Attivissimo anche in periodo prepasquale, Giuseppe Caliceti mi gira questo intervento musical-politico apparso or ora su Liberazione.
“Nell’ultimo congresso di Rifondazione lo scrittore Aldo Nove raccontava cosa significasse per lui essere comunisti oggi in Italia. Per entrare nei particolari, per sapere cioè cosa significa essere un giovane consumatore/comunista oggi in Emilia, non si può fare a meno che ascoltare “Socialismo tascabile – prove tecniche di trasmissione”, il primo cd del collettivo neosensibilista contrario alla democrazia dei sentimenti Offlaga Disco Pax, uno degli esordi più promettenti di kombat music di questa primavera italiana 2005.
In “Cinnamon”, con testo tratto da un breve racconto di Arturo Bertoldi, già citato da Aldo Nove in “Superwoobinda”, si racconta con ironia consumismo e comunismo, di socialismo e gomme da masticare: «E poi sono arrivate le Riprova, sarai più fortunato. Le più ambite erano quelle di Fort Apache e se superavi la prova potevi lanciarti dalle Brooklin, la gomma del ponte. Le ciuingam avevano un mucchio di sapori. Il più rivoluzionario era il Cinnamon. Era il vero gusto da Black panters, da Malcom X. Il Cinnamon è la cannella, ma non vale. Il Cinnamon quando è arrivato il riflusso l’hanno abolito. Uno andava al bar e trovava solo Centerfresh, quelle con dentro il liquido. Ciuingam da maggioranza silenziosa. La Sinistra calava ed ecco comparire le ciuingam del capo che mangia pesante. Erano tempi difficili. C’era chi si dava alle Stimorol danesi e chi si drogava con le Dentigomma che si trovavano solo in farmacia. Poi il miracolo. Un giorno, al circolo Gramsci, preso dalla sconforto per aver scoperto che esistono le Big Babol Revolution, ho gettato l’occhio dietro ai boeri e alle liquerizie Goleador. Le Cinnamon erano tornate. Strano che “L’Unità” non avesse detto niente».
Testi fittissimi e sempre recitati come brani di un comizio fanno da contrappeso a una musica minimale costruita attorno ai loop di una batteria elettronica. Per qualche critico musicale sembrano voler unire i Cccp con i Joy Division, i Kraftwerk o i primi Cure; per altri si parla di Assalti Frontali. Gli “echi” potrebbero essere questi e molti altri, ma qui ci troviamo senza dubbio di fronte a qualcosa di nuovo. In una sorta di allegro “Goodby Lenin! ” musicale, si racconta di un immaginario emiliano socialista/comunista che si coniuga con l’esplosione di un capitalismo a misura d’uomo e fa apparire quel quadrilatero che va da Carpi a Correggio e da Modena a Reggio Emilia una sorta di Disneyland del consumatore felice.
Enrico Fontanelli (basso, moog, casiotone, premeditazioni grafiche, pensiero debole), Daniele Carretti (chitarre, basso, mutuo quinquennale), Max Collini (voce, testi, ideologia a bassa intensità), vincitori dell’edizione 2004 del Rock Contest di Firenze, propongono ciò che qualcuno ha già definito “Elettronarrativa Elettorale”. Si sentono apocalittici, integrati, naif. I brani, veri e propri racconti brevi, sonorizzano storie ed eventi reali, spesso locali, riassunti in titoli come “Robespierre”, “Khmer Rossa”, “Kappler” o “Piccola Pietroburgo”: il brano dedicato a Cavriago, paese dove “resiste” nel centro della piazza un busto di Lenin”.
Le gomme da masticare come la madeleine. Que viva Proust.
Interessante
Covo?
Anche se negli ultimi anni stanno dicendo che essere rossi equivale quasi a essere terroristi, non mi pare che tale colore si fuorilegge, quindi perché utilizzare la parola covo?
Che ne dite di festino, allegro ritrovo, adunanza non sediziosa…
Visto che la parola “rosso” l’ho detta io, parlo per me. Io si. In quanto agli altri può essere che abbiano intenti puramente sociologici o di studio, o letterari, o filosofici. Io mi illudo che sia un covo di rossi. Si.
La poesia come inno al “comunismo” e alla “buona musica”. Piacerebbe sentirli. Qui, è il solito covo di rossi, eh?
e ve ne vantate?
se non disturbo troppo, vorrei dire che mi dà un enorme, gigantesco, galattico fastidio quello che fanno molti scrittori trentenni e quarantenni: la poetica dell’oggettino. La cingomma, il cremino, la sigla del cartone animato giapponese, il primo videogioco, il supermercato.
eccheppalle.
Sì, “Lo scuro”, mi sa che non hai tutti i torti. Questo dell’oggettino sta diventando un “canone” abusato. Ed è vero anche che è un canone proprio di molti scrittori trentenni, quarantenni. Un canone consolidato da finto-avanguardia. Però non tutti gli scrittori trentenni, quarantenni praticano queste strade. Due nomi che mi vengono in mente: Andrea Carraro, Roberto Alajmo Sono bravissimi ma hanno meno visibilità rispetto ai trentenni con la poetica dell’oggettino. Perché? Boh.
Sì, “Lo scuro”, mi sa che non hai tutti i torti. Questo dell’oggettino sta diventando un “canone” abusato. Ed è vero anche che è un canone proprio di molti scrittori trentenni, quarantenni. Un canone consolidato da finto-avanguardia. Però non tutti gli scrittori trentenni, quarantenni praticano queste strade. Due nomi che mi vengono in mente: Andrea Carraro, Roberto Alajmo Sono bravissimi ma hanno meno visibilità rispetto ai trentenni con la poetica dell’oggettino. Perché? Boh.
Lo Scuro ha ragione.
Non se ne può più.
Ragazze e Ragazze,
buona Pasqua, o buone Feste, perché dipende, se ci credete nella Pasqua o se come me trovate che sia solo una Festa, un momento come tanti altri nella vita. Vabbe’, statemi bene.
E OT… Se c’havete voglia, ho riprosto da me intervista a Mario Desiati: è vecchia, l’intervista, d’un paio di anni, ma val la pena meditare ancora sul perché è “Neppure quando è notte” oggi.
Saludos.
Iannox
covo di rossi?
a me sta bene.
“Lasciate la paura del rosso agli animali con le corna”
(Victor Hugo, “I Miserabili”)
l’oggettino prima o poi scopriranno cos’è: paura del mondo. e un saaaaaaaaaaco di saccenza. più o meno come alec. ehm. bella ragazza però, eh?
musicalmente parlando ai CCCP ho sempre preferito i Buldozzer o i Raw power o gli Strana Officina. dimenticavo i Disciplinatha (adis abeba, a noi!)
maurizio che ne dice? non è lui il musicologo di quartiere? magari lui i raw power se li ricorda!
Credo che l’articolo di Caliceti solo per essere apparso su Liberazione, ahimè, perde del tutto la sua dignità scritturale e la sua veridicità… non è nemmeno più un opinione… immagino che il veramente ROSSO Girolamo sia del mio stesso avviso…
Scusa angelop, non so con che intenzione sia stata usata la citazione da i miserabili, ma più o meno alla lettera, credo che voglia dire che “solo i tori hanno paura del rosso”. Non è per contraddirti, ma le parole non sono solo simboli in cui riversiamo i nostri desideri. a volte hanno anche un significato letterale.
carissima, il riferimento non era alla citazione… era personale a girolamo che so che la pensa in quel modo.. non lo dedotto dal post di girolamo ma da una conoscenza diretta…
Per Girolamo: la mia mail non ha filtri (ma la leggo solo io)comunque ti ho scritto…
Sulla poetica dell’oggettino: sbaglio o comincia vagamente ad essercene di meno? Mi sembra che trabocasse più nei libri di cinque-sei anni fa…ma forse è una mia sensazione.
gentile girolamo, io insieme ad una quarantina di altre persone… ricordo perfettamente una tua frase dichiarazione poco fraintendibile… centra il caso battisti e tutte le prese di posizione che ne scaturiscono… non mi và di scrivere qual’era la frase.. magari ti mando una mail di chiarimento… comunque ti ho conosciuto a Lecce un paio di mesi fa… io ho conosciuto te, non dico il contrario, anche se mi sono presentato e qualificato… se vuoi ti specifico i termini della tua dichiarazione, magari non su questo blog… il mio era solo un attestato di solidarietà..
@ angelop.:
La frase di Hugo è diventata uno slogan del maggio ’68: è evidente il senso in cui l’ho usata, direi: con rispetto per i tori, di bestie scarlattofone se ne vedono sin troppe, ultimamente (Hugo per altro si riferiva al rosso dei giacobini, il che rafforza la mia passione per il rosso, specie se spezzato col nero). Non ho particolari opinioni sull’articolo di Caliceti (però condivido il disgusto per l’estetica dell’oggettino bellino piccolino ecc. ecc.: mai piaciuti i minimalisti, in tutti i sensi), però non capisco perchè l’essere pubblicato su “Liberazione” dovrebbe squalificarlo (non capirei neanche una sua valorizzazione dovuta al luogo di pubblicazione): io lo leggo su *Lipperatura*, e prendo in considerazione il suo contenuto, non il supporto che lo ospita. Così come giudico i libri che leggo non dalla collana che li pubblica, tantomeno dall’editore (qualcuno inorridirà, ma ci sono dei Fazi e dei Minimum Fax che mi sono piaciuti, e degli Stile Libero che invece no 🙂 e anche dei Mondadori non mi sono dispiaciuti), e se posso (non sempre ci riesco) ceerco di prescindere persino dal nome dell’autore.
PS: la conoscenza diretta di cui parli è personale? Io non ricordo di averti conosciuto, però spesso non associo un nome a un volto, e ancor più spesso dimentico di chiedere il nome a tutti quelli che conosco.
PPS: @ L. Lipp.: se ti mando un’e-mail personale finisce immediatamente sul Blog, o c’è un filtro? nel caso ci sia, posso avere un tuo recapito?
dissento.
gli oggetti che ci circondano c’entrano, e non è minimalismo (qualcuno poi dovrebbe definire meglio questa “categoria”).
l’oggetto industriale è oggetto di studi da quando è nato, ne parla benjamin, ed è oggetto di un saggio molto interessante di Jean baudrillard dal titolo “il sistema degli oggetti”. ed è proprio il carattere strutturale che assumono questi oggetti ad essere di grande interesse, anche per il “per nulla minimalista” don delillo. si potrebbe partire riflettendo sull’incoscienza tecnologica degli oggetti più banali che ci circondano, sul “mistero” fideistico che aleggia attorno al forno a microonde o al telefono, uno parla e nello stesso tempo sente chi è all’altro capo e tutto passa in due fili sottili, attorcigliati che viaggiano per miglia e miglia. ma gli oggetti, si pensi soprattutto a quelli che arrivano allo status di gadjet sono soprattutto un sistema, anzi sono le chiavi per accedere ad un sistema, una sorta di interfacce, come quelle di carne nuda che usano i personaggi di existenz di cronenberg.
big-babol-aleph borgesiani, rayban-manhattaniani di ellis, ecc. ecc. ecc.
chi di voi sta digitando su un mac?
chi su un pc?
si vede, non vi illudete.
Be, sono abbastanza d’accordo con andreac. io non vado matta per gli “oggettini” ma “le cose” mi piacciono, e se qualcuno ogni tanto fa il punto della situazione (che vestiti ci mettiamo, con che penne scriviamo, che cosa mangiamo) a me piace.
c’entra, o forse no. comunque mi sono appena accattato l’ultimo album degli strapping young lad.
qualunque vosa sia il minimalismo, loro non lo sono affatto.
benjamin non sanno neppure chi sia, ma cronenberg si.
nelle industrie ci vivono, temo.
Oh My Fucking God (dall’album city che non è l’ultimo):
There Is No Insanity, Rather A Super Sanity
More Suited For Life At The End Of The 20th Century
Where Everything Is Art,
And Everything Is Trying To Express It,
Where Everything Is Art,
And Everything Is Trying To Comunicate It…
rossi? probabilmente.
intanto godo come un riccio.
e ci suona pure gene “diolohacreatoperfarmivederelaluce” hoglan.
troppo criptico?
poi vabbè, il discorso cromatico non lo tocco nemmeno, solo un appunto, che un articolo esca su liberazione non è determinante. non sto nemmeno a spieagare perchè. sono prese di posizione.
Be’, gl ho ascoltato Detox. Secondo me a Dickens piacerebbe.
Fantastico il testo di Bertoldi. Proust in salsa cinnamon per quarantenni. Mi piace. Non condivido l”ecchepalle” di Ale c: la memoria storica di una generazione passa anche attraverso cose minime, solo che questo viene capito appena superati i quaranta. Un saluto.
ah, ilposto e chi fosse interessato: “i vecchi palazzi non solo non sono crollati ma sono più “belli” e marci che mai. ” era una sorta di citazione degli eisensturzenden neubauten!
perchè si cerca di comunicare GRANDI cose, magari urlandole come fanno i Syl, ma senza la scusa del mirifugioinmestesso.che non è più quello degli anni 80 (e 90) ma un nuovo tipo.
non più solo una mancanza di comunicazione, ma anche un rifiuto della possibilità di creare qualcosa che possa comunicare.
i vecchi palazzi non solo non sono crollati ma sono più “belli” e marci che mai.
aldo nove sarà anche un genio, ma è un genio solo in camera sua. chi lo capisce? io no. a me mi fa incazzare. come mi fanno incazzare i marlene kuntz e tutta quella gentaglia lì. nessuno si mette in gioco, nessuno osa (e non tirate fuori la mancanza di ironia perchè i syl – per restare in tema – hanno fatto una canzone che si intitola più o meno “il camion dei gelati di satana”) è molto facile fare gli autistici e poi lamentarsi che le cevingum come le facevano una volta (strizzatina d’occhio gomitatina -ci-siamo-capiti- noi-vero?) non lo fanno più. per inciso è questo l’atteggiamento che la maggior parte di quelli che NON sono a sinistra imputano alla sinistra. e non gli dò torto. non su questo almeno.
cosa c’è? una gran paura di finire querelati (cioè colpiti là dove duole, il borsello)?
è fiction signori e signore! fa male come un randello, ma non occorre il porto d’arma!
ecco, con queste mie perle di saggezza che nemmeno i porci riescono a masticare, me ne vò.
ave atque vale
ps muoio dalla voglia di vedere la faccia di maurizio quando come la gatta dello zampino, andrà ad ascoltare i syl!!!
…Dickens che non era certo emiliano, ma era sicuramente rosso.
“i palazzi sono più vecchi e marci che mai”. quello mi pareva che potesse piacere a Dick, che per me non è un macigno. io lo amavo anche quando mi dicevano che era roba vecchia. mi vergognavo anche con me stessa, ma lo leggevo lo stesso.
a te no?
:-)))
lo so lo so, non è roba che si apprezzi così. biosogna prima essere iniziati al culto del Dio Metallo (e di gene hoglan sua incarnazione). mettila così, a me i beatles fanno schifo. che ci vuoi fare?
davvero? perchè sia i syl che dick sono pesanti come macigni?
il trucco per capire i syl è pensare che siano come quelle bustine di detersivo concentrato. piccoline da cui ricavi litri e litri di bucato. ecco, i syl sono così.
oltre che una mazzata auditiva non da poco.
cosa c’azzecca tutto ciò con la ntoziucola della lolip? secondo me parecchio.
no, mi pare che c’entri perchè il gruppo di cui si parla fa musica, no, oltre a scrivere testi? e se non c’entra mi scuso.
ops, belli, non vecchi! ma dick è pieno di vecchi. e io i romanzi in cui ci sia almeno un vecchio/a, e soprattutto che viva in una bottega, li leggo a scatola chiusa. questo è un po’ il rischio quando parli di te e degli oggettini. di perdere quella dimensione in cui tutto può accadere, (vecchi, botteghe che conservano ossa di umani, e gatti cattivi che conoscono tutti i segreti, case sospese sul fiume, uomini unti con i pantaloni corti e i capelli troppo lunghi, drogati che non se la menino sull’esistenza (e.drood), e soprattutto ricchi, ricchi, ricchi e stronzi ) che è invece tipica di Dick(ens)
non ho detto a me no. Però capisco perchè ti piaccia Dickens. Io in fatto di musica – come anche per il romanzo – mi accontento. Ascolto di tutto. Dipende dai momenti. A me i Beatles non mi fanno impazzire e preferisco i Doors o i Rolling Stones. Molto mi piace Coltrane.
Carissima Loredana,
perché in gita pasquale, sai com’è uno si svaria un po’, non vieni qualche volta a trovarci sul nostro patafisicissimo e surreal blog della
“Société des cartographes fous”?
http://societe.splinder.com/
Potresti forse trovar sollievo dalla quotidiana ed anodina insania dei blogs letterari.
auguri
Mario
cara loredana, adesso comincio a scassarti la uallera con un libro.
è uscito per meridiano zero il nuovo di hugues pagan: l’ingenuità delle opere fallite.
non l’ho letto. ma pagan è semplicemente il MIGLIOR scrittore vivente. quindi:
o ne parli e lo leggi.
o lo leggi e ne parli.
adesso vado in libreria.
solo per dire che la questione del *rosso* e di *Liberazione* tra me e angelop è stata causata da un malinteso su una mia frase pronunciata in quel di Lecce: “quel giornale di *****” riferito non a Liberazione, ma a Libero (quello di Feltri).
Il problema non è la poetica dell’oggettino in sé, ma l’usura di quella poetica. Insomma, si tratta di una poetica che ormai ha pubblicizzato abbondantemente le sue coordinate. Questo è il problema. La poetica si è fatta maniera.
Il problema non è la poetica dell’oggettino in sé, ma l’usura di quella poetica. Insomma, si tratta di una poetica che ormai ha pubblicizzato abbondantemente le sue coordinate. Questo è il problema. La poetica si è fatta maniera.
Scusa, Girolamo, ma non ho capito perché dovremmo inorridire e di cosa esattamente…
Scusa, Girolamo, ma non ho capito perché dovremmo inorridire e di cosa esattamente…
Sull’oggetto: la poetica degli oggetti, delle cose concrete, ha piedi bioni e pensieri saldi, dagli oggetti di Montale che si ribellano alla nullificazione del mondo sino alle riflessioni di baudrillard e benjamin. l’oggetto divanta “oggettino” quando smette di aver da dire altro di diverso dalla descrizione del proprio ombellico, quando è pretesto per una “maniera” che alla fine diventa stucchevole. l’uso dell’oggetto quotidiano in *American psycho*, o anche in Carver e in Lethem, è poetica dell’oggetto: infatti non è minimalismo. Non userei la parola *manierismo*, che tradizionalmente esprime il senso di quello che sto dicendo in rapporto al barocco, perchè non credo che i cosiddetti manieristi abbiano fatto questo tipo di operazione (tutt’al più l’hanno fatta i critici che hanno frainteso il periodo coniando il termine *manierismo*).
@francesco la rocca: quella sull’inorridire è una battuta, ho come l’impressione che certi autori siano etichettati e valutati “a prescindere” solo perchè pubblicati da questa o quella casa editrice – me compreso, che sono uno “stile libero” (invece no, non lo *sono*: tutt’al più *ho* uno stile libero). tutto qui.
caro girolamo, sono daccordo con te, la tendenza a cadere nell’autoreferenzialità risulta quantomeno stucchevole.
l’*oggettino* ripiegato su se stesso non racconta niente.
“diverso dalla descrizione del proprio ombelico”: il punto sollevato da Girolamo è quello centrale. Se il ciuingam è usato in modo funzionale, nulla da eccepire: se diventa parte di un catalogo nostalgico e autoreferenziale, effettivamente è insopportabile.
Mario: vado subito a trovare voi patafisici.
gl: compro, leggo, parlo.
per tutti: auguri! abbiate due ottimi giorni!
Mammamia, gli Offlaga Disco Pax sono arrivati anche qui!
“Ho fatto l’esame di seconda elementare nel 1975.
Il socialismo era come l’universo: in espansione.
La maestra mi chiese di parlarle di Massimiliano Robespierre.
Risposi che la Rivoluzione Francese era una cosa giusta, e che, Terrore o no, i Giacobini avevano ragione.
La maestra non ritenne di fare altre domande.”
Max Collini è un bravissimo narratore.
sono bertoldi, quello della poetica dell’oggettino (ho anche inventato il movimento del socialismo tascabile, quello citato dagli Offlaga. E’ giusto che mi prenda tutte le responsabilità).Non pensavo di scatenare un tale dibattito. Volenti o nolenti, però, dagli oggettini non si sfugge. Non si sfugge dalle marche, dai loghi, dai sapori, agli odori, dal quotidiano. Non è solo un discorso politico, ma anche letterario e culturale. Più quotidiano e più verità in quel che si scrive non ci/vi farebbe male. Lì sta la genialità di Aldo Nove e compagnia. Le merci provocano piecere e soffererenza. Raccontarlo per me è un dovere. Voi scrivete pure d’altro. ciao
Anche le madeleine di Proust sono “poetica dell’oggettino”. O no?