PERCHE’ LE MANIFESTAZIONI CULTURALI OSPITANO L’ESERCITO?

Questa mattina, dopo aver letto i giornali e le notizie su Trump, Putin, le elezioni tedesche e quant’altro, mi sono sentita dentro un romanzo sapendo che un romanzo non è. Banale, certo. E di amarezza in amarezza mi è venuta in mente una cosa che apparentemente non c’entra ma forse sì.
La domanda è semplice: perché grandi e importanti e amate manifestazioni culturali come il Salone del Libro e Lucca Comics & Games ospitano gli stand dell’esercito? Si dirà: perché no? Pagano come tutti gli altri e usano i loro spazi.
Non proprio come gli altri: sia all’ultima edizione del Salone sia a Lucca, ho visto che quello spazio veniva usato come una piccola esercitazione, come una dimostrazione (oh, giocosa, oh, spettacolare) per convincere i giovani che l’esercito è bello. A Lucca c’erano carabinieri e paracadutisti che invitavano i ragazzi a partecipare ai loro eventi, “un’esibizione di esercizi quali obbedienza, agilità e coraggio“.  Piccoli percorsi di guerra, affollatissimi. All’epoca il fumettista Gianluca Costantini ha scritto:
«Si utilizzano poligoni di tiro e videogiochi per suscitare fascinazione nei giovani nei confronti della guerra e delle armi. Come sostenitore convinto della pace, esprimo la mia richiesta affinché ciò non si verifichi più. La guerra non è un gioco, e dobbiamo lavorare insieme per assicurarci che le future generazioni comprendano il valore della pace e della risoluzione pacifica dei conflitti».
Al Salone del Libro dello scorso anno, accanto allo stand, c’era un percorso più piccolo rispetto a Lucca, ma sempre “giocoso” e affollato.
Certo, avviene anche nelle scuole, e avviene sempre più spesso. Come denuncia Luciana Cimino sul Manifesto, sono tutti casi

” segno di una ideologia militare pervasiva, sostenuta dalla retorica sulla patria, dal piglio autoritario del governo e dal tentativo di imitare modelli di scuola del ventennio. Questi episodi sono anche una normale conseguenza della progressiva aziendalizzazione dell’istruzione che ha comportato l’ingresso delle industrie, anche militari, nelle scuole”.

Pacifismo da vecchie signore? No, pacifismo e costruzione di un immaginario diverso: proprio adesso, proprio in questi tempi tremendi, abbiamo bisogno di altro. E abbiamo bisogno che i luoghi della cultura parlino di pace, e non di guerra.
Magari succede.

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