SMOKE GETS IN YOUR EYES: SULLA LETTERATURA PULITINA

Ho persino la sensazione che questo sarà un post impopolare, ma pazienza. Ieri sera ho letto su uno dei pochi gruppi Facebook su cui ogni tanto mi affaccio (Bookadvisor, libri e lettori in pratica) la domanda di una lettrice. Questa: “Mi accorgo che mi dà fastidio quando un personaggio fuma una sigaretta, come se fosse qui. A voi capita?”.
Ammetto di aver fatto un salto sulla sedia. E non perché mi siano sfilati davanti agli occhi i personaggi tabagisti dei noir vecchi e nuovi. Non è questione di noir e dello stereotipo del genere che vuole protagonisti stropicciati e dediti ad alcool e tabacco: è che alcuni personaggi, non del genere, ma della letteratura tutta,  fumano. I miei sì, in gran parte. E non solo perché io fumo, e quasi sempre chi scrive riporta dettagli del proprio quotidiano. Perché nella vita reale, di cui la letteratura è l’ombra sul fondo della caverna, si fuma, si beve, si fa l’amore, si dicono parolacce. Ci si comporta non secondo i dettami di quel decoro che si vorrebbe riprodotto in ogni momento della nostra esistenza.
Io sono fortemente intimorita da quello che sembra diventare, giorno dopo giorno, non un diritto del lettore, ma un suo comando, una sua pretesa: libri pulitini, senza fumo né alcool, senza comportamenti scorretti, senza sesso, senza violenza, senza oscurità. Certamente, è una pretesa serpeggiante e al momento minoritaria. Ma emerge con sempre maggiore frequenza, e non mi pare affatto un bel segnale.
Sto terminando la lettura de La città dei vivi di Nicola Lagioia, che è un’immersione straordinaria nel lato oscuro: non solo dei protagonisti del delitto Varani, ma di ognuno di noi. La pretesa di espellere l’oscurità dalla nostra vita, e dunque dalla letteratura, è vana. E terribilmente pericolosa.

3 pensieri su “SMOKE GETS IN YOUR EYES: SULLA LETTERATURA PULITINA

  1. la prima cosa che mi è venuta in mente, da Kinghiana, è stato un brano di It, in cui il marito di Beverly la vede accendersi una sigaretta e cerca di prenderla a cinghiate. non so, il fumo, l’alcool e le scene violente o di sesso sono parte integrante di molti dei romanzi che considero fondamentali per la mia formazione; del resto la vita vera è fatta, come giustamente lei scrive, di sangue, sudore, lacrime, parolacce e anche sigarette. sono cresciuta leggendo King e Ellroy ma non sono diventata una serial killer, per dire. comprendo il fastidio che può dare l’assistere, da lettore, a una scena come quella che ho indegnamente descritto sopra, ma mi chiedo (e le chiedo) se non si tratti di un eccesso di politically correct. grazie, e mi scuso per il pippone! 🙂

  2. Stavo riflettendo sul fatto che, con il mio invecchiare, mi trovo frequentemente a ringraziare i libri di autori bravi e insopportabili che racchiudono fra le proprie pagine sia il talento che il carattere respingente di chi scrive. In questo modo, riesco a godermi il primo e a non avere a che fare con il secondo nella mia vita quotidiana, visto che questi autori come amici non li vorrei (amiche e amici che fumano, invece, ne ho a bizzeffe ma non riesco nemmeno a prendere seriamente questa abitudine come caratteristica perturbante. Spero che la commentatrice facesse semplicemente riferimento alle proprie capacita’ di mimesi in modo un po’ iperbolico, del tipo “ero immersa a tal punto in quel modo che mi dava persino fastidio l’odore di un fumo immaginario”, piuttosto che formulare una critica vera e propria).

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