per incrinare le costole) con questo modo normalizzante, un po’ da politico, di dare le notizie.
    “Quando ti sarai calmato e ti saranno passate le convulsioni perché qualcuno ha osato dire che Carla Benedetti a volte ha torto su qualcosa, ti invito a rileggere quel mio post, visto che ogni volta che ne parli ne dài una versione sempre più fantasiosa, tanto che sta diventando una leggenda urbana: “Wu Ming 1 ha scritto che tutto va bene!””
    Nessuna convulsione, il problema lo ripeto è che questa discussione ha lasciato tutti quanti nelle posizioni iniziali. Insomma una perdita di tempo.
    Ti saluto suggerendoti, se vuoi fare una battaglia per la carta riciclata, di picchettare un ministero. E se ti interessa la biodiversità di visitare il Costa Rica. Se ti servono contatti per visitare i centri di ricerca fammelo sapere.

  17. E anche qui però caro Wu Ming, che deve fare uno/a che pensa : “La letteratura parla sempre un linguaggio retorico, anche se dice di no”. Darsi dell’antico/a? O pensare che sia un’ingenuità – una bella ingenuità, fresca, non un’idiozia, carica di un connotato politico positivo… insomma, qualcosa che a lui/lei, piace. Che deve fare? che deve fare, lui/lei se pensa che la letteratura, il romanziere, metta assieme sempre, un linguaggio “parlato” e un linguaggio “letterario”, sempre, altrimenti é/ “uno che parla – mi dai la tazza? -, o un sociologo, o un giornalista etc, etc, etc? Che deve fare? Anche perché poi nel caso WU Ming si capita bene. ma la lui/lei malata così a volte può capitare in quei salotti dove lo scrittore – quello che pibblica libri, ne voglialo parlare, assieme a quelli che non riescono a pubblicarne – se “quello che pubblica”, dice, “Scusa, non ti seguo… può ripetere?”, e allora lui/lei, sta zitto/a. Perché?

  18. cara loredana,ti ho ascoltato anche io,fra l’altro ho conosciuto anche la carla benedetti,brava donna ma non…
    insomma è di una certa pisa che a me non ha fatto bene,non lei……
    e non condivido nemmeno,pur essendo un pessimista cronico,la sua visione..se tutto è finito e non ha senso,che facciamo smettiamo???
    ogni tanto vienimi a trovare complimenti

  19. Discutere sarà anche una perdita di tempo, ma avercene… E poi: si parla di testi, vividdio, si sta parlando di multitesti…

  20. Eh, Andrea, Andrea…
    Che la parola “collettivo” ti faccia “sorridere” (m’appare come un sorriso verdognolo, sconsolante)…
    Che tu ti chieda come possa mai formarsi la “volontà” (ma io direi il progetto) di un gruppo, e sarcasticamente proponga: “Con le votazioni?”…
    Tutto questo rivela una certa angustia, e grama solitudine.
    Evidentemente non hai mai lavorato in sintonia con altre persone, altrimenti quelle che sono piccole ovvietà quotidiane non ti sembrerebbero ostacoli insormontabili: si vive insieme, si co-spira (nel senso di “respirare insieme”), si discutono le cose e poi si fanno anche. E’ una bella esperienza, peccato per chi non la prova.
    Che tu definisca il nostro “linguaggio” (come se ne avessimo *uno*) “tecno-brigatista” (mah…) è persino più rivelatore. Ci leggo l’adesione a un immaginario di piccole grettezze codine.
    Mi pareva chiaro l’uso della parola “Nemico” nel contesto di una presa di distanze. Andrea, Andrea… “Quotare” va bene, ma solo se si cerca di capire cosa si sta quotando, non tanto per fare.
    Ho scritto che non mi piacciono le descrizioni sistemiche (ancor più che sistematiche) del Nemico. Fatto salvo, però, che di nemici ne esistono. Del resto, pure tu vedi nascosti dietro ogni albero i nemici di Nazione Indiana, di cui t’ergi sovente a non richiesto paladino, proponendoli come alternativa a tutto e tutti, finendo finanche per farli sembrare antipatici, cosa che non sono (benché sia *molto* antipatico il loro perdersi in polemiche con tromboni accademici, gente che andrebbe soltanto ignorata, ché tanto la vita è altrove. Se perdi il tuo tempo a polemizzarci, dài l’idea di voler prendere il loro posto, e invece è *altrove* che bisogna andare, in un luogo dove “il loro posto” non esista).
    Quanto all’effetto “incapacitante”, tutti i tuoi post da quando ha aperto questo blog sono espressioni di una subcultura del broncio, del mugugno, del lamento un- po’-bilioso-un-po’-blasé, dell’io-lo-sapevo-che-non-capivate-un-cazzo.
    Solo e unico, continui a contrapporre in modo *molare*, frontale, antitetico, quanto ho scritto io e quanto scrive Carla Benedetti.
    Sono sicuro che lei ha compreso benissimo il significato del mio post, e come lei gran parte di chi lo ha letto. Le davo ragione sulla tendenza di fondo ma non su come la descriveva e sceglieva di affrontarla.
    Con aggiustamenti seguiti alla sua precisazione, rimango più o meno di quell’idea, cioè intravedo un rischio nel modo benedettista di affrontare la questione: risultare apocalittici pur senza volerlo essere. Comunicare male, insomma.
    Dixi.

  21. X ilpostodeilibri. Scusami, ma sono uno zuccone, e non ho capito cosa intendevi dire nel tuo ultimo post, che era strutturato come una domanda rivolta a me, ma non ho trovato la domanda… 🙂

  22. Noto che andrea ha risposto a Wu Ming 1 e non alla Lipperini che a sua volta gli aveva risposto con veemenza inedita.

  23. Noto come sia passata piuttosto sotto silenzio quella parte della conversazione radiofonica di ieri in cui la nostra cortese ospite ha accusato la Sinistra di aver favorito, e di favorire tutt’ora, la Letteratura Difficile Vs. la Latteratura Popolare. La Letteratura di Fatica Vs. la Letteratura di Piacere.
    Non so: va bene la necessità di sintesi, la provocazione, ma *accipicchia*! Signora mia, non ci sono più le mezze stagioni!

  24. Stavolta posto anche qui quel che ho già postato sul blog. Ciao.
    Benedetti e Lipperini sono andati a Fahrenheit a dire. La prima: che non difende ricerca sperimentazione avanguardia contro tutto ciò che è popolare. Tutt’altro. Ma il popolare non è una zona neutra, è un campo di battaglia. Mi va bene il libro d’intrattenimento, non il libro d’ottundimento. La seconda: però togliamoci dalla testa l’idea che se è facile fa schifo, se è difficile è bello e profondo. Se al popolare è lasciato il libro d’ottundimento, è anche perché si è pensato al romanzo come puro esperimento di linguaggio rinunciando a tessere il filo della narrazione.
    Ebbene: se ci sono libri che ottundono, e che il mercato sforna a detrimento di tutto il resto, ha ragione la Benedetti: bisogna resistere, resistere, resistere. Se poi ci sono libri facili e e belli e profondi, ha ragione La Lipperini: van messi davanti ai libri facili e brutti, e ai libri difficili e belli (sui difficili e brutti stendiamo un velo).
    Ora. come si fa a non essere d’accordo?
    Appunto. Segno che, prese così, le rispettive tesi sono abbastanza insipide. Ma la Benedetti, su Nazione Indiana, aveva detto di più: che il mercato è così fatto che produce ottundimento, il che è ben altro che fare la conta di quanti sono i libri che ottundono (e ovviamente ben altro ancora dal dire che ci sono, questi libri, e bisogna resistere). A Fahrenheit questo di più s’è perso per via (dunque, lo dico ad altri che dibattono, non s’è detto proprio quello che c’era sul blog). E la Lipperini, se non è d’accordo, non dovrebbe solo elencare gli spazi di resistenza (o di effervescenza, o di resipiscenza), ma dimostrare che il mercato non appiattisce per principio ed essenza. (E in effetti: qualcuno mi dice come si misura il grado di uniformità dei costumi umani? Qualcuno mi spiega dove sta la dimostrazione che il mercato standardizza e omogeneizza senza al contempo differenziare?).
    Infine, sulla facilità. Io penso che abbia ragione Nietzsche: i libri sono per tutti e per nessuno. Non vedo perché un libro debba essere scritto per il lettore, e non per sé. Ma non vedo neanche perché un lettore debba ottusamente preferire sempre il libro che è stato scritto per lui, invece del libro che è stato scritto per esser libro. C’è il lettore che vuole riconoscersi: prende il libro facile; e il lettore che vuole conoscere: prende il libro difficile. E c’è il lettore che conoscendo si riconosce (il libro diventa facile), e il lettore che riconoscendosi si conosce (il libro diventa difficile). I libri che divengono (insieme ai loro lettori) sono dei buoni libri.

  25. cara signora Lipperini, non me ne voglia: ma temo che lei perda il suo tempo con persone che non vengono qui per essere convinte, ma per mostrare quanto son brave o, Iddio ci scampi, per aver un visitatore in più sul proprio blog.
    Grazie per aver citato Tolkien, anche se questo le costerà probabilmente la gogna.

  26. Mio caro Enzo, ben lieta, e ti ringrazio, di poter tornare su questo punto, sempre se sono lecite quelle che un tempo si chiamavano le critiche alla sinistra da sinistra. Io ho detto, e lo ripeto, che molta sinistra ha a lungo disprezzato la letteratura cosiddetta popolare tacciandola di semplificazione e superficialità, e tacciando chi la consumava come un lettore, nella migliore delle ipotesi, ineducato. E questo ha dato adito ad alcune appropriazioni assolutamente indebite: ho fatto il nome di Tolkien, fra molti possibili. E in proposito ti consiglio caldamente la lettura di un piccolo saggio di Lucio Del Corso e Paolo Pecere, “L’anello che non tiene”, pubblicato circa un anno fa da Minimum Fax, dove si dimostra che avendo Il signore degli anelli coniugato letteratura ed evasione, era stato snobbato e tacciato di passatismo dalla critica militante. Di sinistra. Il risultato è che Tolkien è a tutt’oggi un vessillo ingiustificato della destra. Ed è grazie ad atteggiamenti di questo genere che la destra può permettersi, oggi (lo fa sull’ultimo numero di Ideazione) di rivendicare una presunta egemonia culturale (sì, così). E su Il Manifesto di qualche giorno fa Guido Liguori e Antonio Smargiasse hanno scritto che un lavoro culturale sulla cosiddetta sensibilità diffusa “lo ha fatto negli ultimi anni più la destra che la sinistra”. Il manifesto, dico.
    Questo non significa, evidentemente, che esiste una contrapposizione fra letteratura difficile e letteratura popolare. Per la effettiva necessità di sintesi a cui ti riferivi, non è risultato chiaro (e me ne scuso) quel che intendevo esattamente, e di cui resto convinta dal profondo del cuore: finchè si teorizza e si sostiene che esiste una sola via canonica alla cultura, o alla semplice fruizione di un testo, che è quella vagamente calvinista della sofferenza, si allontanano i common readers (non all’inglese, all’italiana: i lettori comuni). Finchè si continua a ripetere che leggere è fatica, ci saranno persone che non si avvicineranno mai non dico a Foucault, ma neppure a John Fante. Io, poi, sogno un mondo in cui accanto ai due citati ci sia anche Richard Matheson, per dire. Sogno un mondo dove prima di insultare (a ragionissima, se vuoi lo sottolineo tre volte) Oriana Fallaci la si legga. Perché sono cresciuta all’insegna di un vecchio motto laico, che suonava “conoscere per giudicare”, e ho cercato e cerco, nel mio piccolo, di rispettarlo sempre.
    Approfitto dell’occasione per scusarmi con Andrea, per la giustamente sottolineata veemenza della mia risposta di ieri. Capita, abbi pazienza.
    Ps. Per azioneparallela, solo una cosa, per ora: proprio perché ci sono libri e libri, è giusto che ci siano lettori e lettori. Marino Sinibaldi diceva ieri, fuori onda, che la letteratura è come Villa Pamphili: ci si trova di tutto. Semplicemente, non mi piace l’idea di tracciare l’identikit del perfetto frequentatore di parchi pubblici. E’ giusto che siano aperti a chiunque voglia entrarci.

  27. Caro wu Ming, scusa, ma era tardi.
    Prologo: La retorica esiste, anche se uno non la ammette, nel linguaggio letterario, deve, se no a me non piace, mi sa di sociologia, o di “Mi prendi una tazza?”. linguaggio funzionale.
    Ora:
    Wu Ming è gentile è se gli fai un’osservazione così ti ascolta, e ti ripsonde che no, il suo è un linguaggio così, etc. etc, dimostrando a suo modo una consapevolezza …. Che dire se – e qui interviene un altro/a personaggio: “quello che pubblica” che si autodefinisce e definiscono uno scrittore, mondano, autoreferenziale, di solito sorridente a dispetto di tutto. A uno così, se tu gli piazzi il pippotto del prologo, non è che quello, magari giustamente ti risponda, “Io scrivo e basta! Non ne voglio sapere di retorica!”, no, quello ti dice, “Scusa, potresti ripetere la domanda?”. E tu, che fai? Stai zitto. Ma non è che uno può sempre stare zitto. W i blog.
    Per Loredana: brava per la polemica di certa sinistra con la puzza sotto il naso. ho letto che cosa pensavano (o non pensavano) di autori quali Veraldi (La Mazzetta) Laura Grimaldi, Enzo Russo. Che spreco, signori, che spreco. E allora, questo “spreco” dobbiamo perdornarglielo, o no, perchè è lo stesso che esercitano in politica? la stessa forma di protezione degli “scherani” sempre gli stessi, che anche se non sanno scrivere – o fare i buoni politici – fa niente, tanto sono fedeli? Che si fa, WU Ming?

  28. la gogna non credo.
    ah, Ezio ovvero blogsenzaqualità, scusa il refuso che ti ha trasformato in Enzo.
    In ritardo, ad AlbertoG: il libro citato è “Il resto di niente” di Enzo Striano.

  29. Andrea, chiariamo una cosa, peraltro importante: io non ho nulla, assolutamente nulla, contro Carla Benedetti. Figurarsi contro Nazione Indiana, su cui scrivono oltretutto alcuni amici della sottoscritta. Che sia lampante, per favore. Vivo questa discussione come, e rubo la definizione a Caliceti, salutare, perchè è sempre importante confrontarsi. Anche se mezz’ora di discussione radiofonica a tre non è sufficiente a dispiegare tutte le posizioni, e infatti siam qui. Quindi: se un progetto c’è, e lo condivido, partecipo con somma gioia.

  30. For Your Eyes Only
    Lori cara,
    è assolutamente necessario che tu vada in vancanza, o perlomeno in un centro benessere. Amore, tu stai dando i numeri: hai citato Tolkien, hai detto che la sinistra non ama il semplice tiri in mezzo Scerbanenco. Ti metti a polemizzare con la letteratura di progetto. Ti manca solo di dire che i Vanzina fanno buon cinema e ti portano alla neuro. Lippa, diciamocelo, sei allo sfascio. Ti condanno a tre settimane a Capalbio nelle quali avrai a disposizione solo i Finnegans Wake in originale, di cui mi reciterai passi a memoria, quando poi ci rivedremo per l’esame di riammissione nel mondo.
    Voglio dire, chi ha mai detto che sia necessario dire la verità?
    Nei ’70 passavamo le domeniche con l’orecchio incollato a Tutto il Calcio Minuto per Minuto, ma il calcio ufficialmente era oppio dei popoli, n’est pas, mia cara?
    Mike Buongiorno ci ha sempre fatto schifo, non a caso un prodotto americano di consumo, e quello lo ha sistemato Umberto una volta per tutte. Ma ahimè i cloni ci hanno invaso.
    Amore, lo sappiamo entrambe che passare le serate sulle edizioni Adelphi (con l ’eccezione di Barney, ah J’adore) è stata la causa per cui sono andata sotto prozac dopo essermi tagliata le vene con una scheggia dello Chanel n.5 che avevo spaccato contro il muro, e però, amore, mica che uno lo può dire che si divertiva di più con la fantascienza americana, con l’hard boiled e con i falconi maltesi, magari pure con James Bond (troia! È Sean Connery che ti piaceva, dillo!). La letteratura che vuole farsi leggere? ah che schifo, una robaccia degna del Foglio di Ferrara, questo bisogna dire, in pubblico. Siamo ragazze cresciute e di mondo. Mai offendere il dna dei nostri lettori. Devi parlare di Baricco, non del basso ventre di Stefano Accorsi. Che però ci piace così tanto nel risveglio del mattino.
    Tu non dirglielo che loro sono crociani. Come si chiamava? Ezio Croce? Andrea Croce? Ah no Benedetto, Benedetto…. E che a questo punto hanno ragione quegli altri, che riabilitano Gentile. Perché no? Due popoli, due culture. Alla fine il cinema, per don Benedetto, era una tecnica, ricordatelo, e meno male che lui non ha fatto in tempo a conoscere la televisione. E cosa vuoi che siano i successi di Faletti o il successo per “word of mouth” di Tolkien, fra i giovani che gli ridanno senso e forse, si può dire, che lo capiscono? Tanto poi quelli leggono Tolkien e votano per la Santanche’. In fondo – ma abbiamo un fondo noi? – sono “americani”. Non hanno cultura, leggono quello che gli propina l’industria, seguono la logica del profitto, contribuiscono all’Ebitda aziedale, non al PROGRESSO. Non sono persone COLTE. Non hanno un PROGETTO. E soprattutto non MILITANO e non secernono la BILE dell’invidia. Sospetto che siano perfino filoamericani. E certamente sono di destra.
    Tua
    Giovanna
    Per uno spiacevole errore di digitazione, questa lettera privata di un’amica della signora Lipperini, è stata pubblicata nello spazio dei commenti. Fatti persone e cose menzionate nel testo sono puramente FICTION, non esistono, e non si riferiscono a persone REALMENTE ESISTENTI.

  31. Un mondo in cui si insulta la Fallaci senza leggerla non è il massimo, un mondo in cui non la si legge perché non si avverte il bisogno di insultare nessuno è già meglio.

  32. Loredana, non ti ho risposto perché non ce la facevo a rispondere a tutti e due. La veemenza andava benissimo. Io speravo che dal dibattito in radio venisse fuori non una contrapposizione ma una specie di alleanza, un: c’è da fare questo e quello, una nostalgia di progetto almeno. Questa è la ragione della mia delusione. Anche Scarpa, se ben ricordo, parlando di bloggers e scrittori, diceva “alleanza”. Vabe’.
    Ancora per Wu Ming 1.
    Roberto io ho risposto puntualmente al tuo post, tu hai replicato coprendomi di insulti. Non c’era nessun sarcasmo in quello che ho scritto. Ho parlato del vostro linguaggio e ho chiesto come si mette d’accordo un collettivo di 5 persone che si firma con un nome unico (i progetti – ma non farete un progetto ogni volta – sono il risultato di una mediazione tra posizioni diverse, quando firmate come collettivo questa mediazione è cancellata, a me la cosa non sembra insignificante, per me non è insignificate che qualcuno rinunci alla propria identità). Il linguaggio dei Wu Ming esiste eccome, spesso è un idioletto, spesso non è capito dal pubblico, spesso, senza ragione, mima la violenza sottraendo qualcosa a quello che dite. Per te non sono degno di parlare di questo e della polemica sull’editoria perché sono “piccolo angusto gretto codino gramo solo e verdognolo”. Bene. Infatti smetto di parlarne.
    Per il resto solo qualche precisazione. Io non penso mai di avere di fronte un Nemico, ho di fronte delle idee. A volte non sono d’accordo e lo dico perché ho fiducia che qualcosa arrivi. Quindi tu non sei un Nemico, nemmeno Loredana, nessun altro. Difendo non richiesto Nazione Indiana (ma anche altri, non te ne sei accorto?). Lo faccio da rimbambito come fai capire tu? Può anche darsi, faccio quello che posso.

  33. Per quanto in questa discussione mi senta più vicino alle posizioni di Wu Ming 1 e di Loredana che a quelle di Carla, trovo evidente che non ci siano due gruppi frontalmente armati, pronti alla guerra fratricida.
    Credo cioè che, come qualcuno ha detto, da una parte si osservano le sfumature e dall’altra le polarità.
    Non vedo, in questo senso dissento un po’ da Wu Ming 1, un atteggiamento apocalittico e immobile da parte di Carla. Semmai una evidente applicazione della massima gramsciana: “pessimismo della ragione, ottimismo della volontà.”
    Cioè: “le cose stanno così, proprio così, cosa possiamo fare per contrastarle?”
    Non si può certo dire che la libera Nazione di indiani scribacchini (di cui Carla fa parte) non stiano “facendo” qualcosa, come Andrea ci fa notare.
    Però è vero che Andrea tende (magari sbaglio, magari è solo una mia impressione) a “schierare”, per gruppi contrapposti. Non mi piace, cioè, che si cerchi di fare la guerra fra fazioni per vedere chi ce l’ha più lungo (o per chi è più “puro”), perché va a finire che da una parte (politica e culturale) ci si scanni e dall’altra neppure ci si accorga dello scannamento. E si va avanti a produrre e stampare merda, come se nulla fosse.
    Poi, Loredana, come ti ho già accennato, io in senso stretto non posso entrare in argomento, per ragione di “stili di comportamento”. A me D’Orrico fece una recensione splendida (questo, però, non mi ha fatto vendere un milione di copie! Snort!!). Se ne parlassi bene sembrerei un codino leccaculo, se ne parlassi male sembrerei uno snob ingrato.
    Non ne parlo.

  34. “io non ho nulla, assolutamente nulla, contro Carla Benedetti. Figurarsi contro Nazione Indiana”
    Loredana, lo so, e non l’ho nemmeno mai pensato. Secondo me sono più le cose che avete in comune, basta capirsi.

  35. A Gianni Biondillo (mi permetto: non ho letto il tuo libro, non ho letto la recensione di D’Orrico, e non sono uno scrittore). E se, semplicemente, ne parli?

  36. Gianni, sì, è vero che schiero per gruppi contrapposti o almeno do l’impressione di farlo, ma in realtà non è proprio la mia intenzione. E’ una mia inettitudine. In genere (come sai) ho degli interlocutori talmente intelligenti che ci passano sopra. Però uno non può pretendere di parlare sempre con degli Spinoza quindi cercherò di lavorare sulla cosa.

  37. Mi sembra che l’opzione- Difficile non sia mai stata teorizzata in quanto tale. Forse ha attraversato implicitamente il dibattito culturale (per esclusione: rifiutandosi di parlare di… allora….)
    Il parametro è sempre altro. Per cui, ad esempio nel cinema, la sinistra ha tifato per Ettore Scola e non per Muccino (anche se, per evitare di sentirsi troppo snob, anche Muccino…). Per Benigni o per Moretti e non per Squitieri, Eh già: siamo proprio su un terreno filosofico.
    Tolkien escluso a vantaggio di chi? Di Joyce? Di Orcinus Orca? di Moresco? Ma scendiamo pure: di Covacich? Di Scarpa? Scendiamo ancora (nella categoria del “facile”- si fa per dire, e me ne scuso): di Montanari? Caliceti? No. A vantaggio di Gino & Michele, o di Camilleri (popolare quanti altri mai).
    La “difficoltà”, il “piacere supremo della difficoltà”, al contrario, mi sembra bandito. Cancellato. In linea con i tempi.
    I termini della questione non sono facile/difficile perché, è evidente, non sono Fallaci/Joyce. E’ qui, secondo me, l’eccesso di approsimazione.
    Fallaci non è “facile”. E’ un’altra cosa. E’ proprio il criterio scelto che mi sembra inadeguato. Che obbliga a scivolare nel banale.
    Non tutti i libri sono per tutti. E’ così ovvio.
    Il problema è, secondo me, l’opposto: sui giornali (che restano il veicolo principale di informazione anche sui libri) e sui giornali di sinistra, e su Repubblica in particolare, trovano spazio prodotti estremamente “facili”. Io mi sento subissato dal “popolare”, da ciò che si vende comunque.
    (le eccezioni sono rarissime: il fatto che ce ne siano non significa nulla: tali restano – ricordo per esempio che forse tu stessa hai parlato di Pausa caffè sul Venerdì)
    Si parla solo (quasi) di quello che “piace già”.
    E in libreria ha spazio, essenzialmente, quello che si è già venduto.
    saluti, ezio

  38. Scusate. Tolkien è di destra, come Celine è razzista. D’Annunzio è stato fascista solo negli anni “buoni”, ma Gramsci no lo è stato mai, e ne ha subito le conseguenze. Poi c’è il caso di Balzac, ancora più complesso, perchè si proclamava di destra, reazionario, ma scriveva “inconsapevolmente” trame e storie di “sinistra”, anzi rivoluzionarie. Embè? Resta quello che anno scritto. Che gli cambia alla politca di “destra” avere Tolkien? Che cambierebbe alla sinistra averlo dalla sua? Ha talmente tanto e pare non sappia che farsene, certe volte. Jean Rhys è di Adelphi. Benedetto Croce – per poterlo condannare – va studiato è stato pubblicato da Adelphi. Come Arbasino. E Ferrara se si provasse a dire che è aggressivo, che dica o no “Ci vuole letteratura che si faccia leggere!”. Se imparasse a dirlo, perchè l’intelligenza non giustifica il suo tono? No, eh? Se a qualcuno il basso ventre di Accorsi non piacesse? . Va bene che only connect…

  39. D’accordo con Ezio, molto. E però non si potrebbe fare che “il piacere supremo della difficoltà” – bella la definizione! – lo si mette nello studio che deve essere rigoroso, senza vittimismi, ( “Non avevo tempo! Non avevo soldi! Non c’ero e se c’ero dormivo!”) e poi no nella benedetta “fruizione”, piacere, solo piacere, vedere mostre, film, leggere romanzi…saccheggiando di tutto, qui davvero no, senza falsi moralismi. Quelli lasciamoli alla politica, perchè lì, invece non è vero che ciò che conta è “only connect”…bravo Ezio.

  40. Poso momentaneamente la collezione completa di Ian Fleming-007 sopra il saggio su Spinoza di Deleuze (bisogna pur darsi un tono, Giovanna ci legge!!!). Ezio, forse io sono stupida, ma non mi sembra che l’aver considerato Tolkien noiosa robaccia oscurantista sia cosa che abbia portato pubblico a Gino e Michele o a Francesco Totti. Un libro di migliaia di pagine contro un librino di frasette? Il punto è che proprio assimilando una certa narrativa, ridalli, popolare ai non-libri si son fatti guai seri. E si continuano a fare quando si sostiene, come ricordava l’incomparabile Giovanna, o Joyce o morte.
    Parliamoci chiaro: certo che esiste il piacere della difficoltà, certo che è bello, e gratificante, e illuminante, e vitale e tutto quel che ti pare, leggere, che so, Lyotard. Ma, ripeto, non può e non deve essere considerata l’unica via alla lettura, perchè così facendo se ne sbarra l’accesso. E chi trova la porta chiusa poi, se va bene, legge la trilogia della verdura della littizzetto.
    Mi pare di star dicendo cose vecchissime, tra l’altro, masticate e stramasticate. Credo che lo sappia bene Cdg, vecchia conoscenza mia e di Giovanna (e pure di Stephen King).

  41. Cara Loredana,
    tu a tua volta ce l’hai tanto con i “libretti” di Totti, Gino e Michele, etc. Ma che, quando frate Indovino vendeva – e credo che venda ancora – migliaia e migliaia di copie del suo calendario, qualcuno si lamentava? Non è letteratura, quella. E non credo, purtroppo, che chi compra la Littizetto eviti Tolkien. Perchè lo farebbe di evitare T.? Perchè non ha abbastanza soldi? Oramai in ogni piccolo e piccolissimo centro c’è una biblioteca. Ecco, un’altra cosa. Si possono giudicare i lettori solo dalle vendite? Secondo me, no. Diverso è pretendere che “gli operatori culturali” – giornalisti, editorialisti – sappiano di che cosa stanno parlando, cosa che non sempre succede. Il “lettore” secondo me è uno che ha più diritti che doveri. Guarderei quindi piuttosto agli “operatori”, che invece hanno più doveri che diritti, rispetto al lettore, è chiaroì, non rispetto al sindacato. C’è un problema preciso – più diffuso che altrove – nel nostro paese . “Do il posto al figlio del mio amico… poi vedrà lui che fare”. Orrido. E sì, scusate, perchè un lettore, può andare a periodi. Essere ogni tanto lettore di Littizzetto e ogni tanto di Coelo, e poi scoprire la Woolf. Sono fatti suoi. Se lavora ed è stanco – banalizzo, ma mica tanto – è un suo diritto anche non leggere. Anzi, può essere una forma di protesta, perchè no? “Cara Feltrinelli, sei diventata anche tu una holding? Sai che c’è? Denunci quelli della ‘spesa proletaria’? Tieniti i libri in magazzino…” Invece , che un recensore guadagni dei soldi, e sopravviva, sorridente e stupido leggendo solo le quarte di copertina lo trovo “orrido”. Quelle cose che se io fossi così, chiuderei la mia vita come la signora che si è ammazzata per colpa del Lotto.

  42. WuMIng1 o come sparapocchia ti fai chiamare, il doppio binario del resistente ma dentro il mercato è la più grossa presa per i fondelli che tocca sentire oggi, fatta vostra da te e altri sfigati (ossignùr, m’è scappata) imitanti noto giornalista televisivo comunista a 700 milioni di lire l’anno sganciate dalla rai, pace all’anima sua. Se questo è il popolare, meglio Faletti, almeno Catozzo ci somiglia meglio; chiamatevi per quello che siete: falliti agitatori politici a caccia di glorietta letteraria e senza farla troppo lunga, visto che se state zitti un momento non vi considera più nessuno.

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