Wu Ming. Capisco la tua voglia di democratizzare e smitizzare. L’artista, sono d’accordo con te, non ha alcun diritto di fare il trombone. Il suo lavoro non è né più nobile, né meno nobile di quello di qualsiasi altro. Semplicemente è il suo lavoro.
Ma respingo cazzate del tipo:
«Nessuno nasce stonato o intonato, dipende dalla “educazione sonora” che riceve nei primissimi anni di vita.»
Si potrà anche essere più o meno intonati, ma non più o meno Marie Callas.
«Nessuno nasce inetto o talentuoso, dipende dagli stimoli che impara a recepire ed elaborare in tenerissima età.»
Seeeh. Mia nonna. Inoltre tu ti fermi all’esistenza del singolo, mentre nel DNA dell’artista rifluiscono caratteristiche accumulatesi in chissà quante generazioni!
Sono invece d’accordo sul fatto che il talento vada coltivato. Scrivevo oggi nel blog di Jacopo DeMichelis che a furia di eseguire lavori “commissionati” da
gente come la Fatucci, anziché seguire la propria creatività, lo stesso Roberto Piumini (nel mio ambiente) è ormai letterariamente morto.
Beh, Angelini, non capisco se fai della metafisica spiccia (il “genio” come essere superiore il cui destino è scritto sulle tavole delle Leggi dell’universo) o del determinismo sociobiologico (il DNA spiega tutto, ogni cosa ha la sua causa nella genetica etc. etc.).
Comunque sia, sono in completo disaccordo, con l’una e con l’altra impostazione. E grazie a Dio non sono il solo.
L’intelligenza razionale e quella emotiva di una persona sono il risultato di un’interazione con l’ambiente, con le condizioni socio-familiari, con la possibilità del bimbo di avere esempi e accedere ai tesori di un sapere accumulato.
Chi nasce e cresce in una casa piena di stimoli (libri, quadri, statue, oggetti strani) e da genitori con curiosità intellettuale che ne incoraggiano la sensibilità, la voglia di conoscere etc. ha MOLTE più probabilità di acquisire “talento” di uno che nasce da genitori distratti, che lo cagano poco, e cresce in una situazione creativamente “disadorna”.
Il corredo genetico del secondo può non avere nulla da invidiare a quello del primo, solo che il primo è portato a metterlo in gioco, quindi il suo QI aumenta, e con esso la sua capacità di ridurre creativamente la complessità del mondo e ad essa fornire risposte personali.
Non sono cose che dico io: sono le conclusioni di qualunque seria ricerca sui campi sinaptici del cervello umano.
Più interagisci col mondo, più esperienze fai, e più le sinapsi si allargano.
Più le sinapsi si allargano, più informazioni complesse sei in grado di elaborare.
La specie umana è quel che è per via del pollice pienamente opponibile(cioè il polpastrello del pollice può entrare a contatto con quello di ciascun altro dito della mano).
Il pollice opponibile lo abbiamo solo noi e permette di maneggiare e ruotare gli oggetti, compiendo con essi operazioni complicate, e operazione dopo operazione FARE ESPERIENZA di una maggiore e più variegata interazione col mondo. E intanto si allargano i campi sinaptici.
Se invece, come dici tu, “talentuosi si nasce”, beh, allora ne traggo due conclusioni:
la prima è che è totalmente inutile dare una qualsivoglia educazione ai bambini.
La seconda è che ho avuto un gran culo a nascere come sono nato 😉
x chi si proccupa di Tropea: parlarono i custodi e anche coloro che non sono custodi, parlarono i fratelli. Ciononostante, ci avevo i miei motivi. Se non altro, per non occuparmi più dell’annosa questione. E tuttavia vedo che continuano a menarla con l’annosa questione (se non sapete cos’è l’annosa questione, cercate in Google “wu ming”+”annosa questione”).
x lettore o lettori: con uno che considera il catalogo Adelphi come una categoria dello spirito (cosa che è) e della letteratura autentica (cosa che non è) non parlo: io, per esempio, Piero Meldini l’ho venduto tanto tempo fa a un remainder.
x Dado: con i dati GDO, COSTANTINO sta a diecimila vendute.
Sul “genio”, la questione mi intriga di più. Faccio un discorso di spiccia metafisica, che è molto molto diverso da quello che fa WM1. Se la categoria metafisica di “genio” esiste, ci si chiarisa cosa è la metafisica. Trattandosi di un percorso che va oltre i nomi e le forme, la metafisica, come correttamente enunciato da una plurimillenaria storia di varie tradizioni, sta oltre il linguaggio e, quindi, oltre la letteratura. Non esiste, quindi, alcuno spazio per l’orfismo. Che da questa categoria che è, invero, hegeliana, per come percepita da noi qui e ora, si sia desunta una postura letteraria, ci rende consapevoli che, ogni qual volta ci si trovi di fronte a una pretesa ispirazionista, siamo certi di essere in presenza di una frode soggettiva. Per abitudine, sono portato a considerare e la pretesa e la frode in maniera freudiana: alla luce del narcisismo sbagliato che nasconde la frustrazione. La lingua è forma e quindi è materia: si pialla, si lavora di lima, si sciacqua. Che differenza ci sarebbe tra un vasaio e uno scrittore. Quanti processi identitari ha soddisfatto la pubblicazione di un libercolo? La risposta sta qui. La scrittura collettiva (direi: tutto l’immaginario) trova in questo punto una precisa legittimazione. Se dovessi considerare da un punto di vista metafisico le cose che scrive, che so?, Pincio, avremmo anziché un illuminista una specie di pitagorico della letteratura. E’ una lente sbagliatissima, quella dell’ispirazione e nemmeno causativa di alcunché. Un po’ di azione sull’immaginario e passa anche questo sintomo…
Certo che l’ho letto, però l’aforisma sul coltello che va arrotato non è preso da lì, ma da “Danse Macabre”.
Poi, capirai che segreto, sono un kinghiano metodista osservante da più di vent’anni 🙂
@ WU MING 1
Dici: “La seconda è che ho avuto un gran culo a nascere come sono nato ;-)”
Sono d’accordo. Gli stimoli possono servire, servire a fare il talentuoso ma anche il suo contrario.
Quanti e quanti artisti, grandi per davvero, nati in famiglie disastrate, non li ricordi quanti? ^___^ Sì che li ricordi. L’ambiente, la famiglia “possono” contribuire, ma non è detto.
Sì, c’hai avuto un gran culo a nascere talentuoso, sensibile, intelligente.
Saludos Wuminghino Uno ^___^
(E’ solo un affettuoso nomignolo, non mi montar su tutte le furie.)
Iannox
x Iannox. “Disastrate” non significa certo “non interessanti”, anzi: molte famiglie disastrate sono interessantissime e danno un sacco di stimoli, nel bene e nel male.
La mia distinzione non era tra famiglie povere o ricche, ci mancherebbe, la storia delle classi subalterne è anche storia di grande vitalità culturale, di uso della cultura come strategia di resistenza etc.
La mia distinzione era tra genitori a cui frega e genitoria a cui non frega stimolare il bimbo alla creatività.
Stimolo che può avvenire pure con le barzellette o un modo particolarmente arzigogolato e seducente di raccontare aneddoti di famiglia.
Poi, metti caso che al posto dei genitori può esserci un generoso vicino di casa, uno zio eccentrico, quel che vuoi…
Di certo, se uno da bambino non è stato stimolato adeguatamente, e non ha risposto in modo positivo, da grande non può in alcun modo essere un “genio”.
C’è scritto scrivi quel che ne pensi,
Tema:
Restaurazione, Fine della fiera.
Alla fin fine sembra di stare nella sacrestia della parrocchietta a contederci l’ultimo boccone di brioche, perlammiseria!
GiuGe, scusa, ma visto che sono abbastanza ‘gnurant mi spieghi meglio la questione del genio? sono sicura che mi e’ sfuggito qualcosa di fondamentale 🙂
besos
Due cose:
1) non capisco perché Loredana tu ti sia sentita tirata in causa dal mio “coltivare il proprio orto”, non mi riferivo a te.
2) io che c’ero, mi sono incazzata con la tipa che ci ha fatto sloggiare… la risposta è stata che nella sessione seguente c’era il sindaco di Torino e che i tempi previsti erano quelli! Non credo che nessuno pensasse di poter risolvere la questione in un’ore e mezzo di tavola rotonda. Credo sia stato importante cominciare a parlarne per poi riprendere in altre sedi e in rete, come sta già avvenendo, il dibattito.
caro wu ming 1,
mi sono permesso quel commento perché condivido quasi tutto ciò che ha scritto quest’oggi, ivi inclusa la consapevolezza che quello di scrittore è un mestieraccio, altroché.
però debbo dirle che scoprirla così garbato e alla mano mi sorprende non poco;
è proprio sicuro di essere comunista?
gli scrittori sono magri e belli, qualchevolta maledetti, ma fa comodo. gli editori sono logicamente alla ricerca del fatturato, in questa italia governata dai guru delle plusvalenze; che poi si pubblichino effimere merde non ha importanza. casomai più grave è che agli “artigiani della scrittura” venga chiesto di devolvere gratis et amore dei il loro lavoro, agli scrittori di antologie di barzellette e cazzate invece si paghino le spese e le suite…
Scusate, mi sono saltate le “i”, sono ubriaco, con Igino Domanin ho appena bevuto un negroni, una birra enorme e tre limoncelli. Perdonatemi, errare è umano, perseverare è geniale.
ok, mi arrendo, la bimba che piange è troppo anche per un cuore di pietra come me: domani vo da feltrinelli e compro un vostro (tuo?) libro: che mi consigli per iniziare?
oh, guarda che non scherzo: non so quanto possa farti piacere, ma ti sei appena guadagnato come lettore un forzaitaliota.
Spett: mettiamola così: se sei un genio, fa l’illuminato, non letteratura. In letteratura non esistono geni, ma bravissimi e profondissimi scrittori.
Pippo Baudo non è un genio, ma neanche uno scrittore. Ratzinger scrive bene, per esempio.
Se ammetti il genio, anziché il talento forgiato con fatica, ha un canone che prescinde dagli uomini e ha a che fare con le deità. Libera di crederci, ma, appunto, siamo alla fede più che ai gustibus.
x pce: sul mio comodino c’è la biografia di Emilio Lussu (Giuseppe Fiori, “Il cavaliere dei rossomori”, Einaudi – dello stesso autore ho appena letto la biografia di Ernesto Rossi e quella dei fratelli Rosselli). Sulle pareti del mio studio ci sono due ritratti incorniciati: Tito e Robert Redford (esistenzialmente, i miei due profili sinistri). In questo momento sto ascoltando il triplo live di Elio e le Storie Tese. Sulla poltona da lettura, dorme la mia gatta. Mia figlia piange perché vuole la tetta.
Sì, direi che tutto questo fa di me un comunista.
Un parete spassionato: vi sembra bella prosa questa?
“La nuova alba ha il colore del latte al tramonto. L’arredamento di questa stanza ormai ci appartiene proprio nella sua estraneità. Qui prevale il bianco, il rosa chiaro, i colori tenui, la pulizia da violare e subito ripristinata da un servizio discreto. L’assenza di fronzoli. Il climatizzatore non rumoroso. Una buona filodiffusione e la televisione satellitare ricca di canali e schede di accesso. Le pareti insonorizzate quanto basta, da attutire ma non impedire del tutto i rumori vicini che ci interessano. Occorre uno studio accurato per scegliere la stanza adatta. Occorre un istinto.”
Qual è il colore del latte al tramonto?
Bene, Genna, spero lei capisca la gravità di una simile scemenza da lei detta :”con uno che considera il catalogo Adelphi come una categoria dello spirito (cosa che è) e della letteratura autentica (cosa che non è) non parlo”. :-)))
Bene, Genna, continui a discettare dei gustibus, alla fragola, cioccolato e pistacchio. :-)))
Poi, insieme al Wu Ming Bui(che ha vissuto in na bella casa piena di libri e quadri e con uno zio scemo), ritornate alla vostra “civitas hominis”(ditelo chiaramente, la citta del servaggio e del circolino conformista travestito d’anticonformismo).
Ma smettetela di far ridere, rileggete quel che scrivete,credibilità meno di zero, pompa magna alle stalle :-)))))))
“Bui(che ha vissuto in na bella casa piena di libri e quadri”
Beh, sì.
Libri sì, tanti, perché c’era chi si prodigava a portare e radicare la cultura nelle campagne, e voleva che operai e braccianti si istruissero.
L’Universale Economica del Canguro (la Ur-Feltrinelli), la bibliotechina di Rinascita, gli Editori Riuniti quando s’erano appena riuniti, qualche libro delle edizioni Progress di Mosca pubblicati in Italiano (anni dopo, studiando per Asce di guerra, avrei conosciuto chi li traduceva!), i libri per gli abbonati a L’Unità…
E poi i “Conoscere”, e “i Quindici”, e l’atlante in quattro volumi “Imago Mundi”, e i volumetti “Vita e morte del soldato italiano nella guerra senza fortuna”, che mio nonno riceveva per posta dopo aver compilato un modulo sul bollettino dei Combattenti e Reduci…
Insomma, libri presi alla sezione del Partito, o comprati in città perché mio padre doveva studiare (ma sono stato io il primissimo laureato di tutta la stirpe), più enciclopedie prese a fascicoli per i nipotini…
E tonnellate di fumetti, ma quelli li compravo io.
Quadri qualcuno, dipinti da amici di famiglia.
Bella sì, io l’ho sempre considerata bella. A un architetto di grido non sarebbe piaciuta, la casa che i miei nonni erano finalmente riusciti a costruirsi a fine anni Cinquanta dopo anni di matrimonio senza convivenza (e un figlio piccolo!), ma per me era ed è rimasta bellissima.
E ho avuto un gran culo a nascerci dentro, e ad avere la famiglia che ho avuto. Non scambierei quei braccianti per tutta la famiglia Sonnino con le sue Jaguar 🙂
Grazie per avermi fatto pensare a tutto ciò in quest’ora tarda. Vado a dormire.
No, Wu Ming, sei tu che fai del sinapsismo spicciolo. Certo, l’educazione è importante, ma, ripeto, con tutti i migliori stimoli NON SAREI MAI POTUTO DIVENTARE un dignitoso cantante lirico.
Se, poi, fossi nato nel Darfour e morto entro il primo anno di vita, sarebbero sicuramente diminuite anche TUTTE le altre mie possibilità di diventare bravo a fare alcunché tout court.
Sulla questione del Genio (Compreso o Incompreso) resto anderseniano (vedi ‘Nascere da un uovo di cigno’ in Nazione Indiana) e rimando ai due romanzi complementari ‘Il violinista’ e ‘Peer Fortunato’.
per iannox:
posso anche aver usato la parola cestinare, ma non mi riferivo a manoscritti o a italiani, bensì a romanzi di SF che ci vengono spediti in lettura da agenti americani e inglesi e che – con le dovute eccezioni (penso a Miéville, che però per me non è SF) – sono rifritture cyber fuori tempo massimo e senza uno straccio di idea nuova. Insomma: così come Fanucci, parlando di agenti italiani, non si riferiva alle agenzie che mediano tra aspiranti scrittori e case editrici ma a ben più potenti personaggi (uno su tutti, che tra l’altro segue anche i Wu Ming: Roberto Santachiara), così io parlavo del mercato straniero e di libri già pubblicati.
Mi sembra davvero che il nostro disclaimer abbia fatto sconquassi. Eppure, leggete bene: Fanucci non dichiara “cestineremo i manoscritti”, ma “non garantiamo la lettura”. Io manoscritti ne ho accettati anche al salone: d’altro canto, lì ho la possibilità di capire se la proposta editoriale che mi viene fatta è più o meno nelle corde di ciò che facciamo, quindi di respingere, che so, un romanzo non avantpop su Ratzinger. Le agenzie possono avere lo stesso ruolo, ossia quello di individuare, per ogni aspirante scrittore, gli editori più adatti, e questo sulla base di una conoscenza del catalogo. Non puoi immaginare quanti siano quelli che ti telefonano o scrivono dicendo “voglio pubblicare” e che, alla prima domanda, dimostrano di non sapere neppure cosa sia la Fanucci… Salvo poi rivolere indietro il manoscritto, o accusarti di plagio se in qualunque romanzo tu pubblichi dopo l’invio del loro capolavoro c’è una frase di tre righe che ritengono “plagiata”….
x Amaro Nero: alla Fiera avevamo fatto una serie di proposte (incluso, per esempio, Matt Ruff), ma approfitto per dire che la polemica con Ferrero era impostata su ben altro, e che la sua risposta, tendente a ridurre il tutto a un “Fanucci voleva un autore a Torino, non gliel’ho dato e quindi si è offeso”, è una classica dimostrazione di stile einaudiano da sepolcro imbiancato. Sergio Fanucci ha inviato a Ferrero una lettera chiedendogli le dimissioni e motivandole con ben altro. Credo che sulla questione si tornerà nei prossimi giorni, perché siano chiare a tutti le posizioni nostra (per quel che conta) e del direttore della Fiera. Mi limito a dire che è troppo facile cavarsela citando sei nomi in tutto e dichiarando sulla base di quelli che la Fiera ha avuto un alto contenuto culturale. Credo altresì che un sabato sera nel quale l’attrazione principale sia Simona Izzo faccia rigirare nella tomba quel Giulio Einaudi del quale – in altra sede – Ferrero intona il panegirico. E non aggiungo altro, per carità di patria…
Aggiungo solo che dietro le “pretese ispirazioniste”, o meglio, dietro la metaforica figura invocata nel classico ‘Cantami o Diva del ***peloso*** Achille…’ :-/ può tranquillamente celarsi la voglia di attivare una modalità creativa o potenzialità del nostro cervello normalmente silente, ma tant’è. Se devo scrivere la ricetta di una pasta a base di fagioli e ceci posso tranquillamente farlo fuori da ogni ‘ispirazione’, da bravo “artigiano della penna”. Se devo scrivere la Divina Commedia mi occorre molto di più. Quel di più che NON TUTTI hanno, per fortuna. Te l’immagini che disastro sarebbe se ognuno dei miliardi di abitanti della terra producesse un capolavoro letterario? Alla fine ognuno si terrebbe il proprio e morta là:-/
Tre precisazioni ad uso del dibattito: le ipotesi sul genio o sul talento di Wu Ming non sono genetismo spicciolo (non ricordo quale fosse l’accusa) ma sono sostanzialmente corrette. Hanno anche fondamento scientifico, toh! Nel senso che l’onere della prova spetta a chi la pensi diversamente. Per quanto ne so, nessuno ha dimostrato che le cose stiano in modo diverso, né vi riuscirà (alla vecchia maniera, il problema si poneva così: nasciamo tutti con le stesse potenzialità?).
La seconda, riguardo la nota di Angelini o del suo Fake: anche Chomsky, in uno dei tanti dibattiti che ti potrebbe interessare (e a cui forse ti riferisci), senza riuscire a dare molte informazioni intorno alla cosiddetta teoria della “tabula rasa”, ha affermato che di certo non tutti potrebbero diventare Mozart: ma occhio al senso in cui intendi genio, visto che stiamo utilizzando la stessa convenzione (la lingua italiana). Può significare sia “talento eccezionalmente sviluppato” che “talento particolare”, secondo il contesto ed il discorso.
La terza riguarda Giuseppe Genna e spettatrice: Genna sostiene che “Se la categoria metafisica di “genio” esiste, ci si chiarisa cosa è la metafisica. Trattandosi di un percorso che va oltre i nomi e le forme, la metafisica, come correttamente enunciato da una plurimillenaria storia di varie tradizioni, sta oltre il linguaggio e, quindi, oltre la letteratura. Non esiste, quindi, alcuno spazio per l’orfismo.”
Ma la categoria metafisica di genio non esiste davvero (avrei un rilievo anche sul fatto che la metafisica stia oltre il linguaggio, ma andrei OT), ed è solo per malcostumi da neoromanticismo che si vuole che l’ispirazione del genio provenga da “qualchedove”, che lo scrittore sia un “posseduto della parola”, e così via. Tuttavia, non siamo nel tardo ottocento. Temo di aver superato i mille caratteri e mi fermo qui.
In ogni caso, la posizione di Wu Ming, per quanto poco consolante per i narcisisti, è una delle posizioni più accreditate anche nell’ambito della ricerca cognitiva. Per quanto mi riguarda, geni non si nasce, ma si diventa, qualunque sia l’accezione della parola “genio”, e quale che sia il senso di “ispirazione” (per me, in ogni caso, termini poco significativi).
Io ho avuto un bisnonno anarchico, un nonno libraio ambulante e utopista (studiando da autodidatta scrisse un libretto sulle sue idee politico-economiche per l’Italia e l’Europa). Mia nonna fino a quarant’anni portava in giro il banco dei libri, poi ha iniziato a dipingere, la vera passione che l’ha assorbita completamente. All’origine c’era anche il talento, perché l’espressività del segno ce l’hai nella mano e la necessità di esprimere qualcosa con le immagini è una struttura della tua emotività. Se fosse nata tra quadri e pennelli non avrebbe perso quarant’anni. “Perso” non è la parola giusta perché si è caricata di esperienza, cioè di tutte le cose che poi col disegno si va a toccare e a restituire come immagine. Quindi questa artista, che per me era “la nonna”, era fatta di inclinazioni e di quello che aveva imparato come poteva (non studiato) anche attraverso la storia orale (mio nonno per esempio le raccontava storie su Caterina Sforza, ma da persona semplicissima e naturalmente piena di meraviglia se no non avrebbero avuto presa sull’immaginazione: quelle storie orali sono diventate dipinti, ne sarà felice wm1). Sto parlando di persone (bisnonno nonno nonna) che avevano la terza elementare a esagerare. Mia nonna è arrivata a esporre al museo d’arte moderna di Ferrara, dei ragazzi si sono laureati scrivendo tesi su di lei, ha fatto quattro volte il giro del mondo, ha inventato tecniche nuove, ha lasciato graffiti sull’Isola di Pasqua. Io penso che la creatività funzioni così per tutti, dentro hai una spinta che decide se portarti a essere un cantante lirico, uno scrittore ecc.. Però per definirsi e per raggiungere un obiettivo la spinta iniziale non basta, devi incontrare qualcosa fuori, delle persone, delle opere, che ti aprono l’orizzonte che non immaginavi. Poi devi lavorare molto. Tutto questo dà il senso di quanto sia fondamentale educare i bambini per farli diventare tutto quello che possono essere, che se non sbaglio è l’idea radicale alla base di quello che diceva wm1.
Andrea, in sostanza sei un anderseniano anche tu: artisti un po’ si nasce e un po’ si diventa, ma soprattutto, come Hca scrisse a Jonas Collin:
TALENT IS NOTHING, EXCEPT IN FORTUNATE CIRCUMSTANCES
(vd. ‘Uscire da un uovo di cigno’).
Quanto all’educazione dei bambini, direi che oggi si corre soprattutto il rischio opposto. Li si iscrive a corsi di ogni genere nella speranza che finiscano da Maria de Filippi o li si carica di aspettative talmente esagerate da farne poi dei regolari frustrati.
Per quanto mi riguarda, non sono ancora riuscito a trasmettere ai miei figli il mio grande amore per la montagna e le ferrate:-)
@ LUCA BRIASCO
Caro Luca,
bene, ti ringrazio della spiegazione che, adesso, sì trovo espressamente esauriente senza possibilità di equivoci né da parte mia né da parte di altri che hanno seguito questo thread. In effetti hai ragione che sul mercato – ahinoi – ci son troppe rifritture e che, spesse volte, gli autori tendono a ripetersi e a proporre romanzi triti e ritriti, verso i quali io stesso ho un’avversione non da poco. Miéville non penso che sia SF tout court: c’è anche una componente fantascientifica, ma solo un “ingrediente” fra i tanti. E Miéville è sì, lo riconosco, uno dei pochi scrittori validi lanciati anche sul mercato italiano. In quanto ai presunti plagi posso immaginare, ma solo immaginare, quindi non m’addentro in un territorio per dire magari delle cazzate.
Il disclaimer, se ha fatto tanto bailamme, probabilmente non è molto chiaro o si presta a diverse interpretazioni. Comunque non sta a me anche solo pensare di modificarlo. Ad ogni modo, dopo la tua gentile spiegazione, mi è chiaro, così pure penso ad altri che stanno qui leggendo. Però come ho già detto, almeno a me, la figura dell’agente letterario non piace affatto; posso giustificarla per quegli autori stranieri già pubblicati in patria che intendono aver visibilità anche sul mercato italiano, ma la trovo un po’ tanto assurda (o imbarazzante) per gli aspiranti scrittori – indipendentemente dal fatto che sappiano a meno che la Fanucci ha un suo specifico target, collane ben delineate. Penso che un editore – mia opinione condivisibile o diversamente – in quanto tale dovrebbe metter in conto la seria possibilità che gli vengano inviati manoscritti non corrispondenti alla sua linea editoriale. Vabbe’. Cari saluti.
Iannox
@ spettatrice
Nella fretta ho dimenticato un dettaglio (mi è pure apparso un Angelini di mezzo; penso che funzioni come le incidentali: contenuto tra due virgole, non dice quasi mai niente di decisivo).
Naturalmente intendevo dire a “spettatrice” che se non ha capito, per come la vedo io, la posizione di Genna, la responsabilità è di una certa confusione nella teoria dello stesso Genna, e non di un difetto di interpretazione dall’altra parte.
Lo so che detesti che non ti si dia ragione, ma che vuoi farci?
C’è chi NASCE E DIVENTA Ferdinand de Saussure, c’è chi RESTA, malgrado gli sforzi, solo un piccolo Ferdinand de Zozzùr.
[Già vedo le forbici della Lipperini]
@ Angelini
“Durante alcune discussioni la quantità di informazioni superflue, che per dilagante vizio si propinano al primo malcapitato, è eguagliata soltanto dalla più assurda e spassosa incapacità, da parte del malcapitato stesso, di cogliere il senso del discorso, il punto cruciale: egli si sospende inerte tra gli accidenti, ricambiando una colpevole e logorroica oscurità con la più perfetta incomprensione.” (vezzo, autocitazione: il logorroico sarei io). Non si adatta perfettamente, così aggiungo che la tua comprensione è inversamente proporzionale al numero di parole spese dal resto del mondo nel vano tentativo di spiegarsi: “l’universo dei fatti” ti è fondamentalmente ostile. Poi, ovviamente, dirai che la tua era una battuta. Ma non cambia nulla.
Ciao, e come al solito buona fortuna (ma presumo che i miei auguri non sortiscano alcun effetto se non quello di procurarti una certa irritazione).
Per Roquentin. Anche sessualmente iperdotati si diventa e non si nasce (all’inizio il pistolino è piccolo per tutti). Su questo anche la più avanzata teoria cognitiva è d’accordo:-/
Il problema è che Angelini sta parlando della PROPRIA mediocrità e del PROPRIO fallimento in quanto artista, scrittore, cantante lirico, linguista e blogger. Solo che cerca di giustificare il proprio fallimento facendone teoria generale, dicendo: c’è chi nasce genio e chi no. Il sottinteso è: malauguratamente, io non lo nacqui. Tutto ciò è molto romantico e consolatorio, peccato che una cosa del genere non sia mai stata provata da nessuno, mentre tutte le acquisizioni delle scienze cognitive vanno nella direzione che dicono WM1 e Roquentin: la qualità dell’intelligenza si forma nei primi tre anni di vita, poi si accresce con l’esperienza, dopodiché sono tutti cazzi tuoi, vale a dire: devi sbatterti per esprimerla nel modo migliore possibile. Picasso diceva: “Il genio è otto ore di lavoro al giorno”. Chiaro, è più facile scansare gli sforzi e dire: “Sono coglione fin da piccolo”. In quel caso, però, sarebbe meglio limitarsi a parlare di se stessi, senza estendere l’assunto agli interlocutori.
È vero, un giorno dissi: “Il genio è otto ore di lavoro al giorno”. Un operaio che, a quei tempi, ne faceva sedici mi rispose: “Cazzo, ma allora cambio lavoro, se è così facile.”
x Luca Briasco: il libro di Ferrero non è proprio un panegirico di Einaudi, evidentemente non l’hai letto. Si prende anzi alcune vendettucole un po’ vigliacchette perché postume. In ogni caso, è uscito per Feltrinelli. Ecco, era quello che avevo cercato di dire nell’altro post: tutte le volte che ho visto Sergio Fanucci dal vivo, ha sempre dato all’Einaudi la colpa di ogni male, di qualunque cosa vada male nel mondo dell’editoria pareva responsabile la collana Stile Libero. Questo lo stile fanuccesco. Anche in questo caso, sì, Ferrero viene dall’Einaudi, ma non credo si possa tirare in ballo l’Einaudi per ogni pisciata fatta da chicchessia in un angolo della Fiera. Così come non si può dire che tu, che ricopri un ruolo in Fanucci, sei di destra perché Fanucci Sr. era “un fascio”. Se la smettessimo di ragionare per proprietà transitive…
Infatti, fare l’operaio, o il bracciante, o il minatore, è più duro e logorante che fare lo scrittore, su questo credo (spero) che siamo tutti d’accordo. E non mi si dica che il paragone non è proponibile: operaio, bracciante, minatore, scrittore, sono tutti *mestieri*. E così torniamo circolarmente alla premessa di tutto il discorso: ” Raccontare storie è un lavoro peculiare, che può comportare vantaggi a chi lo svolge, ma è pur sempre un lavoro, tanto integrato nella vita della comunità quanto lo spegnere incendi, arare i campi, assistere i disabili etc. ” (dagli appunti per una Dichiarazione dei diritti e doveri dei narratori).
Angelini, ma io non ho mai voluto fare lo scrittore, e può pure darsi che sia coglione fin da piccolo, IO, ma riguarda solo me, mentre tu vuoi proiettare i tuoi limiti su tutta l’umanità.
Wu Ming. D’accordissimo anch’io sulla pari nobiltà ma diversa faticosità dei vari lavori. Come d’accordissimo anche sul fatto che il Talentuoso di turno non debba fare lo sborone. Ma per me un discorso è ***scientifico*** solo se consente la riproducibilità dei fenomeni descritti: mi risulta che nessuna teoria cognitiva, per quanto ben congegnata, abbia saputo dar conto dell’origine del genio e meno che mai consentito di riprodurlo in quantità industriali. Che la qualità dell’intelligenza si sviluppi nei primi tre anni di vita può essere. Che a parità di genitori e di contesto di crescita, di svariati fratelli solo uno evidenzi talento artistico (i geni non sono tutti figli unici) in qualche campo non è spiegato, al momento, da alcuna teoria cognitiva: quel ‘di più’ potrà anche essere ascritto a una qualche precisa base-biochimica (per ora non riproducibile), ciò non toglie che è proprio su tale base di partenza che l’artista può lavorare. Non è detto che tua figlia, amata e stimolata finché vuoi, debba calcare le orme del padre o del genio Franco Melloni o del genio Roquentin. Potrebbe diventare una MEDIOCRE e una FALLITA come me:-)
Quanto ai «fatti», per adesso confermano solo quanto segue: non TUTTI gli stimolati diventano GENI, anche se, magari, persone sicuramente migliori che se non stimolate affatto.
Picasso a 14 anni disegnava già come un angelo, si è sempre considerato un genio e diceva di sé “io non cerco, trovo”.
Occorre insomma un esempio diverso.
Dubuffet andrebbe meglio, lui veramente ha lottato contro la mancanza di un vero talento nel segno (così come Bacon: avete mai visto un disegno di Bacon? semplicemente non ne faceva), e infatti ha cominciato a dipingere coi materiali, vincendo la battaglia e diventando, considerando complessivamente la sua opera, ben più influente di Picasso (il talento di Dubuffet era la sua intelligenza, in famiglia erano venditori di vini).
C’è anche gente come Duchamp che dotatissima di talento per la pittura tonale, lo ha boicottato per spingersi molto più in là della rétina.
Sì, sono un anderseniano, anche se non lo sapevo.
ps, Sai, Angelini, che la Hamelin di Bologna ha curato un’antologia di testi di Andersen illustrati da fumettisti del calibro di David B.?
x roquentin:
credo proprio che uno degli intenti della dichiarazione di WM fosse quello di spazzare via gli equivoci romantici che ancora intossicano gran parte della società culturale nostrana.
Quanto alla metafisica, rispondo qui, con estremo riassunto, alle accuse che mi fai circa il fatto che non sto nella sede filosofica quando discuto di metafisica. Hai ragione. Per me la metafisica non è una prassi teoretica, e soprattutto non intendo parlare della metafisica secondo la tradizione filosofica occidentale (ammesso che la tradizione filosofica abbia compreso davvero cosa Platone e chi prima di lui intendesse con “metafisica” – ricordo l’argomento tedesco, ma anche di Untersteiner, sull’assenza di un dialogo platonico incentrato sulla metafisica, non sull’etica, sul linguaggio, sulla cosmogonia, sulla politica, etc.). Sono, invece, più vicino a un atteggiamento che a te potrà sembrare antifilosofico, ma a me no: e cioè quello della lettera platonica, dove peraltro proprio in maniera criptica e brevissima si dice qualcosa sull’impossibilità di dire certe cose, non perché siano segrete, ma proprio perché non tutto l’uomo è linguistico. Sono più interessato alle conclusioni filosofiche dell’Abydam buddista, che dei derridismi, ma per questo non è che non sappia di filosofia occidentale. Peraltro, rispetto alle conclusioni di certo cognitivismo che tu richiami, se prendi il cognitivista Epstein o Kabat-Zinn, osserverai come certo cognitivismo considera la questione del genio in una prospettiva molto simile a quella che qui, giocoforza a causa della concinnitas a cui tutti siamo costretti dai commenti, ho accennato velocemente.
Un’ultima precisazione, intorno alle mie metafore, che ruvidamente insultavi qualche tempo fa: sono di derivazione ericksoniana, ma rimandano anche ai processi di deriva immaginaria di MEMORIA DEL FUTURO di Bion.
I genitori non dovrebbero sovraccaricare di stimoli i loro bimbi con lo scopo di trasformarli in “genii”, perché così creano dei freaks, dei disadattati.
L’importante è educare alla curiosità, alla sensibilità, al buon rapporto tra ragione ed emozione, tutte cose che rendono la vita degna di essere vissuta, e servono anche a uno stagnino, a un arbitro di calcio dell’interregionale etc.
Tra l’altro, io non credo granché al “genio”.
E’ uno status che in vita viene accordato dalla società in base a criteri misti, bravura + adattamento allo zeitgeist + consenso incontrato + culo, mentre post mortem è spesso un trompe l’oeil, un effetto di prospettiva, il risultato di una selezione e/o di scelte che dal presente ricadono sul passato.
Oggi alcuni si lamentano che un tempo c’erano più “genii”, ma è solo perché storia e tradizione hanno selezionato l’opera di quelli buoni, gettando quella di tutti gli altri nel dimenticatoio.
Di fianco ai libri di Dostoevskj, Zola etc., sugli scaffali dei librai dell’Ottocento, c’erano tantissimi scrittori mediocri, prevedibili e prescindibili.
Oggi non li ricordiamo più, e così l’Ottocento ci sembra “l’epoca dei Dostoevskj e degli Zola”, e quelli dal Dopoguerra al Boom ci sembrano gli anni di Calvino, Pavese, Vittorini, Fenoglio, Pasolini, così diciamo: – C’erano più grandi artisti, un tempo.
Più “genii”.
Ma è un effetto di prospettiva. Per lamentarci meglio del presente, dobbiamo spostare tutto quanto c’è di buono nel passato. E’ l’infinita narrazione della decadenza.
Peccato che, già quaranta o cent’anni fa, non ci fossero più i genii di una volta.
Erano scomparsi con le mezze stagioni, quando qui era tutta campagna.
Probabilmente tutti gli equivoci nascono dall’indeterminatezza semantica di parole quali ‘genio’ o ‘talento’. Possiamo tranquillamente usarne altre, compreso il mikebuongiornesco ‘bravo-bravissimo’. La sostanza non cambia.
Torniamo alla nostra Callas: “quella cosa lì che lei si ritrovò in gola” A DIFFERENZA DI TANTE ALTRE SUE COETANEE non se l’era messa da sola. Dono degli dei? Dono del caso? Fortunata combinazione di circostanze bio-chimico-sinapsiche?
Domande oziose. Magari un giorno la scienza potrà essere più precisa in proposito.
Ma fu esattamente su ***quella base*** che la fanciulla Maria poté lavorare per diventare Maria Callas anziché, chessò io?, Giuseppe Genna.
D’altronde l’evoluzionismo non spiega le mutazioni come derivate da accidentalissimi errori genetici di tipo utile?
Va, infine, da sé che se Federico Fellini fosse nato nel Settecento, quando il cinema ancora non c’era, non sarebbe mai diventato il grande regista che sappiamo.
X Franco
Il fatto che il libro di Ferrero sia uscito da Feltrinelli lo considero un atto dovuto, non un titolo di merito. Parlare di Einaudi in casa Einaudi? A tutto, anche all’autoreferenzialità, esiste un limite. Quanto alle vendettucce (squallide) di Ferrero, certo che se ne prende – e il libro l’ho letto eccome – ma sempre partendo da un presupposto alla Mario Capanna: formidabili quegli anni…. Formidabili magari lo son stati pure, e non ho mai detto che Einaudi non faccia (anche) buoni libri. Ti invito però a riflettere, con qualche esempio: DeLillo, Auster, Cormac McCarthy, Foster Wallace, tra poco Pynchon o, per andare in terra d’Italia, De Cataldo, Lucarelli, e potrei andare avanti ancora. Cos’hanno in comune tutti costoro? Di essere stati pubblicati prima da un piccolo editore e quindi piratati da Einaudi, con gran vanto dei suoi (saccenti) curatori e dell’orbe terracqueo (testate, agenti letterari e quant’altro). Lo stile, del resto, è berlusconiano, come la proprietà….
Non mi tirare a mezzo l’esempio del Fanucci di destra, per favore: tra Renato (non Sergio) Fanucci e i Ferrero e i loro avidi e disinvolti discendenti, io, nel nome dell’indipendenza che è il primo requisito di qualunque progetto editoriale, scelgo Renato Fanucci: anche con la camicia nera….
E basta con le tirate di giacca, per favore: io cerco di fare un discorso di sistema, ed Einaudi mi interessa come esempio di un modo di fare editoria oggi: non perché ho in uggia il Repetti o il Cesari di turno….
Probabilmente molti equivoci nascono proprio dalla vaghezza semantica di termini quali ‘genio’ e ‘talento’. Possiamo sostituirli con il mikebuongioresco ‘bravi-bravissimi’, la sostanza non cambia.
Torniamo alla nostra Callas.
Quella ‘cosa lì’ che aveva in gola se l’era ritrovata A DIFFERENZA di tante altre coetanee. Dono degli dei? Dono del caso o fortunata combinazione di circostanze biochimiche?
Domande oziose.
Ma su quel
“tra renato fanucci…nel nome dell’indipendenza scelgo renato fanucci anche se era fascista”. Scusa, briasco, dici così perchè “sei” fascista.
e non è un’offesa. prendo l’aspetto “migliore” di quell’atteggiamento caratterizzato anche da una buona dose di ingenuità (assieme a tanti luoghi comuni, per esempio: indipendenza. come fai, in un “sistema di mercato” a essere indipendente? o è ingenuità o è luogo comune.)
il problema (come si è già detto) non è chi paga repetti e cesari (non li conosco, quindi non li difendo perchè faccio con loro conventicola).
il problema è che repetti e cesari possano dire e far sì che gli autori da loro pubblicati possano dire quello che vogliono (in questo senso sono indipendenti tali e quali fanucci, scusa eh?).
finchè qualcuno non mi dirà “Berlusconi (i suoi scherani) ha censurato quello! (Raiot della Guzzanti con chi è uscito?)” queste affermazioni le considererò “luoghi comuni”. perchè – tra l’altro – essere pagati dagli Agnelli è meglio?
(e a me, peraltro non mi paga proprio nessuno, me tapina!).
la distinzione seria sta fra “sistema di mercato” e non. (i “conflitti d’interesse” di Berlusconi esistono ma non riguardano solo l’editoria).
così come l’editoria italiana ha al di là di Berlusconi, le sue “belle magagne” (Feltrinelli che fa piazza pulita di tutti i piccoli librai è tale e quale il protagonista di “Il paradiso delle signore”, il romanzo di Zola sulla nascita dei “grandi punti vendita e le caimanerie che ne derivano)
Insomma, non siamo messi bene. almeno non cerchiamo “eroi”.
La questione del genio è proprio come dice Angelini. Pensa Luciana Turina che non si sviluppa storico-ambientalmente e diventa, anziché la Turina, chessò?, Angelini…
…da qui, o si accetta (come editori) che lo “stato – comunità dei cittadini, soviet, gruppi di esperti – possano intervenire e dire, (ma sul serio, e a tutti) la “concentrazione in mano a questo editore, non potrà superare questa determinata soglia” o non vedo differenza fra caimano e caimano. (posso vederla fra le persone, quello sì…ma qui non stiamo parlando della simpatia umana di Carlo Feltrinelli e dei capelli tinti e finti di berlusconi – ah, lo stile! – ) forse in questo modo, limitati nell’aspirazione al “denaro, denaro, ah! sempre di più!”, l’editore farebbe della qualità dei suoi libri un elemento di “prestigio sociale”, come è in Inghilterra, in Francia, negli Stati Uniti, e non da oggi.
e per quanto riguarda gli scrittori (non i “big”), i collaboratori, gli editor: sono stipendiati, (quando gli va bene) come gli altri.
Un piccolo editore spesso “tira” su tutto.
luca, vuoi che ti chieda quanto paga i collaboratori fanucci? se sono tutti assunti? come vengono pagati?
purtroppo la vita delle persona è fatta anche di bollette, spesa al super, un’uscita ogni tanto, stipendio permettendo.
Questo sito e gli strumenti esterni da esso utilizzati salvano sul tuo dispositivo dei piccoli file chiamati cookie per poter funzionare e per fornirti una navigazione semplice e completa.
Accetta Cookie
Scegli
cookie
cookie
Scegli quali cookie vuoi autorizzare, puoi cambiare queste impostazioni in qualsiasi momento. "Tecnici, essenziali" può causare il blocco di alcune funzioni.
Wu Ming. Capisco la tua voglia di democratizzare e smitizzare. L’artista, sono d’accordo con te, non ha alcun diritto di fare il trombone. Il suo lavoro non è né più nobile, né meno nobile di quello di qualsiasi altro. Semplicemente è il suo lavoro.
Ma respingo cazzate del tipo:
«Nessuno nasce stonato o intonato, dipende dalla “educazione sonora” che riceve nei primissimi anni di vita.»
Si potrà anche essere più o meno intonati, ma non più o meno Marie Callas.
«Nessuno nasce inetto o talentuoso, dipende dagli stimoli che impara a recepire ed elaborare in tenerissima età.»
Seeeh. Mia nonna. Inoltre tu ti fermi all’esistenza del singolo, mentre nel DNA dell’artista rifluiscono caratteristiche accumulatesi in chissà quante generazioni!
Sono invece d’accordo sul fatto che il talento vada coltivato. Scrivevo oggi nel blog di Jacopo DeMichelis che a furia di eseguire lavori “commissionati” da
gente come la Fatucci, anziché seguire la propria creatività, lo stesso Roberto Piumini (nel mio ambiente) è ormai letterariamente morto.
Beh, Angelini, non capisco se fai della metafisica spiccia (il “genio” come essere superiore il cui destino è scritto sulle tavole delle Leggi dell’universo) o del determinismo sociobiologico (il DNA spiega tutto, ogni cosa ha la sua causa nella genetica etc. etc.).
Comunque sia, sono in completo disaccordo, con l’una e con l’altra impostazione. E grazie a Dio non sono il solo.
L’intelligenza razionale e quella emotiva di una persona sono il risultato di un’interazione con l’ambiente, con le condizioni socio-familiari, con la possibilità del bimbo di avere esempi e accedere ai tesori di un sapere accumulato.
Chi nasce e cresce in una casa piena di stimoli (libri, quadri, statue, oggetti strani) e da genitori con curiosità intellettuale che ne incoraggiano la sensibilità, la voglia di conoscere etc. ha MOLTE più probabilità di acquisire “talento” di uno che nasce da genitori distratti, che lo cagano poco, e cresce in una situazione creativamente “disadorna”.
Il corredo genetico del secondo può non avere nulla da invidiare a quello del primo, solo che il primo è portato a metterlo in gioco, quindi il suo QI aumenta, e con esso la sua capacità di ridurre creativamente la complessità del mondo e ad essa fornire risposte personali.
Non sono cose che dico io: sono le conclusioni di qualunque seria ricerca sui campi sinaptici del cervello umano.
Più interagisci col mondo, più esperienze fai, e più le sinapsi si allargano.
Più le sinapsi si allargano, più informazioni complesse sei in grado di elaborare.
La specie umana è quel che è per via del pollice pienamente opponibile(cioè il polpastrello del pollice può entrare a contatto con quello di ciascun altro dito della mano).
Il pollice opponibile lo abbiamo solo noi e permette di maneggiare e ruotare gli oggetti, compiendo con essi operazioni complicate, e operazione dopo operazione FARE ESPERIENZA di una maggiore e più variegata interazione col mondo. E intanto si allargano i campi sinaptici.
Se invece, come dici tu, “talentuosi si nasce”, beh, allora ne traggo due conclusioni:
la prima è che è totalmente inutile dare una qualsivoglia educazione ai bambini.
La seconda è che ho avuto un gran culo a nascere come sono nato 😉
x chi si proccupa di Tropea: parlarono i custodi e anche coloro che non sono custodi, parlarono i fratelli. Ciononostante, ci avevo i miei motivi. Se non altro, per non occuparmi più dell’annosa questione. E tuttavia vedo che continuano a menarla con l’annosa questione (se non sapete cos’è l’annosa questione, cercate in Google “wu ming”+”annosa questione”).
x lettore o lettori: con uno che considera il catalogo Adelphi come una categoria dello spirito (cosa che è) e della letteratura autentica (cosa che non è) non parlo: io, per esempio, Piero Meldini l’ho venduto tanto tempo fa a un remainder.
x Dado: con i dati GDO, COSTANTINO sta a diecimila vendute.
Sul “genio”, la questione mi intriga di più. Faccio un discorso di spiccia metafisica, che è molto molto diverso da quello che fa WM1. Se la categoria metafisica di “genio” esiste, ci si chiarisa cosa è la metafisica. Trattandosi di un percorso che va oltre i nomi e le forme, la metafisica, come correttamente enunciato da una plurimillenaria storia di varie tradizioni, sta oltre il linguaggio e, quindi, oltre la letteratura. Non esiste, quindi, alcuno spazio per l’orfismo. Che da questa categoria che è, invero, hegeliana, per come percepita da noi qui e ora, si sia desunta una postura letteraria, ci rende consapevoli che, ogni qual volta ci si trovi di fronte a una pretesa ispirazionista, siamo certi di essere in presenza di una frode soggettiva. Per abitudine, sono portato a considerare e la pretesa e la frode in maniera freudiana: alla luce del narcisismo sbagliato che nasconde la frustrazione. La lingua è forma e quindi è materia: si pialla, si lavora di lima, si sciacqua. Che differenza ci sarebbe tra un vasaio e uno scrittore. Quanti processi identitari ha soddisfatto la pubblicazione di un libercolo? La risposta sta qui. La scrittura collettiva (direi: tutto l’immaginario) trova in questo punto una precisa legittimazione. Se dovessi considerare da un punto di vista metafisico le cose che scrive, che so?, Pincio, avremmo anziché un illuminista una specie di pitagorico della letteratura. E’ una lente sbagliatissima, quella dell’ispirazione e nemmeno causativa di alcunché. Un po’ di azione sull’immaginario e passa anche questo sintomo…
Certo che l’ho letto, però l’aforisma sul coltello che va arrotato non è preso da lì, ma da “Danse Macabre”.
Poi, capirai che segreto, sono un kinghiano metodista osservante da più di vent’anni 🙂
@ WU MING 1
Dici: “La seconda è che ho avuto un gran culo a nascere come sono nato ;-)”
Sono d’accordo. Gli stimoli possono servire, servire a fare il talentuoso ma anche il suo contrario.
Quanti e quanti artisti, grandi per davvero, nati in famiglie disastrate, non li ricordi quanti? ^___^ Sì che li ricordi. L’ambiente, la famiglia “possono” contribuire, ma non è detto.
Sì, c’hai avuto un gran culo a nascere talentuoso, sensibile, intelligente.
Saludos Wuminghino Uno ^___^
(E’ solo un affettuoso nomignolo, non mi montar su tutte le furie.)
Iannox
x Iannox. “Disastrate” non significa certo “non interessanti”, anzi: molte famiglie disastrate sono interessantissime e danno un sacco di stimoli, nel bene e nel male.
La mia distinzione non era tra famiglie povere o ricche, ci mancherebbe, la storia delle classi subalterne è anche storia di grande vitalità culturale, di uso della cultura come strategia di resistenza etc.
La mia distinzione era tra genitori a cui frega e genitoria a cui non frega stimolare il bimbo alla creatività.
Stimolo che può avvenire pure con le barzellette o un modo particolarmente arzigogolato e seducente di raccontare aneddoti di famiglia.
Poi, metti caso che al posto dei genitori può esserci un generoso vicino di casa, uno zio eccentrico, quel che vuoi…
Di certo, se uno da bambino non è stato stimolato adeguatamente, e non ha risposto in modo positivo, da grande non può in alcun modo essere un “genio”.
tana wu ming 1 che ha letto on writing di s.k.
C’è scritto scrivi quel che ne pensi,
Tema:
Restaurazione, Fine della fiera.
Alla fin fine sembra di stare nella sacrestia della parrocchietta a contederci l’ultimo boccone di brioche, perlammiseria!
GiuGe, scusa, ma visto che sono abbastanza ‘gnurant mi spieghi meglio la questione del genio? sono sicura che mi e’ sfuggito qualcosa di fondamentale 🙂
besos
Due cose:
1) non capisco perché Loredana tu ti sia sentita tirata in causa dal mio “coltivare il proprio orto”, non mi riferivo a te.
2) io che c’ero, mi sono incazzata con la tipa che ci ha fatto sloggiare… la risposta è stata che nella sessione seguente c’era il sindaco di Torino e che i tempi previsti erano quelli! Non credo che nessuno pensasse di poter risolvere la questione in un’ore e mezzo di tavola rotonda. Credo sia stato importante cominciare a parlarne per poi riprendere in altre sedi e in rete, come sta già avvenendo, il dibattito.
caro wu ming 1,
mi sono permesso quel commento perché condivido quasi tutto ciò che ha scritto quest’oggi, ivi inclusa la consapevolezza che quello di scrittore è un mestieraccio, altroché.
però debbo dirle che scoprirla così garbato e alla mano mi sorprende non poco;
è proprio sicuro di essere comunista?
gli scrittori sono magri e belli, qualchevolta maledetti, ma fa comodo. gli editori sono logicamente alla ricerca del fatturato, in questa italia governata dai guru delle plusvalenze; che poi si pubblichino effimere merde non ha importanza. casomai più grave è che agli “artigiani della scrittura” venga chiesto di devolvere gratis et amore dei il loro lavoro, agli scrittori di antologie di barzellette e cazzate invece si paghino le spese e le suite…
Ti credo, ti credo… Il mondo è vario e pazzo.
“54”. Compra e leggi “54”.
Scusate, mi sono saltate le “i”, sono ubriaco, con Igino Domanin ho appena bevuto un negroni, una birra enorme e tre limoncelli. Perdonatemi, errare è umano, perseverare è geniale.
ok, mi arrendo, la bimba che piange è troppo anche per un cuore di pietra come me: domani vo da feltrinelli e compro un vostro (tuo?) libro: che mi consigli per iniziare?
oh, guarda che non scherzo: non so quanto possa farti piacere, ma ti sei appena guadagnato come lettore un forzaitaliota.
Spett: mettiamola così: se sei un genio, fa l’illuminato, non letteratura. In letteratura non esistono geni, ma bravissimi e profondissimi scrittori.
Pippo Baudo non è un genio, ma neanche uno scrittore. Ratzinger scrive bene, per esempio.
Se ammetti il genio, anziché il talento forgiato con fatica, ha un canone che prescinde dagli uomini e ha a che fare con le deità. Libera di crederci, ma, appunto, siamo alla fede più che ai gustibus.
x pce: sul mio comodino c’è la biografia di Emilio Lussu (Giuseppe Fiori, “Il cavaliere dei rossomori”, Einaudi – dello stesso autore ho appena letto la biografia di Ernesto Rossi e quella dei fratelli Rosselli). Sulle pareti del mio studio ci sono due ritratti incorniciati: Tito e Robert Redford (esistenzialmente, i miei due profili sinistri). In questo momento sto ascoltando il triplo live di Elio e le Storie Tese. Sulla poltona da lettura, dorme la mia gatta. Mia figlia piange perché vuole la tetta.
Sì, direi che tutto questo fa di me un comunista.
Un parete spassionato: vi sembra bella prosa questa?
“La nuova alba ha il colore del latte al tramonto. L’arredamento di questa stanza ormai ci appartiene proprio nella sua estraneità. Qui prevale il bianco, il rosa chiaro, i colori tenui, la pulizia da violare e subito ripristinata da un servizio discreto. L’assenza di fronzoli. Il climatizzatore non rumoroso. Una buona filodiffusione e la televisione satellitare ricca di canali e schede di accesso. Le pareti insonorizzate quanto basta, da attutire ma non impedire del tutto i rumori vicini che ci interessano. Occorre uno studio accurato per scegliere la stanza adatta. Occorre un istinto.”
Qual è il colore del latte al tramonto?
Bene, Genna, spero lei capisca la gravità di una simile scemenza da lei detta :”con uno che considera il catalogo Adelphi come una categoria dello spirito (cosa che è) e della letteratura autentica (cosa che non è) non parlo”. :-)))
Bene, Genna, continui a discettare dei gustibus, alla fragola, cioccolato e pistacchio. :-)))
Poi, insieme al Wu Ming Bui(che ha vissuto in na bella casa piena di libri e quadri e con uno zio scemo), ritornate alla vostra “civitas hominis”(ditelo chiaramente, la citta del servaggio e del circolino conformista travestito d’anticonformismo).
Ma smettetela di far ridere, rileggete quel che scrivete,credibilità meno di zero, pompa magna alle stalle :-)))))))
Il lettore uno e trino è una delle incarnazioni più esilaranti di Parente! 🙂
“Bui(che ha vissuto in na bella casa piena di libri e quadri”
Beh, sì.
Libri sì, tanti, perché c’era chi si prodigava a portare e radicare la cultura nelle campagne, e voleva che operai e braccianti si istruissero.
L’Universale Economica del Canguro (la Ur-Feltrinelli), la bibliotechina di Rinascita, gli Editori Riuniti quando s’erano appena riuniti, qualche libro delle edizioni Progress di Mosca pubblicati in Italiano (anni dopo, studiando per Asce di guerra, avrei conosciuto chi li traduceva!), i libri per gli abbonati a L’Unità…
E poi i “Conoscere”, e “i Quindici”, e l’atlante in quattro volumi “Imago Mundi”, e i volumetti “Vita e morte del soldato italiano nella guerra senza fortuna”, che mio nonno riceveva per posta dopo aver compilato un modulo sul bollettino dei Combattenti e Reduci…
Insomma, libri presi alla sezione del Partito, o comprati in città perché mio padre doveva studiare (ma sono stato io il primissimo laureato di tutta la stirpe), più enciclopedie prese a fascicoli per i nipotini…
E tonnellate di fumetti, ma quelli li compravo io.
Quadri qualcuno, dipinti da amici di famiglia.
Bella sì, io l’ho sempre considerata bella. A un architetto di grido non sarebbe piaciuta, la casa che i miei nonni erano finalmente riusciti a costruirsi a fine anni Cinquanta dopo anni di matrimonio senza convivenza (e un figlio piccolo!), ma per me era ed è rimasta bellissima.
E ho avuto un gran culo a nascerci dentro, e ad avere la famiglia che ho avuto. Non scambierei quei braccianti per tutta la famiglia Sonnino con le sue Jaguar 🙂
Grazie per avermi fatto pensare a tutto ciò in quest’ora tarda. Vado a dormire.
No, Wu Ming, sei tu che fai del sinapsismo spicciolo. Certo, l’educazione è importante, ma, ripeto, con tutti i migliori stimoli NON SAREI MAI POTUTO DIVENTARE un dignitoso cantante lirico.
Se, poi, fossi nato nel Darfour e morto entro il primo anno di vita, sarebbero sicuramente diminuite anche TUTTE le altre mie possibilità di diventare bravo a fare alcunché tout court.
Sulla questione del Genio (Compreso o Incompreso) resto anderseniano (vedi ‘Nascere da un uovo di cigno’ in Nazione Indiana) e rimando ai due romanzi complementari ‘Il violinista’ e ‘Peer Fortunato’.
per iannox:
posso anche aver usato la parola cestinare, ma non mi riferivo a manoscritti o a italiani, bensì a romanzi di SF che ci vengono spediti in lettura da agenti americani e inglesi e che – con le dovute eccezioni (penso a Miéville, che però per me non è SF) – sono rifritture cyber fuori tempo massimo e senza uno straccio di idea nuova. Insomma: così come Fanucci, parlando di agenti italiani, non si riferiva alle agenzie che mediano tra aspiranti scrittori e case editrici ma a ben più potenti personaggi (uno su tutti, che tra l’altro segue anche i Wu Ming: Roberto Santachiara), così io parlavo del mercato straniero e di libri già pubblicati.
Mi sembra davvero che il nostro disclaimer abbia fatto sconquassi. Eppure, leggete bene: Fanucci non dichiara “cestineremo i manoscritti”, ma “non garantiamo la lettura”. Io manoscritti ne ho accettati anche al salone: d’altro canto, lì ho la possibilità di capire se la proposta editoriale che mi viene fatta è più o meno nelle corde di ciò che facciamo, quindi di respingere, che so, un romanzo non avantpop su Ratzinger. Le agenzie possono avere lo stesso ruolo, ossia quello di individuare, per ogni aspirante scrittore, gli editori più adatti, e questo sulla base di una conoscenza del catalogo. Non puoi immaginare quanti siano quelli che ti telefonano o scrivono dicendo “voglio pubblicare” e che, alla prima domanda, dimostrano di non sapere neppure cosa sia la Fanucci… Salvo poi rivolere indietro il manoscritto, o accusarti di plagio se in qualunque romanzo tu pubblichi dopo l’invio del loro capolavoro c’è una frase di tre righe che ritengono “plagiata”….
x Amaro Nero: alla Fiera avevamo fatto una serie di proposte (incluso, per esempio, Matt Ruff), ma approfitto per dire che la polemica con Ferrero era impostata su ben altro, e che la sua risposta, tendente a ridurre il tutto a un “Fanucci voleva un autore a Torino, non gliel’ho dato e quindi si è offeso”, è una classica dimostrazione di stile einaudiano da sepolcro imbiancato. Sergio Fanucci ha inviato a Ferrero una lettera chiedendogli le dimissioni e motivandole con ben altro. Credo che sulla questione si tornerà nei prossimi giorni, perché siano chiare a tutti le posizioni nostra (per quel che conta) e del direttore della Fiera. Mi limito a dire che è troppo facile cavarsela citando sei nomi in tutto e dichiarando sulla base di quelli che la Fiera ha avuto un alto contenuto culturale. Credo altresì che un sabato sera nel quale l’attrazione principale sia Simona Izzo faccia rigirare nella tomba quel Giulio Einaudi del quale – in altra sede – Ferrero intona il panegirico. E non aggiungo altro, per carità di patria…
Aggiungo solo che dietro le “pretese ispirazioniste”, o meglio, dietro la metaforica figura invocata nel classico ‘Cantami o Diva del ***peloso*** Achille…’ :-/ può tranquillamente celarsi la voglia di attivare una modalità creativa o potenzialità del nostro cervello normalmente silente, ma tant’è. Se devo scrivere la ricetta di una pasta a base di fagioli e ceci posso tranquillamente farlo fuori da ogni ‘ispirazione’, da bravo “artigiano della penna”. Se devo scrivere la Divina Commedia mi occorre molto di più. Quel di più che NON TUTTI hanno, per fortuna. Te l’immagini che disastro sarebbe se ognuno dei miliardi di abitanti della terra producesse un capolavoro letterario? Alla fine ognuno si terrebbe il proprio e morta là:-/
piccola precisazione. a differenza di quanto detto in un commento sopra (credo di luca briasco), il nuovo romanzo di W5 non uscirà con Sironi.
Tre precisazioni ad uso del dibattito: le ipotesi sul genio o sul talento di Wu Ming non sono genetismo spicciolo (non ricordo quale fosse l’accusa) ma sono sostanzialmente corrette. Hanno anche fondamento scientifico, toh! Nel senso che l’onere della prova spetta a chi la pensi diversamente. Per quanto ne so, nessuno ha dimostrato che le cose stiano in modo diverso, né vi riuscirà (alla vecchia maniera, il problema si poneva così: nasciamo tutti con le stesse potenzialità?).
La seconda, riguardo la nota di Angelini o del suo Fake: anche Chomsky, in uno dei tanti dibattiti che ti potrebbe interessare (e a cui forse ti riferisci), senza riuscire a dare molte informazioni intorno alla cosiddetta teoria della “tabula rasa”, ha affermato che di certo non tutti potrebbero diventare Mozart: ma occhio al senso in cui intendi genio, visto che stiamo utilizzando la stessa convenzione (la lingua italiana). Può significare sia “talento eccezionalmente sviluppato” che “talento particolare”, secondo il contesto ed il discorso.
La terza riguarda Giuseppe Genna e spettatrice: Genna sostiene che “Se la categoria metafisica di “genio” esiste, ci si chiarisa cosa è la metafisica. Trattandosi di un percorso che va oltre i nomi e le forme, la metafisica, come correttamente enunciato da una plurimillenaria storia di varie tradizioni, sta oltre il linguaggio e, quindi, oltre la letteratura. Non esiste, quindi, alcuno spazio per l’orfismo.”
Ma la categoria metafisica di genio non esiste davvero (avrei un rilievo anche sul fatto che la metafisica stia oltre il linguaggio, ma andrei OT), ed è solo per malcostumi da neoromanticismo che si vuole che l’ispirazione del genio provenga da “qualchedove”, che lo scrittore sia un “posseduto della parola”, e così via. Tuttavia, non siamo nel tardo ottocento. Temo di aver superato i mille caratteri e mi fermo qui.
In ogni caso, la posizione di Wu Ming, per quanto poco consolante per i narcisisti, è una delle posizioni più accreditate anche nell’ambito della ricerca cognitiva. Per quanto mi riguarda, geni non si nasce, ma si diventa, qualunque sia l’accezione della parola “genio”, e quale che sia il senso di “ispirazione” (per me, in ogni caso, termini poco significativi).
Io ho avuto un bisnonno anarchico, un nonno libraio ambulante e utopista (studiando da autodidatta scrisse un libretto sulle sue idee politico-economiche per l’Italia e l’Europa). Mia nonna fino a quarant’anni portava in giro il banco dei libri, poi ha iniziato a dipingere, la vera passione che l’ha assorbita completamente. All’origine c’era anche il talento, perché l’espressività del segno ce l’hai nella mano e la necessità di esprimere qualcosa con le immagini è una struttura della tua emotività. Se fosse nata tra quadri e pennelli non avrebbe perso quarant’anni. “Perso” non è la parola giusta perché si è caricata di esperienza, cioè di tutte le cose che poi col disegno si va a toccare e a restituire come immagine. Quindi questa artista, che per me era “la nonna”, era fatta di inclinazioni e di quello che aveva imparato come poteva (non studiato) anche attraverso la storia orale (mio nonno per esempio le raccontava storie su Caterina Sforza, ma da persona semplicissima e naturalmente piena di meraviglia se no non avrebbero avuto presa sull’immaginazione: quelle storie orali sono diventate dipinti, ne sarà felice wm1). Sto parlando di persone (bisnonno nonno nonna) che avevano la terza elementare a esagerare. Mia nonna è arrivata a esporre al museo d’arte moderna di Ferrara, dei ragazzi si sono laureati scrivendo tesi su di lei, ha fatto quattro volte il giro del mondo, ha inventato tecniche nuove, ha lasciato graffiti sull’Isola di Pasqua. Io penso che la creatività funzioni così per tutti, dentro hai una spinta che decide se portarti a essere un cantante lirico, uno scrittore ecc.. Però per definirsi e per raggiungere un obiettivo la spinta iniziale non basta, devi incontrare qualcosa fuori, delle persone, delle opere, che ti aprono l’orizzonte che non immaginavi. Poi devi lavorare molto. Tutto questo dà il senso di quanto sia fondamentale educare i bambini per farli diventare tutto quello che possono essere, che se non sbaglio è l’idea radicale alla base di quello che diceva wm1.
Andrea, in sostanza sei un anderseniano anche tu: artisti un po’ si nasce e un po’ si diventa, ma soprattutto, come Hca scrisse a Jonas Collin:
TALENT IS NOTHING, EXCEPT IN FORTUNATE CIRCUMSTANCES
(vd. ‘Uscire da un uovo di cigno’).
Quanto all’educazione dei bambini, direi che oggi si corre soprattutto il rischio opposto. Li si iscrive a corsi di ogni genere nella speranza che finiscano da Maria de Filippi o li si carica di aspettative talmente esagerate da farne poi dei regolari frustrati.
Per quanto mi riguarda, non sono ancora riuscito a trasmettere ai miei figli il mio grande amore per la montagna e le ferrate:-)
@ LUCA BRIASCO
Caro Luca,
bene, ti ringrazio della spiegazione che, adesso, sì trovo espressamente esauriente senza possibilità di equivoci né da parte mia né da parte di altri che hanno seguito questo thread. In effetti hai ragione che sul mercato – ahinoi – ci son troppe rifritture e che, spesse volte, gli autori tendono a ripetersi e a proporre romanzi triti e ritriti, verso i quali io stesso ho un’avversione non da poco. Miéville non penso che sia SF tout court: c’è anche una componente fantascientifica, ma solo un “ingrediente” fra i tanti. E Miéville è sì, lo riconosco, uno dei pochi scrittori validi lanciati anche sul mercato italiano. In quanto ai presunti plagi posso immaginare, ma solo immaginare, quindi non m’addentro in un territorio per dire magari delle cazzate.
Il disclaimer, se ha fatto tanto bailamme, probabilmente non è molto chiaro o si presta a diverse interpretazioni. Comunque non sta a me anche solo pensare di modificarlo. Ad ogni modo, dopo la tua gentile spiegazione, mi è chiaro, così pure penso ad altri che stanno qui leggendo. Però come ho già detto, almeno a me, la figura dell’agente letterario non piace affatto; posso giustificarla per quegli autori stranieri già pubblicati in patria che intendono aver visibilità anche sul mercato italiano, ma la trovo un po’ tanto assurda (o imbarazzante) per gli aspiranti scrittori – indipendentemente dal fatto che sappiano a meno che la Fanucci ha un suo specifico target, collane ben delineate. Penso che un editore – mia opinione condivisibile o diversamente – in quanto tale dovrebbe metter in conto la seria possibilità che gli vengano inviati manoscritti non corrispondenti alla sua linea editoriale. Vabbe’. Cari saluti.
Iannox
@ spettatrice
Nella fretta ho dimenticato un dettaglio (mi è pure apparso un Angelini di mezzo; penso che funzioni come le incidentali: contenuto tra due virgole, non dice quasi mai niente di decisivo).
Naturalmente intendevo dire a “spettatrice” che se non ha capito, per come la vedo io, la posizione di Genna, la responsabilità è di una certa confusione nella teoria dello stesso Genna, e non di un difetto di interpretazione dall’altra parte.
Lo so che detesti che non ti si dia ragione, ma che vuoi farci?
C’è chi NASCE E DIVENTA Ferdinand de Saussure, c’è chi RESTA, malgrado gli sforzi, solo un piccolo Ferdinand de Zozzùr.
[Già vedo le forbici della Lipperini]
@ Angelini
“Durante alcune discussioni la quantità di informazioni superflue, che per dilagante vizio si propinano al primo malcapitato, è eguagliata soltanto dalla più assurda e spassosa incapacità, da parte del malcapitato stesso, di cogliere il senso del discorso, il punto cruciale: egli si sospende inerte tra gli accidenti, ricambiando una colpevole e logorroica oscurità con la più perfetta incomprensione.” (vezzo, autocitazione: il logorroico sarei io). Non si adatta perfettamente, così aggiungo che la tua comprensione è inversamente proporzionale al numero di parole spese dal resto del mondo nel vano tentativo di spiegarsi: “l’universo dei fatti” ti è fondamentalmente ostile. Poi, ovviamente, dirai che la tua era una battuta. Ma non cambia nulla.
Ciao, e come al solito buona fortuna (ma presumo che i miei auguri non sortiscano alcun effetto se non quello di procurarti una certa irritazione).
Per Roquentin. Anche sessualmente iperdotati si diventa e non si nasce (all’inizio il pistolino è piccolo per tutti). Su questo anche la più avanzata teoria cognitiva è d’accordo:-/
Il problema è che Angelini sta parlando della PROPRIA mediocrità e del PROPRIO fallimento in quanto artista, scrittore, cantante lirico, linguista e blogger. Solo che cerca di giustificare il proprio fallimento facendone teoria generale, dicendo: c’è chi nasce genio e chi no. Il sottinteso è: malauguratamente, io non lo nacqui. Tutto ciò è molto romantico e consolatorio, peccato che una cosa del genere non sia mai stata provata da nessuno, mentre tutte le acquisizioni delle scienze cognitive vanno nella direzione che dicono WM1 e Roquentin: la qualità dell’intelligenza si forma nei primi tre anni di vita, poi si accresce con l’esperienza, dopodiché sono tutti cazzi tuoi, vale a dire: devi sbatterti per esprimerla nel modo migliore possibile. Picasso diceva: “Il genio è otto ore di lavoro al giorno”. Chiaro, è più facile scansare gli sforzi e dire: “Sono coglione fin da piccolo”. In quel caso, però, sarebbe meglio limitarsi a parlare di se stessi, senza estendere l’assunto agli interlocutori.
Ha parlato niente POPO’ di meno che Franco Melloni.
E se Ipse dixit (a proposito di TROMBONI della rete), c’è da credergli.
È vero, un giorno dissi: “Il genio è otto ore di lavoro al giorno”. Un operaio che, a quei tempi, ne faceva sedici mi rispose: “Cazzo, ma allora cambio lavoro, se è così facile.”
x Luca Briasco: il libro di Ferrero non è proprio un panegirico di Einaudi, evidentemente non l’hai letto. Si prende anzi alcune vendettucole un po’ vigliacchette perché postume. In ogni caso, è uscito per Feltrinelli. Ecco, era quello che avevo cercato di dire nell’altro post: tutte le volte che ho visto Sergio Fanucci dal vivo, ha sempre dato all’Einaudi la colpa di ogni male, di qualunque cosa vada male nel mondo dell’editoria pareva responsabile la collana Stile Libero. Questo lo stile fanuccesco. Anche in questo caso, sì, Ferrero viene dall’Einaudi, ma non credo si possa tirare in ballo l’Einaudi per ogni pisciata fatta da chicchessia in un angolo della Fiera. Così come non si può dire che tu, che ricopri un ruolo in Fanucci, sei di destra perché Fanucci Sr. era “un fascio”. Se la smettessimo di ragionare per proprietà transitive…
Infatti, fare l’operaio, o il bracciante, o il minatore, è più duro e logorante che fare lo scrittore, su questo credo (spero) che siamo tutti d’accordo. E non mi si dica che il paragone non è proponibile: operaio, bracciante, minatore, scrittore, sono tutti *mestieri*. E così torniamo circolarmente alla premessa di tutto il discorso: ” Raccontare storie è un lavoro peculiare, che può comportare vantaggi a chi lo svolge, ma è pur sempre un lavoro, tanto integrato nella vita della comunità quanto lo spegnere incendi, arare i campi, assistere i disabili etc. ” (dagli appunti per una Dichiarazione dei diritti e doveri dei narratori).
Angelini, ma io non ho mai voluto fare lo scrittore, e può pure darsi che sia coglione fin da piccolo, IO, ma riguarda solo me, mentre tu vuoi proiettare i tuoi limiti su tutta l’umanità.
Wu Ming. D’accordissimo anch’io sulla pari nobiltà ma diversa faticosità dei vari lavori. Come d’accordissimo anche sul fatto che il Talentuoso di turno non debba fare lo sborone. Ma per me un discorso è ***scientifico*** solo se consente la riproducibilità dei fenomeni descritti: mi risulta che nessuna teoria cognitiva, per quanto ben congegnata, abbia saputo dar conto dell’origine del genio e meno che mai consentito di riprodurlo in quantità industriali. Che la qualità dell’intelligenza si sviluppi nei primi tre anni di vita può essere. Che a parità di genitori e di contesto di crescita, di svariati fratelli solo uno evidenzi talento artistico (i geni non sono tutti figli unici) in qualche campo non è spiegato, al momento, da alcuna teoria cognitiva: quel ‘di più’ potrà anche essere ascritto a una qualche precisa base-biochimica (per ora non riproducibile), ciò non toglie che è proprio su tale base di partenza che l’artista può lavorare. Non è detto che tua figlia, amata e stimolata finché vuoi, debba calcare le orme del padre o del genio Franco Melloni o del genio Roquentin. Potrebbe diventare una MEDIOCRE e una FALLITA come me:-)
Quanto ai «fatti», per adesso confermano solo quanto segue: non TUTTI gli stimolati diventano GENI, anche se, magari, persone sicuramente migliori che se non stimolate affatto.
Picasso a 14 anni disegnava già come un angelo, si è sempre considerato un genio e diceva di sé “io non cerco, trovo”.
Occorre insomma un esempio diverso.
Dubuffet andrebbe meglio, lui veramente ha lottato contro la mancanza di un vero talento nel segno (così come Bacon: avete mai visto un disegno di Bacon? semplicemente non ne faceva), e infatti ha cominciato a dipingere coi materiali, vincendo la battaglia e diventando, considerando complessivamente la sua opera, ben più influente di Picasso (il talento di Dubuffet era la sua intelligenza, in famiglia erano venditori di vini).
C’è anche gente come Duchamp che dotatissima di talento per la pittura tonale, lo ha boicottato per spingersi molto più in là della rétina.
Sì, sono un anderseniano, anche se non lo sapevo.
ps, Sai, Angelini, che la Hamelin di Bologna ha curato un’antologia di testi di Andersen illustrati da fumettisti del calibro di David B.?
x roquentin:
credo proprio che uno degli intenti della dichiarazione di WM fosse quello di spazzare via gli equivoci romantici che ancora intossicano gran parte della società culturale nostrana.
Quanto alla metafisica, rispondo qui, con estremo riassunto, alle accuse che mi fai circa il fatto che non sto nella sede filosofica quando discuto di metafisica. Hai ragione. Per me la metafisica non è una prassi teoretica, e soprattutto non intendo parlare della metafisica secondo la tradizione filosofica occidentale (ammesso che la tradizione filosofica abbia compreso davvero cosa Platone e chi prima di lui intendesse con “metafisica” – ricordo l’argomento tedesco, ma anche di Untersteiner, sull’assenza di un dialogo platonico incentrato sulla metafisica, non sull’etica, sul linguaggio, sulla cosmogonia, sulla politica, etc.). Sono, invece, più vicino a un atteggiamento che a te potrà sembrare antifilosofico, ma a me no: e cioè quello della lettera platonica, dove peraltro proprio in maniera criptica e brevissima si dice qualcosa sull’impossibilità di dire certe cose, non perché siano segrete, ma proprio perché non tutto l’uomo è linguistico. Sono più interessato alle conclusioni filosofiche dell’Abydam buddista, che dei derridismi, ma per questo non è che non sappia di filosofia occidentale. Peraltro, rispetto alle conclusioni di certo cognitivismo che tu richiami, se prendi il cognitivista Epstein o Kabat-Zinn, osserverai come certo cognitivismo considera la questione del genio in una prospettiva molto simile a quella che qui, giocoforza a causa della concinnitas a cui tutti siamo costretti dai commenti, ho accennato velocemente.
Un’ultima precisazione, intorno alle mie metafore, che ruvidamente insultavi qualche tempo fa: sono di derivazione ericksoniana, ma rimandano anche ai processi di deriva immaginaria di MEMORIA DEL FUTURO di Bion.
I genitori non dovrebbero sovraccaricare di stimoli i loro bimbi con lo scopo di trasformarli in “genii”, perché così creano dei freaks, dei disadattati.
L’importante è educare alla curiosità, alla sensibilità, al buon rapporto tra ragione ed emozione, tutte cose che rendono la vita degna di essere vissuta, e servono anche a uno stagnino, a un arbitro di calcio dell’interregionale etc.
Tra l’altro, io non credo granché al “genio”.
E’ uno status che in vita viene accordato dalla società in base a criteri misti, bravura + adattamento allo zeitgeist + consenso incontrato + culo, mentre post mortem è spesso un trompe l’oeil, un effetto di prospettiva, il risultato di una selezione e/o di scelte che dal presente ricadono sul passato.
Oggi alcuni si lamentano che un tempo c’erano più “genii”, ma è solo perché storia e tradizione hanno selezionato l’opera di quelli buoni, gettando quella di tutti gli altri nel dimenticatoio.
Di fianco ai libri di Dostoevskj, Zola etc., sugli scaffali dei librai dell’Ottocento, c’erano tantissimi scrittori mediocri, prevedibili e prescindibili.
Oggi non li ricordiamo più, e così l’Ottocento ci sembra “l’epoca dei Dostoevskj e degli Zola”, e quelli dal Dopoguerra al Boom ci sembrano gli anni di Calvino, Pavese, Vittorini, Fenoglio, Pasolini, così diciamo: – C’erano più grandi artisti, un tempo.
Più “genii”.
Ma è un effetto di prospettiva. Per lamentarci meglio del presente, dobbiamo spostare tutto quanto c’è di buono nel passato. E’ l’infinita narrazione della decadenza.
Peccato che, già quaranta o cent’anni fa, non ci fossero più i genii di una volta.
Erano scomparsi con le mezze stagioni, quando qui era tutta campagna.
Probabilmente tutti gli equivoci nascono dall’indeterminatezza semantica di parole quali ‘genio’ o ‘talento’. Possiamo tranquillamente usarne altre, compreso il mikebuongiornesco ‘bravo-bravissimo’. La sostanza non cambia.
Torniamo alla nostra Callas: “quella cosa lì che lei si ritrovò in gola” A DIFFERENZA DI TANTE ALTRE SUE COETANEE non se l’era messa da sola. Dono degli dei? Dono del caso? Fortunata combinazione di circostanze bio-chimico-sinapsiche?
Domande oziose. Magari un giorno la scienza potrà essere più precisa in proposito.
Ma fu esattamente su ***quella base*** che la fanciulla Maria poté lavorare per diventare Maria Callas anziché, chessò io?, Giuseppe Genna.
D’altronde l’evoluzionismo non spiega le mutazioni come derivate da accidentalissimi errori genetici di tipo utile?
Va, infine, da sé che se Federico Fellini fosse nato nel Settecento, quando il cinema ancora non c’era, non sarebbe mai diventato il grande regista che sappiamo.
X Franco
Il fatto che il libro di Ferrero sia uscito da Feltrinelli lo considero un atto dovuto, non un titolo di merito. Parlare di Einaudi in casa Einaudi? A tutto, anche all’autoreferenzialità, esiste un limite. Quanto alle vendettucce (squallide) di Ferrero, certo che se ne prende – e il libro l’ho letto eccome – ma sempre partendo da un presupposto alla Mario Capanna: formidabili quegli anni…. Formidabili magari lo son stati pure, e non ho mai detto che Einaudi non faccia (anche) buoni libri. Ti invito però a riflettere, con qualche esempio: DeLillo, Auster, Cormac McCarthy, Foster Wallace, tra poco Pynchon o, per andare in terra d’Italia, De Cataldo, Lucarelli, e potrei andare avanti ancora. Cos’hanno in comune tutti costoro? Di essere stati pubblicati prima da un piccolo editore e quindi piratati da Einaudi, con gran vanto dei suoi (saccenti) curatori e dell’orbe terracqueo (testate, agenti letterari e quant’altro). Lo stile, del resto, è berlusconiano, come la proprietà….
Non mi tirare a mezzo l’esempio del Fanucci di destra, per favore: tra Renato (non Sergio) Fanucci e i Ferrero e i loro avidi e disinvolti discendenti, io, nel nome dell’indipendenza che è il primo requisito di qualunque progetto editoriale, scelgo Renato Fanucci: anche con la camicia nera….
E basta con le tirate di giacca, per favore: io cerco di fare un discorso di sistema, ed Einaudi mi interessa come esempio di un modo di fare editoria oggi: non perché ho in uggia il Repetti o il Cesari di turno….
Probabilmente molti equivoci nascono proprio dalla vaghezza semantica di termini quali ‘genio’ e ‘talento’. Possiamo sostituirli con il mikebuongioresco ‘bravi-bravissimi’, la sostanza non cambia.
Torniamo alla nostra Callas.
Quella ‘cosa lì’ che aveva in gola se l’era ritrovata A DIFFERENZA di tante altre coetanee. Dono degli dei? Dono del caso o fortunata combinazione di circostanze biochimiche?
Domande oziose.
Ma su quel
“tra renato fanucci…nel nome dell’indipendenza scelgo renato fanucci anche se era fascista”. Scusa, briasco, dici così perchè “sei” fascista.
e non è un’offesa. prendo l’aspetto “migliore” di quell’atteggiamento caratterizzato anche da una buona dose di ingenuità (assieme a tanti luoghi comuni, per esempio: indipendenza. come fai, in un “sistema di mercato” a essere indipendente? o è ingenuità o è luogo comune.)
il problema (come si è già detto) non è chi paga repetti e cesari (non li conosco, quindi non li difendo perchè faccio con loro conventicola).
il problema è che repetti e cesari possano dire e far sì che gli autori da loro pubblicati possano dire quello che vogliono (in questo senso sono indipendenti tali e quali fanucci, scusa eh?).
finchè qualcuno non mi dirà “Berlusconi (i suoi scherani) ha censurato quello! (Raiot della Guzzanti con chi è uscito?)” queste affermazioni le considererò “luoghi comuni”. perchè – tra l’altro – essere pagati dagli Agnelli è meglio?
(e a me, peraltro non mi paga proprio nessuno, me tapina!).
la distinzione seria sta fra “sistema di mercato” e non. (i “conflitti d’interesse” di Berlusconi esistono ma non riguardano solo l’editoria).
così come l’editoria italiana ha al di là di Berlusconi, le sue “belle magagne” (Feltrinelli che fa piazza pulita di tutti i piccoli librai è tale e quale il protagonista di “Il paradiso delle signore”, il romanzo di Zola sulla nascita dei “grandi punti vendita e le caimanerie che ne derivano)
Insomma, non siamo messi bene. almeno non cerchiamo “eroi”.
La questione del genio è proprio come dice Angelini. Pensa Luciana Turina che non si sviluppa storico-ambientalmente e diventa, anziché la Turina, chessò?, Angelini…
…da qui, o si accetta (come editori) che lo “stato – comunità dei cittadini, soviet, gruppi di esperti – possano intervenire e dire, (ma sul serio, e a tutti) la “concentrazione in mano a questo editore, non potrà superare questa determinata soglia” o non vedo differenza fra caimano e caimano. (posso vederla fra le persone, quello sì…ma qui non stiamo parlando della simpatia umana di Carlo Feltrinelli e dei capelli tinti e finti di berlusconi – ah, lo stile! – ) forse in questo modo, limitati nell’aspirazione al “denaro, denaro, ah! sempre di più!”, l’editore farebbe della qualità dei suoi libri un elemento di “prestigio sociale”, come è in Inghilterra, in Francia, negli Stati Uniti, e non da oggi.
e per quanto riguarda gli scrittori (non i “big”), i collaboratori, gli editor: sono stipendiati, (quando gli va bene) come gli altri.
Un piccolo editore spesso “tira” su tutto.
luca, vuoi che ti chieda quanto paga i collaboratori fanucci? se sono tutti assunti? come vengono pagati?
purtroppo la vita delle persona è fatta anche di bollette, spesa al super, un’uscita ogni tanto, stipendio permettendo.
Per Genna. Grande (= grossa) Turina! Un mito. Questa volta mi hai fatto ridere.