A SCUOLA CON MASTROCOLA

Non è “semplicemente” una stroncatura. E’ una
riflessione – assai benvenuta- sul sentimentalismo pedagogico. Girolamo De Michele,
su Carmilla, A lettera morta-La scuola di Paola Mastrocola.
Estratto.

Ho una convinzione: bisognerebbe riprendere e
riaggiornare quel programma gramsciano che va sotto il titolo I nipotini di
padre Bresciani
, e che secondo Arbasino avrebbe potuto portare alla stesura
di un libro intitolato Cretini d’Italia: la catalogazione del moderno
tradizionalismo popolare. Il programma dovrebbe comprendere una rubrica sulla
produzione scolastico-sentimentale, e catalogarne le varianti come
manifestazione tipica di aspetti peculiari dell’ideologia italiana. Questa
produzione non è un fatto nuovo: c’è sempre stata una pubblicistica che,
parassitando le grandi ondate del dibattito pedagogico (spesso orecchiate più
che conosciute) – Dewey, Bruner, dom Milani, Illich, Pasolini – e le ricadute
pratiche di questo dibattito, ne scimmiottava il livello culturale “alto”
traducendolo in un lessico “basso”, venato di sentimentalismo alla Carolina
Invernizio («questa onesta gallina della letteratura popolare», diceva
Gramsci), non senza un qualche ammiccamento alla pedagogia idealistica. Si
tratta di due cavalli di Troia buoni per tutte le stagioni: il sentimentalismo
nasconde nella pancia il paternalismo-mammismo pedagogico, l’idealismo ammanta
col legname della cultura e dello spirito l’autoritarismo educativo. Erano
opuscoli a circolazione ristretta, la cui memoria svanisce a fronte del
permanere dei grandi classici dell’educazione: la Lettera a una
professoressa
o Il mio credo pedagogico hanno ancora valore e
attualità, mentre nessuno ricorda più – e comunque nulla hanno da dirci – le
scialbe paginette di un, poniamo, Scuola addio. Qual è allora la novità
rappresentata dagli scritti “scolastici” (Una barca nel bosco e La
scuola spiegata al mio cane
) di Paola Mastrocola, commercialmente vincenti
e sostanzialmente tollerati dalla critica? Cosa hanno in più i suoi libri per
piacere al lettore medio (lavoratori della scuola compresi) e non disturbare, a
dispetto del suo mediocre livello letterario, una critica disposta a fare
strame di un Ammaniti o un Camilleri?
Una prima risposta può venire dal boldinismo di questa autrice, che però
– attenzione – non sceglie come riferimento “alto” il dibattito pedagogico. La
Mastrocola detesta la pedagogia (salvo aderire a quella forma di naturalismo
ingenuo che è la pedagogia idealistica), non ammette distinzione tra “conoscere
la materia” e “saperla insegnare”: per lei amare i contenuti della propria
materia è condizione necessaria e sufficiente per saperli insegnare. Tutto ciò
che si discosta dalla scuola del tempo che fu è bollato sotto la rubrica “La
scuola che si adegua”: «La scuola che si adegua è la scuola che non fa lezione,
ma brainstorming e uscite didattiche; non boccia, ma recupera; non chiede, ma
offre; non segue programmi, ma percorsi; non fa letteratura, ma comunicazione;
non chiede il tema, ma l’articolo di giornale; non fornisce contenuti, ma
metodi; non fa vita e opere, ma analisi del testo; non impone libri da leggere,
ma lascia scegliere» [p. 138]. Per darsi una parvenza “letteraria”, la
Mastrocola preferisce rimasticare gli stilemi letterari di un Mastronardi (Il
maestro di Vigevano
), a cui aggiungere tonalità patetico-sentimentali (il
ragazzo cresciuto a pane e latino in bucolica solitudine su un’isola, il cane
unico interlocutore della narratrice solitaria). La stessa tecnica viene
applicata ai contenuti: come Boldini accostava ritrattistica retrò e pennellata
impressionistica, così la Mastrocola giustappone contestazione e tradizione,
libertà di insegnamento (la sua) ed autoritarismo “dolce”. E soprattutto,
indipendenza apparente (né con Berlinguer né con la Moratti) e appartenenza
politica di fatto: dai suoi libri si potrebbero trarre didascalie esplicative
per illustrare la riforma. In realtà la Mastrocola è una morattiana implicita:
la sua “denuncia” dei mali della scuola dimostra come l’atteggiamento ingenuo e
naturalistico sia il vero retroterra, spesso inconscio, della destra.

35 pensieri su “A SCUOLA CON MASTROCOLA

  1. Ho un’amica insegnante ormai distrutta dalla scuola.Va avanti a pscofarmaci. Dice che i bambini delle medie oggi a scuola fanno il cazzo che vogliono, né più né meno che se fossero a casa: se gli va di fare una cosa la fanno, se non gli va (“se non va loro”:-))non c’è verso di piegarli. I genitori sono sempre dalla loro parte e pronti ad accusare gli insegnanti. Vabbè. Esagerazioni. Consiglio a Girolamo anche il libro della Pitzorno di cui nel mio… azz, devo trattenermi:- )

  2. Divertente l’accusa di “Boldinismo”. E io che pensavo che fosse un grande, Boldini.
    La domanda, non solo a Girolamo, è: da chi posso aspettarmi la pars costruens?

  3. avevo letto con un certo gusto “palline di pane” (mi aveva divertito la rappresentazione di una crisi femminile semiseria, con bimbo-adulto al seguito e soprattutto la capra…). così mi sono comprata anche “una barca nel bosco”. non solo l’ho trovato brutto (davvero, scritto male, di una sciatteria esasperante) ma mi ha proprio fatto star male; trasmette un’immagine dell’adolescenza, della funzione della cultura per la vita di un adolescente e del rapporto educativo fuori e dentro la scuola che è sconcertante (mi viene da dire perniciosa…) dev’essere perché ho due figlioli adolescenti… sì la mastrocola dà l’idea di una che sta in cattedra a scaldarsi al tiepido fuoco della propria – sedicente – passione per la letteratura e dunque di una che molto probabilmente non sa insegnare. una che cerca di gratificarsi con la creazione di piccoli cloni da poter chiamare geni (gli altri a zappare, suppongo). un pericolo pubblico in fatto di pedagogia. ricordo anche che la mastrocola – interpellata da repubblica su quali libri secondo lei un liceale dovebbe avere letto prima di lasciare il liceo – ha partorito la seguente lista demenziale (demenziale in quanto lista non per le sue singole degnissime voci).
    «Che cosa e perché leggere prima di lasciare per sempre i banchi di scuola? Mastrocola sciorina i titoli senza esitazioni, seguendo quel personale filo rosso che ogni appassionato lettore ha nell’anima: l’Odissea di Omero, il Piccolo Principe di Saint-Exupéry, Guerra e Pace di Tolstoj, Ossi di seppia di Montale, Tonio Kroger di Mann, i Sonetti di Orfeo di Rilke, il Canzoniere di Petrarca (il poeta che Mastrocola non manca mai di citare quando vuole sottolineare la crisi di un sistema scolastico che non vuole più insegnare ciò che non è immediatamente “utile”), l’Orlando furioso di Ariosto, Le piccole virtù della Ginzburg, la Vita di un uomo di Ungaretti, Il barone rampante di Calvino, l’Enrico IV di Pirandello, il Re Lear di Shakespeare, l’Edipo Re di Sofocle, La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth, il Moby Dick di Melville.» (notate oltre all’estemporaneità del tutto, l’incongruità della lista se pensata in rapporto a un diciotenne nonché l’assenza di un *saggio* di qualunque natura: da ciò si capisce che secondo lei insegnare letteratura è qualcosa di totalmente distinto dall’insegnare a usare il cervello)

  4. @ Paolo S
    ti anticipo la conclusione del mio saggetto: queste rappresentazioni caricaturali della realtà scolastica (i mastrocolismi, i moccismi, i muccinismi, e poi Scurati, Parente, ecc.) hanno, come cusa principale, l’incapacità di autorappresentazione della scuola in quanto tale (ma anche delle sue componenti). la pars costruens dovrebbe essere ciò che quotidianamente la parte migliore della scuola mette in atto: ma, appunto, questa realtà non viene rappresentata.
    Scusa se ti tocco Boldini: l’essenza del paragone è il kitsch, sei libero di pensare che Boldini non sia kitsch (mi sembrava un po’ troppo persino per la Mastrocola paragonarla a Marilyn Manson…).

  5. Che bello! Abbiamo l’ennesimo fake sponsorizzato (solo?) dal clan Angelini-Melloni. Questa volta si chiama Lucianone Freud. Hanno preso il calco dei Vmo e ne hanno fatto la brutta copia: stessa prosa deliberatamente sgrammaticata; stessa impronta caricaturale del personaggio; stessa strategia della visibilità, con post disseminati su tutti i blog e i siti di letteratura.
    Qualcuno ne sentiva il bisogno? Io no.

  6. @ Girolamo: stai dicendo qualcosa come “dove sono i Mario Lodi di inizio millennio”? Me lo chiedo anch’io, come mi chiedo se mai saprò che cosa fanno (e cosa pensano) oggi i suoi ex alunni, quelli che hanno illustrato Cipì, per dire. Per quanto – per esempio – apprezzi Marco Lodoli (una parte sana della scuola che sa anche autorappresentarsi), non vedo un suo “equivalente teorico” che sia intellettuale e non “buroratico”. La narrazione espone ma non propone (bello, per esempio I professori e altri professori. Bello… e poi?).
    Proposte di ” pedagogia resistente” è un bel po’ che non ne sento…
    C’è qualcuno che mi sa illuminare?
    Thanks!

  7. scusi pollock, io so chi è angelini, guardo tuti i giorni il suo blog. ma non so chiè melloni e fake,poi mi dica anche cosa è vmo, a me pare una sigla di un prodotto tipo una aspirapolvere, o un fero da stiro. sgrammaticato perchè non ho fatto le scuole che ha fatto lei, anche se mi sono diplomato e ho lavorato sodo al ministero per trent’anni e passa. io scrivo con vari letterati compreso il grande scrittore gianni biondillo, adesso leggerò subbito con la morte del cuore, e biondillo mi ha fatto l’onore di venire oggi subbito sul mio bllog http://lucianofreud.splinde.com, e poi è normale che è nuovo il blog e io lascio degli ot scusandomi coi gestori come la signora lipperini o il dottor mozzi o la dottoressa gaetani, o i capoccioni di nazione indiana come raos inglese forlani biondillo fk, e lo angelini stesso. se non le piasce come scrivo puo’ no n leggere, gli italiani non leggono quasi sempre, faccia anche lei come quasi tutti gli italiani.distinti saluti.

  8. Non “pedagogia resistente”: pedagogia produttiva, o poietica, o costruttiva. Che, insisto, si fa. Domenico Starnone è, in parte, riuscito a dare visibilità ad una fase di grande sbandamento e incertezza della “professione docente”: a distanza di dieci anni, però, il suo “personaggio” (Silvio Orlando, per capirci) rischia di apparire ambiguo, o addirittura qualunquista, se non lo si contestualizza. Il povero Sandro Onofri era molto bravo, nella sua rubrica sul Diario, a spiegare quel che faceva. Infatti aveva rinunciato all’università per andare a insegnare lettere nei professionali, cosa che mi risulta facesse anche Sebastiano Timpanaro. La Mastrocola non credo si sia mai sporcata le mani con gli Istituti Professionali.

  9. sen’altro dottoressa, scusi ancora, lei èmstata gentilissima a accogliermi nel suo blog, ho stampato tutta la discussione di oggi e la leggerò stassera dopo il testa a testa berlusconi prodi.

  10. Dai, Lucianone,tu devi essere una vecchia e veritiera conoscenza, e so benissimo che hai le capacità di entrare in argomento. Anzi, sarebbe bello e interessante che dicessi la tua…

  11. dottoressa, lei mi fa più intelligente di quello che sono. in punta di piedi le dico che mastrocola scrive delle cose discutibbili. il discorso di morattismo implicito me sembra calzante, spesso gli insegnanti introiettano (se disce così) delle forme mentis particolari dure a morire. io con lascuola ho avuto momenti così così, quano rinaldo era piccolo era una pena, ha fatto solo un anno e mezzo del geometri. io ho fatto il diploma tantissimi anni fa, erano altri tempi. purtroppo c’era troppa severità, oggi c’è il lassismo. bisognerebbe trovare il medium staet virtis. credo questo. la saluto con viva cordialità, a lei e a tutti i suoi simpaticissimi commentatori.
    luciano
    ps. se scrive che sono una vecchia conoscenza non capisco bene. vuole dire che sono vecchio? a me sta bene, dottoressa, sono vecchio e un po’ me ne vanto. non rimpiango moltissimo la gioventù, le dico la verità. però, certo, una vecchiaia serena è un controsenso,con sto berlusconi. pps. speriamo che prodi glie fa il mazzo!

  12. A proposito di scuola… Non ho letto il libro della Mastrocola, però vorrei dirvi da insegnante (Loredana mi conosce perché ho insegnato a a suo figlio), come considero il mio lavoro. Il “mestiere” dell’insegnante non s’improvvisa, non è una missione, una vocazione, ma una professione. L’insegnante deve essere preparato, deve padroneggiare la sua materia. Gli interventi educativi devono essere pianificati per obiettivi minimi, a piccoli passi, per raggiungere la finalità della conoscenza… La cultura non è acqua ( con tutto il rispetto per la preziosa acqua!) e occorre SAPERE ciò che si insegna. Non basta l’amore per la propria materia anche se è certo che non si può insegnare bene se non si tramette entusiasmo agli alunni. Insomma l’insegnante DEVE sapere, aggiornarsi, documentarsi e soprattutto motivare gli studenti, liberarli dalla cappa oppressiva di quella che è la concezione del ” prima il dovere poi il piacere”. La conoscenza è e deve diventare un PIACERE. Ma come tutti i piaceri, come tutte le gioie bisogna conquistarsele, anche con la fatica, con lo sforzo conoscitivo di chi vuole sondare, di chi vuole scoprire. Occorre riavvicinarsi allo studio del testo, leggere seguendo delle indicazioni…ma anche abbandonarsi alla libera lettura, senza alcuna imposizione, come ci insegna Pennac nel suo “Come un romanzo”.
    La scuola oggi deve riuscire a potenziare il gusto di studiare, per se stessi prima di tutto, deve armonizzare i saperi di ieri con quelli in divenire, deve apportare nuova linfa e permettere ai ragazzi di scrostare la facciata conformistica per svelare la sostanza della conoscenza. Offrire e chiedere, ma chiedere aperture da parte degli studenti, privilegiando il dialogo, socraticamente parlando.
    Insegnare è un “Mestiere difficile” ( per citare il libro di Domenico Cantarese che dovrò recensire per la rivista l’Ateo) , un ponte tra l’arte e la scienza. E stiamo attenti perché alla Moratti non piace né l’arte, nè la scienza!
    Ciao Loredana e saluta Olly !

  13. Confermo. Se è vero il vecchio detto secondo cui si incontra un solo insegnante degno di questo nome nell’arco della vita scolastica, Olly si è già giocato il proprio asso con Rosalba 🙂

  14. Concordo, grossomodo, sul giudizio assai critico dato sui libri della Mastrocola. E mi fa piacere che tra i commenti sia stata ricordata la figura di Mario Lodi. Io aggiungo anche quella di Gianni Rodari. Non penso che oggi non ci siano docenti non interessanti, certo il ruolo del docente è andato, a livello sociale, sempre più a scadere. Basta guardare gli stipendi. Ciò che colpisce, personalmente, è che i genitori, di fronte a una qualità della scuola che scade oggettivamente, non insorgano. Evidentemente ai cosiddetti utenti della scuola (studenti e loro genitori) va bene così. Peccato.
    P.S. Non mi permetteri mai di dare troppi consigli al mio idraulico, ma lui senza dubbio oggi me ne dà su come io faccio l’insegnante: questo significa qualcosa.

  15. @paola: ho visto la lista della mastrocola e nonostante sappia che le liste sono sempre parziali, ho avuto diciamo un sobbalzo quando non ho letto i nomi di wilde e della austen, tanto per dirne due …
    @calix: ci sono professioni che si prestano più di altre ad essere criticate e l’ uomo comune crede di saperne quanto e più dell’ esperto; tanto per fare un esempio, vogliamo parlare della psicologia? (NB: è una domanda retorica, non ho intenzione di scatenare un flame …)

  16. @ Rosalba
    il tuo post sembra un manifesto anti-Mastrocola, a cominciare dalla simpatia per Pennac: per la Mastrocola quel libro di Pennac è l’inizio di tutti i mali. Ma ci credo che non hai letto “La scuola spiegata al mio cane”, ti basta essere una brava insegnante 🙂

  17. Certe notti non riesco proprio a farmene una ragione.Un blog con una tenutaria coltissima e simpatica,frequentato dalle migliori firme,o presunte tali,del panorama letterario che ci conduce in nebulose non meglio definite(chi riesce a cavare un ragno da questi dibattiti cosa vince,due dosi di eroina?)
    p.s. inseritemi tranquillamente nel desiderata del prossimo potenziale libro di Arbasino,se e quando lo scriverà.Oppure applauditemi,ma mettete in moto qualche input,per il bene della letteratura)

  18. Io vorrei insistere sul fatto che non si dovrebbe parlare solo dei docenti illuminati o meno. Vecchio vizio italiano. Il vulcanico genio italico sembra avere come come contropartita l’incomprensione e l’isolamento. L’intellettuale “disorganico”, ma non per volontà sua.
    Voglio dire, siamo il paese di Lodi, Munari, Rodari e vogliono darci la vuota scuola delle tre I. E, ahimè, anche quando abbiamo De Mauro ministro della PI non è che ciò faccia rifulgere di intelligenza il ministero e le sue propaggini…

  19. Intervallo OT.
    i Carmilli del Ccap hanno scritto una cronica di un fatto ‘cronico’ avvenuto ieri, ma proiettato nel passato e nel futuro. in stile Philopat.
    http://www.carmilla
    online.com/archives
    /2006/03/001709print
    .html
    besos

  20. Mi sono letta quasi tutti i libri della Mastrocola e mi sono piaciuti. Non vorrei,a questo punto, essere lapidata. Mi hanno sollecitata a riflettere di più sulle deficienze del sistema scuola, sulle storture evidenti e sull’ancora utopica “scuola dei progetti” di cui parla l’autore della stroncatura.
    Di progetti ce ne sono tanti, ma i più sono finanziamenti rubati all’Europa, strumenti di arrotondamento dello stipendio dei docenti e velleitarie attività didattiche la cui ricaduta sull’apprendimento degli studenti non è valutata da alcuno seriamente.

  21. Sono un’insegnante di una scuola media di Torino e volevo segnalare un libro che ho appena letto e che ho trovato molto bello in un momento in cui la scuola sembra in crisi e non ritrovare se stessa. Il libro è “STAR BENE A SCUOLA SI PUO’?”, di Emilia De Rienzo, , Utet Libreria, Torino, 2006, pag. 147, euro 15,00.
    Questo libro è stato scritto da un’insegnante di scuola media, è uno scritto-testimonianza. L’autrice, infatti, non ha affrontato il problema dell’apprendimento vero e proprio, di cosa, cioè, la scuola debba insegnare, dei programmi, di quali materie, di quali contenuti, non ha parlato di riforme. Ha voluto affrontare, invece, ciò che sta a monte dell’apprendimento, cosa i ragazzi devono trovare nella scuola per mettere in moto le loro menti, per essere motivati ad apprendere, per non sentirsi, appena arrivati nella scuola, già fuori. E’ un libro che aiuta a riflettere anche attraverso esempi concreti e storie di ragazzi su come ci si debba mettere in relazione con i ragazzi, su come sia importante intessere con loro un dialogo costante, schietto ed aperto imparando ad ascoltarli e a non slegare l’apprendimento dalla sfera emotiva.
    Solo se, infatti, le emozioni e i sentimenti degli allievi sono accolti e riconosciuti come aspetti strettamente legati all’esperienza e non come ostacolo o disturbo allo svolgimento del programma, il ragazzo potrà aprirsi all’apprendimento che di per sé è un percorso difficile.E’ un libro che dovrebbero leggere tutti gli insegnanti, ma non solo anche i genitori e tutti quelli che hanno a che fare con i bambini e gli adolescenti e hanno a cuore il loro futuro. Purtroppo è un libro poco pubblicizzato. E’ possibile farlo con un buon passa- parola Spero che voi lo leggiate e lo recensite sulla vostra rivista. Costanza Saccoccio

  22. segnalo tavola rotonda organizzata dal MPI alla Fiera del Libro di Torino alla quale parteciperà Paola MAstrocola assieme a MAssimo Perotti e Flavio Soriga dal titolo “Insegnanti e narratori. What else?”
    Si terrà il giorno 8 maggio 2008, ore 16,30 – 17,30
    Lingotto Fiere, Arena Bookstock Village, Padiglione 5
    Coordina TIZIANA CATENAZZO
    Forse una buona occasione per ascoltare qualche cosa di nuovo?
    Cinzia iossa

  23. microtestimonianza: sto facendo una breve esperienza come insegnante d’inglese di terza area (praticamente i più sfigati: possono mettere note ma non avere colloqui con i genitori né partecipare ai consigli di classe), in un istituto tecnico e con ragazzi di quarta che durante le lezioni trascorrono il loro tempo guardando il cellulare alla ricerca di messaggi, baccagliano, litigano e dimostrano di non avere alcun senso dell’opportunità riguardo al contesto in cui mettono in atto i comportamenti suddetti. però, quando ho chiesto loro un’autovalutazione scritta che mi sarebbe servita per compilare la scheda di valutazione ufficiale, alla voce (inventata da me a scopo sperimentale) “grado di gentilezza” – che veniva dopo “competenza nella materia” e “capacità di autocontrollo” -, hanno scritto cose come “molto buono”, “grado molto buono di gentilezza e disponibilità verso il prossimo”, “buono o almeno credo… di solito cerco sempre di pormi e rispondere gentilmente”. aggiungo che, catturati con gli argomenti giusti (tagliati un pochino sui loro interessi), rispondono quasi sempre molto positivamente. che dire? quando ieri uno dei ragazzi ha ingenuamente espresso simpatia per il mio modo di far lezione un po’ mi sono sentita nell'”attimo fuggente”. morale (credo): bisogna cercare di essere flessibili, lavorare con quello che si ha, avere un po’ di fiducia.

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