Devo dire che me lo aspettavo.
Mi aspettavo che, dopo tre anni di discorsi sulla questione femminile, arrivasse un indice alzato contro i medesimi, e una risatina di scherno con cui sottolineare che si sta esagerando, e che va tutto benissimo, dannazione, e che tutto questo clamore è solo vieta nostalgia degli anni Settanta. Qualcosa da ricondurre al vintage e, magari, all’età di chi pone il problema. Nostalgia canaglia, che vuoi che sia.
Mi aspettavo un po’ meno che l’indice si alzasse, con notevole cattiveria e con altrettanto notevole miopia, dalle colonne del Domenicale del Sole 24 ore, con un articolo di Serena Danna che trovate qui.
Articolo dove si tritura e si banalizza tutto in nome dell’accessorio più richiesto degli ultimi dieci anni: l’ironia. Il problema è che l’ironia si può perdonare al blogger che ritiene l’urticanza una qualità necessaria per farsi notare. Molto meno a una giornalista. Soprattutto quando scrive:
“Non importa che le donne oggi siano più numerose degli uomini nelle università, girino il mondo con disinvoltura, occupino anche posizioni più importanti al lavoro, e possano sentirsi intelligenti pure senza peli in bella vista”.
Sarà che il mio senso dell’umorismo si abbassa pericolosamente in queste occasioni, ma trovo non solo false, ma eticamente pericolose (e parlo di etica professionale) affermazioni di questo tipo. Primo: le donne che insegnano all’università sono in numero nettamente inferiore rispetto agli uomini: il 34% secondo gli ultimi dati Miur. Ma forse Danna si riferiva alle studentesse: singolare, però, che non tenga conto che a fronte del dato positivo che riguarda le ragazze italiane (sono più numerose, il loro profitto è più alto, si laureano prima) esiste un “dopo”. E che quel dopo riguarda il mondo del lavoro. E che le donne che lavorano siano ancora il 46%. E che la loro retribuzione sia ancora, a parità di profilo professionale, più bassa di quella dei loro colleghi maschi.
Ma che importanza hanno i numeri, le statistiche, i fatti, davanti alla golosa occasione di reiterare uno stereotipo? Quello, notate, della femminista non depilata, irsuta e incazzata e fuori moda, con i piedi infilati in goffi sabot anzichè in uno sfavillante paio di Jimmy Choo, vera, grande, icona femminile del contemporaneo.
Andiamo avanti. Dunque, le donne che si occupano di questione femminile sono un po’ tarde e anche un po’ tardone, par di dedurre. Notare con quanta finezza e quanta profondità ci si occupa di Lorella Zanardo:
“Il premio “nostalgia canaglia” va però a Lorella Zanardo, autrice di Il corpo delle donne, un documentario diventato molto popolare, grazie al tam tam su Internet e a poche ma buone presenze in tv. Il video è da poco diventato un libro (edito da Feltrinelli) in cui ogni capitolo inizia con una citazione di Rosa Luxemburg, Pier Paolo Pasolini, Karl Popper e Giovanni Sartori (in realtà c’è anche una canzone degli Afterhours: a questo proposito inviteremmo l’autrice a una riflessione sulla rappresentazione della donna nei testi di Manuel Agnelli).”
Non è deliziosamente ironica questa frase? Non fa parte di quella tecnica di delegittimazione dell’avversario (perchè deduco che questo siano per Danna le donne che si occupano di questione femminile: avversarie) e della sua trasformazione in nemico che sta devastando la politica italiana? Non è molto meglio, anzichè contestare i dati, distruggere la persona con la solita schermata del tanto stavo scherzando? Andiamo avanti.
“Zanardo dice che dalla tv sono scomparse le donne reali. E forse ha ragione. Il punto è che sembrano scomparse anche dal suo mondo, sostituite da fantasmi di 40 anni fa. Tra femministe e veline, esistono migliaia di altre che lavorano e che resistono alla fatica come ai luoghi comuni. Che hanno paura quando leggono che in meno di un mese ci sono stati nove omicidi a carico di maschi che odiano l’amore. E che sanno decidere quando farsi una risata davanti a un’attrice così rifatta da non riuscire a parlare e quando indignarsi se il premier consiglia a una precaria di fidanzarsi con un miliardario. Siamo donne, oltre alle gambe e allo slogan c’è di più”.
Bene. Raramente ho letto un tale concentrato di luoghi comuni su un giornale serio. Ci sarebbe da dire moltissimo: che le donne che lavorano e resistono alla fatica si trovano a vivere in un paese che grazie alla loro fatica, e alla mancanza di servizi per le donne, “tira a campare” da decenni. Che i “maschi che odiano l’amore” forse non spuntano come funghi e che esistono ancora una volta dati, cifre, fatti che varrebbe la pena di citare invece di aprire la tastiera e scrivere le prime cose che passano per la mente tanto per sentirsi fuori dal coro. Che farsi una risata davanti a una donna sfigurata dalla chirurgia estetica è, a mio personale modo di vedere, tristissimo.
E che questo articolo non offende le donne. Offende la serietà di chiunque scriva in un luogo pubblico: carta o rete, poco importa.
Mi chiedo se forse un libro facile non arrivi prima a tre (?) generazioni sempre più intorpidite. I miei colleghi di università, 110 e lode ma attaccati a Uomini e Donne, forse ne avrebbero bisogno.
le bambine di oggi diventeranno donne… e a quel punto sarà difficile ragionare ancora con lo schema del femminismo (sia esso di destra o di sinistra, figlio dei fiori o dell’antivelinismo, operaio o manageriale, ecc.).
Il punto è questo: le bambine di oggi (e dal mio nome capite che ne sono una rappresentante) sanno guardare le cose con disincanto. Senza ideologie di parte. Sanno indignarsi. Sanno ridere. Quando vogliono lottano, quando non vogliono si fanno proteggere, quando piangono amano e quando diventano isteriche odiano. Ma la verità è che le bambine chiedono di potrer fare tutto ciò senza etichette. Semplicemente diverse l’una dall’altra.
Le bambine di oggi (a ventotto anni però si è donne, e non bambine, chiocciolina82), devono anche imparare che il mondo non si identifica con la loro cameretta. Ripeto: le cifre dicono una cosa, questo articolo un’altra. Non è questione di etichette e tanto meno di ideologie. Fatti. Scomodi, certamente, se si vuole continuare a vivere nel proprio beatissimo individualismo. Ma fatti restano.
@ Carola: io per età sono più vicina alla Danna che a te, non mi sono mai occupata di femminismo, insomma sono tutt’altro che “ideologica”, però quell’articolo proprio non lo mando giù.
In pratica qual è la sua tesi? Queste femministe, con la loro ideologia, sono troppo distaccate dalla realtà, che non è affatto come loro la rappresentano: infatti le donne italiane oggi sono molto emancipate e per niente soggette al supposto predominio culturale maschile, come queste lamentose ci vorrebbero far credere.
Allora io mi aspetterei che la giornalista, a suffragio di questo assunto, ci inondasse pragmaticamente di dati, statistiche e pareri di autorevoli osservatori atti a demolire la poca fondatezza dei discorsi delle autrici che attacca. Ad esempio, che secondo la ricerca tal dei tali l’Italia è ai primi posti nel mondo per occupazione femminile, che brilla per la percentuale di donne in politica, che anche secondo il guru della sociologia globale XY la condizione femminile in italia ha fatto passi da gigante, che la tv italiana continua a prendere premi per la sua attenzione alle pari opportunità ecc. ecc. Invece Danna si limita a portare impressioni naif come se corrispondessero a una realtà indiscutibile ben nota a tutti. Insomma, le donne fanno dei lavori, e a volte persino importanti, caspita! Quindi chi se ne frega se l’occupazione femminile in Italia si conferma regolarmente tra le più basse in Europa (quest’anno 46%, 12 punti in meno della media UE). O dei dati ISTAT su chi in Italia continua a sobbarcarsi la gran parte del lavoro domestico e di cura. Secondo me ciò tra l’altro è particolamente disturbante per un articolo che appare su un quotidiano di economia.
Ben venga per me affrontare le questioni sociali economiche ecc., compresa la loro comunicazione, in modo non “ideologico”, ma che l’alternativa all’ideologia non sia la fuffa e la disinformazione.
Cara Francesca, ho paura che il tuo commento sia un pochettino ideologico e purtroppo il nome del tuo blog me ne dà la conferma (apprezzo il tentativo di darci qualche dato). Se anche le ragazze della tua età sono così schiave dell’aggressività e del pregiudizio, non potremo fare passi in avanti. Condivido invece loredana quando parla della necessità di uscire dall’individualismo e mi sembra che qui ci proviamo, fortunatamente conservando toni gentili. fm
errata corrige: non Sanna, ma Danna, mi scuso. La giornalista meno ironica che abbia letto e scusate se torno come professorino “tumistufi”, ma il concetto di ironia prevede sfumature che in questo articolo sono del tutto assenti. Le fate un complimento che non merita.
Vincent sei un ex fidanzato della giornalista in questione tradito e abbandonato? ;-))))
Signore riusciremo mai a non buttare le cose sul personale? Mi sembra se siamo ancora qui a battibeccare su ironia, non ironia, cattiveria, dati, fuffa, arguzia, ingenuità etc è perché questo articolo ci sta provocando delle cose. Allora facciamoci delle domande (come si chiede giustamente la signora carola, a cui sono sicura loredana risponderà presto). Credete davvero che non ci sia un problema di comunicazione tra noi (che abbiamo permesso alla signora Danna di sentirsi a suo agio con l’essere donna) e le ragazze di oggi? Proviamo a uscire dall’articolo in sé e guardiamoci allo specchio. Voi cosa vedete?
Chiocciolina, mi sembra che tu abbia tirato fuori una trafila di graziose banalità e nient’altro…
Vorrei però chiedere alla signora Monticelli dov’è l’aggressività o il pregiudizio nell’intervento di Francesca Violi: mi sembra che, sia pure con tono vivace, muova una critica sensata.
Lo chiedo perchè mi trovo d’accordo con lei e non pensavo di essere aggressiva 🙂 E’ vero che le cose sono tutt’altro che rosee per le donne italiane, e non vedo perchè non dovremmo quantomeno esserne scontente.
Il lavoro di L. Zanardo ha mobilitato donne di tutte le età, dai 15 anni in su – questo lo si vede non solo dal blog ma anche dal pubblico che interviene alle proiezioni del video.
E questo mi sembra già smentire S. Danna là dove insinua che “le donne reali siano scomparse anche dal suo mondo, sostituite da fantasmi di 40 anni fa”.
Poi sulle fisiologiche differenze generazionali si può discutere quanto si vuole – ma non si parla più dell’articolo, che muove accuse ben circostanziate.
@ pippicalzecorte: eh Danna infinita :), ma chiocciolina se è del 1982 e si sente una giovane fanciulla in fiore senza etichette diventerà donna quando?
@ Valentina: sono d’accordo con te, ma capisci dalla fuffa all’autoanalisi il passo è notevole. Guardarsi in uno specchio e dire cosa si vede? Secondo me è così
http://www.youtube.com/watch?v=L8LZarlLIFA
Gentile Loredana, concordo pienamente. L’articolo è prima di tutto un’offesa al mestiere di scrittore e giornalista. In sé non meriterebbe nemmeno una riga di discussione, se non fosse per il clima che rappresenta. Per il suo tono “frivolo”. La sdrammatizzazione e la messa in ridicolo di temi barbosamente “militanti”. L’invito alla leggerezza insouciante che caratterizza quest’epoca italiana. Qualunquista e sorridente. E depilata, ovvio. Se, come si diceva qui in Francia – nel mio “esilio volontario” (cit. Danna, e ne cito solo una tra le varie perle) – si potrà parlare di parità vera tra uomo e donna solo quando delle donne incapaci occuperanno posizioni e posti lavorativi chiave, allora forse il fatto che Serena Danna pubblichi sul Sole 24 ore è da leggersi positivamente come un buon passo verso la parità? Scusate l’ironia.
Per favore però marianna ci risparli l’italia vista dalla Francia. Abbiamo già Merlo e Marzano e le assicuro che ci bastano. flo
“…E che le donne che lavorano siano ancora il 46%. …”, pensando alla mia regione mi verrebbe da dire: MAGARI!
http://suddegenere.wordpress.com/2010/06/24/buone-notizie/ :
Nel 2008 questa è la quota di donne occupate tra i 15 e i 64 anni in Calabria: 30,8% (con punte minime nella provincia di Catanzaro-dove vivo- e Crotone)
Sono stufa. Stufa che non si possa scherzare, provocare, ironizzare, prendere in giro il femminismo in Italia. Basta toccarlo con un mignolo e all’improvviso si tirano fuori unghie e denti. Intanto non ho ancora letto un post, compresa la signora loredana, che entri nel merito della questione. Siamo consapevoli del fatto che le veline sono figlie nostre? E che mentre noi continuiamo a leggere loro Nato di donna e Il secondo sesso loro sbadigliano in attesa di andare a ballare? Continuiamo pure a dormire sulle nostre difese e ad abbaiare a chi ci dice (in qualsiasi tono) che dovremmo svegliarci…ma poi non piangiamo se siamo trattate peggio che in burundi. E’anche colpa nostra. Simona Vittosi
“”Diffidate di quelli che non hanno ironia e autoironia. State alla larga da tipi del genere, cioé tutti quelli di sinistra”. Con questa battuta il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, ha strappato un applauso da parte del pubblico.”
(Da Il Giornale)
@ federica monticelli: non capisco in che senso il mio commento sarebbe ideologico. Mi limito a ribadire che Danna, proprio nell’accusare certe autrici di essere scollate dalla realtà odierna, a sua volta non mostra di tenere in considerazioni la situazione delle donne italiane quale parrebbe invece emergere da innumerevoli indagini, ricerche, statistiche ecc.
@Francesca Violi. Perché, temo che anche chiedere di documentare le proprie affermazioni è di sinistra, intellettualoide e tristanzuolo. Ma sì, liberiamoci da tutti questi lacci e lacciuoli, siamo disinvolti.
“L’Italia è il miglior posto del mondo per le donne!”Chi lo dice? IO.
(perché, cielo, non basta?!!!)
Complimenti Valeria, adesso l’articolo è diventato automaticamente berlusconiano. Non ce la faremo mai. Quanta tristezza
Ho detto che l’articolo è berlusconiano? No: ho detto che è berlusconiano il contesto.
Se vuoi affermare che il contesto non è berlusconiano ti pregherei di argomentare questo tuo pensiero. Se articoli i tuoi pensieri, potresti persino convincermi, sai? Se continui ad attaccarti alle tende della tua tristezza e a scuotere desolatamente la testa a commento delle parole dei tuoi interlocutori come si fa nei salotti televisivi, proprio no, non mi smuovi di un’enticchia dalle mie convinzioni.
Loredana, inventiamo una nuova parola per femminismo? Una roba che possiamo anche usare noi maschi? Una roba che non spaventi nessuno di quelli che il femminismo manco sanno cos’è? Una parola che puzzi di marketing, ma che almeno li freghi tutti.
Sarà il caldo, ma comincio ad annoiarmi della gente che fa finta di non capire.
Hai citato una frase di berlusconi sull’ironia quando da 2 giorni si parla solo di ironia a proposito di questo articolo. Qual è il contesto Valeria?Che significa contesto berlusconiano? L’Italia? Le veline? Io vorrei sentire le sue di argomentazioni. Io da persona che per anni ha lottato prima con la madre, poi con il marito si chiede solo perché questa “lotta” non funziona con le figlie. Tu come fai? O forse sei una ragazzina che si crogiola nelle letture che facevamo noi e si fa bella delle battaglie del passato? Io non devo argomentare, io ho fatto e argomentato e lottato e urlato. Solo che adesso mi chiedo dove stiamo andando. Cordialmente. Simona Vittosi
Buon pomeriggio a tutti,
da twitter mi hanno invitato a dire la mia sul dibattito. Ho letto con interesse tutti i commenti.
Volevo solo dirvi che il Sole 24 Ore è anche altro e che spero di leggervi altrettanto appassionati su articoli che danno cifre, riportano studi e ricerche, raccontano storie e nuovi modelli di leadership al femminile. Troviamoci per parlare dei fatti e non perdiamoci nelle nebbie.
Su twitter tengo l’account @24donne del Sole 24 Ore mi trovate lì, quando volete.
p.s. Cara Loredana, sto finalmente finendo di leggere il tuo libro con colpevole ritardo.
p.s.2 Vi consiglio Care ragazze di Vittoria Franco
Ci ho messo due anni buoni, ma sono finalmente riuscito a far capire alla signora Lipperini la differenza tra un blog APERTO AL PUBBLICO e una newsletter riservata ai propri amici o agli amici dei propri amici. Avevo frequentato il commentarium della Lippa per anni senza problemi, firmandomi con nome e cognome, poi ne ero stato cacciato e censurato “a prescindere” solo perché avevo considerato il New Italian Epic l’ennesima bufala degli ex Luther Blissett:
http://lucioangelini.splinder.com/post/17037784/neoepiche-reazioni-al-post-di-ieri
Ora che mi ha riammesso al commentarium la perdono e chiudo la questione. Saluti a tutti
Care amiche di Twitter, benvenute. Però dico subito che non accetto i toni di Simona Vittosi. Primo, perchè non può sottrarsi dicendo che ha già dato: si argomenta sempre. Secondo, perchè non tollero le piazzate, sia pure via web.
Poi.
Questo blog, altri blog, altre persone che hanno scritto testi su carta e su rete si occupano esattamente del perchè e del dove stiamo andando. Incluse le figlie veline. Ignorarlo (facilissimo informarsi: basta una ricerca negli archivi) non è buon motivo per venire qua a strepitare. Se poi Simona ha letto il libro della Zanardo e gli altri che sono stati citati nel pezzo o altri ancora, dica la sua. Possibilmente usando un tono diverso, ribadisco.
Quanto all’ironia. Luca ha detto tutto quel che c’era da dire in proposito, e condivido il suo intervento. Non si può usare l’ironia come scudo per un articolo debolissimo da ogni punto di vista e per reiterare, banalmente, lo stereotipo della femminista seriosa (oltre che irsuta).
Peraltro, facendo finta di non capire.
L’articolo del Sole 24 ore, come ho scritto, non è leso femminismo. E’ leso giornalismo. Perchè falsifica i dati reali. E’ l’informazione “massaggiata” di cui parlano gli analisti del linguaggio. E contrasta, oltretutto, dati che vengono forniti sullo stesso giornale quando parla, e correttamente, di womenomics.
Suona meglio così?
Vogliamo parlare di contesto berlusconiano? (A proposito della reiterata battuta sulla Bindi, il giornalista Milan di Radio24ilsole24ore stamattina ha reiterato – durante la rassegna stampa – che bisognerebbe occuparsi invece di cose serie, di politica. Altro che queste stupidaggini. Cifre. Studi. Ricerche.) Ebbene, B. fa la battuta, e ci fosse stata una ragazza dico una che saltasse su a dire, chessò, io non sono d’accordo. A simona vittosi dico, io non so dove stiamo andando. So però dove siamo arrivati.
Mi dispiace signora Lipperini ma io non credo che lei ci riesca. Penso però che lei tiene in forma benissimo pensieri ed energie delle femministe d’altri tempi ps le lezioni di giornalismo lasciamole a Scalfari come quelle di analisi del linguaggio a Chomsky. grazie. paola g
Interventi troppo corti ragazze mie. Ve vorrei più prolisse.
L’intervento corto sfocia nell’apodittico e nel faccia da cipolla versus faccia da zucchina. Ma la questione qui non è: Danna fa ride? Danna ci ha i neuroni? Cosa che io ho già serenamente risolto , e la Lippa mi perdoni, manco se l’ironia è lecita o meno – il che è tuttalpiù un problema di qualità di giornalismo – ma a noi importa relativamente. Quello che qui interessa credo stabilire è:
– esiste o meno un problema femminile in Italia? Si o no? In che settori si in che settori no?
Ora, io capisco che tutto è soggettivo, che le narrazioni variano da generazione spaziale a generazione temporale, che uno nessuno centomila, ma certi dati sono piuttosto oggettivi. Tutt’è invece decidere con onestà intellettuale che magari questi dati calzano a un modo di sentire e stare al mondo. La questione non è che non è vero che le donne accedono come gli uomini ai posti di lavoro. Questo è falso: i numeri non mentono, gli stipendi manco e la cronica assenza di asili nido neppure. La questione è che esistono donne per le quali questa sperequazione nell’accesso al mondo del lavoro, questa sintassi usata in politica a proposito delle donne, semplicemente sta bene. Si riconosco nell’asimmetria che la cultura italiana propone. Ve la ricordate Arisa? Qui se ne parlò. Cantava – con talento – che voleva la casa caa cucina e in gerani. Ecco, Danna flirta con questo parere qui. Non c’è niente di male. Ma il discorso è diverso. Vorrei che qualche commentatrice avesse l’onestà di ammetterlo. Se invece la commentatrice dice che no, vuole essere apprezzata professionalmente, vuole avere pari diritto nel mondo del lavoro ed è convinta che non ci sono problemi di sorta in tema – ma certo che deve dire di essere una bambina! Mi sembra l’unica cosa intelligente dichiarata fino ad ora.
–
Ora, io sono una di quelle che sta dentro il femminismo, a distanza di sicurezza del femminismo. Sto dentro, ma sempre un po’ riottosamente. Da una parte, trovo – scuate eh sono molto stanca e la diplomazia vacilla – semplicemente idiota dire che certe questioni non ci siano: forse in certi contesti – urbani, intellettuali – salta meno all’occhio – ma fuori dalle città è invece un’Italia ancora fortemente arcaica. Tuttavia riconosco che certe volte il femminismo anche attuale – ha un problema di comunicazione, ha un problema nella gestione delle aree di incrocio tra femminile e sessuale. Anche Zanardo – il cui lavoro è lodevole in termini di comunicazione, ha spesso assunto posizioni che la facevano sentire distante da me e perlomeno da alcune sue interlocutrici – che la sentivano paradossalmente reazionaria. Il definire cio che è “veramente” femminile versus ciò che non lo è, definire ciò che è sessualità spontanea rispetto a ciò che è sessualità indotta, è l’area problematica della comunicazione femminista. E’ l’area irritante della comunicazione femminista. L’area che secondo me ha ancora qualcosa di irrisolto. Perchè Loredana dice: ancora col clichet degli zoccoli e del gonnellone. Ma se il clichet resiste, non deve essere solo colpa degli occhi di chi lo guarda.
Grande Zauberei!
Zaub, è ovvio che il problema esiste. E’ ovvio che la comunicazione del femminismo storico è stata sbagliata. Mi sembra di non averlo mai negato. Anzi.
E’, ahimé, ovvio parimenti che chi difende quell’articolo lo fa gridando e pestando i piedi. E a Paola Grascola dico: non faccio lezioni di giornalismo. Parlo di etica. E, ribadisco, che ci riesca o no, quell’etica è stata, e gravemente, violata.
Condivido in pieno l’ultimo intervento di Loredana. Forse è perché sono tra le ‘ochette’ di questo blog ma a me pare che qui si facciano continuamente domande ecci si chieda da tempo del perché siamo arrivati a questo punto, senza mettere la testa sotto la sabbia per sottrarci alle nostre responsabilità.
Poi ‘questo punto’ può anche piacere, non dico di no, ma non vedo perché dovrei vietarmi la libertà di criticarlo. Se utilizzo degli argomenti per farlo vorrei che si rispondesse con altri argomenti e non con affermazioni generiche.
Che poi, ha ragione Loredana, qui non si tratta, almeno per me, di una questione di leso femminismo ma di leso giornalismo.
Anche se la lesione, secondo me, è di carattere molto più ampio, culturale a 360 gradi.
Il Berlucosconismo, come ormai riconoscono tutti, va ben oltre la persona di Berlusconi. Anche se B. può esserne stata la fonte (e anche su questo qui si è discusso molto) ormai sembra essere diventato una modalità di pensiero e di comportamento pervasiva, che travalica destra e sinitra. E’ il brodo di ‘cultura’ in cui siamo immersi.
Berlusconi lo incarna, lo interpreta e lo sintetizza. Da qui la citazione di una sua frase in un thread dove si parla impropriamente di ironia, perché il tono imperante è, più propriamente, quello dello sfottò.
Come di sfottò, e non di ironia, si trattava nel famoso pezzo ‘gironalistico’ sul giudice dai calzini turchese. Identico tono divertito, disimpegnato, irresponsabile.
E gli esempi di ironie, sfottò, provocazioni et similia potrebbe continuare all’infinito.
Riguardo al femminismo, di me non direi che sono femminista. Ho sempre preso le distanze, e con decisione, dai suoi aspetti più drasticamente ideologici e folkloristici, ma sono ben lontana da identificare le rivendicazioni e il pensiero femminista con questi aspetti.
Cosa che invece si fa molto disinvoltamente di questi tempi.
Zaub tu dici che forse, se una rappresentazione per pittoresca sineddoche è così radicata , un certa reponsabilità di questo potrebbe averla pure il femminismo. Può darsi, ma di questi tempi, brutalmente semplificatori e biecamente revisionisti, io non ci metterei la firma.
Loredanerrima – l’articolo è indifendibile.
Ma secondo me il problema della comunicazione non è solo del femminismo storico, ma pure quello de mo’ mio e tuo adesso.
– Cioè chiariamo. Ci sono donne che oggi riflettono e cadono in un errore – non è il caso tuo, l’errore è fornire una prescrittività di comportamento di genere. Zanardo, l’ha fatto. La cito perchè conosco il suo blog, ma ci sono altri casi. Si ipostatizza la femminilità si fanno proclami su come deve essere. Si cita, addirittura la cara vecchia invidia del pene. Questa roba è appunto reazionaria.
Poi ci sono donne invece che oggi – non allora, oggi: si trovano a dover dire, c’è un solo modello femminile ed è ipersessuato. E questo modello ipersessuato ha a che fare col fatto che te amica mia, non ci hai la maternità garantita, devi sgobbare il doppio perchè sul posto di lavoro tu abbia una promozione, in politica ti si affidi il ministro dei fusilli parapilli (l’istruzione per esempio, in una prospettiva sessista è fusillo parapillo, come l’ambiente). Anche qui, Zanardo – questa volta nel bene. Ma anche te, anche Giovanna Cosenza anche io (ner mi’ piccolerrimo) dici questa cosa, e la sessualità è in mezzo e appare contestata. Dici questa cosa e appari negare la sessualità. Ogni volta che correggi, arrivi sempre troppo tardi.
Come si fa a dire questa cosa meglio? Proteggendo il sesso?
Questo per me è il problema cruciale. Ma sinceramente mi pare totalmente irrisolto.
p.s. nel mio commento mi riferivo al penultimo commento di Loredana.
Zaub, non riesco a seguirti molto bene.
Per cui provo a schematizzare.
Sono allergica alle prescrizioni e alle ipostatizzazioni, fino ad avere in antipatia persino il verbo ‘essere’.
Sono d’accordo sul fatto che oggi, e non ieri, le donne si vanno a scontrare con un modello unico ipersessuato di femminilità.
Criticare questo modello è arduo, anche perché si va a sbattere contro lo scoglio di come sia potuto avvenire il ribaltamento della rivendicazione femminile della sessualità libera e felice nel suo esatto contrario: la sessualità come imposizione e come gabbia.
Ora, però, è vero che qui c’è un problema di comunicazione: come si fa a criticare quel modello e a salvare la sessualità? E’ vero, però il problema della comunicazione nasce, non solo per i limiti delle donne che affrontano questo nodo criticamente, ma anche per il brodo di cultura in cui siamo immersi e in cui ogni argomento, anche il più legittimo e ben posto, viene spezzato e contorto in un gioco di rifrazioni multiple. Se immergi un bastone nell’acqua lo vedi spezzato.
Ho in mente certe trasmissioni televisive, per esempio, in cui l’argomento principe era quello della sessualità mortficata da parte delle donne talebane e moraliste.
Non so, forse però volevi dire cose diverse.
p.s. scusatemi, ho scritto peggio del solito, ma spero si capisca quello che volevo dire.
@ Valeria: no,sporcare pure queste considerazioni con lezioni accelerate sul berlusconismo, mi sembra sminuente. Vero è che per il premier le donne sono accettate solo se di bell’aspetto e irregimentate e seduttive, ma il cavalier non sa nemmeno cosa è il femminismo. Se tutto è pervaso dal morbo, perché continuare ad argomentare e nel piccolo qui irrisorio a lottare?
Il pezzo di costume alla maniera della Danna c’è già da anni e anni, ma il vulnus è questa piacevolezza sprezzante, la semplificazione delle idee. Delegittimare quello che non ci piace con pericolosa nonchalance. Non stando né a difesa delle donne, né a difesa degli uomini (bé, ha della seduttiva sta tizia), ma titillando il palato dei lettori, con non celata spocchia. Fino a quando dovremo rimpiangere Camilla Cederna e altre due o tre ormai, ancora viventi, ma ottuagenarie?
Premetto che questo commento sarà politically- scorrect. Facciamo l’ipotesi di essere in italia in 60 milioni precisi. Che peccato! Ci sono almeno 52 miloni di persone, dei quali almeno 29 milioni donne, che non hanno la possibilità cultural-economica di partecipare a questo interessante dibattito. Non ne hanno proprio i mezzi, né li vogliono avere, nè sono interessati all’argomento. (Delle ragioni potremmo parlarne per secoli)
Visto che si parla tanto dell’importanza dei dati, delle cifre, questo sopra è un dato di fatto, è una cifra. Quanto alle altre cifre che sono state fornite, per la verità in maniera molto en-passant, sarebbe interessante analizzarle più a fondo, se non altro regionalmente o per gruppi d’età o per presenza motivazionale. Occupandomi di statistica, so come nascono, chi ci lavora e come, e vi assicuro che prenderle per oro colato è un peccato di manifesto semplicismo. Un po’ come prendere per attacco-alla-donna colato ( o al buon giornalismo) le baggianate dell’articolo della Danna. La situazione della donna, e del maschio, è molto più complessa e non potrà mai essere ricondotta e/o negoziata attraverso strumenti, movimenti, gruppi ideologicizzati e men che meno politici. Quando si parla di donne o di uomini si parla anzitutto di cromosomi, di storie ancestrali e profondità infinite che ci stanno alle spalle e ruggiscono ( lo si voglia o meno) nelle nostre arterie. Spero nessuno/a si sogni di leggere in questo commento la negazione della giustezza della ricerca di parità di diritti e opportunità tra i sessi, della importanza e necessità delle lotte che andavano fatte.
Ma anche semanticamente femminismo è l’opposto di maschilismo. E queste cose nella comunicazione inconscia contano. E stancano. E dividono. Per ogni scopo dev’esserci un mezzo e per scopi che possono travalicare e trasformare la Storia il mezzo va continuamente modulato, ripensato, mai va messo sopra un piedistallo ed adorato. Mi sembra che alle non consenzienti, a quelle che parlano delle figlie quindicenni e di quanto sia difficile rapportarsi culturalmente con loro, si diano delle risposte non sufficientemente argomentate, con punte vaghe di snobismo, quello sì un poco folcloristico e d’antan.
Insomma, le uniche donne che si incazzano sono soprattutto quelle che potremmo definire parificate nei diritti e doveri. Questo deve assolutamente far riflettere. Cosa c’è di sbagliato? Si tratta di cattiva comunicazione, di look inadatto, di seni rifatti o pesantezza della borsa della spesa? Davvero è un problema di tv e di veline? Cosa vogliamo dire dei maschi spaventati e trincerati che reagiscono con vari gradi di violenza ormonale adrenalinica? Solo fisiologia pura e semplice? Certo, anche questa.
In realtà non è mai esistita e mai esisterà alcuna parità tra uomo e donna. L’importante è mettersi d’accordo sulla sfumatura da dare a quel “parità”.
Rileggo questo commento e mi rendo conto che potrebbe sembrare provocatorio. Ma sono convinto non lo sia affatto. Chiedo scusa, ma per i miei gusti, il pensiero era troppo uniforme e le carte andavano rimestate.
– Valeria, quello che dici è vero verissimo sulla berlusconitudo. Ma come dire – se una ci tiene se ne deve fregare. PErchè non ci puoi fare niente. Ma anche perchè la berlusconitudo è solo un agente parziale: il problema di cui parliamo c’è stato anche nei dibattiti su femminismo e genere anche di altri contesti nazionali. Con la stessa problematica, ma sono stati superati, secondo me perchè c’è un modo diverso dietro di essere di sinistra oltre che di destra, ma c’è anche un modo diverso di fare cultura. No qui per me ogni tanto – dalle parti nostre no de vell’altri, ci sono dei rigurgiti anacronistici incontrollati. Anche la visione del sesso anni sessanta andrebbe un tantinello riaggiornata, la quale ritorna sempre nella polarizzazione naturale/artificiale che è un leit motiv delle discussioni di oggi. Oh guarda quaa poverina! Ci ha li trucchi e li tacchi! Che postura artificiale! Non è naturale non è se stessa. Questa cosa per cui sei come madre natura ti ha fatto e non ti devi interpretare perchè se no cedi alla lettura sociale di te, è un problema. Perchè tende a sottovalutare le mie scelte autonome, perchè ipostatizza il genere rendendo l’Italia anacronistica in un occidente dove si discute come proteggere i diritti di una trans ad avere una vita gradevole. Lo statuto del femminismo italiano ha in questo senso una parentela non trascurabile con la debolezza della battaglia per i diritti delle coppie omosessuali. E le ragioni di questo vanno cercate a sinistra qanto a destra.
Marco, ho trovato il tuo commento un po’ incoerente, forse la parte sgradevole del tutto non è la complessità (marò quelli che vengono in questo blog e dicono uh la faccenda è complessa! credendo di aver portato la bibbia mi lasciano sempre di stucco) che ci è arcinota, ma un tuo sentimento che occhieggia e che non sapevi se scriverlo o meno. Ti è scappato nell’indicativo giocondo di “la parità non c’è stata e non ci sarà mai”. Il resto era una mescolanza di cose sensate cose insensate atte a dissimulare un pensiero di fondo tuo. Comunque, io non credo che il femminismo sia l’opposto del maschilismo: per storia, tendenze significati interni. Perchè il contrario di una asimmetria è una asimmetria opposta, ma tutte le donne che partecipano almeno a questo forum non vogliono sottomettere gli uomini. Vogliono la parità. Il maschilismo è connesso a questioni sociali e storiche e anche psicologiche. Ma specie quello che investe la qualità dei rapporti piuttosto che l’interpretazione dei ruoli è correlato a una psicologia involuta difensiva problematica. Il femminismo no. Questo lo dico pensando a famiglie di amici miei ancora piuttosto tradizionali in quanto a interpretazione dei ruoli di genere – ma molto più libere dal cotè maschilista di altre coppie dove entrambi portano i soldi a casa.
Ad ogni modo, alle persone queste cose interessano sempre – hanno sempre delle opinioni in tema. Basta parlarci. Magari a certe connessioni non ci pensano ma se semplicemente chiacchierando si dice guarda io noto questo e questo le persone con la busta della spesa pesante dialogano con te alle volte ti insegnano delle cose, altre ti stupiscono, altre ti sono grati e scorpono dei mondi. Questo discorso per cui certi problemi etici riguardano solo presunte elite culturali – parente di quell’altro per cui i problemi psicologici sono solo dei ricchi – lo spacciate sempre con il ricatto di oh guarda me io si che sono bravo io si che sono vero demogratico mica come te che ti sciacqui la bocca coi paroloni – è invece una cosa di vero snobbismo e vero classismo.
Zauberei, “la faccenda è complessa” 😉
intendo la questione del corpo. Tra le femministe di non nuova generazione c’è stata per fortuna anche chi (Beatrice Faust) ha scritto del piacere sensuale soggettivo provocato dall’indossare tacchi alti; poi su quanto o quali codici dell’abbigliamento siano interpretazione o costrizione/omologazione si può dibattere di qui all’eternità, come sul cosa si intenda per corpo “liberato”.
E’ vero il pratino è stato boicottato, ma si son dette cose buone sull’importanza della fisicità e del non disconoscere il corpo. Questo è un passaggio fondamentale, ineludibile – non so chi possa negarlo.
Ne riparleremo sicuramente.
Scusate, non riesco a farmi capire.
Zaub con te, come mi capita spesso, sono d’accordo e sono d’accordo pure con Laura.
Solo che per me il punto della questione è un altro. E intendo dire che per la mia evidentemente esasperata sensibilità attuale è un altro.
Per me non si tratta del cosa (il femminismo) ma del come (il modo di trattare qualsiasi argomento), per cui avessi letto un articolo dello stesso tenore ‘a favore’ del femminismo la mia reazione sarebbe stata la stessa.
Certo ‘berlusconismo’ è una parola passe-partout con cui in genere si indica un clima culturale, di cui il sessismo è solo una parte, bella sostanziosa, ma una parte.
E questo clima, secondo me, rende difficile la comunicazione in generale perché ogni parola che diciamo dobbiamo inserirla e misurarla in questo contesto. Fare finta che questo contesto non ci sia sarebbe un errore, esserne consapevoli invece può rendere possibile la ricerca di antidoti.
Come diceva ieri in una interessante intervista a Fahrenheit Massimiliano Pararai autore del libro ‘Legemonia sottoculturale. L’Italia da Gramsci al Gossip’.
Poi può essere anche che tutto ciò sia una mia ossessione personale, una forma di insofferenza ormai patologica, e sinceramente arrivo a sperare che sia davvero così.
p.s. scusate di nuovo, il nome esatto è Massimiliano Panarari.
caro/a Zaube, ho letto molte cose interessanti e stimolanti pure nei tuoi commenti, ma questa tua risposta alla mia mi pare un po’ confusa. Non mi sembra tu abbia capito il cuore del mio pensiero. Anzitutto dicendo” marò quelli che vengono in questo blog e dicono uh la faccenda è complessa! credendo di aver portato la bibbia mi lasciano sempre di stucco” mi dai la sgradevole impressione di essere ospite poco desiderato – e con le suole sporche – in casa tua, casa che tua non è in verità, magari sarai un abituale frequentatore/trice, ma questo non ti fa guadagnare punti coop, né scalare gradini dai quali parlare con maggiore efficacia. In questa frase e nel mio -secondo te – portare la Bibbia c’è molto di quello snobismo d’antan di cui dicevo. Quanto all’indicativo giocondo che citi e che mi sarebbe scappato, non so che dire: quello è il semplicissimo centro del contendere; perché cercare di complicarlo? Basta appunto accordarsi sulla sfumatura di “parità”. il femminismo è dialetticamente l’esatto contrario del maschilismo, due espressioni di estrinsecazione e difesa di due posizioni che non possono che essere diverse. Poi sul merito dei metodi e dei perché possiamo discutere. Se dico che il nero ed il bianco sono diversi ed opposti, non puoi rispondere che il bianco s’intona meglio alle scarpe o che sin dai tempi antichi possiede un’accezione di purezza. E quando dici” ma tutte le donne che partecipano almeno a questo forum non vogliono sottomettere gli uomini” trovo assai illuminante da un punto di vista semantico e psicologico quell’ “almeno”. In realtà, piacevole o meno che sia, bisognerebbe partire dal fatto che tutte le donne vogliono sottomettere gli uomini e viceversa – e anche le zie gli zii, i dobermann le dobermann -. Poi viene la società con le sue regole stratificate e straficantesi nell cui brodo nuotiamo con le nostre idee.
Ancora tu scrivi che il maschilismo “specie quello che investe la qualità dei rapporti piuttosto che l’interpretazione dei ruoli è correlato a una psicologia involuta difensiva problematica. Il femminismo no. “. Questa mi sembra una sciocchezza o forse un pio desiderio inconscio. Per migliorare le cose cerchiamo di sapere come stanno, anche se non ci piace, anche se non ci fa comodo.
Per finire cito ancora la tua chiosa finale ” Questo discorso per cui certi problemi etici riguardano solo presunte elite culturali – parente di quell’altro per cui i problemi psicologici sono solo dei ricchi – lo spacciate sempre con il ricatto di oh guarda me io si che sono bravo io si che sono vero demogratico mica come te che ti sciacqui la bocca coi paroloni – è invece una cosa di vero snobbismo e vero classismo.”. Sono totalmente lontano dal pensare che certi problemi etici riguardino solo presunte elite culturali; davvero non capisco come tu abbia fatto ad estrapolare il contrario, anzi ritengo di aver affermato l’opposto. Molto interessante è altresì quel “lo spacciate” attraverso il quale cerchi di collegarmi a presunti gruppi di pensiero che forse esistono e sono strutturati solo nel tuo ( di pensiero) ed ai quali non appartengo. Questa è una tattica, un poco offensiva, degna di altra causa e soprattutto straabusata nella dialettica comune. Come quella usata nella tua chiosa finale ” oh guarda me io si che sono bravo io si che sono vero demogratico mica come te che ti sciacqui la bocca coi paroloni” che non è degna dei tuoi precedenti e interessantissimi commenti a questo post.
Marco Benelli
Marco. Guarda mi spiace se con la mia aggressività ho elicitato la tua. Ma questo commento lo trovo ancora peggio del primo. Per giunta è infarcito di asserzioni dette come se fossero verità psicoanalitiche tutte da dimostrare. La psicoanalisi – selvaggia – è infatti il grande hobby di chi non la conosce per niente, e abusando di quelle categorie la danneggia. Nessuna persona seria che conosce seriamente queste cateogorie si permetterebbe di inferire alcunchè sui desideri inconsci di un interlocutore – nel caso interlocutrice. Questo accenno mi fa passare qualsiasi desiderio di discussione con te. Per il resto – rileggerei le prime righe che hai scritto, la prossima volta che ti capitasse di essere frainteso, considera la parte di responsabilità che ti riguarda.
Anche “questo commento lo trovo ancora peggio del primo” è un’asserzione detta come se fosse verità. Quanto alla psicanalisi (?) selvaggia, temo non sia il mio caso, ma non starò a citarti il perché, visto che non servirebbe a farti cambiare idea. E trovo un po’ troppo semplicistico dire che ciò ti fa passare la voglia di interloquire con me. Così fanno bambini e bambine, via! In realtà io dico trave e tu vuoi capire pagliuzze. Sempre demagogie accattivanti e mai massimi sistemi. E poi ci si chiede perché la sinistra ( della quale faccio parte e dei cui difetti di conseguenza sono fortemente portato a discutere) continui ad arrancare, non solo nelle urne, ma ormai anche culturalmente….
Marco
chiedo scusa, zauber, ma ho dimenticato di farti notare che con asserzioni psicologiche hai cominciato tu. rileggiti il tuo primo commento: hai citato tre volte la parola psicologia e suoi derivati, hai adoperato metodi psicanaliti in almeno altri quattro passaggi. Ma non mi permetto di definirti psicanalista selvaggia o della domenica.
A me non dispiace discutere con te.
Marco
@ Valeria: figurarsi nessuno pensa che la tua insofferenza verso l’attuale premier sia patologica (insomma te lo sogni di notte mentre lo spiumi? In ogni caso nessuno ti potrebbe biasimare), è il concetto di berlusconismo inserito sempre, che se no il contesto è decontestualizzato e vacuo che mi rende perplesso. Panarari fa il suo, tu t’accodi o l’ossessione era già ben presente? Sì?
Recentemente una piccola casa editrice americana femminista specializzata nella fantascienza, Acqueduct Press, ha pubblicato una raccolta di prosa – racconti e saggi – di Chandler Davis, professore universitario di matematica che prese il lavoro a causa del maccartismo e scrittore di fantascienza .
La raccolta prende il nome dal suo racconto probabilmente più famoso, It walks in beauty (notare pronome neutro) scritto negli anni 50 ma pubblicato solo parecchi anni dopo, che è una visione di un futuro in cui viene operata una selezione al raggiungimento della maturità sessulae – ci sono le “danzatrici” che potranno esibirsi, avere rapporti sessuali, ed eventualmente “sistemarsi” e le neutre, che lavorano come e con gli uomini.
Non occorre essere donne per riconoscere in questa visione paradossale l’espressione di una tensione ancor oggi presente nella società, e infatti Davis era maschio. Femminista, ma maschio eterosessuale.
Il maschilismo è un insieme di abitudini discriminatorie e scorciatoie di pensiero fatte passare come verità naturali e giustificate da presunte predisposizioni innate.
Il femminismo è un insieme di teorie e prassi, a volte ingenue o in contrasto fra di loro, che nascono in risposta a questo squilibrio.
Non mi sembra proprio il caso di ridurre la contrapposizione al vecchio luogo comune degli “opposti estremismi”, o di dire che il “femminismo è dialetticamente l’esatto contrario del maschilismo, due espressioni di estrinsecazione e difesa di due posizioni che non possono che essere diverse.” Non è che il maschilismo sia quello che vogliono i maschi mentre il femminismo è quello che vogliono le donne.
Piuttosto, il maschilismo è “razzismo” di genere, il femminismo “antirazzismo” di genere.
marco (un altro)
No, Vincent, Berlusconi non è il mio incubo, ma forse tutto quello che gli ruota attorno sì.
E’ di qualche giorno fa un articolo di Feltri che ti invito a leggere: l’ossessione berlusconiana prima che mia smbra essere dei suoi fans.
“Il Pdl funziona perché non è un partito ma un contorno, il contorno di Berlusconi. Se togli lui dal timone, più che una barca restano il guscio di una noce e una ciurma allo sbando. Il premier ne è consapevole, quindi ai suoi uomini chiede solo di dargli una mano in sala macchine. Non ha bisogno di apparati burocratici, di una folta gerarchia, ma di gente fidata e moderata, anche nei furti. È inevitabile che qualcuno rubi, ma senza esagerare.”
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Se nel tuo lessico, ‘essere d’accordo con’ ‘condividere le opinioni di’ viene espresso con il verbo ‘accodarsi’ allora sì: mi accodo a Panarari. A te, scusa, non mi viene spontaneo.
Marco2, a mio parere il femminismo che descrivi tu è una sorta di pandizzazione della donna (nel senso del panda), che troverei offensivo se fossi donna oggi. Queste idee invecchiate, che tuttora resistono soltanto in certe ingessate elite culturali, non sono di aiuto alcuno alla gloriosa marcia inarrestabile della femmina, anzi sono il motore della residua disparità esistente. Quando una posizione si stabilizza sul politically correct, bisogna sistematicamente diffidarne.
Un dato che non fa comunque statistica: nelle ultime 22 filiali di banca che ho visitato ( non per rapinarle, sia chiaro) 15 erano le direttrici e 7 i direttori. Le cose si muovono molto più velocemente delle idee. Diamo aria a certe stanze e proviamo ad ascoltare seriamente chi porta contributi non conformisti.
Magari senza bendaggi sugli occhi riusciremmo a cogliere quaslche spunto di riflessione. Ah! la pigrizia intelettuale…
Marco1
Non vedo proprio cosa ci sia di pandizzazione della donna in quello che ho detto. E’ molto semplice – continuano ad esistere modelli di pensiero che sono penalizzanti, ed ostacoli oggettivi alla parità- basta pensare al linguaggio sessista che viene usato nei confronti delle donne di potere, o allo sproloquio di Veneziani sulle donne in carriera. Accorgersene e farli notare è dovere di tutti. Per il resto, il mio dato che non fa statistica è questo: conosco due donne che hanno insegnato in università all’estero (Germania e Norvegia) e sono tornate in Italia per motivi familiari.
Per quanto nè Germania nè Norvegia siano il paradiso, loro la differenza con l’Italia l’hanno vista eccome.
E ne conosco un altra che ha dovuto rinunciare al dottorato (prima al concorso) perché in quel momento non riusciva a gestirlo contemporaneamente alla famiglia. Se poi vogliamo raccontarci che in Italia le cose si muovono velocemente e la marcia della femmina è gloriosa e inarrestabile, facciamolo pure.