RACCONTI DI UN GIORNO CHE SAI

Esce oggi un libro difficile. Meglio, un libro che affronta un tema molto volentieri allontanato: la morte e il morire. Si chiama Racconti di un giorno che sai, lo pubblica Marcos y Marcos, è un’antologia di racconti curata da Enrico Ferri con testi di Daniele Benati; Daniele Brolli; Giovanni Busetta; Emidio Clementi; Ugo Cornia; Enrico Ferri; Emanuele Fratantuono; Barbara Garlaschelli; Loriano Macchiavelli; Maurizio Matrone; Paolo Nori; Mario Valentini; Sandro Veronesi; Dario Voltolini.

Molti racconti sono decisamente belli, altri sono non indimenticabili, come spesso avviene nelle raccolte. Ma ben vengano riflessione e narrazione sull’argomento: spesso volentieri evitato anche in letteratura. Se si eccettua, non pochissimo tempo fa, quella trasformazione della morte in performance che fu dei Beat.
E che a ben pensarci non ci abbandona del tutto: basta ripensare a quanto è avvenuto poche settimane fa con l’agonia di Giovanni Paolo II per ricordare quanto avveniva in epoche passate, proprio in letteratura, con frotte di biografi attorno ai letti di artisti agonizzanti, con la penna in mano, pronti a consegnare ai posteri le ultime parole concepite dal cervello del genio prima di spegnersi, il “Più luce” di Goethe così come le perfidie sussurrate da Oscar Wilde nella squallida stanza d’albergo dove morì (“o se ne va quella tappezzeria o me ne vado io”).

La cerimonia degli addii di almeno un paio di esponenti della Beat Generation andrebbe, in effetti, ricordata quanto meno per la ritualità del morire  di cui tentarono di rinnovare i fasti. Allen Ginsberg morì alle 2.39 del mattino, il 5 Aprile 1997, pochi giorni dopo aver cucinato una decadente e pantagruelica zuppa di pesce i cui resti sono stati conservati in freezer per quattro anni per poi essere esposti in un museo di Los Angeles. Fu l’amico poeta Lawrence Ferlinghetti a celebrarne le ultime ore. In versi che si chiamano L’agonia di Allen Ginsberg: “E’ su tutti i giornali/ tutti i telegiornali/ (…)Nel suo letto/ Allen muore/ Non c’è niente da fare/ Muore la morte che ognuno muore/ Muore la morte del poeta/ Alza il telefono/ e chiama tutti/ dal letto di Lower Manhattan/ In tutto il mondo/ a notte fonda/ il telefono trilla/ ‘Sono Allen’ dice la voce/ ‘Sono Allen Ginsberg'”.
Andò proprio così: Ginsberg trascorse le ultime ore prima di entrare in coma telefonando a tutti gli amici: per dare loro, festosamente, la notizia della sua prossima morte.

Fu più lunga la performance di Timothy Leary. Scopertosi condannato, trasformò la sua malattia in un’avventura web, riaprì tutti i tabù e tutte le discussioni sul morire, scandì in rete l’avanzare del male, mancando la morte in diretta Internet ma fissando sul video il momento finale. Ed esplorando, almeno intellettualmente, le possibilità del “dopo” che riguardavano il corpo. Con William Burroughs, per esempio, conversò lungamente sulla sua intenzione di farsi ibernare e sulla crionica, che considerava un dovere da “futurista”:

Leary: Sai, io ho fatto la firma per la crionica. Ci hai pensato anche tu, alla crionica?
Burroughs:
Ah . . . Ci ho pensato, ma no, no, no. Penso che una qualsiasi immortalità fisica nella direzione sbagliata. È una questione di separare l’anima – comunque la si voglia chiamare – dal corpo, senza perpetuare il corpo in alcun modo. Ecco: penso che perpetuare il corpo sia comunque un passo nella direzione sbagliata. Gli Egizi facevano le loro mummie, e la conservazione di queste era indispensabile alla loro immortalità. Penso che bisogna allontanarsi dal corpo, più che cercare di entrarci.
Per la cronaca, Leary non consegnò il suo corpo ai ghiacci. Dopo essere stato in contatto con due organizzazioni crioniche, fiutò l’inganno e li cacciò di casa. Le ceneri di Leary, in compenso, sono state lanciate nello spazio insieme a quelle di Gene Roddenberry, il creatore di Star Trek.

23 pensieri su “RACCONTI DI UN GIORNO CHE SAI

  1. ehi, meno male che c’è la garlaschelli, se no avrei pensato alla morte come a un fenomeno “eminentemente” maschile. rafforzando l’idea che tra bagnetti(…), parrucchiere, scrivanie e cucine le donne siano immortali. salva poi la capacità fondamentale di dare la vita (facoltà che il 12 e 13 giugno speriamo verrà “messa in discussione” – quanto? come? perchè? tutta vita. “congelata o calda?”) e naturalmente anche la morte. non consideratela una battuttaccia quella del bagnetto.

  2. Per quanto mi riguarda, prima di reincarnarmi come Lucio Angelini fui sicuramente un cactus Saguaro nel deserto di Sonora.
    (E che nessuno osi darmi del testa di cactus).

  3. bene, molto bene. benati, cornia e nori (quelli della via emilia) meritano (brolli poi è un mito!!)
    ho appena finito “ente nazionale della cinematografia popolare” di nori e sospetto che valga molto di più di altri libri che vanno per la maggiore.
    p.s. o.t. ma le recensioni di d’orrico in 25 parole??? ha isitinti suicidi il tipo?
    p.s.1 quiz a premi: cosa hanno in comune Colombati, Piperno, Desiati, La Capria, Siciliano??

  4. Questa è proprio carina. A Venezia, nel contesto delle baruffe tra giovani (chiassosi) e vecchi (desiderosi di quiete) in campo Santa Margherita, luogo di concerti serali, sono apparsi i sgg. manifestini abusivi:
    “Basta giovani. Basta concerti spontanei. Basta parlare. Non sento la tivù. Vogliamo dormire! Cambiate città. Andate via” (firmato ‘I veneziani).
    Contromanifestino di risposta: “Sei vecchio? Cosa aspetti a morire? Ormai sei inutile, hai fatto la tua storia e adesso vuoi uccidere Venezia perché ti devi abituare al silenzio della bara! Smettila di girare per Venezia con quella puzza di naftalina… Smettila di chiederci un posto in battello… Smettila di far cagare il cane, tua unica compagnia, in mezzo alle calli… smettila di esistere!”:-) (dal Gazzettino di oggi)

  5. dado wrote:
    ….s.1 quiz a premi: cosa hanno in comune Colombati, Piperno, Desiati, La Capria, Siciliano??
    una o: Colombati, Piperno e Siciliano
    una a: Colombati, Desiati, La Capria e siciliano
    una e: Piperno e Desiati
    una i: Piperno, Desiati, La Capria e Siciliano
    una c: Colombati, La Capria e Siciliano
    una l: Colombati, La Capria e Siciliano
    una t: Colombati e Desiati
    una p: Piperno e La Capria
    una r: Piperno e La Capria
    una s: desiati e Siciliano
    si può poi procedere con le lettere che non hanno o anagrammare quelle che hanno in comune, ma intanto vorrei sapere se ho vinto qualcosa.
    Scusate è solo che dopo aver letto una diatriba su indymedia segnalata ieri da Franco e aver eseguito una miriade di cruciverba (come la nipote del conservatore del Louvre nel Coccige da Vinci) mi esercito a scoprire il messaggio recondito in ogni cosa 🙂
    Adesso però mi sono un tantino persa e quindi accetterei volentieri dei suggerimenti per inquadrare bene il minimo comun denominatore tra gli scrittori citati.
    Lolip, ti prego, non cacciarmi, prometto di fare anche un intervento serio, non OT, è solo che mi sto preparando psicologicamente e scendendo dal pero della mia immortalità: solo così riuscirò a essere abbastanza serena per far fronte all’argomento in odg (ordine del giorno).
    Besos

  6. Stronca con saccenza e arroganza tre libri di autori italiani: Krauspehaur, Rossana Campo e Pincio (a me Pincio piace).
    Ma è l’arroganza quel che conta. Poco rispetto per il lavoro altrui.

  7. curiosità sociologica 1: Franz, ma perchè ti hanno fatto ridere? 🙂
    curiosità sociologica 2: ma perchè l’Anonimo ci informa sempre sulle attività e i giudizi di D’Orrico?:-)

  8. un grande (ultimo) per oggi, OT: per tutte le domande di cui non frega neanche a voi stessi la risposta. tutte le domande che sapete già resteranno inevase. tutte le domande che il giorno dopo avete già dimenticato di aver fatto, ho fatto – per la verità l’ho fatto per me, perchè faccio sempre OT . laspazza.splinder (laspazzadelposto). lippa, la domanda che “pongo” – dal verbo porre – è sui “diritti connessi alla possibilità di diventare genitore” (ancora? alla mia età?) ve l’avevo detto che era un blog per domande assurde :-)?

  9. Prima o poi moriremo tutti. E vabbe’, consoliamoci: prima di noi, molti hanno già provato l’ebrezza della morte. Oh, povero povero, il giovane Goodman Brown!
    Signore/i, non facciamoci solo simoniaci. ^___^ Allen, Allen, Allen, che ne dici? ci mettiamo ad urlare insieme, forte, fortemente, di più, ancorAAA… Avanti, HOWLLL.
    Saludos
    Iannox

  10. Caro dado dopo l’orrenda sconfitta del mio divagare ad opera del senso pratico di sorrentino mi sono fatta furba (siccome volpe) e ho googleato con grazia.
    Scrivendo i magici nomi mi inoltrai in un dado-blog in cui, tra candide margherite, gialli ranuncoli e invadenti coccinelle colsi quanto segue:
    I primi 3 sono nella rosa del viareggio opera prima, il 4° nella narrativa, l’ultimo è il presidente della giuria ma TUTTI lavorano a Nuovi Argomenti
    Qundi la risposta al quiz è Viareggio.
    Adesso spero di poter condividere il premio con P. Sorrentino e, visto l’argomento del tread, mi auguro che non si tratti di un vaso di crisantemi.
    besos
    Lolip, il pezzo serio lo sto ancora pensando, ma ci arrivo, mi stava giusto venendo in mente un episodio della mia infanzia…

  11. mi accodo all’indagine di spettattrice (investigatrice, stavolta) e aspetto il premio. Se però, dado, dietro alla domanda iniziale si celano raccapriccianti congetture dietrologiche lascio volentieri il premio a Angelini 🙂

  12. Lolip, che tema, l’ultimo che, in ordine di tempo, ciascuno di noi dovrà affrontare. Ma visto che per alcuni ‘originali’ è un argomento sempre attuale e per altri addirittura un modus vivendi aprofitterò di questa (temporanea) discesa dal pero della mia immortalita’ per ricordare.
    Sono troppo giovane per essere stata beat e siccome vengo dalla campagna italica non ho neanche avuto modo di vederne uno da vicino: le rare esposizioni dello zoo circense non comprendevano simili animali. In compenso anche da noi si moriva e spesso da longevi. La mia povera nonna paterna decise di lasciarci alla veneranda età di 94 e così tutti gli adulti della famiglia si eclissarono e lasciarono la prole a un vecchio zio che le (non ancora insonorizzate) bombe della grande guerra avevano privato di entrambi i timpani. Eravamo piccoli e piu’ o meno tutti alle elementari, non completamente consapevoli, ma inquieti per l’improvvisa assenza e il silenzio irreale (di solito si litigava a gogò). Anzichè raccontarci di guerra, caccia e prigionia in Austria come suo solito lo zio inaugurò un nuovo filone che comprendeva Cristo, gli apostoli e alcuni santi. Il fatto è che s. pietro rubava per fame, Cristo controllava i digiuni e l’ecuzione dei comandamenti con piglio inquisitorio e trovate inedite, i santi pativano una fame della malora e si cibavano l’uno degli avanzi dell’altro. Non proprio Rabelais, ma qualcosa di affine. Ricordo che ridevamo a crepapelle e che chiedevamo continue puntate e repliche.
    Da allora non so, credo che potrei chiedere alla morte che mi racconti un sacco di storie per ridere mentre lascio la valletta di lacrime.
    Prudentemente però mi sono letta il bardo thodol, di ritornare indietro, in qualsiasi forma, non se ne parla neanche.
    besos

  13. ciao, ho visto questa pagina cercando su internet qualcosa sufli ultimi momenti di vita di Allen Ginsberg, e su questa cosa bellissima delle sue ultime telefonate; sai dirmi qualcosa di più su questo? sai se c’é qualche sito o libro che ne parla?
    grazie
    Dianella

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