SORRENTINO LEGGE BOCCA (E SONO GUAI)

Trompe_casoboyPiero Sorrentino legge Napoli siamo noi di Giorgio Bocca: e ne scrive per il Corriere del Mezzogiorno. Aprite l’ombrello.

Il cinico non è adatto a questo mestiere, recita il titolo di un bel libro – intervista di Ryszard Kapuscinski con Maria Nadotti. E il mestiere del titolo è ovviamente il giornalismo. Leggendo l’ultimo libro di Giorgio Bocca su Napoli, Napoli siamo noi (pagg. 134, 14 euro, Feltrinelli) si è spinti a integrare il titolo di Kapuscinski con una chiosa non del tutto superflua: Il cinico (e il distratto) non sono adatti a questo mestiere.

Era da tempo che in un così smilzo volumetto (talmente smilzo che l’editore s’è visto costretto a rimpolparlo con decine e decine di pagine bianche: su 134 fogli, quelli effettivamente stampati sono poco meno di 108) non si riscontrava una così imbarazzante serie di errori, incongruenze, refusi, inesattezze. Qui di seguito se ne prova a dare un’idea. Con un’avvertenza di non esaustività del rapporto: la pioggia era così fitta che qualche goccia può essere scivolata via, non vista. E la si affida agli occhi attenti dei lettori.

Pag. 5 : “Lungo la tangenziale avvengono anche molti scippi classici; due in motoretta raggiungono la donna con la borsetta a tracolla e gliela tirano via con una frustata”. È un’immagine potente, rabbiosa. Peccato solo che lungo la tangenziale di Napoli, come lungo le tangenziali del resto d’Italia, la circolazione ai pedoni e alle motorette sia vietata dal codice della strada, e che lo scippo descritto sia perciò impossibile.

Pag. 27: “Bassolino, che è di Avellino (…)” Antonio Bassolino è originario di Afragola.

Pag. 31 (e per tutto il libro) : “Rosa Russo Jervolino è di madre altoatesina (…)” Sarebbe bastato una rapida verifica sul sito ufficiale del Comune di Napoli per scoprire che il cognome del sindaco si scrive Iervolino, con la i.

Pag. 32: “La famiglia di Annalisa Durante, la ragazza trucidata per uno sguardo (…)”. Uno sguardo? Qui Bocca evidentemente si confonde con altri tristi casi di cronaca nera napoletana. Annalisa Durante è stata uccisa da un gruppo di fuoco della camorra a Forcella, vittima innocente di uno scontro tra clan che si contendevano il controllo del territorio.

Pag. 38: “L’intera famiglia Fabbricini in guerra (…)”. Anche qui una leggerezza ortografica. Il clan si chiama Fabbrocino.

Pag. 42: “I Mazzarella di Sarno”. Sarno? Il clan Mazzarella è di san Giovanni a Teduccio.

Pag. 46: “Quattro carabinieri del nucleo che non portano la divisa vengono scambiati per scissionisti e trucidati”. Qui, al di là della incerta sintassi e della traballante concordanza, Bocca sfiora il surreale. Quattro carabinieri morti, anzi, no, di più, addirittura trucidati? Dove? Come? Quando? Possibile che di un così grave fatto di sangue non ce ne ricordiamo? Siamo così anestetizzati alla violenza che abbiamo rimosso dalla memoria, come un file superfluo, il tributo di sangue pagato da 4 giovani carabinieri, massacrati solo per essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato? No,  niente di tutto questo. La realtà, i fatti, sono per fortuna, almeno questa volta, meno gravi. Il riferimento è allo scorso ottobre, quando – di ritorno a casa dopo una serata in pizzeria – quattro marescialli dell’Arma, in borghese, vennero scambiati per scissionisti, affiancati da una vedetta della camorra e colpiti con una mitraglietta. Per fortuna se la cavarono con poco, ferite superficiali medicate al pronto soccorso per tre di loro (uno degli agenti rimase illeso) e tanta paura Pochi giorni dopo lo specchiettista a guardia della strada, forse spinto dallo stesso clan messo sotto pressione dai carabinieri, si costituì in caserma e ammise l’errore. Insomma: una brutta storia finita tutto sommato bene. Non per Giorgio Bocca. Per lui a Napoli si muore anche quando si resta vivi.

Pag. 52: “Il cardinale di Napoli Giordano (…) è nato il 26 ottobre 1930”. Errore: Michele Giordano è nato il 26 settembre 1930 (anche qui, un rapido giro in Rete non avrebbe fatto male).

Pag. 81: “Scampia, il quartiere alto di Napoli (…)”. A Napoli il “quartiere alto” è il Vomero, altro che Scampia.

Pag. 92: “A Napoli lo psichiatra Ceravolo ha inventato una maglietta con su stampata una finta cintura di sicurezza e assicura di averne vendute molte”. Vecchia e stracotta bufala mediatica, che evidentemente solo questo maestro del giornalismo ancora non conosce. In realtà lo psichiatra Ceravolo, qualche anno fa, non fece altro che inventarsi una finta notizia (secondo cui, appunto, a Napoli vanno via come il pane t-shirt con una cintura di sicurezza stampata sopra) dandola in pasto ai media, e dimostrando così come il sistema dell’informazione spesso si beva tutto o quasi, con superficialità e approssimazione. Sarà contento Ceravolo di avere avuto una così autorevole conferma alle sue teorie.

Pag. 98: “Ma la Jervolino, che non nasconde neppure la sua voce roca (…)” Roca? Roca è la voce di Paolo Conte, di Sandro Ciotti, di Ferruccio Amendola. Roca è una voce cupa, sommessa, bassa. Quella del sindaco sarà al massimo stridula, o alta.

Pag. 99: “De Felice ha anche il fisico da Rambo”. Antonio De Felice è lo zelante ispettore della polizia municipale che si occupa di auto clonate. Ma il soprannome, nella migliore tradizione dei contronomi, è evidentemente ironico (a chi abbia visto almeno una volta De Felice, e non pare il caso di Bocca). De Felice è basso e magro, ha la faccia secca e lunga e la testa liscia alla sommità, coi capelli bianchi e lunghi solo ai lati. Tutto meno che un fisico da Rambo insomma.

Pag. 123: “L’amministrazione comunale di Tufini (…)”. Tufini ovviamente sta per Tufino.

La ricognizione si conclude qui, con una ennesima citazione dal libro. Ma questa volta è, temiamo, una citazione pienamente condivisibile, e uno straordinario, e involontario, autocommento al volume: “Siamo tornati a discutere come all’inizio del Novecento le teorie antropologiche sulla criminalità, se essa sia nativa o razzista, per cui agli occhi di un leghista, ma anche di benpensanti, un napoletano, un calabrese, un siciliano, sarebbero più vicini alle scimmie che agli uomini”.

(l’immagine: Escaping criticism, Pere Borrell del Caso, 1874)

24 pensieri su “SORRENTINO LEGGE BOCCA (E SONO GUAI)

  1. Leggo e stimo da anni Giorgio Bocca, però (non avendo ancora comprato il libro)non posso entrare nel merito delle contestazioni mosse da Sorrentino. Sarebbe interessante vedere le eventuali (e auspicabili) risposte di Bocca. Ma un passaggio dell’articolo di Sorrentino mi ha turbato. Quando parla della una raffica mitraglietta sparata da un camorrista contro alcuni carabinieri che rimasero feriti: li aveva scambiati per appartenenti a un gruppo rivale. Scrive testualmente Sorrentino: “Pochi giorni dopo lo specchiettista a guardia della strada, forse spinto dallo stesso clan messo sotto pressione dai carabinieri, si costituì in caserma e ammise l’errore. Insomma: una brutta storia finita tutto sommato bene” Con quest’ultima frase, forse involontariamente, Sorrentino dipinge una Napoli allucinante, dove uno che spara per la strada con la mitraglietta sembra normale e l’errore non è tanto far fuoco quanto sbagliare bersaglio. Ma tanto…la storia finì tutto sommato bene. Ma sì continuiamo così a farci del male, chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, scordiamoci il passato. Cosa volete che siano le mitragliate, il grave è sbagliare di trascrivere alcuni nomi. Luciano / Il ringhio di Idefix

  2. Caro Luciano, di preciso dov’è che dipingerei, forse involontariamente, la normalità di sparare per strada con una mitraglietta? Che la storia (*brutta* storia, è pleonasticamente specificato) sia finita “tutto sommato bene”, mi sembra una verità altrettanto pleonastica. Se quattro persone in una macchina vengono bersagliate da un mitra e se la cavano con qualche medicazione in ospedale, tu diresti che la storia è finita male? Io sarei felice della conclusione. Certo, nel migliore dei mondi possibili nessuna macchina sarebbe stata colpita da nessun mitra; ma, spiace constatarlo, non siamo nel migliore dei mondi possibili.
    Quanto all’errore: certo che PER ME e PER TE l’errore si annida nell’atto di far fuoco contro quattro persone. Ma non è altrettanto certo che per la vedetta della camorra sia lo stesso. Per lui, costituirsi e ammettere l’errore ha un valore diverso da quello che gli attribuiamo tu e io. “Ammettere l’errore” significa quindi che, per lo specchiettista, è stato un errore sparare contro quattro uomini che non erano camorristi rivali. Lo fossero stati, per lui NON ci sarebbe stato alcun errore (mentre per me e per te l’errore, e l’orrore, ci sarebbe stato ancora, eccome!).
    un saluto e grazie per la lettura

  3. Ogni volta che si discute tra persone civili, pronte ad ascoltare l’altro, il risultato è certo: ci si capisce meglio. Perciò ringrazio Sorrentino per il suo intervento. Ripeto che a me quel suo “errore” era sembrato ambiguo, ma la sua precisazione di adesso è convicentissima. Fosse sempre possibile discutere così…Un saluto da Luciano / Il ringhio di Idefix. E un suggerimento (ma immagino ci abbia già pensato lui): perchè non intervistare Bocca in merito al suo libro?

  4. Inutile suggerire al signor Bocca di dare uno sguardo ai siti ufficiali, perché in un suo articolo, di un paio d’anni fa, che mi colpì molto, dichiarò che nessun giornalista serio avrebbe dovuto ricorrere a internet. Le fonti, affermava, sono un’altra cosa.
    Il signor Bocca si è scagliato più volte contro Internet, chiama la rete sempre Internet, non ho mai capito perché. In ogni caso la sua è una scelta, si può dire di campo?
    Mi chiedo solo se anche il suo editor è altrettanto integralista?
    Ma il signor Bocca ha un editor?

  5. E’ facile vendere libri ‘analizzando’ le realtà difficili.
    Presto o tardi i libri sulla camorra diventeranno come alcune guide turistiche di Napoli, scritte da Tedeschi e ad uso e consumo degli stessi: nessuna pretesa di precisione, solo libelli per soddisfare la curiosità di chi qui a Napoli non ci verrà mai. In fondo si fa per gioco.

  6. Bellissimo! Forse per “Scampia quartiere alto” intendeva:alto degrado o ad alto rischio di degrado urbano.Magari non conosce la topografia della città. Per il resto non voglio entrare nella polemica, già dissi la mia per l’articolo “Napoli addio” dell’Espresso.Se vuoi vendere scrivi su Napoli, ma è già tutto già sentito e detto.C’è qualcosa ancora da dire o piuttosto è ora di fare? io direi fare qualcosa per chiacchierare meno e agire di più.
    Però la storia dello scippo con frustata sulla tangenziale è una trovata da Zelig.Non ne avevo mai sentita una così.
    Conconrdo in tutto, certe cose vanno sottolineate.

  7. Ma il problema non mi pare sia Bocca. Lui spara le sue cacchiate da anni. Forse (non lo so, ma magari sì) c’è anche un sentimento che assomiglia allo ‘spirito civico’ in quello che dice. Lui lovivrà socì, spero per tutti. Certo ci sono molti luoghi comuni nei suoi libri. Una domanda, invece: gli editor? Non è la prima volta che Bocca riceve rimbrotti e lagnanze (giusti peraltro, non giustificati, giusti!) sulle sue produzioni. Gli editor che fanno i suoi libri. Non dico che debbano avere a cuore il loro lavoro (ormai è facoltativa come esigenza!), ma il destino e la faccia di una persona che un po’ dovrebbe esserti diventata amica? Oppure sono editor per modo di dire? Che editor è uno/a stonato/a che vede il nome ‘Bocca’ su un dattiloscritto e lo pubblica senza neanche leggere che c’è dentro? Boh. Non sono neanche attaccati ai sioldi. Sono solo stonati allo sbaraglio.

  8. Non ho letto il libro e per tale motivo sto zitto su quello, però voglio riflettere su una cosa. E’ curioso come in Italia si associ Napoli a sostantivi e aggettivi e avverbi spesso con connotazione negativa. Sembra che rappresenti la mecca del male italiana. In realtà, accanto ad un percorso di miglioramento che ogni città del mondo dovrebbe compiere, e Napoli con le sue particolarità frutto della storia economica e politica di quell’area del paese, bisognerebbe, senza ipocrisia, riferirci a studi seri di settore smettendola di parlare in modo vago e con pregiudizi. Napoli è sicuramente una città non semplice da gestire, e io non sono napoletano – polentone di Vicenza per la precisione anche se vivo a Roma -, e credo che si debba fornire ai Napoletani il modo di mostrare che tanti Italiani si sbagliano in merito a soventi pregiudizi.

  9. c’entraranno pure fino ad un certo punto gli editor.ma feltrinelli non ci fa una bella figura…e poi,scusate:una volta non esistevano interi uffici nelle grandi case editrici che controllavano la veridicità dei fatti raccontati?soprattutto quelli di carattere storico?
    ma forse mi confondo con qualche casa editrice estera…
    saluti
    m.fv.

  10. Io posso parlare degli editor che lavorano sui miei libri per adolescenti (EL e Einaudi Ragazzi). Sono bravissimi/e, precise, intelligenti. In un mio romanzo la bicicletta del protagonista era rossa eppure dopo una settantina di pagine l’avevo fatta diventare blu. Me l’hanno segnalato immediatamente. E così per le citazioni, per i nomi di persona o di località. Per cui esistono editor bravi. Luciano / Il ringhio di Idefix

  11. Luciano, più che un’intervista a me interessava fare altro (e spero di averlo fatto bene).
    Tillj, ti assicuro che purtroppo per “quartiere alto” intendeva proprio…quartiere alto! Che a Napoli è appunto il Vomero.
    Per il resto, anche a me sembra abbastanza centrale la questione degli editor. Latitanti – almeno in questo libro.
    Un saluto a tutti

  12. no, non è questione né di editor né di correttore di bozze: ma di autore.
    è l’autore che non deve scrivere bestialità sulla tangenziale o sulla città di bassolino.
    un minimo di approfondimento. saprà usare google e fare bassolino + biografia, o no?
    la voce roca della iervolino invece è una barzelletta: che coinvolge, questa sì, anche il correttore di bozze

  13. p.s. lo so che è il Vomero, ci abito, ma sai non c’è commento per un’inesattezza del genere, sarebbe per paradosso come dire ” i Parioli, il quartiere malfamato di Roma”.Sei lì a c@@ta.
    Gli editor ,forse,non leggono certe firme, si fidano.Non ho letto il libro, quindi commento quello che hai sottolineato,se me lo prestano, tempo permettendo lo leggerò.Ma dopo la presentazione che gli hai fatto, lo consigli?
    Ma è possibile che di questa città si veda solo il male?Eppure ho fatto una lista di eventi d’arte e cultura del 2005, 2 pagine word per restare stretti.Sono stati inugurati 2 musei d’arte moderna, mostre importanti,un’estate all’insegna del jazz con musicisti di alto livello,per dire che comunque la cultura qui c’è ma mi sa che nessuno vuol vederla.Poi ci si mettono pure i cronisti ad infiocchettare.Io vivo qui da sempre 39 anni, mai subito uno scippo, rapina, violenza o altro, sarò fortunata o attenta.Sono attenta a non girare da sola alle 3 di notte, tenermi fuori da certi quartieri ben conosciuti, come si dice “abbi fiducia in Dio ma chiudi bene la macchina”.Ma questo dappertutto.Tanto se mi rubano la borsa l’unico danno che mi fanno è l’agenda con annessi numeri di telefono, per il resto non trovano un piffero.Dovrebbero fare più controlli, più polizia, una politica di gestione più adeguata, è un vecchio problema questo della criminalità mica nasce ora?! Sovrapopolamento da prima del 600.Siamo troppi e ci sono poche alternative.
    Ma tanto con Napoli si riempiono pagine di giornali che,altrimenti, resterebbero vuote e si guadagnano soldi con libri vari, ora di umorismo, ora di costume ora di firme illustri.E c’è da dire che il Napoletano trapiantato soffre della sindrome da inferiorità compulsiva,peggiora la già precaria situazione con critiche del tutto inutili e fuori contesto.
    Per quel che mi riguarda sono orgogliosa di essere nata qui e qui resto, poi parlassero pure, intanto ci sono altre realtà che dimostrano che c’è tanto di buono qui.Ma vuoi vedere che alla fine questi scrittori vivono fuori dalla realtà e ci vivono col paraocchi?
    Sono molto perplessa.

  14. No, tillj, anche al di là della questione degli errori, delle invenzioni e delle bufale sollevata nel pezzo, no, non lo consiglierei. A chi volesse leggere qualcosa di assai meglio sul tema, direi di aspettare poco meno di due mesi e leggersi “Gomorra” di Roberto Saviano, in uscita da Mondadori: altro sguardo, altra scrittura, altri strumenti d’analisi.
    Un caro saluto

  15. P.S. devi scusarmi, non ho capito se sei un giornalista “ne scrive per il corriere del mezzogiorno”, ultimamente ho il cervello in vacanza.
    Ho letto un capitolo del libro di Bocca in rete, non mi ricordo dove, forse proprio su Repubblica,in quel capitolo non ha scritto cose errate, forse hanno pubblicato il migliore.Certo che di pubblicità ne stà avendo e gratuita, giorni fa ho letto su “Il Mattino” di Napoli una lettera a Gargano per il libro di Bocca.Sarà la mia testa in vacanza ma non ho ben capito la risposta da che parte pendeva.Molto neutrale.Ma perchè certe persone sono intoccabili?Se hanno toppato hanno toppato, mica vengono mandati alla ghigliottina?
    Grazie del consiglio per Saviano.
    Un saluto a te.

  16. Tillj, non sono un giornalista del “Corriere del mezzogiorno”, ma un semplice collaboratore. Se sei curiosa, il libro di B. ti consiglio di leggerlo nella prima Feltrinelli a tiro, in poco più di mezz’ora lo leggi.
    ciao!

  17. Sorrentino, hai il merito tutto particolare di aver rivoltato l’immagine di chi di mestiere fa lo scrittore, e si serve di Napoli come una regione dell’anima. L’etichetta della napoletanità, eufemismo che porta alla dialettalità e alla valutazione di letteratura del sangue,diviene troppo spesso una specie di pregiudizio etnico, che viene usato in chiave narrativa da chi cerca di creare un vincolo di appartenenza.Ma è una proprietà senza possesso.
    Io, invece, credo fermamente negli atti di commiato dal genius loci napoletano. Credo nella narrazione di chi si propone di mostrare l’orrore e il degrado , senza nesun tipo di compiacimento, indulgenza o sufficienza possibile( e R. Saviano ne è un esempio): con una scrittura che svela l’inganno, che rievoca i fantasmi di quel gruppo di “Sud” che titolava “Qui il mare è anche una latrina”.
    Complimenti per le tue analisi: gli squali contano sulla forza, i delfini sull’intelligenza!

  18. Ciao a tutti, sono un Napoletano, che tra l’altro ha letto il libro di Bocca e ha scoperto i primi errori quando per curiosità è saltato al paragrafo 24, dove viene trattato l’argomento: “mestiere dei Vigili Urbani a Napoli”. Argomento che mi riguarda perchè rappresenta, in particolare, il mio mestiere.
    Senza voler polemizzare, mi sembra che questo termine: “Vigile Urbano” (che mi fa ricordare i tempi del film di Alberto Sordi), è non solo sorpassato ma anche di levatura molto popolana, e da un Autore come Bocca non lo posso soffrire. Attualmente il corpo della Polizia Municipale di Napoli è divenuta da un anno: “Ente Autonomo Polizia Locale”. Un “Vigile Urbano” ormai “in tutta Italia” viene Chiamato Agente di Polizia Locale.
    Sopprassedendo, comunque, su tali dettagli, mi sono ritrovato a leggere il mio bel capitolo e sono rimasto interdetto da varie affermazioni di Bocca (errate naturalmente) e poi mi sono bloccato, perchè proprio non riuscivo a capire come un errore così palese potesse passare inosservato anche ai non addetti al settore (“Vigili Urbani”).
    Esattamente al secondo capoverso di pag 97 afferma:”I vigili urbani di Napoli hanno sempre rappresentato un problema irresolubile per molte ragioni. La prima è che essendo quattromilacinquecento…”, A questo punto il profano prende per Buono questo dato (i vigili sono 4500) mentre io mi accorgo dell’errore, ma la cosa stranna avviene subito dopo quando afferma: “Dei duemilacentocinquanta in servizio quattrocento non sono…” (pagina 98) con quest’affermazione non fa altro che raddrizzare il tiro, centrandolo. A Napoli i “Vigili” effettivamente ammontano a 2200 circa!!
    Se Bocca pensa che si prenda per Buona questa vistosa fluttuazione dell’organico dei “Vigili Urbani” Napoletani si sbaglia.
    A quest errore evidente si aggiungono gli altri, che lo sono meno:
    Oltre al caso dell’agente De Felice che non è propriamente attrezzato con un “fisico da Rambo”, Bocca afferma che: “Schettini ha chiesto e ottenuto l’abolizione della legge perché erano duecento i vigili che vi avevano fatto ricorso.”.Abolizione della Legge??? E quando questo, se contiuna ad essere in vigore??? E poi questo Potere Politico di Schettini non lo conoscevo proprio!!!!
    “A prestare servizio in strada ci sono soprattutto gli anziani, mentre gli ultimi assunti, circa quattrocento, preferiscono il lavoro d’ufficio.” Altra fortissima Balla. Da premettere che sono solo i circa 500 Agenti assunti nell’anno 2000 a stare per strada, con compiti che vanno dalla viabilità a repressione di tutte le “inciviltà” del popolo napoletano, forse Bocca si riferisce con il numero “quattrocento” agli Agenti (assunti negli anni precedenti: 1980- ’85 e ’87 che grazie a concorsi interni sono diventati “Ufficiali” con il grado di tenente. I tenenti-ufficiali per strada non ci vanno perchè hanno compiti di ispettiivo . Quindi se “quattrocento” si riferisce a tenenti, non può essere riferito ai 500 ultimi assunti. Un altra confusione con i numeri (n.d.a. forse Bocca ha problemi con i numeri e le relative associazioni).
    Altra affermazione altro errore: “I vigili addetti ai parcheggi abusivi non vengono sostituiti quando sono in ferie”. A Napoli non esistono “Vigili addetti ai parcheggi abusivi” Tutti devono indistintamente perseguire quest’attività illecita!
    “Dice il capo del gruppo antiabusivi Michele Esposito”, ma se non esiste il gruppo, chi è questo capo grupppo???
    E mi fermo qui…
    Personalmente sono dell’idea che il nostro esimio Bocca si sia fatto una leggera passeggiata per le vie e palazzi di governo Napoletani senza soffermarsi ad una analisi più attenta e poi forte del suo prestigio si sia dato da fare per mettere insieme tutti i dati che aveva raccolto e in modo (lasciatemelo passare) “Pasticciato” abbia fatto una “accozzaglia” di dichiarazioni miscelate alla rinfusa, con evidenti errori.

  19. LIBRO DI PROSSIMA USCITA
    POLITICA E CAMORRA
    http://www.folcieditore.it/ITAITA1N23-politica–camorra–di-giovanni-tridente.htm
    Politica & Camorra narra la breve parabola esistenziale e amministrativa di un giovane di provincia, svezzato troppo presto al seno della politica clientelare, sindaco e consigliere provinciale. Inserito in un contesto socioculturale infestato dai tentacoli della malavita e della camorra organizzata – della quale se ne racconta l’evoluzione – il ragazzo si siede da subito al tavolo degli affari e dei compromessi, stringendo patti con le cosche locali e portando avanti un giro di speculazioni per fini personali a danno del bene pubblico.
    In tre anni di amministrazione comunale, in un piccolo centro del Sud Italia, Giggi Mangano – questo il nome del giovane sindaco – riesce a fare tutto il male possibile, potendo contare sulla disponibilità delle casse municipali.
    A fare da cornice a questa storia vi sono il boss del posto don Luigino Leopoldo, destinato a veder sfumare il proprio impero nel giro di un decennio; un promettente cronista, obiettivo e onesto che attira le ire di quanti sono nel torto; un consiglio comunale schiavo delle direttive del sindaco; una cupola affaristica che avanza sotto l’egida dell’“immunità politica”.
    Luoghi, persone e circostanze narrati appartengono alla libera fantasia dell’autore, vanno pertanto considerati puramente casuali.

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