CALLIOPE: LE ACCUSE A NEIL GAIMAN

Qualche mese fa, quando scoppiò il caso Alice Munro, scrivevo questo:

“Le persone che scrivono non sono i loro libri: anche se anni di letteratura del sé ci hanno portato esattamente a pensare che nei libri si dica la verità, e noi che leggiamo pretendiamo quella verità, e pretendiamo da chi scrive non dico la perfezione, ma una levatura morale eccezionale, come se la letteratura non fosse questo danzare con le ombre, e prendersele addosso, anzi, fino a sentirne il gelo, e restituire il male a chi legge, perché di questo, anche, siamo fatti. Persino quando si è madri, è bene saperlo”.

Ne sono ancora convinta, ma faccio un’enorme fatica a parlare, almeno ora, di Neil Gaiman.
Per chi ancora non lo sapesse, Gaiman è stato accusato di violenza e molestie da una decina di donne. Potete leggere le storie (se ce la fate) qui e qui. Ora, premesso che i chiaroscuri esistono, non sembrano esserci molti dubbi su quanto viene raccontato. Né sull’uso del potere e della fama per ottenere quel che si vuole, anche di fronte a rifiuti reiterati.
Ho sempre amato i libri, i fumetti, le storie, e persino i discorsi pubblici di Gaiman. Ho citato innumerevoli volte queste sue parole:

“Abbiamo l’obbligo di rendere le cose belle. Per non lasciare il mondo più brutto di quello che l’abbiamo trovato, per non svuotare gli oceani, per non lasciare che i nostri problemi ricadano sulla prossima generazione. Abbiamo l’obbligo di fare pulizia prima di scomparire, e non lasciare ai nostri figli un mondo si ritrovino in un mondo miope, incasinato, immutabile e paralizzato”.

In questo momento mi chiedo come sia possibile che la persona che ha immaginato Sandman e American Gods e Coraline e tutto il resto abbia potuto dire e fare quello che ha detto e fatto.
Certo che si può, diranno in molti, e anche molte. Qualche giorno fa, su Snaporaz, Filippo D’Angelo ha scritto:

“Dal mio punto di vista di lettore, nessun problema, ovviamente. Sono questioni che non mi hanno mai sfiorato, nemmeno quando, adolescente, lessi Sade, finito in prigione per avere, fra le altre cose, flagellato delle prostitute, o Burroughs, che sparò un colpo di pistola in faccia alla moglie giocando a Guglielmo Tell (un bicchiere di cognac sulla testa, in luogo della più iconica mela). Poi mi bastò leggere il Contro Sainte-Beuve di Proust al primo anno di università per capire definitivamente quanto possa essere ottusa ogni sovrapposizione tra l’uomo e lo scrittore («L’uomo che vive nello stesso corpo insieme a un grande genio ha poco da spartire con lui»)”.

So perfettamente che è ingiusto e persino pericoloso pretendere dall’artista un comportamento etico: la letteratura vive di ombre, appunto, e vive anche dei fantasmi nerissimi che si agitano in ognuno di noi, che li si metta a tacere o meno.
Eppure, a caldo, continuo a chiedermi la ragione di quello che avverto come uno scollamento. Puoi immaginare speranza, e dare speranza, e insieme obbligare una ragazza, in modo orribile anche, a fare sesso?  Hope, come dice Sandman a Lucifero nell’ultima sfida del loro duello. Hope, anche all’inferno. Certo, si può. Guai a chi mette sotto una lente le vite di chi scrive. Continuo ad amare i libri di Rowling anche se non concordo in nulla con le prese di posizione pubbliche di Rowling. E sicuramente continuerò ad amare i libri di Gaiman.
Ma l’orrore rimane.
E in questo momento, continua a venirmi in mente lo scrittore Richard Madoc che, in Sandman, stupra la musa Calliope per avere ispirazione per le sue storie. Parallelo sbagliato, sicuramente, ma l’appassionata che è in me lo sta vivendo, a caldo, come un sogno infranto: è umano attribuire a chi crea la bellezza delle sue opere. Umano ed errato, come dimostra mezza storia della letteratura.
Ma lasciatemi la tristezza, almeno per un po’.

 

Un pensiero su “CALLIOPE: LE ACCUSE A NEIL GAIMAN

  1. In “Monster”, Dederer analizza il problema dello scollamento tra autore e opera, giungendo a una conclusione che non condivido.

    Ma nella sua analisi, sottolinea un fatto molto importante: siamo nell’era del social e quindi delle biografie condivise. Fino a 30 anni fa, era spesso difficile avere qualche informazione sugli artisti, in qualsiasi campo, a meno che non fossero iper-famosi, come Hemingway, o Picasso che pure hanno in qualche modo favorito, se non sfruttato, la pubblicizzazione della loro vita privata.

    Adesso, nell’era di wikipedia, è facilissimo reperire informazioni su qualsiasi autore, anche semisconosciuto. Per chi vota King? Quante mogli ha avuto Springsteen? Che cosa pensa Arturo Rossi dell’inflazione?
    Non è più possibile dividere l’artista dall’opera d’arte, a meno di non usare uno pseudonimo a prova di bomba, come Ferrante.

    Non sono sul set di “Scissione”, se so che cosa ha fatto Tizio o come si comporta Caio, non posso non pensarci quando vedo il loro nome sulla copertina del libro sul compodino: e per questo se ormai il solo lo sfiorarla mi fa venire il voltastomaco, evito. Fintanto che le ditature non imporranno di leggere il Mein Kampf con la “cura Ludovico”, eviterò chi, per ragioni diverse, mi farà stare male.
    Sono convinto che non diventerò una persona peggiore se al loro posto leggerò o guarderò o ascolterò qualcos’altro. E allo stesso modo, tutto ciò che ho letto e ascoltato o visto in precedenza, rimarrà comunque impresso nel profondo della mia memoria.

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