SE MARTIN FOSSE GIUDICE A MASTERPIECE…

In rete si legge di una piccola insurrezione contro la tendenza anti-fantasy dei giudici di Masterpiece. Il che, in sè, non sarebbe una novità, visto che il fantastico non ha mai goduto di status alcuno presso gli ambienti letterari italiani. Motivi noti: la tendenza novecentesca al disprezzo del fantastico in ambito accademico,  il moltiplicarsi senza tregua degli epigoni di Tolkien, il massacro editoriale (cannibalizzo dunque sono) degli ultimi anni, giusto per riassumere.
Incuriosita, sono andata a vedere l’ultima puntata del programma (la trovate qui e dal minuto 17.05 trovate la dichiarazione incriminata di Andrea De Carlo). In realtà, l’esaminato  non aveva affatto scritto un fantasy, ma un saggio sull’alchimia. De Carlo, elencando la biografia dell’autore (classificatore di insetti e impagliatore di uccelli, fra l’altro), ha detto: “lei è un fantastico personaggio di un romanzo, secondo me… lei dovrebbe attingere…  invece di andare a buttarsi nel fantasy andare…lei dovrebbe attingere a se stesso, ha una storia fantastica da raccontare”.
Ora, comunque la si pensi su Masterpiece (e non è necessario pensarne qualcosa per forza) e su De Carlo, trovo la frase abbastanza onesta: non avendo letto il saggio (non romanzo, insisto), immagino che consigliare a un autore di raccontare o trasfigurare una storia personale notevole sia un buon consiglio. A prescindere dal tono sprezzante di De Carlo.
Che c’era, è vero. Ma quel tono è poca cosa, a ben vedere: e io ho la sensazione che l’autodifesa di chi legge e scrive fantastico sia un modo come un altro per mantenere in vita l’antica dicotomia “noi buoni e incompresi voi là fuori pessimi e collusi” che certamente non aiuta il fantastico stesso a uscire dal ghetto. Così come non lo aiuta un malinteso concetto di “noi magia, voi realismo”. Detta così la cosa è anche vera, ma non è affatto vera la divisione granitica. Lascio dunque la parola a George R.R.Martin, autore delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, che qualcosina di fantastico sa. In un montaggio di risposte su Tolkien a cura dell’Associazione romana studi tolkieniani, Martin dice che:
“Da appassionato di Tolkien, ho preso molto spunto da lui. Ha avuto un’influenza enorme su di me e Il Signore degli Anelli è una montagna che si staglia su ogni altra opera di Fantasy scritta prima e dopo. Ha modellato tutta la Fantasy moderna. Ci sono alcune sue scelte che ormai fanno parte del canone Fantasy: tutto il concetto dell’Oscuro Signore, la battaglia tra Bene e Male, l’influenza penetrante di quest’ultimo a tutti i livelli. Sono tutti elementi che Tolkien ha gestito brillantemente, ma che nelle mani dei suoi innumerevoli imitatori hanno prodotto una sorta di cartone animato! Non c’è più bisogno di un Oscuro Signore, né di altri elementi così radicali. Ho veramente odiato alcune delle opere scritte dopo Tolkien. Mi sembra che alcuni imitatori abbiano copiato l’autore inglese senza capirlo, prendendo le cose peggiori di lui”.
In cosa sbagliano gli imitatori di Tolkien, secondo Martin? Proprio nell’uso della magia, che è essenziale, dice ancora, ma va dosata: “è come il sale nella minestra: un pizzico le dà un buon sapore, ma troppo sale la rovina”. Non solo:
“Anche in Tolkien c’è pochissima magia, mentre nei suoi imitatori abbonda. Questa è veramente una grande differenza tra me e chi ha voluto prendere la “parte peggiore” dell’autore inglese. Per me è fondamentale il realismo. La mia è una Fantasy con un basso contenuto di magia. In questo senso, ho seguito le orme di Tolkien perché, se si legge bene Il Signore degli Anelli come feci io quando stavo scrivendo i miei libri, si vede benissimo che la Terra-di-mezzo è un mondo magico nel senso che è un mondo pieno di meraviglie, ma in realtà c’è pochissima magia. Non si vede mai Gandalf lanciare un incantesimo o sparare una palla di fuoco! Se c’è un combattimento, lo stregone tira fuori la spada… Certo, crea fuochi d’artificio e il suo bastone brilla nel buio. Ma si tratta di cose minime. Anche gli anelli magici, anche il potentissimo Unico Anello: tutto quel che vediamo è che rende le persone invisibili. Si suppone che l’Unico Anello abbia un grande potere di dominio, ma quando Frodo se lo infila non può dare ordini ai Nazgul che lo circondano. Non è così semplice. È un potere sconosciuto, un potere pericoloso. È questo tipo di magia che va descritta. Un errore grave che ho visto fare da un’enormità di imitatori di Tolkien è proprio l’abuso di magia, la creazione di mondi ad alto contenuto di magia. Ci sono mondi in cui maghi, streghe e stregoni possono distruggere interi eserciti, ma appunto in cui esistono ancora eserciti! È un controsenso: se qualcuno può dire “abracadabra” e distruggere un esercito di diecimila guerrieri, perché c’è bisogno ancora di radunare un esercito? Questi scrittori non si curano del realismo: se esistono dei maghi così potenti come possono esistere ancora re e signori? Perché non sono i maghi che dominano quel mondo?”.
Infine, sul partire da se stessi. Di Tolkien, Martin ricorda:
“Lui era un veterano della Somme, un soldato della Prima Guerra Mondiale e Il Signore degli Anelli è stato in parte scritto durante la Seconda Guerra Mondiale (e pubblicato nel 1954-55). Tolkien scrisse in un’epoca in cui veramente sembrava che la guerra fosse il destino della civiltà. Tutto questo si riflette sulla stessa Terra-di-mezzo. Guardiamo la mappa: il mondo è diviso in due parti in lotta. Hobbit, Nani, Elfi e Uomini si alleano per combattere l’Oscuro Signore Sauron. Il continente di Westeros è invece un’unica nazione che riunisce i Sette Regni: non due, ma sette. Westeros è nel caos, basta che una pedina cada per far saltare tutto il banco. “Molti uomini buoni sono stati pessimi re”, dice uno dei personaggi, “e alcuni uomini malvagi sono stati ottimi regnanti”. Neanche Dio decide cosa sia giusto o sbagliato. Ognuno ha il suo Dio: ce ne sono sette”.
Parla Martin, non De Carlo, ribadisco. Al netto del disprezzo generalizzato, che esiste, forse qualche riflessione interna al genere (riflessione, non rissa) non sarebbe superflua.

110 pensieri su “SE MARTIN FOSSE GIUDICE A MASTERPIECE…

  1. Stupenda lista… Alcuni letti, altri no(n ancora)..
    Consiglierei Eddings , il Belgariad, i Mallorean e la trilogia degli Eleni a me sono piaciuti moltissimo (per quelli che amano un sacco di magia 🙂 )
    La caduta dei Malazan di Steven Erikson merita tantissimo, per chi non si spaventa se non capisce niente per almeno 3 capitoli
    Le Cronache di Dragonlance di Tracy Hickman e Margaret Weis, che sicuramente hanno lasciato il segno
    Il Ciclo di Pern di Anne McCaffrey
    La Saga della Riftwar di Raymond E. Feist.
    Il Ciclo delle Tre Spade di Tad Williams (forse già nominato da qualcuno?)
    Il tutto ascoltando i Blind Guardian con The Lord of the Rings oppure The Bard’s song (o per gli amanti del Silmarillion c’è l’album Nightfall in Middle-Earth). 😉 MaRtI

  2. “una sorta di cartone animato” usato nel ventunesimo secolo con connotazione riduttiva. E per evitare il pregiudizio verso il fantasy ci si lasciò andare alla superficialità verso l’animazione…

  3. È vero, il pregiudizio contro il fantastico, peggio che mai se “addirittura” fantasy, esiste: l’ho toccato con mano. Quando dissi ad amici letterati che intendevo lavorare a un romanzo fantasy, alcuni pensavano che scherzassi, mentre altri mi consigliarono di farlo sotto pseudonimo, quasi che fosse una cosa da tener nascosta. All’uscita del libro, poi, alcuni che avevano declinato l’offerta di inviar loro una copia, asserendo che non amavano il genere, l’hanno successivamente richiesta o acquistata quando hanno letto, in questa o quella recensione, che ciò che avevo scritto era anche un pastiche postmoderno: un fatto che è un buon indicatore di come si ritenga generalmente il fantasy genere in cui non si possa, per definizione, “fare un lavoro serio”.
    Venendo ai commenti, sta già emergendo un elenco notevole per completezza e varietà. Schivando il fantastico colto dei vari Borges, Calvino e Culianu, che sarà già ben noto a tutti, ecco qualche titolo più smaccatamente fantasy (un romanzo recente, due romanzi seminali e un saggio) che ho scoperto da quando ho inaugurato questo filone parallelo della mia attività di scrittura, e che può, credo arricchire la lista:
    “Dimenticato re Gudù” di Ana Maria Matute, eccellente esempio di fantasy contemporaneo, che in Italia è già, per l’appunto, dimenticato – ma in qualche biblioteca si può l’edizione Rizzoli del 2000.
    “The Worm Oroboros” di Eric Rücker Eddison, il vero ur-fantasy (non facilmente reperibile, ma disponibile online qui: http://gutenberg.net.au/ebooks06/0602051.txt )
    “Phantastes” di George MacDonald (anche questo disponibile presso il project Gutenberg: http://www.gutenberg.org/ebooks/325 ),
    “Il ramo d’oro” di James Frazer (in Italia pubblicato sia da Newton Compton che da Bollati Boringhieri), saggio cruciale per inquadrare la figura dell’eroe-messia alla base di molte opere fantasy.
    A questo aggiungerei anche la prima edizione delle regole base di Dungeons & Dragons (Editrice Giochi, 1985), dato che, se si vuole capire fino in fondo il genere per come è oggi, è indispensabile addentrarsi anche nell’immaginario dei giochi di ruolo e specificamente quello del suo capostipite, il quale, pur derivativo (da Tolkien, ovviamente) ha avuto un’influenza enorme, anche superiore a quella di molti testi pur fondamentali, nello sviluppo di tanti stilemi e topos del fantasy contemporaneo. Per rispondere a Martin, il motivo per cui oggi un mago può a volte anche scagliare una palla di fuoco, sta lì.
    P.S. ringrazio eFFe per aver citato il mio articolo e colgo l’occasione per dire che fa parte di un (involontario) dittico, la cui prima parte è questa http://www.minimaetmoralia.it/wp/non-e-un-paese-per-elfi/

  4. Sarmizegetusa: “A questo aggiungerei anche la prima edizione delle regole base di Dungeons & Dragons (Editrice Giochi, 1985), dato che, se si vuole capire fino in fondo il genere per come è oggi, è indispensabile addentrarsi anche nell’immaginario dei giochi di ruolo e specificamente quello del suo capostipite, il quale, pur derivativo (da Tolkien, ovviamente) ha avuto un’influenza enorme, anche superiore a quella di molti testi pur fondamentali, nello sviluppo di tanti stilemi e topos del fantasy contemporaneo. Per rispondere a Martin, il motivo per cui oggi un mago può a volte anche scagliare una palla di fuoco, sta lì”.
    Questo direi che spiega molto bene perchè tanta parte della produzione italiana di fantasy sia così mediocre, ripetitiva e priva di fantasia: si prende il libretto di istruzioni e – zac! – un mondo! Alla faccia di quel fallito di Martin!

  5. Enno’ eh… se qui si va anche di epica, allora io pretendo spazio per l’orlando innamorato di boiardo, il morgante di pulci e altro che scriverò con calma più tardi col pc, che scrivere col tablet mi indispone assai.

  6. @Sascha l’importanza di D&D è una questione di registri, non di worldbuilding. Il problema di almeno una buona parte del ‘cattivo fantasy italiano’ sta piuttosto nell’eccesso di derivatività da Tolkien, e dal fatto che gli editori per anni hanno mandato al massacro adolescenti o postadolescenti senza prima dar loro la possibilità di formarsi intorno a una cosa complessa come è lo scrivere un romanzo.
    GRR Martin, peraltro, era lui stesso giocatore di ruolo e dungeon master.

  7. Ma che bella discussione questa!
    Arrivo tardi e i miei must sono gia stati citati tutti: Zimmer Bradley, Terry Brooks, ovviamente Tolkien, C.S Lewis etcetera, etcetera.
    I nuovi autori italiani, purtroppo, non li conosco, visto che sono in sciopero permanente, ormai da anni contro il caro libri italiani.
    Pero’ ho sentito il bisogno di commentare, sottolineneando quello che qualcuno piu’ su aveva gia evidenziato:
    ““una sorta di cartone animato” usato nel ventunesimo secolo con connotazione riduttiva. E per evitare il pregiudizio verso il fantasy ci si lasciò andare alla superficialità verso l’animazione…”
    Per me il maggior contributo al fantasy italiano rimane quello di Dylan Dog. Senza se e senza ma.
    Menzione d’onore va ovviamente anche al maestro Miyazaki. Il suo fantasy e’ lontano dalla nostra cultura e dalla nostra storia, ma e’ pur sempre un capolavoro di fantasy.

  8. Ma ‘sto Stefano Trucco posta ovunque dando contro tutti? Si è già un po’ montato la testa… che almeno aspetti di pubblicare 🙂

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