TRE COSE DA FARE CONTRO LA VIOLENZA

C’erano tre  punti che stavano e stanno molto a cuore ad alcune di noi, a proposito  di femminicidio: e nessuno dei tre  riguarda un disegno di legge contro la violenza (se n’è discusso, anche, a Torino, come riferisce sempre Luisa Betti in una cronaca pacata quando dolente, su cui tornerò).
In ordine sparso, e non di priorità (perché le priorità sono difficili da attribuire), sono questi.
Il primo viene ricordato da Lorella Zanardo in questo post: la presenza ai processi per stupro. Ieri, a L’Aquila, le donne c’erano, per fortuna. Si sono organizzate spontaneamente, senza etichette, ognuna con le proprie motivazioni: grazie a loro e a tutte coloro che ne seguiranno l’esempio.
Il secondo riguarda la formazione, e dunque, come detto qualche centinaio di volte, la scuola e l’educazione al genere e all’affettività. Argomento che viene preso assai poco in considerazione (ma nel libro di Iacona, per fortuna, se ne parla).
Il terzo riguarda la narrazione: in particolare, la narrazione della violenza stessa.  Sulla necessità di aprire un tavolo di discussione per parlare di linguaggio giornalistico si trovano parecchie porte chiuse. Grazie al cielo, e a Michela Murgia, ieri se n’è aperta una: Michela ha scritto una lettera a Mario Calabresi dove analizza un articolo apparso sulla Stampa (la trovate qui). Via twitter, Calabresi ha risposto di essere disponibile a un incontro per “indicare proposte e soluzioni”. E’ un passo. E, a mio parere, tutt’altro che piccolo.

15 pensieri su “TRE COSE DA FARE CONTRO LA VIOLENZA

  1. Ho seguito lo scambio Murgia-Calabresi su Twitter e sono contenta del felice, e mi auguro proficuo, incontro tra i due.
    Quando le persone si confrontano con sincerità e disponibilità nasce la vera possibilità di cambiamento per cui noi, tu in prima persona, tutti i giorni lottiamo.
    Mando da qui un grosso abbraccio a tutte le donne e spero anche agli uomini che a L’Aquila sono scese in strada per supportare la ragazza durante il processo, può sembrare poco ma sapere di non essere sola a volte aiuta!

  2. Lorella Zanardo si accorge dell’ errore, Iacona parla anche della scuola e Michela scrive a un direttore di giornale, che risponde.
    Tre cose importantissime e tre piccoli passi compiuti.
    Ecco, oggi sono un po’ più ottimista, anche se molto resta da fare.

  3. Oh che bello, alcuni importanti progressi si stanno verificando! Molto utile l’analisi dell’articolo fatta da Michela Murgia, a volte non so se pensare che alla base di una cattiva comunicazione c’è la volontà di manipolare le notizie oppure una incapacità nell’uso del linguaggio. E’ molto utile smontare le narrazioni quando sono irrispettose e non oggettive. Esiste, ad esempio, l’approccio del “critical discourse analysis” che è molto efficace per decostruire i discorsi dei poteri e delle ideologie nascoste tra le parole e per cambiare il mondo parola dopo parola.

  4. Che l’approccio con i più giovani sia determinante, è dimostrato anche da quanto sta accadendo su Twitter. L’hashtag in testa ai TT è #letroiedellamiacittà. Leggere i tweet, quasi tutti di giovani persone, è istruttivo sullo stato delle cose. Tirate un bel respiro e fatelo.

  5. Mah, l’argomento della formazione, cioè scuola, educazione e problemi di genere, mi sembra molto legato a quello del linguaggio giornalistico e al modo di porgere la cronaca. C’è una atavica tendenza a dare delle priorità che corrispondono ad una sensibilità che non riesce ad evolvere: cioè non è abbastanza ‘importante’ preoccuparsi del linguaggio se non è abbastanza importante il linguaggio stesso, cioè la forma con cui si comunica, a fronte di tante altre emergenze nazionali… Nella scuola evidentemente qualcuno considera non prioritario il problema dell’educazione al genere, a fronte di altre emergenze del settore… Questa scarsa attenzione non è solo frutto a mio parere, di una mancanza di sensibilità, ma c’è anche la scarsa considerazione che si porta alla ‘forma’ della comunicazione (anche a scuola si veicolano informazioni) in quanto di minimissima importanza di fronte alla ‘sostanza’. Certo, nessuno negherebbe l’importanza di un delitto, ma non è detto che lo si collegherebbe al modo di riferirne la cronaca, o addirittura ad una scuola impotente sulle questioni di genere…

  6. Stavo appunto leggendo la notizia con un enorme scoramento.
    Chi educa sa quanto è difficile scegliere le priorità. Mi sono chiesta cosa staranno pensando stasera i bambini e le bambine di classe mia guardando la notizia in televisione perché, come dice giustamente Lorella Zanardo, loro guardano la tv e noi dobbiamo smetterla di snobbare la cosa come se non fosse un problema politico anche questo. Educare a parlare delle emozioni, a saper trovar loro un posto nel corpo, a saperle vivere ed esprimere con tutti i sensi: questo è un contenuto che non si può più rimandare.

  7. Vorrei aggiungere due buone notizie. La prima è che in novembre effettuerò un tirocinio di educazione alle relazioni affettive in una scuola milanese. In alcune scuole si fa questo tipo di educazione, per fortuna, e quello che spero di capire è cosa succede di diverso nelle scuole dove si riesce a farla, come si può facilitarne la diffusione, cosa si può imparare per andare avanti ed eventualmente migliorare la struttura a le portata di questi corsi.
    La seconda è che anche in Italia si sta diffondendo questa iniziativa: http://www.ihollaback.org/ Si tratta di una forma di attivismo, ampiamente sperimentata negli USA e in altri paesi, che intende rendere tutti più consapevoli del ruolo che possono giocare nel mettere fine alle molestie in strada. La loro missione è questa: “Hollaback is a movement to end street harassment powered by a network of local activists around the world. We work together to better understand street harassment, to ignite public conversations, and to develop innovative strategies to ensure equal access to public spaces.” La relazione con la questione di genere e la violenza è stabilita molto chiaramente, per chi ha voglia di leggere, e l’attenzione alle storie mi sembra molto vicina allo spirito del sito che hai segnalato, Loredana. Io per parte mia ringrazio Serbilla, alla quale devo la notizia dell’arrivo in Italia di questa iniziativa.

  8. Vorrei condividere con qualcuno questa cosa che ho sentito stamani a Prima Pagina su Radio3.
    Un ascoltatore interviene sul femminicidio di Palermo. Il conduttore è Luca Telese, direttore di Pubblico quotidiano:
    Ascoltatore: “Mi voglio riiferire al triste fatto di Salerno. Quello che mi va di dire alle donne che ovviamente rivendicano l’ennesimo omicidio da parte degli uomini: educate i vostri figli. Educateli al rispetto…Non siamo proprietari delle donne, né le donne sono proprietarie di noi. Ci vuole rispetto reciproco[…]”
    Conduttore: “E’ bellissimo e io devo sottoscriverlo[…] E’ un probelma di educazione, di ignoranza ancestrale, dei maschi violenti ecc ecc “

  9. Chiedo scusa, dovevo precisare che mentre sentivo lo scambio sono rimasto allibito. Soprattutto mi ha lasciato basito il fatto che il tizio si rivolgesse alle donne come se fossero solo loro le affidatarie dell’educazione dei figli e che il conduttore concordasse pure con questa affermazione. E quindi ho pensato subito di segnararlo qua.

  10. “Mio figlio è un bravo ragazzo. Giornali e televisioni lo hanno definito un killer ma non è così, non è un mostro. La nostra è una famiglia perbene”, ha detto Maria Cardinale, madre di Samuele Caruso, l’assassino di Carmela.

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