Enzo Golino, oltre ad essere notissimo giornalista e scrittore, è un signore verso cui la sottoscritta è debitrice: di un’unica, furente ma fondamentale telefonata risalente a una dozzina di anni fa (ai tempi della mia collaborazione con L’Espresso) in cui mi strigliava sull’uso del punto-e-virgola e sul rapporto fra numero di righe e paragrafo. Avercene (ma l’affermazione può essere letta alla rovescia: volendo, sapete con chi prendervela). Golino, dunque, firma oggi una lunga inchiesta nelle pagine culturali di Repubblica (al momento non on line) dal titolo I cantieri della poesia.
Comincia così: “Sembra l’inquadratura di un noir. ‘C’è un corpo morto che da un po’ di tempo giace abbandonato, senza sepoltura, sul ciglio delle camionabili percorse dalle arti cosiddette nobili e belle: è il cadavere della poesia. Se in Italia non si legge più poesia, o se ne legge comunque poca e male, di qualcuno è la colpa’. Flavio Santi, raccogliendo indizi e denunce degli investigatori che l’hanno preceduto, rilancia l’accusa: l’assassino è il Gruppo 63. E il trentunenne accusatore (poeta in dialetto e in lingua, romanziere, critico) ripete circostanze, cause ed effetti del delitto- tuttora visibili- nell’appassionata postfazione alla ristampa di Prima della poesia (Quiritta, 2004), il polemico saggio di Enzo Siciliano che nel 1965 (Vallecchi) contrastò le idee dell’avanguardia novissima sulla letteratura”.
Di qui, Golino prende le mosse per visitare sei “set” dove invece la poesia sembra viva e vegeta. Nell’ordine: il mensile di Nicola Crocetti, Poesia (con un aneddoto su cui riflettere: lo spot di sette secondi sulle allora reti Fininvest che lanciò un numero della rivista con le parole “Forse manca qualcosa alla nostra vita. Poesia, tutti i mesi in edicola” e che fruttò, dopo sessanta passaggi in terzissima serata, trentamila copie vendute). La rubrica di Maurizio Cucchi su Specchio, il magazine della Stampa (duecento lettere o mail al mese). L’Annuario di poesia curato da Giorgio Manacorda per Castelvecchi. L’analisi di Stefano Giovanardi che fissa al 1980 l’anno della crisi (“Abbagliati dal successo di Umberto Eco con Il nome della rosa, proprio in quell’anno gli editori hanno cominciato a trascurare la poesia per inseguire il bestseller narrativo a tutti i costi”). La redazione di Nuovi Argomenti.
Infine, la Rete. Con ampi riferimenti a Lello Voce e allo slam poetry, e un interrogativo finale, che vi consegno:
“Torniamo all’antica tradizione dell’oralità, un mezzo caldo che trasmette emozioni corporali al pubblico? E’ una reazione alla frigida solitudine dei rapporti con la Rete, alla distanza del lettore dalla libreria tanto che gradisce l’acquisto della poesia in edicola? Sono interrogativi che richiamano una diagnosi di Pier Paolo Pasolini evocata in uno scenario di fine Novecento (Alfonso Berardinelli, La poesia in Storia della letteratura italiana fondata da Cecchi-Sapegno, nuova edizione Garzanti 2001). Argomento: la indiscriminata proliferazione di poeti all’insegna di una temibile omologazione culturale, una “massa di poetanti” che include anche autori considerati di riguardo”.
Be’, sulla frigidità dei rapporti in rete, rimando al blogparty di ieri.
e nessuno dice che anche per pubblicare un libro di poesia bisogna conoscere qualcuno altrimenti te lo devi pagare e anche quando te lo sei pagato e vuoi farlo leggere a qualcuno nessuno lo legge, eh?
semplicemente ti ho linkato, xché mi piace il tuo sguardo sul panorama letteraria italiano..
ma Enzo Golino è il marito di Laura Laurenzi? Giuro che è curiosità. per un bel discorso sulla “poesia”, anche se non specifico del discorso poetico posso rimandare ai Miserabili? C’è una bella intervista a Fassbinder del 1980.
in realtà gli scriventi sono più dei leggenti… il 90% dei lettori che non scrive legge merda, e gli scriventi la scrivono compiaciuti… e la vendono..
ma non è vero, che la poesia è morta, e proprio Lello Voce ne è dimostrazione.
Quanto alla rubrica di Cucchi su Specchio, è una cosa talmente triste.
Come le scuole di scrittura creativa, per dire
La situazione è a dir poco drammatica… o almeno tale a me sembra.. sono molto giovane e di certo avrò ancora anni e secoli in avanti per constatarlo veramente, e dispiacermi.. ma sono già due o tre anni che mi sbatto proponendomi come autore di poesia, e non dico poeta, parto inoltre da una collocazione geografica del tutto sfavorevole, uno potrebbe obiettare che non può essere questo un problema nel nostro modernismo mondo deve la rete domina gli intelletti e li riduce spesso ad imput elettrici ben più di quello che già non siano… il mio problema è quello dell’intera poesia.. sono convinto e sappiamo che la poesia non si legge, non si compra e se si pubblica dalle mie parti e di certo a pagamento.. pagamento che copre il fatto che la casa editrice non venderà se non poche decine di copie del libro… di certo il gruppo 63 non centra niente con la caduta degli interessi intorno alla poesia… la svolta propulsiva dell’avanguardia invece ha dato solo qualche anno di vita in più all’anziana eremita… io credo, banalmente, che il prodotto letterario si sia semplicemente e irreversibilmente conformato al piccolo gusto del lettore che fa testo, quello nella moltitudine, quello che spenderebbe 15 o 20 euro o più per un massiccio pseudoromanzetto colorato e patinato nel quale si allude chissà a quale tremenda verità o mitopoiesi da metropolitana… ho letto inviti a non arrendersi da parte di Moresco su nazioneindiana o velatamente anche su questo blog o quasi ovunque… ma la strada da seguire qual’è, scrivere per chi, per i critici visto che al pubblico la poesia non importa… oggi dopo due mesi quasi tre di attesa ho potuto vedere che Cucchi è riuscito a leggere ed evidenziare il fatto che sia uscito il mio libro (due righe)su un giornale on line e che tutto sommato non fa cagare… lo ringrazio per questo… ma quanti aspetteranno inutilmente, che abbia un senso parlare della poesia perché la poesia ha ancora qualcosa da dare, in questo degrado.. e a chi? Non ho mai trovato nessuno disposto a dirmi (parlo di critici, direttori di riviste di poesia, poeti ed editori) che non vale la pena scrivere poesia…nessuno disposto a dirmi che quello che scrivo non è lodevole o meritevole d’attenzione perché abbiamo paura di dirlo che la poesia è morta?oggi qualcosa ho letto… comunque abito a Lecce, un posto lontano come tanti altri… ma questa è la cosa secondaria…
ilposto, ieri sui Miserabili qualcosa di più attinente alla poesia: http://www.miserabili.com/archives/2005/03/gli_impianti_di.html#018253
e provare a scrivere correttamente qual è una buona volta forse aiuterebbe ad aprire la strada della pubblicazion! Non è un’elisione, ma un troncamento, come tal. Scusate, ma all’ennesimo compianto (mai della grammatica no!) non ce l’ho proprio più fatta.
Il Posto carissima: Mi pare che la Laurenzi sia la moglie di Enzo Bettiza.
P.s: niente caffè, niente tè, ma la birra la accetto volentieri.
Forse la poesia è morta perchè gli unici che la leggono sono i poeti, che sono tanti quasi quanto gli scrittori (ma non abbastanza da rendere la poesia un bene commerciabile)
perchè è morta la poesia? o cadeverica? o agonizzante o quel che volete voi? perchè sono cambiate le orecchie del pubblico.
non ci credete?
dal corriere.it
Fosse Ardeatine: Ciampi, “Siamo tutti italiani”
ROMA – Il capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi ha visitato le Fosse Ardeatine per rendere omaggio nel 60esimo anniversario della liberazione dell’Italia dai nazisti e dal regime fascista. Il presidente della Repubblica ha visitato anche la grotta dove vennero materialmente uccisi i civili. Ciampi ha risposto a un reduce di Auschwitz adirato per la presenza di Francesco Storace: “Siamo tutti italiani, siamo tutti qui per rendere omaggio”. (Agr)
No, perchè è un po’ che penso all’importanza della “geografia dei rapporti”. Un modo diciamo “orizzontale” di vivere le relazioni. Esempio: rarefazione di ambienti mondani e potenti che produce stitichezza e zero “stimoli intellettuali”, anzi, tende a sopprimerli; vitalità viceversa di “ambienti marginali” (scusate sarò scema, ma a me quel festival contro/sulla la Coca Cola di qualche mese fa di un centro sociale romano a proposito di poesia e pubblicità, mi parve cosa di grande efficacia (ma nessuno ne ha parlato, mi sentivo una scema); cioè. Come mai Golino che era uno bravo (adesso che l’ho inquadrato) riesce magari a farsi una “buona” domanda, ma poi nella risposta “decade”? Forse non “da aria” alle sue relazioni? Era per capirci di più su Golino e sulla decadenza.
Eh, certe volte alcuni commentatori non pensano che i post sono scritti di getto, pensano che vengano sottoposti a revisione dell’editor, e allora si incazzano per i “qual’è” invece di guardare il resto.
Mettetevi il cuore in pace, i “qual’è” scappano anche ai grandissimi.
E anche gli accenti girati, i “pò”, i “dì” imperativo, i “trentatre” ecc. ecc.
In un post su Nazione Indiana Scarpa ricordava che questo tipo di critiche hanno un nome inventato da Alberto Savinio: il calcio dell’asino.
gentilissimo zeta, lavora per caso per una casa editrice che non pubblica gli sgrammaticati?ossequiosamente colpito dalla geniale proposta per una svolta fattibile…
No, scusate, ma perchè una dovrebbe leggere poesia contemporanea? meglio un romanzo. la poesia non fa sognare. oggi si occupa di linguaggio, la pubblicità è più potente, su quel piano. cioè, ma l’avete letto l’ultimo libro di Viviani? un giallo è molto più interessante!
Per esempio, Angelo, scusa, sono molto curiosa. A proposito di geografia delle relazioni, ecco: perchè per te è così importante il posto di Cucchi, il suo giudizio? Perchè ha già fatto poesia? Perchè il suo giudizio ti potrebbe far conoscere di più? Ci sono tuoi amici/e che fanno poesia? C’è cioè una geografia tua, più intima – come una “provincia”, diciamo? E ancora: quali poeti tu consideri un po’ come “capitali” in una tua personale “carta geografica”? Non so se mi sono spiegata.
Grazie per la risposta, Krauspenhaar. vada per la birra. quando vuoi. se no devi aspettare la festa.
E poi un’altra cosa, scusate. quando si dice poesia, si intende il modo di intrattenere le corti (ariosto) che per quanto geniale, era un “forma d’intrattenimento”? Quella secondo me è morta. E non c’è niente di male. Come il melodramma. Morta. Sostuita dal cinema, dalla tele. Opuure con poesia si intende (Saba, secondo me) una forma di conoscenza e di comunicazione
che non è romanzo, non è filosofia, non è aforisma, non è saggio, non è canzone, non è dialogo. Però è letteratura, è riflessione filosofica, è stringatezza, è analisi del reale, è musicalità, è comunicazione.
Ah, allora Golino è lo zio di Valeria Golino. Ecco com’è. sì, sì. Golino è l’americanista, anche, vero? beh. bella la sua introduzione a La fine della strada di Barth, anni 70, Rizzoli.
Gentilissima, non dico di essere enciclopedista della poesia ma possiedo ed ho letto la stragrande maggioranza degli autori “significativi” della poesia novecentesca italiana( intendo i mattoni, gli struzzi ma anche qualche meridiano, e i meno costosi Oscar Mondatori, quanto meno i maestri tra cui di certo i vari pincopallini Montale, Sereni, Giudici e Zanzotto ai quali affianco Sanguineti per qualità ed intenti… vari anche tra i poeti civili e quelli “in-civili”)… non so da cosa hai dedotto e smascherato il poeta Petrelli nella sua ignoranza.. scrivo anche modesti interventi critici di qua e di là potresti leggerne qualcuno… quanto meno leggo i libri dei vivi per poterne discutere… e la mia poesia dimostra che da qualche lettura sono partito… con umiltà… e spesso anche nell’avvilimento…
Per quanto mi riguarda è logorante doversi rapportare(purtroppo a qualcuno o a qualcosa)(case editrici, critici o allo stesso lettore) mi piacerebbe poter scrivere e basta, lavorare sulla scrittura sul linguaggio, sulla sensazione, ecc ecc… di certo in questo senso è molto meglio vivere a Milano, frequentare un certo tipo di scrittori vicini ad una critica leggermente più “ufficiale” e volendo più “potente”.. non vorrei mai che questo mio post fosse frainteso comunque… il problema cardine è sempre e comunque quello della visibilità, della possibilità che molti scrittori dotatissimi che io conosco non avranno mai, e questo perché trovano avvilente doversi proporre, chiedere un parere (che comunque ha il sapore di un favore) a persone operatori culturali di cui hanno solo letto o sentito parlare… è questo il dilemma, ne vale la pena lavorare in questa direzione, non basta sapere scrivere, avere qualcosa da dire, qualcosa che abbia un senso letterario e nella letteratura…anche perché poi l’industria editoriale l’unica in grado di divulgare realmente non ne ha voglia ne vocazione… l’intimità della provincia è solo quello che ho con amici ed amici scrittori… dalle miei parti è una vera e propria “guerra degli straccioni” quindi difficilmente si è amici di chi vuole primeggiare e vendere il suo culo al miglior offerente… La mia carta geografica è poco ricca… di certo ci sono buoni ed ottimi poeti e non tutti ricoprenti qualche ruolo politico letterario… personalmente quelli che conosco si contano sulle dita di una mano.. ma non mi va di fare nomi, altrimenti dalle mie parti si scatenerebbe il pandemonio o quantomeno le maldicenze interessate… la tua richiesta è comprensibile ma credo polemicamente “ingenua”… non posso rispondere su questo piano, me ne dispaccio… l’unico poeta che ho nominato su questo blog è Cucchi che ho potuto conoscere alla presentazione del suo romanzo qualche mese fa a Lecce…
ti ringrazio per la precisazione… credo che nessuno sia mai a posto con le letture, c’è sempre da leggere e rileggere il vecchio e il nuovo partendo dalla rinnovata voglia giornaliera di chi ama la letteratura… comunque grazie ed auguro anche a te di lavorare bene e di ottenere risultati sempre più soddisfacenti..
@ andrea: se no ti fossi fermato alle parole, avresti colto anche tu la critica sottesa al mio intervento.
@ Angelo: sì lavoro per una casa editrice che cerca di non pubblicare sgrammaticati.
Per la precisione: dì è variabile accettata di di’; trentatre e simili, ad esempio Einaudi lo scrive senza accento (vezzo che trasgredisce la grammatica); pò è almeno una mutazione che prima o poi entrerà nel vocabolario, perché più economica. Ma qual’è per me è ignoranza! E quando in casa editrice arrivano di dattiloscritti sciatti grammaticalmente per me sono da cestinare. La lingua è una risorsa per uno scrittore, se uno non la conosce dubito che sia tale.
Però Angelo scusa, siccome ti sento molto avvilito, invece di far diventare iltuo “tempo poetico” il “tempo dell’avvilimento”, perchè non vai in biblioteca, non prendi la vecchia collana Einaudi di poesia (molti volumi nella copertina rigida, Gli struzzi. tutti nella collana di poesia, copertina morbida) e non ti guardi che cosa hanno fatto altri poeti prima di te? Mica devono essere per forza vivi, per essere bravi, no?
Angelo scusa, non volevo offenderti. facevo un “discorso” partendo da me – mi pare di avere letto tanto – ancora ho mucchi di roba da leggere, o da rileggere e sempre poco tempo, e fra questi mucchi c’è qualcosa di poesia. quando uno rilegge spesso si diverte. ma se tu per le letture sei a posto, e credi di aver biosgno solo di dover “uscire” allora…che dire? Concentrati su quello. è un lavoro, ma lavorando ce la puoi fare…basta volerlo.
Cara Zeta, io non lavoro in una casa editrice eppure quando nel cuore della notte mi è arrivata la prima parte di un saggio introduttivo da un noto scrittore italiano con un “qual’è”, non mi sono proprio posto il problema del qual’è, ho letto quello che aveva scritto sinceramente commosso e un po’ sconcertato per la capacità di entrare in cose, anzi in una vita che non aveva mai conosciuto. Se fossi un “funzionario” di casa editrice, come tu sei, avrei sottolineato un errore che evidentemente veniva dall’urgenza di scrivere. Il testo completo è arrivato qualche notte dopo, perfetto, bellissimo.
I calci dell’asino purtroppo li danno certi addetti ai lavori che sarebbe meglio non fossero addetti. Potremmo scambiarci i mestieri, che ne dici?
Saluti, vado a produrre.
Ma chi cazzo se li legge i romanzi su Carmilla.
Mi avete fatto incazzare Angelo! (Ciao caro!).
La poesia, amici miei, non è morta. E’ semplicemente di più difficile uso rispetto al romanzo. E’ per questo che è lasciata a delle elite, è per questo che sembra morta. Ma non è morta. Vive e lotta assieme a noi che la leggiamo e la scriviamo.
Lello ha il grande merito di aver portato la poesia di nuovo tra le gente, nella tradizione orale.
E Cucchi ha il demerito di aver affermato la più grande cazzata che le mie orecchie hanno avuto modo di udire: “è chiaro che se noi lasciamo la poesia in mano a gente come Lello Voce, allora è meglio che ci dedichiamo al calcio!”. Dovrebbe svecchiarsi un po’, il Maurizio. Vi lascio un link: http://www.livejournal.com/users/enzo_mansueto/9534.html?mode=reply
la poesia
una volta a una gara l’unica cui l’ho mandata, e chissà com’è che l’ho pensata, presiedeva crocetti il direttore omonimo: ne ricavai magnanimo! numero due volumetti molto ripieni (di poesia), a pensarci non mia, e sia, ma erano anche pagati e mica di tasca sua. Allora mi dissi rifletti – dopo che li hai letti i volumetti: non saran perfetti i tuoi sgraziati insetti neri (ah, la poesia) ma via, che dire allora dei campioni del signor crocetti contanto di primopremio e siamo seri! quelli valgon men di due zeri nemmeno una zia la dà via così per due dineri. E il mio attrezzo si rifiuti di vergare quegli sputi! Così ho deciso basta gare, se ne stia nascosta che poi è sempre un rutto la poesia – di sicuro la mia uno sgorbio, un insulto un’oscenità e meno la vedono meglio sta.
rigorosamente off topic, o forse no. Oggi a pag. 18 del Corriere della Sera c’è un pezzo su Sergio Endrigo e la sua infinita battaglia legale contro l’ex amico Bacalov. L’articolo si conclude con una riflessione che vale la pena di condividere: “…certe canzoni, certi autori (fra i quali io) non vengono trasmessi alla radio… se non quando muoiono. I ragazzi sono vittime consenzienti di una diffusa ignoranza. Non si può amare e consumare quello che si ignora”.
e’ vero, è vero, mondo mona, basta, basta! qui alla radio solo monate! con tutto quello che ho dato io alla musica mondiale! è ora di finirla!
e intanto gino paoli va in giro con l’ornella e mogol si scopa le allieve, cazzo!
la questione sulla “morte” della poesia è molt interessante e complessa. sarebbe da chiarire che cosa vuol dire che un’arte è morta, e se la poesia non sia stata semplicemente sepolta viva.
c’è chi dice che si volesse vendere la merda basterebbe organizzare una buona campagna pubblicitaria, forse è vero, e intendo letteralmente “la merda”, perchè se ci apriamo al senso lato è sicuramente vero. ma il problema reale è la fruizione, uno sguardo attento ed educato si stanca a vedere eyes wide shut quanto a leggere doppio sogno, mentre uno poco allenato preferirà il film…che ci stanno pure delle belle fiche!
della poesia nelle scuole si fa scempio, cariatidi caffeinomani che fanno mandare a memoria cantilene di parole sconosciute, opere poetiche spiegate come sfoghi melanconici.
a scuola ho imparato:
a) leopardi – grande poeta, gobbo, arrapato come un ciuccio.
b) manzoni – un cattolico di merda.
c) foscolo – un puttaniere.
la poesia deve lottare e troppo spesso non lo fa, i poeti, quelli pessimi, sono davvero dei lagnoni.
quando non c’è spazio per l’arte nei circuiti ufficiali essa va contrabbandata.
perdonami per la curiosità andrea c: ma che scuola hai frequentato?!… comunque ti sei dimenticato di definire le contorte abitudini sessuali di D’annunzio ma anche quelle di Pascoli… forse eri in bagno a fumare… e gentilmente fai i nomi dei pessimi poeti in modo che questi possano risponderti… e lagnarsi
suonare è una parola grossa. io ho detto che posseggo una washburn. è diverso.
e poi no! ho detto che sono timido non ci vengo alla festa! che poi andreac mi porta a delinquere!
può un’arte morire?
bella domanda.
secondo me, si. perchè muoiono le persone.
morto leo fender le chitarre le hanno sempre prodotte ma mancava un qualcosa. forse l’anima. e poi sono arrivati i chitarristi che non le sapevano proprio usare le fender… e c’è stata la decadenza delle fender.
vogliamo parlare poi di quelli che non pubblicano chitarristi fender solo e soltanto perchè hanno la paletta graffiata (e scrivono un pò)?
prima o poi qualcuno tornerà a produrre fender che non si chiamano fender e che saranno fender nell’anima…
capita l’arguzia del sottoscritto?
e comunque, tanto per capirci (questa è per maurizio) io ho una splendida washburn, dimebag darrell monster of rock guitar model. blu elettrica. in mogano. bellissima.
dimenticavo, zeta?
parola di filologo: un pò lo scriveva anche fenoglio (se non ci credi vai nelle cantine einaudi e divertiti), per risparmiare tempo sulla battitura. non lo pubblicheresti vero? troppo sciatto. e poi quella grammatica. uno che finge di essere british. porcheria, nevvero?
angelop. tieni duro. secondo me la poesia (o le fender o le washburn ognuno la sua), è una disciplina dell’anima. serve a te. che gli altri si fottano come diceva vaneigem.
la cosa più divertente è che golino omette almeno altre 5 – 6 realtà altrettanto forti, per non parlare del sottobosco e del sottobosco del sottobosco. in questo sterminato oceano si possono fare due considerazioni: una buonista (ognuno cerca di mettere in campo il proprio pensiero per creare i tasselli necessari al puzzle della contemporaneità) e una meno buonista (ognuno cerca di farsi la propria truppa di giovinastri e costruirsi un feudo con tanti sudditi).
dove sta la realtà ? sicuramente la paura che oggi si possano risentire discorsi “da gruppo ’63” del tipo “tutto fa schifo, solo una nuova colata di autori è la soluzione alle nefandezze delle patrie poesie” è alla finestra.
così come l’effetto gattopardo di alla fine sostanzialmente non cambiare nulla andando pure a perdere nel “mucchio” quanto di buono il ‘900 ha dato, sta dando e potenzialmente darà coi giovanissimi.
in questo affresco della realtà però il senso di quello che golino voleva dire un poco si perde, ed è un peccato. cotanto spazio alla poesia forse necessitava di meno racconto e una presa di posizione più netta. non così tra le righe e francamente interpretabile. se no ancora una volta passa tutto e il contrario di tutto.
caro angelo, le definizioni non erano mie, mi pare si capisse. pensa che la mia professoressa di lettere consigliava come lettura estiva luciano de crescenzo. d’annunzio poi non lo spiegò proprio perchè era un poco zozzo e con pascoli e carducci, a quanto pare, non lo so per certo, ero davvero in bagno a fumare, fece un cocktail che alla fine non si capiva sto fanciullino a chi era figlio, all’epoca non c’era il test del DNA.
quando ho detto pessimi poeti forse ho sbagliato, avrei dovuto dire aspiranti. anche perchè non si pubblicano quelli buoni, figuriamoci quelli cattivi. di questi ne conosco, sei mai stato a un reading pubblico? immagino di sì. devo proprio spiegare cosa intendo? l’ignoranza e l’idea di una spontaneità ruttesca è più diffusa nei bardi, proni all’evocare carogne e fiori secchi.
un pubblico di nicchia che in larga parte non capisce un cazzo, triste destino.
ma, ripeto, io metterei l’accento sulla questione della fruibilità di un linguaggio. io amo il jazz, in pericolare il free jazz, ma non ho cominciato da quello, sono partito con i dischi più “ascoltabili” e poi, acquisito l’alfabeto, il ritmo, la metrica e tutto quello che fa un linguaggio, mi sono avvicinato alle sue forme più estreme.
a scuola non si insegna la poesia, spesso perchè i professori sono i primi a non conoscerla, non la leggono ad alta voce perchè non lo sanno fare, ma la poesia spesso si arrocca.
l’altra sera ho visto un video in cui john turturro declamava urlo di ginsberg, ecco, secondo me molti avrebbero storto il naso.
Va bene! Fai come vuoi!! Però non ti lamentare mai più che i produttori non ti fanno uscire dalle cantine!!! Spettatrix diglielo tu. Spettatrix è partita per la Pasqua senza dire la sua sulla poesia…grave. E anche Biondils. Così Valchi. Ienax.
Senti gl, ma visto che tu per fortuna nostra suoni, non è che per la festa di maggio potrei approfittare per chiederti di esibire la tua arte poetica nel modo che sai?
Rinascita culturale di sta minchia
ah, zeta…
così per amor di litigio (anche se poi vado che mi spetta una serataccia) ti fò una domandina:
se ti arriva un manoscritto che è la versione cartacea di twin peaks, tu che fai?
no, non dirlo.
ho i miei dubbi.
viviamo in provincia, vero?
In un recente articolo su Rivisteria c’era un’analisi sugli aumenti dei prezzi di copertina. In percentuale sono davvero impressionanti. E’ ovvio che poi certi manager possano affermare che nonostante tutto il mercato nello scorso anno non è andato male. Quindi su questo sono abbastanza d’accordo con te, ma il discorso sarebbe troppo lungo e OT.
Non ho capito la domanda twin peaks: una serie fantastica per me, quindi se scritto bene (alla Lynch) pubblicherei anche il libro. O forse non colgo la provocazione?
io invece riconosco se uno è miope o no. loredana non lo è ad esempio, altrimenti non si userebbe una scrittura così minuscola nel suo blog…
zeta si polemizza suvvìa! per carità non incazzarti! sono d’accordo con te, se si leggesse di più si leggerebbe meglio (oggi sono argutissimo). però, tasto dolente? hai notato quanto costa un libro oggigiorno? no perchè va bene tutto, ma 14 euro per 140 paginette stile libero…
Ma chi cazzo se li legge i romanzi pubblicati su Carmilla
ma perché la poesia dovrebbe cercarsi un pubblico, tra gli analfabeti poi? come è sempre stato, quattro gatti la faranno seriamente e ventiquattromila gatti la mischieranno con robe che non c’entrano un’acca; chi ha voglia vada a cercarsela, apra gli occhietti e si sturi il cervello. lasciate che i golino riempiano le pagine dei loro giornali e che i giovani si chiedano perché questo brutto mondo non riconosce il rimbaud che è in loro: domani arriva una nuova copia del giornale, e ai bimbi spunterà qualche capello bianco.
chiedevo:
immaginati editor o come vi chiamate voialtri, negli anni 80 e ti arriva la sceneggiatura di lynch – fai finta sia libresca – la pubblicheresti? secondo me in italia no. perchè non c’è coraggio. solo molta pretenziosità. ma sono d’accordo se mi dici che non c’è nemmeno un lynch!!!
scusa ma devo andare sennò mi licenziano…!!!!!!
l’ot se vuoi lo facciamo ecco il mio indirizzo.
adios…
e scompare nella solita nuvoletta sulfurea.
Mi mangiassero i grilli è il mio primo, e per ora unico, romanzo. È bello, di sicuro è breve. Uscirà a fine marzo, pubblicato dalla Fernandel.
Vi venisse voglia di leggerlo, è probabile che la vostra libreria non ne abbia neanche una copia. Se la voglia dovesse persistere, le possibilità sono:
1) ordinarlo al libraio;
2) chiederlo in prestito a qualcuno che ce l’abbia già;
3) ordinarlo via internet all’editore: vi verrà spedito a casa rapidamente, pagamento in contrassegno, spese di spedizione a carico di Fernandel, se non sbaglio. Questo è l’indirizzo:
http://www.fernandel.it/cgi-bin/select.cgi?action=show&art=Libri&all=1
Se voleste farmi pubblicità, mandate questa mail a amici, nonni, conoscenti e chiedete loro di fare altrettanto. Ve ne sarò grato.
Da aprile andrò a spasso a presentare i Grilli. Per ora, le date certe sono cinque:
Sabato 9 aprile, ore 20. Diwan Cafè, via Baretti 15/c. Presentano Paola Gallo e Roberto Gilodi.
Sabato 16 aprile, ore 11 (probabilmente). Biblioteca civica Cesare Pavese, Via Candiolo 79. Presenta Dario Voltolini. Organizza l’Associazione Arcobaleno che offrirà, pare, un blando aperitivo.
Domenica 17 aprile, ore 11. I Grilli a Parma, libreria Feltrinelli, via della Repubblica. Il padrino sarà Paolo Briganti, professore di letteratura italiana contemporanea, Università di Parma.
Domenica 8 maggio, ore 11. Fiera del Libro.
Venerdì 13 maggio, ore 18.30. I Grilli a Roma, libreria Mondadori di via Appia.
http://mimangiasseroigrilli.splinder.com
Non era mia intenzione fare l’insegnante con la penna blu, andiamo oltre quello che vi fa subito tirare su dai banchi per reazione alla critica e basta. Ho citato anch’io esempi di uso della lingua che si discosta dalla grammatica e l’uso di forme “economiche” nella comunicazione veloce (ci sono refusi anche nei miei post). Volevo sottolineare che questi lamenti di aspiranti esordienti spesso (non mi riferivo ad Angelo che non ho mai letto) nascondono scarsa autocritica. Sono in grado di riconoscere chi sa scrivere al di là del refuso, non sono infatti un grigio funzionario come mi ha definito andrea b (se non sbaglio). Fenoglio lo pubblicherei, non ti preoccupare, ma certi che a volte fanno delle capatine su questo e altri blog per ora proprio no. Bisogna leggere oltre che scrivere, e quando leggo un dattiloscritto di un “lettore” lo riconosco.
@ IL POSTO ECC. ECC. ECC.
No, Ienax non è ancora partito, non del tutto, di testa intendo. Ed allora, scrivo alla boia d’un giuda, e me ne strasbatto dei refusi, e mi leggo ‘sto thread e mi gratto la pancia come una scimmia sull’albero, mangiando una grossa banana. Poi rido, e torno ad esser il solito Ienax, perché la poesia è una cosa seria, e oggi tutti scrivono versi.
Però, mentre vi leggevo, m’è venuta questa: è ancora una bozza, una riflessione forse, ed allora ve la sborro qui, sperando che la gentile Lippa non mi castri, perché lo sa la Lippa che solo posso amar Fidel Castro, ma in maniera non intima.
“MANISCALCO POETA SCOMMETTITORE
E si vede che oggi non avrò niente d’importante da raccontare. M’avevano assicurato sulla loro anima che un diamante è per sempre: avevano mentito. E’ bastato un giorno di noia perché il diamante che m’ero regalato insieme alla sua lucentezza andasse in mille inutili frantumi. Però i poeti – tutti – continuano a far poesia: la menano sull’incudine la poesia, poi stemperano ferri roventi nell’acqua. Far poesia è lavoro assai simile a quello del maniscalco, questo l’ho imparato da una lunga pezza, ed è una delle poche certezze che non uso mettere sotto agli zoccoli dei tanti cavalli – che vedo – lanciati a far mostra di sé per un galoppare zoppo. Ho sparato ad un pony stamattina: ma non mi sento colpevole, così credo che domani pomeriggio andrò all’ippodromo. E che la fortuna m’assista. Ma può prendermi anche sotto i suoi zoccoli ferrati se proprio non le riesce di far di meglio per me.”
Poi, quella cosetta sugli agenti letterari, l’ho rivista e l’ho pure messa on line: pare sia piaciuta e tanto pure. Insomma, non ci si può fermare di fronte al primo refuso che s’incontra nella lettura d’un manoscritto dattiloscritto mano-di-manoscippato, ecc. ecc. ecc. Non oso pensare a quanti possibili “belli” libri cestinati solo perché un editor incoscIente s’è stoppato davanti a un refuso.
La prima volta – a partir da adesso – che mi capita fra le mani un libro e incontro un errore di stampa, giuro che lo rimetto all’editore pretendendo che mi restituisca tutti i danè che ho speso, e poi ci aggiungo pure che mi deve pagare i danni morali. Insomma, ma li avete visti o no quanti e quanti e quanti refusi nei libri pubblicati? Io sì, purtroppo. E vi muovete a scandalo per un errore di battitura o due o tre in un dattiloscritto? Ah, siamo proprio messi male in campo editoriale. E anche in campo umano.
Saludos.
Iannox
P.S.: E’ il solo messaggio che oggi mi sento di lasciare, perché ho altro a cui badare.
P.S. al P.S.: Io e Spettatrix siamo in viaggio di nozze. ^___^”’
Spettatrix, ma allora quella della mail non funzionante era tutta una balla : -)! Sei in viaggio di nozze! Così non commenti la poesia. e non parli più degli agenti.