ANCORA KING

E’ che sull’ultimo numero di D, Stephen King ha risposto a tre domande redazionali. Ovvero:
Cosa risponderebbe a un bambino che le chiede perché si muore?
“Gli direi: Perché quando diventiamo molto vecchi, e non ci si diverte più, è tempo di chiudere gli occhi e sognare la luna”.
Di cosa ha paura?
“Delle interviste. Non so mai che dire. E naturalmente del dolore, fisico, mentale e spirituale. Credo che tutti ne abbiamo paura, una volta che l’abbiamo provato”.
Tre cose che ama/tre cose che odia.
“Che amo: mia moglie, i miei figli e i miei nipoti. Che odio: lo sfruttamento dei deboli da parte dei forti, la distorsione delle verità per interessi personali e politici, e il colore giallo. Odio i vestiti gialli, le macchine gialle, e il cibo giallo. L’unico cibo giallo gustoso è il burro, che naturalmente fa male”.
Poi, ha regalato una risposta extra:
“Qualcosa che non mi ha chiesto: chi è la persona più affascinante dell’industria dell’entertainment che abbia mai incontrato? Dino De Laurentis”.

181 pensieri su “ANCORA KING

  1. io vorrei capire cosa c’è di eroticizzante in queste risposte.
    la morte è una cosa orrenda, altro che lune da sognare. se il signor King non è in grado (come non è in grado) di parlarne-c’è bisogno delle unghie per parlare di questo, non delle limette- King taccia. E questo lo dico anche e soprattutto per chi crede nella grandezza di questo scrittorucolo. Gli artisti veri parlano della vita, della morte, dell’amore, della realtà, dell’emozione… perché hanno LE UNGHIE.
    King fa la professione dello scrittore, torni a parlare dei figli e dei nipotini. La differenza tra lui e alcuni nomi fatti a sproposito nei precedenti post è questa, che vi piaccia o no.

  2. Ma non parla di morte. In modo sbrigativo dice cose della sua vita tra cui che ama i figli e la moglie e come tutti ha paura del dolore, fisico e mentale.
    Parla di una personale idiosincrasia per il colore giallo. Dopo tanto patire (davvero, credetemi) mi ritrovo con Danizzando che dà dello scrittorucolo a King e va bene (non va bene per niente, ma così è). Mi inquieta più dei libri di King, alcuni per me capolavori (sarò stupido), che per parlare della vita. della morte c’è bisogno delle unghie. In maiuscolo.

  3. come sempre in Wu Ming il sacerdote del new Poetryficium si passa alla denigrazione personale, all’insulto gratuito per una opinione divergente. chiamasi dissenticidio. santa nume titolare del carciofame.
    Sappia signor Nessuno 1 che io la sua querula sintassi da perpetua della conventicola Ming me la sbrano con una passata sul sedere al momento opportuno, quando è aria. Veda bene, signorina dall’identità SERIALE, che qui, tra di noi, senza celiare, se c’è una che sobilla è la sua sterile loffa polemica(mi perdonerà ma non ce l’ho fatta a abbinare le sue perette da ricercatore all’antico termine VIS, che non le calza…). per fortuna siete in tanti a Mingare…

  4. Daniz? Basta così. E erotizzante lo dici tu. Modera i termini non te lo dico.
    (ma dimmi tu se per fare una discussione bisogna fare lo slalom tra le fangirl e i celiniani – con tutto l’affetto per il povero Céline)

  5. Attenzione: non tutti gli insulti sono “gratuiti”. La moneta con cui si compra il diritto a esprimerli è la pazienza dimostrata in altre occasioni. Alcuni insulti li si paga in anticipo sopportando certe sentenze sputate in fretta e furia, come se scottassero gengive e labbra, come se urticassero l’interno della bocca.
    Non c’è da stupirsi che ogni tanto uno dia dello sfigato a uno sfigato, bensì che questo accada solo una volta su venti, o su trenta. Ammirevole la pazienza di chi cerca di discutere e prova a ignorare gli Incontinenti. Gli “Incontinenti” sono quelli secondo cui “dire la propria” su qualsiasi cosa è sempre e comunque la cosa più urgente e pressante, anche quando la propria non è “propria” per niente, ma ereditata dalla più retriva e pavloviana “opinione corrente”.

  6. Daniz: hai dato della “signorina” a Wu Ming utilizzando il termine come insulto. Da quando in qua il sesso femminile è da considerarsi in quanto tale? Spiacente, ma ci salutiamo a tempo indeterminato.

  7. Quando il femminile è usato a insulto mi chiedo se nessuno ha delle bambine, o parenti con bambine, perchè dovrebbero provare a guardarle e capire che già con le parole prepariamo il mondo per loro, e non è bello doverlo ricordare sempre. Stiamo attenti.

  8. Morire, dormire, forse sognare… La “letteratura alta” deve attraversare proprio un brutto momento per scatenare nei suoi presunti adepti passioni così tristi. E tuttavia anche tali passioni sono importanti: sono il sintomo delle resistenze alla trasformazione in atto di ciò che chiamiamo ancora “cultura umanistica”. La casa della cultura umanistica è ossessionata da spettri che non riesce più a esorcizzare. Gli stessi abitanti della casa temono di essere invasati. Per questo sono così violenti nel rigetto. A questo proposito il caso King è esemplare. Varrebbe la pena chiedersi: di che cosa è il nome oggi “Stephen King”?

  9. Ehi, mi sa che la risposta sul colore giallo serve a dare un indizio sul collegamento narrativo tra “1922” e “L’ombra dello scorpione”… Non sarebbe la prima volta che King fa un riferimento così criptico…

  10. A me vengono in mente – a proposito del colore giallo nell’opera di King – gli “Uomini bassi in soprabito giallo”. In effetti, non si tratta di personaggi positivi…

  11. A me piace King. Ciò premesso questo brano dell’intervista non mi sembra il massimo. E sono piuttosto allibita dai toni di tutti: da chi dice “la madre dei cretini è sempre incinta” e da chi apostrofa il prossimo usando come insulto “signorina”. King è uno scrittore ma forse in questa intervista non rende molto. Capita.

  12. Barbara, questa discussione non comincia ieri, dalle risposte redazionali di King. Questo è solo l’epilogo (almeno qui su Lipperatura) della triste vicenda di un troll. Per questo non capisci toni e, soprattutto, contenuti. E’ come cominciare a vedere un film negli ultimi cinque minuti, e sorprendersi di azioni apparentemente inspiegabili.

  13. Un post provocatorio da parte della padrona di casa. Se voleva sbertucciare la “redazione” e le sue domande da pomeriggi Rai che hanno evidentemente irritato King, tirandone fuori lo humour, c’è riuscita.

  14. Hommequirit: come ho già detto, non solo King non si è irritato, ma ha aggiunto spontaneamente una risposta fra le non richieste. E questo lo so da fonte certa. Le sue provocazioni, invece, sono sinceramente non divertenti, non illuminanti, non positive. Non utili.

  15. @Lipperini
    Pezo el tacòn del buso, Madame. Me lo dice pure con la gaiezza di chi ha scambiato quattro banalità da salottino, non certo degne del miglior King, con il sollucchero di avere uno scrittore a suo agio in casa Repubblica.
    Ecco un modo di provocare magnificamente tutti coloro che hanno già i loro personali Tic nei confronti dello scrittore: mostrare di lui l’ordinario e aizzare la giusta canea. Una provocazione anche per il bravissimo traduttore Wu Ming 1, chiamato ancora una volta a rintuzzare per eccesso di nevrosi.
    King è bravo ma la sua è infatuazione, signora Lipperini. La sua intervista era ben fatta. Tuttavia queste quattro risposte cosa dovrebbero indurmi a pensare?

  16. E’ molto semplice liquidare l’apprezzamento per uno scrittore con parole come “infatuazione” o “eroticizzante”. Semplice soprattutto – perdoni, ma è così – quando chi esprime il proprio interesse è una donna. Non credo che con un giornalista o critico di sesso maschile avrebbe parlato di infatuazione, Hommequirit.
    Quanto alle quattro risposte, se avesse la bontà di dare un’occhiata alla discussione che si sta sviluppando in un gruppo di lettura su aNobii, noterebbe anche che a proposito del colore giallo viene fornito un nesso fra due storie molto diverse e lontane nel tempo. La narrativa di King è fatta anche di nessi e rimandi. Noi infatuati (o forse noi attenti) la apprezziamo anche per questo.
    Ps. Quanto ai suoi problemi con Repubblica, che esprime spesso e volentieri: io non sono Repubblica, sono un’antica collaboratrice della stessa. La prego, scriva al direttore se ha qualcosa da dire. Ma non perseguiti i singoli giornalisti.

  17. @Lipperini
    Liquidare è togliere di mezzo. L’infatuazione è invece un aggiunta, non un succedaneo del giudizio. Mi scusi, ho mancato di tatto e sono stato indiscreto. Non sospettavo di aver fatto una gaffe.
    Certo che la narrativa di King è fatta anche di nessi e rimandi. Quale narrativa riuscita non lo è?
    La questione semiotica è che non vedo nesso tra le idiosincrasie dell’Autore e il piacere del Testo. Ma io sono un uomo all’antic, e ritengo il narratore il peggior deputato a parlare del proprio libro. Figuriamoci lo scrittore.
    Ma è questione di pareri, non c’è dubbio. Per questo la leggo.

  18. @ Wu Ming:
    hai detto che il colore giallo è un collegamento narrativo tra 1922 e l’ombra dello scorpione. Puoi approfondire questa frase? Sto leggendo il romanzo citato e sarei curioso di saperne di più 🙂

  19. Vedo che ha sentito il bisogno di un Ps.
    Ma lei ha proprio la coda di paglia. È lei che mi porta un articolo di Repubblica, dati da Repubblica, interviste su Repubblica.
    È il mio quotidiano preferito che compro ogni mattina, sa?

  20. Il punto sta anche nel giudizio.
    Esiste un limite al giudizio becero. Un limite di stile e dignità.
    Uno che è sotto i riflettori non può forse dire cose normali? Deve sempre stupire?
    E’ sempre la solita voglia di sbranare chi sta sul piedistallo per darsi comunque un tono.
    ‘Sarai pure king ma se dici un cosa normale o banale ti sputo in faccia’.
    Quanto è connesso questo con l’idea di certuni di autore come “entità letteraria superiore” e non come uno qualsiasi che sa scrivere cose belle o importanti o geniali, restando una persone come le altre?
    I letterari sono sembrano quelli che a teatro con le uova e i pomodori, pronti a bersagliare il loro idolo appena prende una stecca.
    Forse l’idea di scrittore anche artigiano, anche professionista, ci salva da un’dea idolatra di “artista vero” al là Deniz, o Celiniano o altro.
    Piano piano riusciremo a disintossicarci da queste ‘castate’ culturali.
    King mi piace anche quando è banale, forse di più, perché si vede il tondo dell’uomo, credo che anche Céline amasse qualcuno e magari lo avrebbe pure detto in un’intervista.
    D.
    D.

  21. @Daniele Marotta
    Certo, concordo con quello che dice lei. Per questo ho parlato di infatuazione da parte della tenutaria (del blog). Quando si arriva a riprendere quattro risposte così ordinarie anche negli ammiccamenti ai due romanzi, è vero amore. Nulla di male, chi contesta?

  22. Hommequirit: trovo insopportabile che lei continui a parlare di cose che non conosce. “Ammiccamenti”?
    Ripeto: se trova ordinarie le risposte, non le legga, passi avanti e prenda in mano un libro di matematica.

  23. @Lipperini
    Non deduca ciò che non sa. Mi limito a dire che siamo arrivati al livello di fan, che spulcia le mutande dell’autore per vedere se sono gialle. Ognuno di noi ha il suo bonario fanatismo, il morboso che investe il nostro oggetto d’amore. Ridiamoci su.
    Se però uno scrittore ha in spregio un colore, il fatto che in una storia lo leghi a un personaggio o a un oggetto, non cambia nulla della ricchezza estetica del romanzo e nulla ci dice in più ripsetto a ciò che il romanzo non dicesse già. Se King dichiarasse di farsi due uova in camicia tutti i giorni alle 9 e un suo personaggio esibisse la stessa abitudine, sarebbe del tutto superfluo. Il confronto tra il giallo usato in romanzi diversi mi può dire appunto solo ciò che interessa al fan: King detesta il colore giallo. E quindi? È di interesse letterario per godermi King e trarre un maggior godimento dal testo?

  24. Non credo si possa demonizzare uno scrittore (chiunque sia) di aver dato risposte banali a un’intervista, soprattutto quando le domande stesse non sono un esempio di originalità. Insomma, sono *solo* quattro domandine. Pensare di usarne le risposte per giudicare lo scrittore, e con lui chi lo legge, è come giudicare la cucina di un ristorante dalla lettura del suo menù.
    Quanto al colore giallo, direi che c’è almeno tutto un romanzo (Cuori in Atlantide) in cui i cattivoni sono “uomini bassi in soprabito giallo”.

  25. RE: colore giallo. Per complicare il quadro dei riferimenti incrociati, sembra che Kubrik, in Shining, abbia intenzionalmente e accuratamente invertito tutti i riferimenti a giallo e rosso contenuti nel romanzo. L’auto rossa è diventata gialla, la palla gialla è diventata rossa, e via dicendo. Ma questa è un’altra storia, direbbe Lucarelli che ci farà su una puntata.

  26. con hqr concordo su una cosa: manca un po’ di leggerezza in alcuni scambi, che con un po’ di humour potrebbero essere dissinnescati senza spargimento di sangue.

  27. Posso dire una cosa? Sono un po’ stanca di questa faccenda del senso dell’umorismo, dell’ironia e della leggerezza usati come scudi. Posso sentire il bisogno di parole serie e “pesanti”? Mi sembra che questo paese sia stato schiacciato dall’ironia, dal giochino, dalla comicità a tutti i costi. Vedasi l’ultimo, drammatico rapporto Censis.

  28. Lipperini è troppo intelligente per aver messo a caso questa banal coda della King filosofia.
    Ha sparso un po’ di becchime per i polli,e infatti siam tutti qui a beccare,anche per la gioia del ming che può così esercitarsi nel suo sport preferito,la patetica imitazione del Marchese del Grillo,”io son io e voi non siete un cazzo”.
    Ma Sordi almeno faceva ridere…

  29. @lipperini
    Quali sarebbero le parole serie e…,quelle di Wu Ming?
    Evidentemente legge i suoi commenti in modo strano.
    Non è lei che che ogni due secondi si affanna a dire che si devono evitare commenti offensivi?
    Ma come ho detto,si vede chiaramente che è una commedia delle parti.

  30. “Tuttavia queste quattro risposte cosa dovrebbero indurmi a pensare?” (Hommequirit).
    Nulla oppure tutto: sta a chi legge saper prendere spunto anche dai margini e dalle inezie per articolare una lettura possibile, o lasciar correre. La risposta sul colore giallo, ad esempio, può apparire assolutamente inessenziale o assolutamente significante: come ogni traccia, che diventa tale solo per chi sa decifrarla. Wu Ming 1 non a caso ha parlato di “indizio”, rendendo significante ciò che all’apparenza è una banalità inessenziale.
    Sappiamo davvero che cos’è una risposta banale o una domanda banale?
    No, semplicemente crediamo di saperlo affidandoci a segnali che immediatamente in un certo contesto connotano un discorso come “profondo”, “significativo”. E questa credenza è essenziale alla nostra sicurezza intellettuale. In fondo siamo ancora sul punto che enunciavo prima: quando non è l’autore ad essere accusato come “basso”, “popolare”, allora è il turno di chi gli pone questioni troppo basse (una donna infatuata!) che alla fine renderebbero legittime le irritazioni dei lettori “colti”. Certo, se un uomo avesse fatto domande “alte” con due o tre citazioni a caso e il giusto distacco critico tutto sarebbe a posto. Ma se il presunto uomo colto avesse studiato davvero saprebbe che, ad esempio, Edgar Morin parlando del metodo di approccio del critico alla cultura di massa affermava “importa che l’osservatore partecipi all’oggetto della sua osservazione; occorre in un certo senso amare…” (“Lo spirito del tempo”, p. 18).
    Mi viene in mente a questo proposito un filosofo che ha scritto un testo magnifico su Nietzsche e la donna partendo da un frammento giudicato da molti assolutamente insignificante, al limite un appunto da “lista della spesa”. Il frammento recita: “Ho dimenticato il mio ombrello”.

  31. Ovvio, Lady Yoko. Commedia delle parti, complotto intergalattico, congiura, piano segreto di loggia deviata. Eccetera.
    Seriamente: ma possibile che non si possa pubblicare un’intervista senza che salti su qualcuno a dire che sono una fan infatuata e altri a sostenere che è una macchinazione?
    Possibile che non si possa discutere sui contenuti e non sulle fottutissime idee preconcette che balzano nella testa del primo pseudo-intellettuale che passa da queste parti?
    Gira un’idea molto sbagliata di democrazia del dibattito: dire la prima stronzata che frulla nella testa del commentatore, possibilmente urlarla perchè va di moda così e si ritiene di ricavarne una malsana autorevolezza, e quando qualcuno si dichiara stufo di tutto questo strillare al complotto. Per cortesia, se lei è stanca, torni a scrivere nel suo bel blog che la sottoscritta è in crisi da astinenza sessuale, visto che sono gli argomenti che utilizzate. Grazie.
    @Simone. Grazie per aver riportato la discussione a livello di decenza.

  32. @Simone Regazzoni
    Guardate, se volete affrontare la letteratura con questa prospettiva fate pure. Si chiama decostruzionismo. Sto ancora aspettando che qualcuno mi chiarisca l’entusiasmo per aver compreso il ruolo del giallo nella vita dello scrittore e nei suoi mondi letterari. Qualcuno lo spieghi e forse si renderà conto che invece di arricchire la comprensione del testo, si rivelerà un segreto vuoto, una traccia la cui decifrazione è fine a se stessa.
    @Lipperini
    Moderi i termini e ritrovi il controllo. Lei è la tenutaria di un blog, non di un bordello. Magari se vuole risponda alla critica con la critica. Altrimenti usi quella leggerezza e quello humour che non le è mai mancato per eclissarsi elegantemente.

  33. Il troll è colui partecipa senza condividere.
    Come essere invitati a cena e dire che la tovaglia fa cacare.
    ‘Signora mi passa il pollo ? Grazie. Comunque le volevo dire che secondo me sua figlia è un cesso, speriamo che migliori crescendo’.
    Non è una critica ma un attacco all’ambiente, al suo spirito e alle sue regole.
    Da parte dei ‘soliti noti’ c’è un atteggiamento di partecipazione parziale, ipocritamente ‘forzata’, il che non vuol dire discordare, ma discordare snobbando un po’ la “comitiva” a cui, però, ci si aggrega regolarmente.
    E’ questo che pesa, l’atteggiamento decisamente sprezzante che influenzano i vostri post, i commenti, e le risposte; non i contenuti di merito, perché porre i contenuti di merito vuol dire accettare l’ambito dove ci troviamo.
    Invece voi ponete contenuti di merito solo dopo un tormentoso invito ad abbassare i toni come se faceste un favore all’umanità.
    Fateci un favore, il silenzio vale più di mille parole.
    D.

  34. Io, però, a essere sincero, non ho ancora capito in cosa consisterebbe la “bellezza” di questo ultimo libro di King. Che tipo di “piacevolezza” apre? Apre davvero qualcosa di diverso da decine di libri simili? A chi denigra – e giustamente – si chiede sempre di entrare nel merito; ma perché chi esalta un libro – questo o altri – può limitarsi a frasette generiche? Proprio perché mi stupisce questo applaudire di persone che pure, come ho già scritto, stimo molto, ho riletto l’ultimo racconto di “Notte buia …”, e molto onestamente non riesco a farmelo piacere. Tutto è così … schifosamente banale (rimando al mio precedente commento per le specifiche). E intendo banale nel senso di mediocre, non nel senso di “semplice” (la semplicità è difficile a farsi …). Da quanto ho potuto appurare ascoltandolo in lingua (per quanto poco conosca l’inglese), la traduzione di WM 1 non è male; mi sembra che renda con efficacia l’originale. È proprio l’originale che mi dà problemi. Ci trovo dentro così poca “letteratura” e così tanto linguaggio scontato, privo d’inventiva, privo di “poesia”. A me non basta più la “vicenda”; qualsiasi film americano rende meglio il “sadismo” del quotidiano, qualsiasi trasmissione televisiva rivela la lacerazione del “femmineo”, qualsiasi sguardo del vicino di casa ti fa avvertire il ritorno d’un maschilismo becero e invadente … Questa tendenza “sociologica” non è la letteratura. E non lo è neppure l’uso riduttivo dei fatti e della lingua. Ecco, mi rende passivo, quest’ultimo libro di King; mi permette di passare due ore, e nulla più: senza aprire “conoscenza”. Questa è il mio giudizio (qualcosa di più che un’impressione). E allora chiedo: si può misurare la “bellezza” di un libro al di là dei gusti personali? Che cosa rende “bello” questo libro di King?
    Fabio A.

  35. Hommequirit. Sono controllatissima, ancorché stufa. Ho già risposto alla sua critica e lei ha fatto orecchie da mercante: ho detto che parlare di infatuazione è, oltreché offensivo, sbagliato. Ho linkato a una discussione su aNobii dove dal “giallo” si passa ad una serie di collegamenti fra questo libro e un romanzo molto lontano nel tempo, oltre che ad altre storie di King. E dal momento che quello di King è un universo connesso da decine di anni a questa parte, uno dei piaceri del lettore è rintracciare le connessioni stesse. Argomento che, come intuisce, potrebbe portare a interessanti riflessioni sulla scrittura che trascende il singolo testo e va a porsi come parte di un tutto.
    Immagino che non le interessi.
    Ps. Se mi è consentito, sono io che decido quando la leggerezza e lo humour non bastano più.

  36. Solo due parole a proposito dell’intervista: è un semplice scambio di battute su alcuni argomenti generali (ma non generici): la morte spiegata a un bimbo, le paure, le cose più amate/odiate. Domande cui King ha risposto, appunto, semplicemente. Ai lettori del resto fa piacere leggere le opinioni dei loro scrittori preferiti su argomenti di comune conversazione.
    Che c’è di strano, in tutto questo, da sollevare addirittura una polemica?
    Okay, abbiamo capito che alcuni vedono King – e forse tutto il gotico moderno – come fumo negli occhi. Ma allora perché si affannano tanto a spaccare il capello in quattro su uno scrittore che ignorano (o detestano)? Perché devono intervenire, in modo così acrimonioso? Urtando peraltro la sensibilità – legittima – di chi ama quello scrittore.
    C’è della cattiveria, in tutto questo – e anche una notevole mancanza di rispetto. Come se tu stai in trattoria di fronte a una carbonara, e tutti intorno a dire: fa schifo! C’è l’aglio! Mi viene da vomitare! Come puoi mangiare un uovo crudo! Devi mangiare i funghi! Fatevi gli affari vostri, no? e lasciateci mangiare in pace quel che ci piace.

  37. @ Homme…
    Capita a tutti di non avere una buona risposta a una obiezione teorica, non lasci che un po’ di decostruzione liberi i fantasmi sessisti che albergano in lei. Mantenga la calma, non abbia così paura delle donne e provi a rispondere magari spiegando che cos’è per lei questo benedetto decostruzionismo di cui parla. Lo sa che io dubito, ma magari sbaglio e lei me lo dimostrerà, che lei non sia così preparato in merito?

  38. Non si può misurare un libro al di là dei gusti personali.
    Non esiste un valore unico, un’unica unità di misura.
    Il gusto è il cancello dell’emozione, del cuore e della comprensione.
    Se qualcosa non solletica il gusto, allora la passione non si accende e non arriva nutrimento al cuore e al cervello.
    Al di là del rapporto tra opera e fruitore non esiste nulla.
    D.

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