“Sono tornati i camion sulla Statale 77”, mi dice mio marito che ha fatto un salto al paesello. “Ma dai?”, dico io. “Sono passati solo quattro anni dall’inaugurazione della Quadrilatero e si è già rotta?”. Si è già rotta, a quanto pare. Ieri mi è apparsa anche questa notizia: un signore che ha perso il proprio cane per un colpo di caldo dovuto al traffico. Almeno da quanto capisco, e non capisco molto perché non trovo altre informazioni e magari, oplà, hanno già riaperto tutto. Però un paio di pensierini su quello che non è semplicemente un mio chiodo fisso, la Quadrilatero, non riesco a scacciarli.
La Statale 77 un tempo si chiamava la Variante, ed era il terrore dei genitori. Non andate sulla Variante, passano i camion, ci dicevano. E’ vero, passano i camion e i tir, e in effetti la superstrada è stata voluta per questo, per le merci che devono correre, e vuoi mettere, arrivi mezz’ora prima. Ma a che ti serve, poi. Molte delle aziende a cui dovevano arrivare le merci hanno chiuso molto prima dell’inaugurazione della Quadrilatero. E resta quel dubbio sull’appalto vinto dalla Strabag, che è come dire Nessuno, hombre sin nombre, perché non si sa che cosa sia se non che è molto potente, e vince appalti un po’ ovunque, e la Quadrilatero stessa, al di là della definizione (due assi viari, la Perugia-Ancona e la Foligno-Civitanova) non si sa cosa sia, e quel che è certo è che ne è stata appaltata nel 2006 la realizzazione “con qualunque mezzo” alla Val di Chienti spa, dove è preponderante la presenza di Strabag, che a sua volta è un colosso austriaco fatto da tanti pezzi di colossi più piccoli e che si è aggiudicato la Pedemontana, la superstrada dei Due Mari, il Tav in val di Susa e il Ponte sullo Stretto, e che in questo gioco di scatole cinesi tutto si nasconde, gli appalti per il cemento e quelli per la manodopera e persino quelli per la riqualificazione ambientale delle vallate sfregiate, delle montagne bucate e dei paesi tagliati fuori.
La storia dei festeggiamenti per la Quadrilatero, a ripensarci, sembra un film di Luis Buñuel.
A dicembre 2013, ora di pranzo, a Pale, frazione di Foligno, si abbatte l’ultima galleria del Maxilotto 1. E’ il giorno di santa Barbara, ricorda lietamente il vescovo di Foligno invocando la protettrice dei muratori e degli artificieri. Ci sono tutti: gli operai, gli allora presidenti delle Regioni Umbria, Katiuscia Marini, e Marche, Gian Mario Spacca, il sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Rocco Girlanda, il presidente della Provincia Antonio Pettinari, il sindaco di Foligno Nando Mismetti. Ci sono tutti, schierati, gli uomini che hanno fatto le loro fortune politiche ed economiche su una terra distrutta. “Sono emozionato nel celebrare la messa per santa Barbara in questa opera d’arte”, dice il vescovo, riferendosi alla galleria. E sciaguratamente aggiunge: “La lezione che ci raggiunge in questa cattedrale è che se si vuole moltiplicare bisogna condividere, come questa arteria, frutto del lavoro di tanti. Ciascuno ha moltiplicato il proprio dono, mettendolo a disposizione degli altri. Mi colpisce e commuove la dedizione dei minatori per santa Barbara”. Si abbattono i muri dei luoghi comuni, esulta il presidente della provincia Pettinari.
E allora? Cosa vuoi fare, sette anni dopo quella messa per santa Barbara, quattro dopo l’inaugurazione che precedette di un mese il terremoto (forse santa Barbara non era così contenta, in fondo)? Tutto questo discorso per un cane? Non solo per il povero cane, ma per la nostra vulnerabilità. Nostra e quella delle grandi opere, soprattutto, che pensiamo grandiose e indistruttibili: e invece, vuoi per incuria, vuoi per usura, vuoi per chissà cosa, non lo sono affatto. Sono tornati i camion, e chissà se qualcuno però uscirà dalla superstrada e si fermerà a guardare i luoghi che grazie alla medesima sono avviati all’abbandono. Chissà.
I nostri monti, le nostre valli destinate a diventare il deserto texano con tanto di oleodotti, monocolture di proprietà multinazionale e chissà quali altre diavolerie.
La natura rimodella con i terremoti, noi umani sappiamo solo deturpare riuscendo a fare persino più danni dei terremoti.
Nemmeno il Covid ci ha fatto riflettere sul fine ultimo delle nostre disgraziate esistenze (produrre, correre, consumare?); a meno che non si ripresenti magari più virulento di prima…