SOGLIOLE E PRINCIPESSE

Un po’ di
cose altrui, per cominciare.

Su Al top libri, Saverio Simonelli delinea
una mappa del calcio scritto.

Su Carmilla, due recensioni. Una di Giuseppe Genna sul romanzo di Ferruccio
Parazzoli, Quanto so di Anna.

Una di Wu Ming 1 (a proposito, da qualche
giorno è on line il secondo livello
di Manituana) su Autobiografia di una rivoluzionaria, di
Angela Davis.

 
Quindi,
piccolissima riflessione dopo la lettura mattutina della recensione fatta da Stefano
Giovanardi a proposito de I passi sulla
testa
di Giuseppe D’Agata (che non ho letto, e di cui dunque non parlo). In
particolare, mi riferisco a questo
passo:

 Da parecchio tempo gli scrittori
italiani ritenevano, e non senza ragioni, che in narrativa alcune cose non si
potessero più fare, se non nel ghetto della microeditoria: ad esempio
privilegiare la scrittura rispetto alla «storia», oppure avvalersi di strutture
complesse, frantumate o «aperte» o circolari che fossero («difficili»,
insomma), o ancora mettersi a scrivere quello che si ha voglia di scrivere,
senza minimamente far sacrifici al feticcio del mercato.

Ciò che mi dà da pensare non è la ormai nota convinzione per cui le patrie lettere si
dividerebbero in due come gli androgini platonici dopo la scalata all’Olimpo.
Di qua i buoni, di là i cattivi. Da una parte i figli dell’arte, dall’altra
quelli del mercato (ma per essere fedeli al mito fino in fondo, sarebbe bello che i fautori della spaccatura
ammettessero almeno che ognuna delle due parti prova nostalgia per la metà
perduta).

Da queste
parti i miti sono molto graditi, ma alle divisioni nette si crede molto poco. E
ancor meno si crede all’esistenza di un’isola incontaminata e portatrice di solo
bene, come la citata microeditoria. Torno sul punto, perché altrove si va ultimamente
sostenendo che su questo blog i piccoli editori siano stati attaccati. Non è
vero. E’ stato detto, e lo ribadisco, che non è automatico che piccolo sia sinonimo di  qualità e innovazione. Avviene, anzi, che
spesso siano i piccoli editori ad inseguire il mercato e i grandi a concedersi
libri che si sanno “impopolari”.

Un
esempio? Gli amici di Zandegù,
spesso segnalati con affetto qui, lanciano un’iniziativa che, per me, puzza  tantissimo di marketing (e di quello, per
giunta,  che alla sottoscritta piace
molto poco) :Cerchiamo la principessa moderna.
Qui.

16 pensieri su “SOGLIOLE E PRINCIPESSE

  1. “Da una parte i figli dell’arte, dall’altra quelli del mercato (ma per essere fedeli al mito fino in fondo, sarebbe bello che i fautori della spaccatura ammettessero almeno che ognuna delle due parti prova nostalgia per la metà perduta”.
    Che carino! Sei una scrittrice promettente. Ti va di proporti a Vibrisselibri?:- /

  2. Secondo me un’opera non commerciale è quella di un autore che dice dei propri lettori “Non mi interessava vendere, molti che hanno comprato il mio libro non l’hanno capito” 😉

  3. Un’opera commerciale è un’opera scritta con il chiaro intento di far soldi (v. Santuario). Peraltro gli scrittori non-commerciali devono pur mangiare, e non credo che dispiacerebbe loro vendere milioni di copie. E poi capita che alcuni capolavori godano di un immediato successo commerciale: ad es 1984.
    Un salutissimo
    Luana

  4. Ma chi non fa marketing a questo mondo? Qualcuno me lo dica. Sarà che ho seguito quest’azione, ma non mi par di vederci nulla di male. Anzi, trovo bello e sano che un giovane editore come Zandegù sdrammatizzi un attimino il libro.

  5. Alice, a me sembra che un giovane editore dovrebbe (condizionale, dunque non obbligatorio) cercare strade fin qui non battute, anzichè cercare di immettersi sulla strada maestra riprendendone i vezzi e i vizi.
    Quanto alla sdrammatizzazione, temo che all’ombra della medesima passi spesso molto conformismo culturale. Certo, niente di male: in fondo il mondo dell’immaginario pullula di principesse. Ma a me l’idea delle Winx della cultura non pare essere portatrice neanche di niente di buono.

  6. Premesso che non mi sembra che l’iniziativa ricalchi strade già battute (tantomeno maestre), ma tenda piuttosto a giocare su queste cose (e leggendo il librettino l’intento è chiaro chiaro).
    Non è che un contorno per giocare e far sorridere, così come fa il libro, senza nessuna pretesa. 🙂

  7. P.S. Chi mi dice in un orecchio il nome dello spettro da usare come password per entrare nel Livello 2 di Manituana.com?
    Io li ho provati tutti (cercandolo nel libro, ovviamente: sfido chiunque a ricordare a memoria tutti i nomi di Manituana), ma se tento di accedere al Livello2 vengo rispedito d’ufficio al Livello 1. Uffa. Tutti a complicarmi la vita, ‘sti scrittori di cassetta:- )

  8. Senza ripetere cose già dette infinite volte su quanto sia importante, invece, uscire da certi stereotipi (in questo senso le strade sono battutissime, basta dare un’occhiata attenta ai cataloghi e di principesse, dichiarate e non, se ne trovano a tonnellate): non è vero che il gioco e il sorriso, sacrosanti entrambi, legittimino tutto.
    E quel “senza nessuna pretesa” conferma purtroppo quel che sostenevo nel post: non è sempre automatico che la microeditoria sia portatrice del nuovo, dello sperimentale etc.etc.

  9. Certo che sì. Infatti la mia non è una recensione: è uno sbuffo contrariato a come, fin qui, il libro è stato proposto.
    (Mica scrivo su Libero, che è specializzato in stroncature preventive, io)

  10. sì ma chi si salva? io non so.
    angela davis era un mito, anche per chi era anti urss, anche per i trotzkisti americani, per esempio. e nostrani.
    ma potrei sbagliare. lessi il libro (garzanti) nell’82, chi lo leggeva, allora, s’interrogava. sui negri e sull’informazione. il tg uno diceva la terrorista angela davis.
    (nelle bancarelle l’autobiografia della davis, versione garzanti, si trova: 1 euro o giù di lì).

  11. buongiorno cara
    anzi buonasera
    arrivo sul tuo blog, trafelata, e che ti trovo? zandegu? lo sai che quest´estate lessi di zandegu´ (su grazia) e allora mandai uno dei miei racconti nel cassetto, anzi nel blog. mi risposero che non era abbastanza surreale e pace.
    poi una mia amica di torino, moglie di un mio amico del cuore di cui sono stata testimone, mi dice: “ma perche´non li mandi a zandegu´i racconti che hanno l´ufficio sopra casa mia?” ora raccontata fa un po´pena ma vissuta era una storiella surreale.

  12. Ben ritrovata Letizia! La storia è surreale, sì. Surreale è anche la coincidenza per cui, tornando a casa ieri pomeriggio, ho trovato il famigerato libro delle Principesse, che ho letto per intero. Così posso confermare virgola per virgola quello che ho scritto nel post a ragion veduta, e con la coscienza tranquilla.

  13. Ciao Loredana. Sono contento di vederti “discriminatoria”, anche mentre combatti in retroguardia… pieno appoggio anti principesse, dai zero ai novant’anni!
    A proposito di combattimenti, qualcuno sa com’è andato a finire il pugilato tolkeniano?

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