UOMINI CHE CONTANO LE DONNE (MORTE)

Ieri la radio che amo e per cui lavoro è stata al centro di non poche polemiche dopo le affermazioni del conduttore settimanale di Prima Pagina, Giorgio Dell’Arti, sul femminicidio. Più che di affermazioni, bisogna parlare di insistenza, nell’arco di più di una mattina, sulla minimizzazione (se non sulla negazione) del femminicidio. Vecchia storia, è vero: tanto che sono nuovamente tornati alla ribalta fact checker e uomini col pallottoliere. Sul punto, questa mattina un articolo di Adriano Sofri. A mio parere, definitivo. Ma non ci spero troppo.
Ieri le cronache erano un camposanto di donne uccise. Di mattina, la rassegna di Radio 3 e la discussione di “Tutta la città ne parla” rimettevano a confronto l’allarme per le violenze contro le donne e il femminicidio con la minimizzazione. La minimizzazione è brutta, presume a torto di avere i fatti dalla sua, e non ha capito.
A Ferragosto il ministero dell’Interno ha comunicato i dati sulla criminalità. Circa il 30 per cento degli omicidi commessi in Italia, ha detto il ministro, ha come vittime le donne. I giornali hanno scelto questa frase per intitolare (Il totale era di 505 omicidi). Poi ho letto commenti come questo: “Ma allora il 70 per cento degli ammazzati sono uomini! E parlano di femminicidio”. Naturalmente, le cifre rilevanti riguardano il confronto fra il numero di uomini uccisi da donne, e il numero di donne uccise da uomini. Un uomo ucciso da un uomo è senz’altro un maschicidio, anzi doppio, perché è maschio l’autore e la vittima. E nessuno si sognerebbe di chiamare femminicidio l’uccisione di una donna da parte di un’altra donna. Chi è insofferente all’invenzione di un nome speciale per l’uccisione di donne perché donne, e resta attaccato a un nome “neutrale” (come se “omicidio” fosse neutrale, e come se “uxoricidio”, che vuol dire ammazzare la moglie, non venisse usato anche per i rari mariti ammazzati) dovrebbe mirare alla parità: che si può ottenere o facendo sì che gli uomini riducano l’uccisione di donne al numero delle donne uccise da uomini, o che le donne uccidano molti più uomini, preferibilmente mariti ed ex mariti e fidanzati e clienti ecc., fino a raggiungere il record dei maschi. Questa buffissima applicazione teorica delle quote rosa non è buffa come sembra. È un ennesimo segnale di uno scandalo che in troppi hanno voglia di normalizzare. Dunque: quei dati grossolani del ministero dell’Interno dicono che dal 1° agosto 2012 al 31 luglio 2013 le donne uccise sono state circa 150. Degli omicidi commessi dal partner, l’83,3 per cento è stato commesso da uomini. Degli omicidi commessi dall’ex partner, il 100 per cento – tutti – sono stati commessi da uomini. Abbiate ancora pazienza: nei dati Eures (citati dai minimizzatori) le donne uccise nei primi sei mesi dell’anno sono “già 81”; fra il 2000 e il 2012 sono state “2200, una media di 171 all’anno, una ogni due giorni”. Erano 173 nel 2009, 158 nel 2010, 170 nel 2011, 159 nel 2012 (qui il calcolo è sull’anno da gennaio a dicembre). Nella presentazione, il rapporto scrive: “Femminicidi. Troppo spesso ignorati i segnali di rischio”. Come ormai si dovrebbe sapere, il totale degli omicidi ha avuto un brusco calo, mentre quelli che hanno per vittime le donne sono stabili, dunque coprono una quota crescente del totale – il 30 per cento. Questi i numeri: che sono eloquenti.
Vediamo ora i pensieri, e i pregiudizi. Si dice: la continuità nel numero dei femminicidi mostra che si tratta di un dato endemico, fondato in fenomeni così “strutturali” che non c’entrano con l’emergenza. È un argomento troppo vero per essere intelligente. Dato che la discriminazione uomo-donna è il fondamento diretto o indiretto di ogni razzismo, farlo finalmente emergere è, appunto, un’emergenza. Ma sfugge ai minimizzatori un punto decisivo: molte altre cose sono endemiche nei nostri costumi, e si modificano solo lentamente – benché questa, del maschilismo, sia la più lenta e renitente. Esempio: il nostro modo di pensare agli animali. Non offenderà le donne, che sanno come gli uomini le abbiano domate e tenute alla catena non molto diversamente da quelli. Dunque anche nel rapporto fra uomini e donne le cose cambiano. Chi insiste sul femminicidio “endemico” – o sugli stupri e le botte, tutti endemici – immagina solo la protrazione di un patriarcalismo arcaico, dal passo infinitamente più lento di altri progressi. Non è così. Quel patriarcalismo non vuole cedere, ma perde terreno, e libera via via le sue vittime, le donne ma anche i disgraziati uomini, che perdendo la proprietà delle donne hanno un mondo da conquistare. Invece c’è nel femminicidio contemporaneo e nelle violenze contro le donne – basta seguirne gli episodi, e basta anche, diciamolo, fare bene i conti con se stessi – qualcosa di interamente nuovo, perché nuova è la libertà che le donne rivendicano, e a cui gli uomini devono abituarsi, e rallegrarsene se ne sono capaci, o rassegnarsi se non altro – e troppo spesso non si abituano né si rassegnano, e se ne vendicano. Non sono uomini all’antica: sono modernissimi uomini antichi, mortificati dalla libertà delle donne, che sentono come il furto della loro libertà. Anche alle persone che finalmente si impegnano ad avere conti e statistiche serie su questi temi, direi di non gingillarsi troppo con l’ovvietà che l’enorme incremento di denunce contro i maltrattamenti maschili sono il frutto di una sensibilità e soprattutto di una solidarietà che fino a poco fa non si poteva sperare. Certo che è così. Le botte domestiche “sommerse” saranno ancora la schiacciante maggioranza. Ma questo, appunto, è ovvio. Meno ovvio è riconoscere, e far riconoscere, le botte nuove e inaspettate di uomini che non stanno al passo con l’immagine femminile pubblica e pubblicitaria, e se ne rifanno a casa, fra il porno online e la moglie.
Ammoniscono: è diventato di moda gridare all’allarme per i femminicidi. Può darsi, ma non era meglio quando – negli ultimi ventimila anni, diciamo – era di moda non parlarne, tranne qualche tragico greco. Deplorano: si grida all’emergenza per mettersi in mostra. Argomento scivoloso, basta rovesciarlo: mi si noterà di più se sconfesso l’emergenza?
Infine: le comparazioni statistiche fra noi e la Finlandia, o la Lettonia. Mostrano un paio di cose. Intanto, che là curano meglio le statistiche. Poi quello che ho appena detto, che il progresso nei costumi è zoppo, da questa gamba. Poi, che le notti sono lunghe e senza luce, e gli uomini bevono, e picchiano la moglie. Si suicidano anche, di più. Ma anche là, dove l’emancipazione è più spinta, le mogli probabilmente bevono di più, ma non picchiano il marito in proporzione. I romanzi di Larsson andavano presi sul serio, soprattutto nelle didascalie informative premesse a ogni capitolo. Mostravano le magagne, di genere e politiche, della bella Svezia, anche lei tentata di prendersela con l’immigrazione. Dopo di che, senza dimenticare per un momento le percentuali dei panni sporchi dentro le “nostre” famiglie, l’immigrazione ci e si pone un problema. Per lei, spesso, lo scontro con la libertà femminile è ancora più brusco e frontale. Che a volte reagiamo in modo orrendamente simile, noi e uno zio pakistano espiantato, è solo un ulteriore avvertimento sulla scorza sottile.

15 pensieri su “UOMINI CHE CONTANO LE DONNE (MORTE)

  1. Devo dire che i numeri legati alle donne uccise mi lasciano sempre un po’ sgomento. Capisco che sono necessari, così come è necessario interpretarli in modo corretto, e capisco anche che sembra molto retorico dire: anche una sola donna uccisa è qualcosa di insopportabile. Ma per me così è.
    Detto questo, quando leggo di femminicidi penso agli schiavi nelle piantagioni del sud, a come la loro condizione era accettata dalla comunità, a come si condannavano, se non pubblicamente almeno moralmente, gli eccessi di alcuni proprietari, a come si credesse che era un buon modo di vivere per quegli uomini inferiori, che se lasciati soli sarebbero regrediti a uno stato animalesco.
    Penso anche ai lavoratori veneti che migravano in Piemonte all’ inizio del secolo scorso, a come erano considerati, dei mangiapolenta lenti di comprendonio, buoni solo per svolgere i duri lavori contadini, incapaci di sopravvivere.
    E mi tornano in mente anche gli irlandesi ai Five Points, al tempo della guerra di secessione americana, mangiapatate capaci solo di figliare, di bere e di provocare disordini.
    Il passare del tempo ha portato un presidente americano irlandese, il miracolo economico del nord-est e un presidente americano nero.
    Questo è successo perchè è cambiato il modo di pensare, perchè si è imposta una diversa immagine, una diversa narrazione. Ecco dunque che diventa fondamentale un’ opera educativa e formativa, un impegno a spiegare, divulgare, fin dall’ infanzia.
    Se questo è necessario non è però sufficiente. Il vero cambiamento si innesca solo quando iniziano a mutare i rapporti di forza, quando chi “subisce”, in quanto classe, razza o genere, prende coscienza e si ribella.
    Ma, attenzione, il mutamento sarà tanto più rapido in proporzione al coinvolgimento del “nemico”, al saper agire sinergicamente con la parte avversa.
    Non sarà facile, come sempre, ma è possibile.

  2. bellissimo articolo, sofri è sempre illuminante.
    ma che ha detto dell’arti? e soprattutto, chi lo ha scelto per condurre la più importante rassegna stampa culturale radiofonica? dell’arti è una garzantina, una piccola enciclopedia tascabile, ma la cultura è un’altra cosa: è associazione di pensieri, non nozionismo. dargli questo credito significa equiparare la cultura a un telequiz.

  3. Radici comuni del dominio: “Molte altre cose sono endemiche nei nostri costumi, e si modificano solo lentamente, benché questa, del maschilismo, sia la più lenta e renitente. Esempio: il nostro modo di pensare agli animali. Non offenderà le donne, che sanno come gli uomini le hanno domate e tenute alla catena non molto diversamente da quelli.” Perfettamente detto.

  4. Il bello della Prima pagina di Radiotre è che ogni settimana si alternano giornalisti e giornaliste di testate molto diverse tra loro. Si va dall’eccelso al mediocre, almeno per me (per non dire dall’empatico al giudicante).
    Credo sia anzi un bene che il discorso della minimizzazione sia stato affrontato proprio all’interno dell’unico canale radio che trovo consapevole e preparatissimo sul tema del femminicidio.

    Sul discorso delle statistiche io avevo molto apprezzato il capitolo del libro di Lipperini e Murgia ad esso dedicato: permette di chiarire anche ai profani (e io lo sono) che i numeri vanno interpretati e ci vuole molta onestà intellettuale per farlo bene.

  5. Ragazzi, ve lo dice proprio il vostro statistico domestico: basta perdere tempo sui numeri. I numeri raccontano la storia che è stata disvelata da Loredana, da Michela Murgia e da tutte le persone che hanno denunciato l’oscenità delle modalità arcaiche di rapporto tra generi che sopravvivono ancora nel terzo millennio. Per fortuna non sono più il solo addetto ai lavori a dirlo: lo dice anche un direttore centrale dell’ISTAT, Linda Laura Sabbadini, con tutto il peso dell’istituzione a cui appartiene. Il che mette imppietosamente a nudo il fatto desolante che chi nega mente, e ormai lo fa sapendo di mentire. Con quali argomenti personaggi senza arte se non nel cognome possono permettersi di dare ai numeri un significato diverso da quello che l’ente nazionale preposto alle statistiche vi legge? Malafede: ora si può dire.
    E quindi lasciamo stare i numeri: che tornino ad essere cosa da addetti ai lavori, i quali (questo lo dobbiamo esigere) periodicamente ci informeranno su come il fenomeno si evolve. Ma cosa dicono si sa, chi lo nega compie un atto criminale. E’ ora di andare oltre e pensare alle azioni da mettere in campo. A cominciare da qualcosa di meno indecente del cosiddetto decreto sul femminicidio.

  6. Senza dimenticare che adesso si sta spostando l’attenzione sull’aspetto numerico\filologico. E’ giusta la parola? Quali sono i reali numeri?
    E’ la solita strategia di gettare fumo e sabbia negli occhi dell’avversario, e della giuria…

  7. Anch’io ho ascoltato sgomento la puntata di ieri di “Tutta la città ne parla” e ho reagito su FB. Dichiarare che un fatto è endemico, quindi non emergenziale è come ascoltare questo papa quando “apre” ai non credenti dicendo loro che Dio avrà misericordia di loro!!! Oltre al danno, pure la beffa!???

  8. So bene che non si deve fare, ma questa settimana non ho ascoltato “Prima Pagina” che seguo da anni anche per tradizione familiare. Quel che dice e pensa quel giornalista non m’interessa e delle sue idee non tengo conto da tanto tempo.

  9. Allora. Dato che chi si rivolge alla questione orientandosi sui numeri, dice: “di questi fatti ne abbiamo pochi, meglio trascurarli”, chiedo: perché non iniziare dimostrando di saper affrontare i fatti dalla modesta portata numerica? Almeno si otterrà fiducia verso la risoluzione dei grandi fatti, che si considerano tali usando rapporti numerici – il che è una stupidaggine.
    .
    Ma la sensazione è che la questione non sia neppure avvertita come un problema: la violenza sulle donne è una prassi, quindi perché sforzarsi di risolverla?
    .
    Avrei una modesta proposta: disporsi a capire cosa succede.
    Si vedrà poi chiaramente quanto il per nulla superato senso dell’onore fallico sia più che mai presente, oggi, nel carattere di molti maschi, dai quali mi aspetto soltanto esaltazione e prove di mortificazione. In una parola: violenza. E mito della violenza e ansia di potenza e fissazione di dominio e, ahimè, volontà di allineamento a modelli per i quali la parola crimine calzerebbe ad hoc.

  10. il titolo è di sicuro azzeccato ma, limitatamente a Prima Pagina (il resto non l’ho ascoltato), non rispecchia la sostanza di quanto detto ieri mattina dal giornalista di turno Giorgio Dell’Arti, anche nel battibecco con l’ascoltatrice indignata che lo accusava di fare disinformazione.
    Dell’Arti infatti ha semplicemente e legittimamente obiettato rispetto all’idea molto diffusa di “emergenza” (altrettanto legittima) riguardo il fenomeno del femminicidio.
    Non ha affatto minimizzato.
    Semplicemente ANCHE queste questioni vengono percepite e interiorizzate, pur con dati e numeri alla mano che peraltro sono troppo spesso discordanti, in maniera diversa.

  11. E’ un argomento scivoloso quello del femminicidio, la profonda impressione che la morte violenta suscita in tutti, rischia comunque di essere strumentalizzata e utilizzata per fini diversi. Riviste e trasmissioni e libri diciamo di basso rango, ce l ostanno a dimostrare da sempre, ma anche altri ambiti possono cadere nella tentazione. Mi sembra per es. che l’ambito femminista corra questo rischio. Sia chiaro, si tratta in questo caso di una strumentalizzazione con intenti alti e umanitari , ma sempre strumentalizzazione è. L’ azzardo è appunto quello di voler sovrapporre e far coincidere l’attenzione sul femminicidio , a quella con altre “battaglie” femministe. E questo per me, ma anche per alcune donne che conosco ( mia madre e mia nonna..) è inaccettabile, e comunque piuttosto arbitrario.
    Sofri nell’articolo parla di un patriarcalismo che non accetta la nuova libertà delle donne, per cui queste tragedie, dovrebbero avvenire perlopiù in quanto il maschio per es. non accetta che la “propria donna si iscriva al corso di zumba, oppure ( più seriamente) perché non accetta di essere abbandonato.
    Eppure nei vari fatti di cronaca che saltano all’orecchio, mi sembra di sentire parlare spesso Non di uccisioni che avvengono all’interno di relazioni stabili con ruoli assegnati, ma anche e altrettanto spesso nell’ambito di relazioni occasionali, diciamo pure “moderne” il cui fattore scatenante in realtà sembra essere il semplice “differimento del desiderio” . Per cui il pericolo in tanti casi, non starebbe nell’arcaica fissità dei ruoli del patriarcalismo , ma bènsi nell’imposta volatilità del moderno consumismo, che assoggetta il valore della vita umana a quello dell’effimero desiderio.
    Insistere sul patriarcalismo in quanto si tratterebbe sempre di violenza commessa dagli uomini, può essere una reazione pavloniana .Credo insomma che la cosa sia discutibile, almeno bisognrebbe valutare caso per caso.
    Di certo fare di tutta un erba un fascio è comodo ma anche sbagliato .
    Ciao,k.

  12. Non si capisce quale sia il vantaggio per le donne di avere una lady Ashton o una Merkel al posto di due maschi. O una lipperina al posto di un lipperino. Non cambia nulla, nemmeno se fossero omosessuali.

  13. Cara Loredana, mi scuso se scrivo qui ma non ho trovato un indirizzo mail. Sono una piccolissima editrice e sto pubblicando un libro per ragazzi con racconti di 23 scrittrici per l’infanzia sulla violenza contro le donne. Mi piacerebbe parlarle del nostro progetto.

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