PULP E NON PIU' PULP

Torna il pulp ma non fa letteratura, è il titolo dell’articolo di  Gian Paolo Serino uscito su L’Avvenire . Ve lo posto, riservandomi di essere abbastanza in disaccordo: tornano, è vero e per fortuna, gli scrittori che (almeno alcuni) erano presenti nella famigerata antologia cannibale. Ma di plasma alle pareti, negli ultimi scritti degli stessi scrittori, sembra essercene francamente poco.

In una Fiera del Libro che invita a sognare si riaffacciano gli incubi di carta più recenti. Proprio in questa edizione dedicata al mondo onirico evocato dai libri assistiamo alla rinascita di un fenomeno, quello della letteratura pulp, che credevamo estinto. A ridare fuoco alle polveri di quella “gioventù cannibale” che in Tiziano Scarpa, Aldo Nove, Stefano Massaron e Niccolò Ammaniti trovava i propri cantori sono gli stessi editori. Einaudi ha da poco riproposto nella sua nuova collana tascabile “Occhi sulla graticola” di Scarpa, Castelvecchi ha rilanciato l’edizione originale di “Woobinda” di Aldo Nove, Massaron, dopo anni di oblio, è riapparso sempre da Einaudi con “Ruggine”, Niccolò Ammaniti continua a raccogliere nuovi proseliti del suo “Fango” negli Oscar Mondadori. Una rinascita? Un rigurgito? L’ultima frontiera di un marketing editoriale da archeologia del postmoderno? Raul Montanari, nel suo nuovo romanzo “La verità bugiarda”, sottolinea come i cannibali siano stati precursori di una cultura, la nostra, dove a regnare è “la parificazione delle fonti”: il manga che vale Dante, la pubblicità che va a braccetto con il film neorealista e così via. Ed è forse proprio questa la chiave di lettura per interpretare il fenomeno: nell’attuale deserto culturale – dove Melissa P. dà cento colpi (di spazzola) al Da Vinci di Dan Brown- una nuova generazione di lettori si affaccia all’orizzonte. Una generazione invecchiata prima di maturare che nelle sprangate d’inchiostro cannibale sembra ritrovare le proprie coordinate emotive e il proprio linguaggio. Una generazione che al sangue nelle vene ha sostituito il plasma alle pareti. Giovani nati, cresciuti e cullati dalla cultura (coltura? cottura?) delle immagini, tiranno che buca gli occhi cerebrali senza far scoppiare gli occhi fisici. Qui davvero, come profetizzava Aldo Nove in “Woobinda”, viviamo in un mondo che “predilige il GranBiscotto a Borges”. Niente di male, sia chiaro, ma il ritorno del pulp dovrebbe far riflettere (più che discutere), allarmare (più che essere giudicato sintatticamente) come specchio di un’era deformata che “naviga” sempre più verso quel villaggio globale che sta uccidendo il villaggio. I cannibali, ancora oggi, lanciano un monito(r ) di carta di sconcertante attualità: l’inferno è dentro di noi. E’ la nostra coscienza. Che poi qualcuno abbia sostituito alle fiamme un impianto di riscaldamento autonomo questo è un altro discorso.

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