RICORDATE GRAZIA?

Due post, di altrettanti blogger, sulla questione del femminicidio,  sono stati molto letti e condivisi in questi giorni: uno è di Metilparaben, l’altro di Freddy Nietzsche. In modi diversi, sottolineano che non ci si può limitare a firmare un appello. Sono molto d’accordo. Un clic non costa nulla, una firma neanche, e il lavoro vero comincia (anzi: continua, perché sono anni che donne e uomini, in rete e fuori, scrivono, agiscono, denunciano) adesso.  E penso che nessuno di coloro che hanno promosso o firmato si illuda che le cose siano andate magicamente a posto.
Ma per affrontare un problema (anzi: un’emergenza) occorre, a mio parere, iniziare dal suo riconoscimento e dalla diffusione a quante più persone possibile dell’esistenza di quel problema. Proprio perché viviamo in un paese dalla memoria debolissima, che dimentica presto per occuparsi d’altro. Oggi è il nome di Vanessa a essere pronunciato. Nel 2009, quello di Grazia Gioviale passò come una meteora. Dal blog di Barbara Spinelli, traggo queste frasi da un articolo di Michele Fumagalli per Il Manifesto:
“Il suo omicidio e la tragedia che colpì, subito dopo, il suo assassino, sono stati per alcuni giorni al centro delle cronache nazionali e, ovviamente, locali. Poi, è ritornato il silenzio, lo stesso silenzio che aveva avvolto gli ultimi attimi della vita di Grazia Gioviale, 18 anni, studentessa di Potenza. Grazia è stata uccisa da Bruno Condelli (32 anni) il 27 aprile tra le 17 e le 18 in un palazzo in pieno centro a Tito, paese alle porte di Potenza.
Le inchieste degli inquirenti hanno fotografato una ragazza che si è difesa con tutte le sue forze dagli assalti del suo aggressore (un amico) che l’ha inseguita e colpita ripetutamente con un forchettone da cucina, con un cacciavite, fino a lasciarla esanime a terra.
Nessuno nel palazzo ha fatto qualcosa per la ragazza nonostante le sue grida di aiuto che non potevano non essere ascoltate da nessuno.
Il suo assassino è scappato per il raccordo autostradale in direzione Roma, poi ha chiamato col cellulare il padre e un amico che era già in compagnia dei carabinieri a Tito. A nulla sono valsi gli inviti a tornare e a costituirsi. Ha ripreso la fuga, ma all’altezza di Frosinone tampona un tir, esce dalla macchina illeso, l’autista del tir vuole prestargli soccorso ma continua a scappare fin quando viene investito sulla strada prima da una macchina, poi da una bisarca e muore”.
Barbara tenne un lungo intervento in ricordo di Grazia e sul femminicidio: leggetelo.
Il lavoro da fare è culturale e sociale, è collettivo e – come sottolineavano i due blogger di cui sopra – individuale insieme. Certo che un clic non basta: ma aiuta, e non poco.

10 pensieri su “RICORDATE GRAZIA?

  1. sono d’accordissimo: serve tutto, serve il clic, serve l’appello, serve far girare storie come questa che fanno male solo a leggerle… servono anche i commenti scettici come quelli sul blog di metilparaben, di tipo “ma anche molte donne fanno le scenate di gelosia e ti spiano le mail”, servono perché ti costringono a puntualizzare e spiegare delle cose che magari diamo per scontate e invece no

  2. Sono d’accordo con te,come ho scritto l’altro giorno l’appello deve essere un input seguito da azioni e proposte concrete.
    In ogni caso già un primo risultato si è visto.E secondo me sta nel confronto delle varie opinioni,tra le quali quelle maschili che ritengo d’estrema importanza.
    Quindi clicchiamo,discutiamo,proponiamo e agiamo 🙂

  3. Ho molto apprezzato l’intervento di Dario De Marco sul suo blog e anche quello di Metilparaben. Un po’ meno quello di Matteo Bordone (alias modestamente “Freddy” Nietzsche) nel quale vedo un atteggiamento un po’ saccente, ancor più fastidioso perché esprime critiche su persone – come Lorella Zanardo – di cui mostra di non conoscere realmente il lavoro. Loredana conosce bene il dibattito – secondo me utile – che nei blog femministi si è scatenato intorno a questa petizione; le argomentazioni delle promotrici in risposta alle pur fondate critiche di Femminismo a Sud e altri) mi sono sembrate convincenti. Benvenute (e benedette!) anche le nuove voci. Ma che d’un tratto arriva uno che generalmente si occupa di tutt’altro e pretende di salire in cattedra a dar lezione di concretezza a chi come Lorella si fa il “mazzo” da tre anni, fra treni avanti e indietro, scuole, “cretini” e “cretine” (per dirla con Bordone) di ogni età ed estrazione sociale…. per favore, no grazie.

  4. se io mi fossi permessa di scrivere un post così disinformato come quello di freddy nietsche, sarei già stata fatta a pezzi, nonostante il mio cv, la mia autorevolezza, la mia età, il mio video visto da 5 milioni di persone ecc ecc
    questa cosa è insopportabile. Questo si chiama maschilismo, tipicamente italiano.

  5. Da parte mia nutro qualche grosso dubbio sul fatto che “tutto serva” per portare all’attenzione pubblica un problema (femminicidio) che in un certo senso non è affatto sconosciuto a chi vive socialmente il nostro paese, intendo chi si occupa di cultura, di politica, di media, fino a chi, più semplicemente, legge i giornali e/o guarda la tv.
    §
    Questo “tutto serve” è parente del “tutto fa brodo” e questo modo di procedere è sicuramente efficace quando si tratta di “fare numeri”, ma, appunto, ho grossi dubbi in merito alla sua efficacia in fatto di processi evolutivi culturali. E, al di là delle polemiche e opinioni discordanti su statistiche e concetto stesso di “femminicidio”, non credo qualcuno, qui o altrove, possa sostenere che un abbattimento in percentuale della violenza, in genere e di genere, lo si possa ottenere senza un miglioramento della condizione culturale arretrata in cui vive il paese, e arretrata non solo per quanto riguarda la dimensione interrelazionale tra i generi (sessualità, affettività, dipendenza emotiva, etc.) ma anche, per fare solo un paio di esempi, cultura arretrata politica e religiosa.
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    Se si tace sul femminicidio non significa che lo si ignori come fenomeno (in qualsasi modo lo si nomini o lo si percepisca), significa piuttosto che non se ne vuole parlare (il che è la prova provata della percezione collettiva di un problema). Mi rifiuto di credere che l’italiano medio non sia a conoscenza dei massacri che coinvolgono individui che vivono in “vicinanza di affetti” e sul cui sangue la tv ha spesso vissuto di rendita per intere stagioni. Bastano i nomi delle località a risvegliare la nostra memoria: Novi Ligure, Cogne, Avetrana… Pizzoli. Ci pensi un paio di secondi e capisci al volo di cosa si sta parlando. Ci si chiede quanto tempo sia necessario al fruitore medio di informazioni mediatiche per memorizzare questi casi e ricondurli alla nota macelleria quotidiana di corpi, donne e bambini in particolare. E che si arrivi alla morte del soggetto conta solo dal punto di vista penale, da quello oggettivo e analitico, sociologico diciamo, qualsiasi forma di violenza può essere l’inizio di un processo degenerativo che porterà al massacro finale. Riconoscere un gesto o un modo di pensare significa forse salvarsi la vita o salvarla a qualcun altro, bambini in particolare. In questo senso le polemiche sulle statistiche sono pretestuose, fermo restando il fatto che, dall’altra parte, è immorale fare chiasso falsando i dati.
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    Dunque, da questo punto di vista, il gran calderone di opinioni, spesso ridicole e inconcludenti, che abbiamo letto in questi giorni (anche oggi), non produce alcuna evoluzione del nostro pensiero critico, anzi contribuisce al processo di rimozione delle problematiche socialmente scomode (il chiacchiericcio è amico della censura). Infatti, posto che si sappia che la gente (donne e bambini in particolare, scusate se insisto) subisce violenze inaudite, e spesso a causa di queste muore, rimane allora da discutere sul perché non se ne voglia parlare con le dovute competenze. La costruzione di un appello, di una raccolta firme, è del tutto inutile se alla base di questa non c’è un progetto. In sostanza io non ho ancora capito per cosa avrei dovuto firmare.
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    La polemica di fikasicula (la mia firma simbolica l’ho messa lì) verte proprio sullo sfruttamento della donna, oggetto di femminicidio, e denuncia la mancanza di una coerenza di fondo che muova da un sentire etico realmente radicato nella nostra coscienza/psiche: « A noi, a me, di Stefania, di Vanessa, importa davvero. Non ci ricavo nulla a ragionarne salvo comprendere perfettamente i contesti in cui quelle vicende si sono svolte. Non mi piace che le donne siano usate. » (FaS).
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    Che aggiungere? A me non piace neanche l’articolo dedicato alla Zanardo pubblicato sulla Stampa di oggi. Non mi piacciono queste frasi demagogiche che da due anni fermamente contesto: «L’ultima cosa che vogliamo – spiega Zanardo – è una colpevolizzazione, una guerra tra sessi. Noi donne siamo abituate all’introspezione ma anche gli uomini devono incominciare, è importante una riflessione di genere sulla violenza. ». Insopportabile ancorché contraddittorio. Questo modo di fare informazione è l’esempio perfetto della reiterazione infinita di un conflitto tra i sessi. Se le donne fossero davvero culturalmente e psicologicamente più emancipate degli uomini non si ficcherebbero nelle mani di un massacratore, e come già accennato, lo riconoscerebbero fin dal primo istante. Ancora fikasicula « […] affrontare dal loro punto di vista la “questione maschile” ovvero quello che per loro è un “problema maschile” che risolvono mettendo tutti gli uomini al muro ed esigendo atti di prostrazione (pentitevi!) e invitandoli a capo chino al seguito dei loro diktat salvo poi dire loro che sono pezzi di merda e che vanno sostituiti in blocco perché le donne, si sa, al governo fanno di meglio. ».
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    Ora la domanda è, abbiamo un problema o ne abbiamo due? E se il primo è il “femminicidio” il secondo è l’incapacità di metterci mano culturalmente o è lo sfruttamento del problema per un’idea di cambiamento che somiglia, già fin da ora, ad una campagna elettorale in stile cattolico-reazionario? Ultima citazione (in coda i links): « Bisogna spiegare ai ragazzi la differenza tra pornografia ed erotismo […] ». Zanardo, ovviamente. La fissa neo-puritana della Zanardo. E’ chiaro ormai che Zanardo continuerà con questa idea delle sterili contrapposizioni fino alla fine dei suoi o dei nostri giorni. Oddio, sterili contrapposizioni forse no, dipende da quali sono i nostri obiettivi.
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    http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/04/29/genesi-di-un-appello-sul-femminicidio-come-usare-le-donne-vive-e-morte/
    http://www3.lastampa.it/donna/sezioni/articolo/lstp/452478/

  6. Scusi, signora Zanardo, ma riesce almeno per cinque minuti al giorno, a pensare che non ci sia costantemente il maschilismo in agguato dietro al cespuglio o a tramare per infliggerle ogni male possibile?
    Io non nego che il male esista, ma posso dire che le persone ossessionate dal male a me hanno sempre fatto parecchia paura.

  7. @luziferszorn secondo me “tutto serve” non è come dire “tutto fa brodo” (a parte che il brodo si tira dietro assonanze con altri modi di dire, allungare e gallina vecchia), ma non voglio impuntarmi sulle parole. quello che le contesto è proprio un eccesso di ottimismo, quando dice “Mi rifiuto di credere che l’italiano medio non sia a conoscenza dei massacri che coinvolgono individui che vivono in “vicinanza di affetti”…” ma anche altrove. secondo me bisogna partire da molto più indietro, non dare per scontato niente, non aver paura degli abissi di inconsapevolezza da colmare. cito tre esempi, tre commenti che ho letto oggi, sul blog di metil e su facebook
    commento 1: a beh perchè invece ragazze gelose che controllano i loro compagni non si sono mai viste….
    commento 2: ah sono questi ora quindi gli uomini bbbestia. vabbè. ps: un sacco di queste donne intelligenti si pongono con lo stesso atteggiamento. Sono brutali e cattive e da mollare senza esitazione anche loro?
    commento 3: il femminicidio non esiste,è cronaca nera politicizzata,una pura perdita di tempo;l’intrattenimento televisivo che sfrutta il crimine è stato preso troppo sul serio.La cronaca nera deve tornare al suo posto:i trafiletti dei giornali locali. la stragrande maggioranza di vittime del crimine comune sono uomini.Guardate meno televisione.
    capito come?
    ma più in generale, vedo che la polemica è divampata, che giochiamo a farci le pulci vicenda, che è partito il tafazziano grido di battaglia: dividiamoci! e non mi sembra il caso

  8. Dario, il mio non è “ottimismo”, né in eccesso né in difetto. Di ottimismo proprio non ne mostro. Tutt’altro semmai. Il discorso sulla percezione di un problema va posto in relazione ai processi di rimozione che s’innescano quando sentiamo parlare di un dato problema. Le reazioni iperboliche che citi indicano che il fatto (femminicidio) è stato rilevato e come tale lo si rifiuta, altrimenti quegli sproloqui a cosa andrebbero correlati? Io contesto che il sistema adottato nei giorni scorsi per parlare di violenza sulle donne (e sui bambini? insisterei) finisca per alimentare ulteriormente i processi di rimozione, dunque non inneschi alcun processo di cambiamento.

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