CHI LEGGE, CHI SCRIVE

Su Repubblica di oggi è uscito un mio articolo ancora sulla vicenda eBook. Ho dovuto però ridurlo per questioni di spazio: inizialmente prevedeva, infatti, anche il punto di vista di alcuni lettori, suggerito anche da alcuni commenti su questo blog (mi riferisco alla comparazione di prezzi su “Il Principe”). La versione su carta riporta solo i pareri di alcuni scrittori, giocoforza compressi. Qui posto dunque l’articolo in prima e più estesa stesura. Colgo l’occasione per salutare: domani parto per il paesello marchigiano. Mi connetterò saltuariamente, però, e aggiornerò per quel che posso. Grazie a tutto l’insostituibile commentarium.

Come mai l’eBook di un’opera fuori diritti come Il principe di Machiavelli costa 12 euro nella versione proposta da una casa editrice e poco più di tre euro in un’altra versione? Sul web, i lettori giudicano la politica degli editori nei confronti dell’eBook, in alcuni casi dichiarandosi pronti a piratare i testi in caso di aumento ingiustificato dei prezzi, ma disponibilissimi a pagare direttamente l’autore. Racconta il blogger che si fa chiamare “il Duca”, titolare di Baionette Librarie dove l’argomento eBook è all’ordine del giorno: “Bisogna far leva sui prezzi bassi, al massimo 4,90 euro, e sulla pigrizia: un click e hai l’eBook sull’eReader, come capita con il Kindle di Amazon. Sì compete con la copia pirata, che è gratis: con 10 euro si fomenta solo la pirateria etica. Autori come Konrath e la McQuestion guadagnano di più con gli eBook a 3 dollari che non a 10, perché vendono molto di più. Sono autori indipendenti e la seconda non ha mai pubblicato con un editore. I libri di nicchia, quelli poco commerciali, potranno essere letti in eBook: crescerà la lettura e la soddisfazione di tanti lettori ora delusi dal cartaceo. Ma a  noi manca un grande accentratore come è stato Amazon negli USA: in questo siamo svantaggiati”.

E gli scrittori? Nicola Lagioia, autore di Riportando tutto a casa, ha due desideri: “il primo è che con l’eBook si possano abbassare i prezzi senza che nessuno ci rimetta. Il secondo è una rivoluzione nel modo in cui si veicola il libro, sperando che parallelamente ai gruppi editoriali si sviluppi una infosfera di non addetti ai lavori, di lettori, di appassionati, che pesi quanto il premio Strega o un’ospitata da Fazio”.
Nell’”infosfera” sono già attivi i Wu Ming, che fin dalla nascita del collettivo mettono a disposizione sul loro sito i romanzi che escono in cartaceo. Cosa cambierebbe con l’affermarsi dell’eBook? “Per chi come noi volesse continuare a rendere disponibili i propri libri gratuitamente – dicono – si potrebbe immaginare uno scenario del genere: free download dei file di testo spartani e vendita online di eBook curati, impaginati in pdf e predisposti per i vari formati, corredati da immagini di copertina e paratesti diversi da quelli del cartaceo. Va anche detto che, dati alla mano, il free download dei nostri libri incentiva le vendite in formato cartaceo”.

Sono scaricabili gratis, da qualche tempo, anche gli scritti (articoli, racconti, romanzi su cui ha riavuto i diritti) di Maurizio Maggiani, premio Strega nel 2005 per Il viaggiatore notturno. Che ha firmato un accordo con Feltrinelli per la pubblicazione degli eBook tratti dai suoi libri. “Ma solo per quel che ho già scritto: quel che verrà bisogna ripensarlo. Non credo che il diritto d’autore cosi come lo conosciamo avrà più senso, perché sarà sempre più difficile tutelare la propria opera. Ma non bisogna ripetere l’errore della musica, dove la caparbia stupidità dei discografici ha distrutto il mercato: il risultato è che tutti hanno scaricato gratis. Giustamente, perché la crisi c’è e nessuno può pensare di non tenerne conto. Le persone desiderano accedere a un bene culturale e quando costa troppo trovano un sistema per non pagarlo affatto. Poi è nata Applestore e ha salvato gli editori musicali, e i musicisti stanno inventando altri modi per guadagnarsi la vita, come è avvenuto per tremila anni prima che si chiudessero in una sala di registrazione. La strage di musica non c’è stata: e non ci sarà neanche una strage di romanzi”.

E cosa possono fare i romanzieri per evitarlo? “Non lo so ancora. Ma so che ho fatto 37 conferenze in tre mesi raccontando le mie storie a prezzi modici: quelli di un fisarmonicista da balera. E’ una strada. Del resto, il libro di carta costa molto, è imbruttito, è diseconomico. Se Applestore mettesse in vendita un capitolo del mio romanzo a 99 centesimi e io ce ne guadagnassi dodici, sarebbe una miseria. Ma è anche giusto che trovi altri modi per vivere. Così come è giusto cedere, gratis, quel che è di mia proprietà all’interesse del lettore, come ho fatto con i miei primi romanzi. Il mio editore non ci sente da questo orecchio: ma si dovrà rassegnare anche lui: non può fare la stessa fine della Rca”.

96 pensieri su “CHI LEGGE, CHI SCRIVE

  1. Considerazioni interessanti, ma si parte sempre dall’assunzione di una similitudine tra il mercato discografico e quello editoriale, che è sbagliato per i seguenti motivi:
    1. lo strumento finale e la user experience sono completamente diverse: ascoltare musica in cuffia è indipendente dal supporto che la genera (musicassetta, mp3, CD, a prescindere da discorsi di purismo e campionamento). Passare dalla pagina di carta a uno schermo (più o meno perfezionato a seconda dei modelli) impatta fortemente il gusto della lettura nonché le abitudini di location (al mare con un ebook reader la vedo difficile). Resta invece simile la comodità di “trasporto” mp3/ebook.
    2. le fasce di età dei lettori non coincidono con quelle di chi ascolta la musica. Dopo “il buco nero” dell’adolescenza, c’è una grossa fetta di mercato over 40, che non ci pensa neppure da lontano a passare all’ebook
    3. gli ebook reader sono ancora troppo costosi e la tecnologia non è delle migliori, gap che comunque sta per essere superato rapidamente
    4. In Italia c’è ancora molta diffidenza negli acqusiti online con carta di credito/paypal etc… considerazione ancora più vera al crescere dell’età dell’utente finale
    Non sono d’accordo sul discorso “pigrizia”: conosco tantissime persone che si scaricano musica da emule/torrent benché su iTunes o altri store costi a malapena 99 cent. E’ una forma mentis difficile da contrastare.
    Ci sarà una penetrazione degli ebook, ma sarà lenta. I dati che leggo in giro mi sembrano troppo positivi e poco veritieri. Già molti editori sono presenti su store online (Bookrepublic, IBS, iTunes): aspettiamo i loro dati, ma da quello che so non sono affatto incoraggianti.
    Siamo in Italia, non scordiamocelo.

  2. @Francesco: peccato che siamo distanti, altrimenti ti prestavo il mio Kindle per un giorno, eppoi mi dicevi se era tanto diverso dal portarsi dietro un cellulare 😉
    Sul fatto che “siamo in italia” concordo, siamo fatti a modo nostro. 🙂

  3. Ho provato il kindle, un Sony e l’iPad. Sono d’accordo che il kindle sia migliore, e che affrontare la lettura non è impossibile, ma resta un supporto molto diverso dalla carta. Questione d’abitudine, forse, ma mi pare anche stupido autocostringersi a leggere ebook se si preferisce la lettura su carta, oppure si rischia di essere poco cool?

  4. @Francesco: Ecco, anche il discorso “moda” avrà la sua importanza, non trascurabile, e al momento favorisce l’iPad.
    Io però mi trovo davvero meglio con il Kindle rispetto alla carta, debbo però dire che in parte è dovuto ai miei problemi di vista. 🙂

  5. @ francesco sul suo punto 1.
    Per me invece è il contrario, cioè il passaggio della musica alla rete e il formato mp3, ha cambiato l’esperienza della musica molto più di quanto il formato ebook cambierà l’esperienza della lettura (almeno della narrativa).
    Nella musica ha potuto alla fine prevalere la traccia ( prima era l’album la forma “obbligata” predominante per acquistare musica e spesso per ascoltarla). Le singole tracce si possono acquistare/scaricare separatamente, a costo molto basso, e posssono essere facilissimamente riassemblate in playlisyt che tengano conto dei gusti personali, e a seconda dell’attività quotidiana a cui fa da sottofondo (per guidare, per rilassarsi, per fare jogging…). Insomma la musica con l’mp3 diventa molto più malleabile di quella su supporto fisico, invece nell’uso dell’ebook la fruizione del libro, specie di narrativa, cambia proprio poco: si legge sempre nello stesso modo, dall’inizio alla fine, più o meno seduti o stravaccati, eccetera.

  6. Non sono entrata in questo dibattito perchè so reazionaria dentro come vocazione psichica, e temo che direi tutte cose brutte e antipatiche e poi sono giorni troppo intensi questi.
    Perciò niente buona vancanza Loredanerrima:)

  7. Anche il passaggio dal vinile al formato mp3 ha conosciuto una fase di scetticismo. Il rapporto tra mp3 e vinile oggi è sotto gli occhi di tutti. Nonostante i puristi siano in grado di argomentare alla perfezione che la qualità della musica ascoltata con il vinile sia migliore, questo tipo di supporto oggi è più o meno relegato al mondo del collezionismo. Così per la lettura: ciò che si perde nel passaggio dall’inchiostro stampato all’inchiostro magnetizzato pesa molto meno, su un’ipotetica bilancia, rispetto a quanto abbiamo da guadagnarci. Ma come mai, chiedono gli scettici, se l’editoria digitale è davvero così meravigliosa, in Italia siamo ancora al palo? Primo, perché appunto siamo in Italia. Secondo, la questione riguarda i prezzi. In generale esiste una predisposizione alla spesa maggiore quando parliamo di ristoranti, abbigliamento, telefonini o trattamenti di bellezza che non quando si parla di lettura. Per questo motivo i 180 euro circa di un Kindle sono ancora una cifra esorbitante, dato che con un ereader “ci leggi e basta”. Ma è facile prevedere che i prezzi si distribuiranno su diverse fasce di mercato, come avviene per i telefoni, e avremo lettori a 39 euro. Basta vedere quanto si sono abbassati i prezzi in un anno. Se gli editori sapranno far tesoro di quanto è avvenuto ai discografici, poi, i prezzi degli ebook saranno bassissimi, magari con forme di abbonamento o simili che renderanno più semplice e immediato l’acquisto che non l’avventurarsi tra peer to peer, torrent e altri canali per avere gratis quello che in pochi secondi puoi avere pagando qualche euro. La pigrizia conta eccome, Francesco, il fatto è semmai che 99 centesimi per una canzone sono un prezzo esorbitante! Se un album su cd va dai 15 ai 21 euro, in mp3 il prezzo a 9.90 è ancora troppo alto e questo sì che favorisce la pirateria. La fase di passaggio sarà lenta, sicuramente. Ma inesorabile. Il mercato digitale mangiucchierà fette di lettori al mercato cartaceo giorno dopo giorno, finché un giorno facendo due conti un editore si accorgerà che stampare il libro non sarà più conveniente. A quel punto, anche chi “non ci pensa neppure da lontano a passare all’ebook” potrà scegliere se rivedere tali prerogative o scegliersi un altro passatempo, dato che il libro di carta non lo troverà più, oppure, come avviene per il vinile, lo troverà ma a un prezzo pensato non più per il grande pubblico quanto per gli appassionati, ai quali sarà chiesto di coprire costi che con il mercato non hanno più niente a che vedere.

  8. A proposito delle fasce d’età: perché mai dare per scontato che gli over 40 non pensino neppure ad abbandonare il cartaceo? Io di anni ne ho 50 e sono FELICE con il mio onyx 60 boox.
    Da accanita lettrice quale sono, ormai per me pensare alla carta equivale a pensare agli acari, nonché allo spazio (troppo!) che i libri occupano in casa nostra. E che dire degli scatoloni di libri accatastati in cantina, e degli scatoloni di libri rivenduti a prezzi irrisori o regalati?
    Come me la pensano molti miei amici, della mia stessa fascia d’età, dunque…
    Quanto ai prezzi, anch’io penso che, se i prezzi fossero bassi, la gente imparerebbe in fretta a usare Paypal.
    Saluti a tutti

  9. @Francesca: stai parlando di un “add-on” della user experience, ossia la playlist (che già esisteva in modo molto più “macchinoso”, in molti si facevano musicassette o CD con la playlist del momento, ovvio adesso è molto più semplice). Yes, uno dei grandi vantaggi attuali del digitale è che ti puoi comprare una singola canzone, sono d’accordo. Quindi si rafforza la mia tesi: nella musica il passaggio al digitale non ha intaccato l’abitudine (la ha migliorata, per le playlist e per lo “spazio fisico” della musica). Nel caso dei libri, abbiamo questi vantaggi, ma cambia proprio l’approccio dalla carta allo schermo.
    Altra nota: purtroppo (escluso il kndle, che cmq ha le sue pecche) ho provato ereader davvero disastrosi. Nel Sony touch quando leggi vedi il riflesso del tuo volto. Questo contribuirà ad aumentare la diffidenza. Quando la mia collega l’ha portato a lavoro, il commento più diffuso è stato: “è impossibile leggere”.
    Ergo, una brutta tecnologia frenerà il cambiamento.

  10. @Tina: sono dati statistici (e alquanto ovvi) che il passaggio a nuove tecnologie resta ostico più elevata l’età.
    Restando sul Sony touch (ma anche iPad) ti assicuro che una mia collega si è trovata in difficoltà con l’importanzione e il synch (per il pessimo programma che fornisce Sony).
    Ovvio, ci sono le eccezioni, ma stavo parlando di grandi numeri e di medie.

  11. quale ha ottenuto la sua massima espressione negli mp3, grazie anche allo status symbol dell’iPod.
    Per il discorso che 99cent a canzone sia troppo non mi trovi d’accordo. Dietro a una canzone, così come a un libro, c’è un team di persone che lavora per assicurare all’utente finale un prodotto di qualità. Scendendo di prezzo, la coperta si strappa.
    Ci si muoverà verso il mass market e le stelle comete, a discapoto della qualità.

  12. Un sindacato degli scrittori forse mi sembra un po’ esagerato ma una sorta di vademecuum a cui aderire fatto di due o tre voci chiave – chiaramente da discutere – potrebbe essere un passo. Se i musicisti comunque hanno potuto continuare a guadagnare gli scrittori rischiano veramente di essere schiacciati. Bisogna approfittare della situazione per alzare l’asticella dei diritti d’autore. Una voce chiave potrebbe essere diritti al 50 per cento dell’autore su ogni ebook. poi se le case editrici vogliono venderlo a 10 euro, a 3, a 50 cambia poco. Perché per gli autori affermati c’è sempre la possibilità di metterlo a disposizione per proprio conto. Gli autori non devono solo cercare di arginare l’arroganza delle case editrici, devono approfittarne per sancire dei loro diritti secondo me. E non si può stare a ragionare sugli altri mercati, noi non siamo l’america, bisogna ragionare su cifre molto inferiori, per quello l’autore deve essere “assolutamente” tutelato. Non dimentichiamoci che, ehm, il libro lo scrive l’autore. oggi fanno tutti dei gran soldi nell’editoria e quando dico tutti intendo tutte le figure che sono da corollario al libro. Per paradosso chi non scrive guadagna chi scrive fa la fame. Non credo che santachiara se la passi tanto male, eppure non ha mai scritto una riga, per dirne uno che è stato nominato. il guadagno le case editrici e i distributori ce l’hanno e ce l’avranno sempre sui libri cartacei che è ovvio che non scompariranno, come non sono scomparsi i cd e i vinili e la fotografia analogica.

  13. @Alessandro Ansuini
    Questo è il punto, i soldi. Nel sistema cultura-editoria, i soldi li mettono in tasca tutti fuorché gli artisti. Chiaro che gli artisti maggiori siano complici di questo sistema arraffino, ma gli altri perché lo sono? Non gli è chiaro che il sistema per riprodursi deve favorire la nascita di nuovi artisti quantomeno accondiscendenti? Possibile che il lavoro di ribellarsi al sistema sia tutto sulle spalle dei fruitori? Con internet non è possibile immaginare fabbriche di produzione di contenuti artistici in qualche maniera autogestite, società di artisti e fruitori, o, in subordine, gestite alla pari con figure tecniche e imprenditoriali?

  14. “Con internet non è possibile immaginare fabbriche di produzione di contenuti artistici in qualche maniera autogestite, società di artisti e fruitori, o, in subordine, gestite alla pari con figure tecniche e imprenditoriali?”
    Penso proprio di si Larry. Infatti le strade praticabili sono moltissime. Si potrebbe cominciare chiedendo quantomeno il giusto infatti, sperando che, una volta che gli autori si rendono conto che “posso scegliere” e sono soggetti che hanno voce in capitolo, sia da viatico per quello che auspichi tu, e anche io.

  15. @ Hersylius,
    non capisco bene una parte del tuo commento. Quale “passaggio dal vinile al formato MP3”? Quando si è diffuso l’MP3 (accettiamo questa sineddoche, per “MP3” intendiamo: lo sganciamento della musica dai supporti su cui campava il mercato discografico), e stiamo parlando del 1999-2000, da un pezzo il vinile era stato rimpiazzato dal cd. I cd iniziarono a rimpiazzare i dischi in vinile alla metà degli anni ’80, e alla metà dei ’90 avevano ormai terminato l’opera. Lo scontro è stato tra cd ed MP3, e ovviamente il cd non poteva reggere la competizione. Ma il vinile è un’altra cosa, il vinile è come quelle edizioni di libri in copertina rigida, molto belle e curate, che Demonio Pellegrino continua a comprare anche se ha il Kindle. E il vinile si è preso la sua bella rivincita sul cd, perché mentre quest’ultimo è ormai tra il coma profondo e la morte clinica, il vinile è rinato. A parte che in alcuni settori non era mai morto (es. tra i DJ), negli ultimi tre anni il mercato del vinile è triplicato, e nel 2009 era in crescita del 35%. Io sono abbonato a “Musica Jazz”, e lì c’è una rubrica per audiofili dedicata al “collaudo” di stereo, piatti e casse. C’è un mercato florido di cui molti – ormai abituati ad ascoltare musica solo al computer – non sospettano nemmeno l’esistenza. Oggi il vinile è ad altissima tecnologia, il piatto dello stereo spesso ha la presa USB per consentire la copia digitale. Un’edizione in vinile garantisce una copertina più grande e bella, sleeves e liner notes più leggibili, suono eccellente e un’esperienza tattile che il digitale non consente.
    Ecco, io penso sia *questo* il parallelo che bisogna fare:
    Vinile : mp3 = libro cartaceo : e-book.
    Sono due esperienze diverse, adattabili a momenti diversi nella vita di lettori diversi, e se gli editori (o chi per loro) non saranno stupidi, questa diversità sarà un punto di forza.

  16. Secondo me il futuro vedrà la compresenza di entrambi, il libro e l’ebook, ammetto che negli ultimi anni, le prime edizioni degli editori sono un po’ scadute, a parte i supercoralli einaudi non c’è più nessuno che stampi una prima edizione (mondadori, feltrinelli..) cucita. Con tutta onestà andare a pagare un librone Mondadori 19€ e vedere che è incollato non è il massimo; per non parlare della collana ET di Einaudi, arrivati alla 50sima pagina vi si sfibra in mano. Insomma, secondo me va curato anche questo aspetto dell’industria, se scelgo un libro lo scelgo (anche) perché voglio l’oggetto.
    http://lucianopagano.wordpress.com/2010/07/26/134-riflessioni-al-margine-di-un-libro-a-venire/

  17. Ultime e definitive le parole di Wu ming e di Maggiani. E, ovviamente, il concetto andrà esteso ad ogni forma di “produzione” di cultura. E non solo… Si tratta, infatti, di prendere atto che il progresso tecnologico, adesso e finalmente, rende sempre più attuale il discorsetto di Marx sul ” da ciascuno… a ognuno…” con quel che segue. Si capisce benissimo che al poeta o musicista o romanziere o quel che si voglia artista -anche, se non soprattutto- di sinistra) la cosa roda. “Proprio adesso?” si dirà. Eh beh…

  18. @Francesco, @WM1: non credo che il “concetto di portabilità” implichi il bisogno di passaggi intermedi tra il libro e l’ebook, dato che già il primo è per sua natura “portabile” ovunque. A parte questo, l’equazione di Wu Ming 1 è corretta, ma metterei cd e mp3 sullo stesso piano: parliamo di digitale. Il vinile sta al formato digitale come il libro cartaceo sta all’ebook (formato digitale). Che poi l’ebook stia su cd o su un sito internet, c’è poca differenza. Sono convinto che il mercato del vinile sia vivo e vegeto, ma quando entro nei negozi di dischi che frequento (quelli che non hanno chiuso i battenti perché hanno cominciato a vendere anche ipod e altri supporti digitali) il rapporto tra digitale e vinile è piuttosto evidente. E credo che questo tipo di rapporto, un domani, potrebbe riproporsi anche per i libri. Ma non voglio cercare di convincere nessuno, chiunque preferisce toccare la carta per leggere potrà continuare a farlo, credo per molti anni ancora. Ma basta guardarsi intorno per capire come stiano andando le cose: su Amazon i libri digitali venduti hanno già superato i cartacei. E poiché produrre un cartaceo costa più che produrre un digitale, ogni editore farà i suoi conti a breve. Per quanto mi riguarda, nella mia libreria ci sono volumi dai quali non mi separerei mai. Compresa qualche rarità alla quale tengo in modo particolare. Sono nato prima dell’era digitale. Conservo fotografie in bianco e nero di quando ero alto meno di un metro, ma le fotografie di mio figlio sono tutte a colori e tutte archiviate in digitale su computer e hard disk vari. Manca il gusto tattile della carta (mancherà anche a mio figlio?), ma se ho voglia di guardarle basta un click. La bilancia pende dalla parte del digitale per una questione di praticità, di immediatezza. Tenere tra le mani un libro è una bella sensazione, sono d’accordo. Ma anche leggere l’email di un amico che me ne consiglia uno, entrare in un ebookstore, acquistarlo (spendendo pochi euro), scaricarlo e dopo cinque minuti essere già lì che lo leggo, non è malaccio. È solo un discorso di pro e contro. Trovo difficile capire come i contro possano superare la possibilità di prezzi più bassi, l’accessibilità immediata, l’abbattimento dei problemi di distribuzione (soprattutto per la piccola e media editoria), la possibilità di portarsi dietro centinaia di libri e documenti che possono essere consultati in un secondo, una maggiore libertà di scelta (in una libreria, soprattutto una grande catena, anche il posizionamento dei volumi sugli scaffali è studiato per favorire alcuni acquisti) e soprattutto la possibilità di trovare qualsiasi cosa, dall’emergente scoperto dalla piccolissima casa editrice fino a tutti i possibili arretrati di pubblicazioni periodiche, per non parlare di tutti quei titoli ormai fuori mercato che non vengono più stampati. Come fa il piacere della carta a pesare più di tutto questo?

  19. Che siano libri cuciti, incollati o di fibra inconsistente o ebook leggiamo, leggiamo, leggiamo. Per noi, contro di noi, per contrastare la medietà della comunicazione corrente. Leggendo altro, si sopporta meglio anche l’ennesima notizia sul maxi Esodo (da quanti anni a fine luglio l’Esodo ci appare per scomparire a fine agosto, accidenti?).
    Alla proprietaria del blog buone vacanze, io resto a Roma bloccato da un “falso movimento”.

  20. due cose per la musica: l’impatto che hanno avuto il cd e l’mp3 è decisivo su due cose. L’ascolto: chi di voi ascolta ancora un cd dall’inizio alla fine?
    Ma questo è un aspetto secondario, una curiosità. Il costo: musica gratis, crollo delle vendite dei cd, strettamente collegati, non so se al 100%, ma ci andiamo vicino. La maggior parte dei miei amici non è appassionata di musica, l’ascolta alla radio, su internet, la scarica, in macchina con i cd masterizzati. Fossero nati prima avrebbero usato la radio e le cassettine, su i-tunes non ci andrebbero perchè il punto non sta sul prezzo del cd troppo alto, non è mai stato quello il punto, e comunque il prezzo alto è dovuto ai negozi e alla distribuzione, il punto è che se una cosa la puoi avere gratis la prendi gratis. Cosa possono fare i musicisti che cominciano oggi? Il disco te lo paghi da solo, lo studio di registrazione intendo, e ormai anche la produzione in pratica, le etichette indipendenti non possono accollarsi i costi di pubblicità e stampa dei dischi. Le band pagano all’inizio i costi della produzione, l’etichetta offre appoggio, visibilità e date per suonare. I dischi te li stampi da solo e li vendi ai concerti, e il margine di guadagno è tutto tuo. Poi si va anche on-line con i-tunes, e qui i guadagni sono divisi con l’etichetta, entra in gioco la siae ecc. Per dire a quel punto il disco ai concerti lo vendi a 10 euro, considerando 1000 copie stampate ad un costo intorno 2-3000 euro, e considerando che 10 euro è lo stesso prezzo che chiedono le case discografiche ai negozianti. Ora un gruppo di ragazzi che vuole provare a entrare nel circuito ha di fronte una base di spesa di 1000-2000 euro per registrare un buon disco, idee a parte, poi altri 2000-3000 euro per l’etichetta e la stampa dei dischi, bollino siae. Naturalmente non sono a conoscenza di tutto il panorama nazionale, chi può e vuole intervenga. è un po’ OT.

  21. @Hersilius: il concetto di portabilità si riferisce alla dimensione e alla semplicità dell’utilizzo. Il libro è portabile, come un CD, ovviamente, ma non puoi portarti dietro 100 libri o 100 CD come in una chiavetta USB o, ancora meglio, con il cloud computing.
    Sull'”abbattimento problemi distribuzione” andiamoci cauti. Perché oggi come oggi nessun libro è introvabile. Se vuoi acquistare il libro X del piccolo editore Y, lo trovi su IBS, unilibro o sul sito dell’editore stesso. Certo, non in cinque secondi/click ma magari in cinque giorni. Ma non è impossibile.
    Il problema della piccola editoria è la promozione/visibilità e non sono convinto che l’era digitale sarà sinonimo di democrazia. Nel maremagnum degli ebook continueranno a vincere gli autori già noti o gli esordienti che avranno un bel budget pubblicitario alle spalle.

  22. @ Francesco Falconi
    Già. In un certo senso sono ottimista, morto il disco, tiene il vinile, rimangono i concerti, le case discografiche ( le major ) possono finalmente morire. Spaventa il salto iniziale, mettere fuori i soldi, praticamente auto-prodursi, e la cosa che non mi piace non è neanche questo. Comunque il disco te lo registravi da solo anche prima, solo che poi concerti facendo aspettavi che qualcuno ti producesse. Ma è l’aspetto promozionale, il booking, gli articoli sui giornali e i passaggi in radio, l’idea di acquistare un pacchetto. Io non so ancora quanto valgo, se c’è qualcuno che vorrà ascoltare le mie cose, le nostre cose. In effetti sono confuso.

  23. @Francesco: quindi ne convieni che il fattore “portabilità” va tutto a favore del digitale. Per la piccola editoria, non ti dico che il micro editore combatterà ad armi pari con i colossi: dico che avrà maggiori garanzie di essere presente in uno store, dato che non avrà bisogno di distributori nazionali, di solito poco propensi ad accollarsi i piccoli editori. Quanto al fatto che oggi nessun libro sia introvabile, come dici tu, ti riporto un esempio. Giorni fa ho scritto al servizio della Mondadori per acquistare i numeri di Segretissimo della trilogia Montecristo di Stefano Di Marino. Questa è stata la risposta: “Gentile signore, la informiamo che i volumi da lei richiesto sono esauriti”.

  24. Scusate…ho postato questo mio punto di vista in un altro thread…per errore…leggo “on the go”…mentre viaggio da casa al lavor…and back…poi quando voglio evadere in maniera piu’ “attiva” rispetto a guardare un film o all’ascoltare musica…la tv la guardo ma non l’accendo…l’ho decorata con edera e muschio e spostata in uno sgabuzzino scomodo e poco riscaldato…leggere mi aiuta a vivere…al momento sono tentato, l’idea di poter scaricare un libro quando voglio senza doverlo andare a cercare/ordinare mi piace. Mi piacerebbe anche l’opportunita’ di avere magari degli extra (tipo DVD) che solo il supporto digitale potra’ offrire: book trailer per il pre-acquisto, chesso’ un intervista audio/video all’autore (o gli autori), short stories/videos sparsi tra le pagine del libro che arrichiscano l’esperienza (alla stessa maniera di una foto, un documento “originale” inserito nella trama)…insomma, vedo delle opportunita’ e allo stesso tempo non credo che il fascino, l’incanto di un bel libro stampato, tra le mani, potra’ essere rimpiazzato completamente (specialmente per cose tipo fumetti e graphic novels). “Dead tree media will still rule the roost”! E’ l’hardware (e di conseguenza il software) a non convincermi (e questa e’ l’unica ragione che mi impedisce di investire my hard earned cash). Aspetto un multimedia e-reader (e-ink), poi aspettero’ ulteriormente che le versioni a colori abbiano prezzi abbordabili…insomma per ora, in metropolitana, on my way from Brixton to Angel, mi limitero’ a sbirciare sull’Ipad dei tipi che scendono a Bank o Moorgate…intanto continuero’ a sfogliare pagine ed emozionarmi in versione economica. Una curiosita’ per gli addetti ai lavori: come pensate si evolvera’ il mercato delle Graphic Novels in questo contesto?

  25. @ paperinoramone: Donc, sul discorso live la situazione si complica. Leggevo che i concerti dei talent baby erano quasi tutti flop (tranne Carta e Mengoni). Chi è già affermato, invece, fa lievitare il prezzo del biglietto. Situazione difficile, purtroppo.
    @Hersilius: ah ok, allora avevo capito male. Si sta parlando di libri esauriti/fuori commercio ecc… in tal senso hai ragione. Io credevo ti riferissi a libri editi dalla microeditoria, che difficilmente appaiono nelle librerie.

  26. @ Hersilius,
    secondo me non si tratta di fare l’apologia delle “magnifiche sorti e progressive” dell’ebook di fronte a reazionari che non ne vogliono sapere. La potenza del digitale e i suoi vantaggi li conosciamo tutti, tutti stiamo in rete, e c’è anche chi col digitale e con la letteratura in rete ci lavora.
    No, quello che va fatto è districare i discorsi, capire gli interessi dei vari schieramenti, valutare le forze in gioco e leggere la tendenza reale, che di solito non è lineare o ineluttabile come la dipingono hype e opposte propagande di opposte corporation.
    Sì, hype e propagande, perché qui stiamo riportando discorsi senza mai ricordare chi li fa, riportiamo fonti come se fossero neutre, citiamo Tizio e Caio senza ricordare che sono dei padroni, dei super-manager.
    La tendenza è più frastagliata e accidentata, e riserva sempre sorprese.
    Per dire, quindici anni fa nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe previsto la morte del cd. Men che meno un ritorno del vinile. Quello era proprio imprevedibile.
    Vorrei anche ricordare che meno di due anni fa, a sentire lo hype di moltissimi cialtroni, l’intera rete sarebbe presto stata soppiantata da Second Life, che oggi non si fila quasi più nessuno.
    E negli anni Novanta sembrava che in futuro tutti avrebbero praticato il cybersex con la realtà virtuale.
    Quindi, bisogna andare avanti ma senza perdere lucidità e senza farsi trascinare.
    Chiarisco a scanso di equivoci: l’ebook letto su e-reader, a differenza di altre cose appena menzionate, è un fenomeno reale, è in effettiva crescita, è positivo, ma attenzione: la fretta che le cose accadano fa solo l’interesse dei soggetti più forti, di chi è già ben posizionato sul mercato e può imporre le sue condizioni.
    Non a caso, chi è che ha più fretta e vuole forzare?
    – Wylie, titolare della più colossale agenzia di diritti del mondo;
    – Random House & Co., cioè i potentati planetari dell’editoria;
    – Amazon, una multinazionale che non brilla per trasparenza e concentra in sé il ruolo di produttore di e-reader, distributore, venditore di e-book e vero e proprio mass medium che influenza l’opinione pubblica a colpi di comunicati.
    Chi non dovrebbe aver fretta, paradossalmente, è proprio il lettore che già legge gli e-book, dal momento che li trova già in edizione pirata.
    E un altro soggetto che non dovrebbe aver fretta è, ovviamente, l’autore, che deve saper rallentare strategicamente un processo che lo vede vittima di manovre di enclosure e accaparramento.
    Nel tuo commento ci sono passaggi che secondo me sono confusi, e altri che partono proprio da premesse non vere, o comunque gonfiate.
    Ad esempio: è un’esagerazione che su Amazon la vendita di ebook abbia superato quella del cartaceo, come scrivi tu. Amazon dichiara (attenzione: dichiara, e su questo vorrei dire un paio di cosette tra poco) una cosa più limitata, e cioè che su Amazon le vendite di ebook hanno superato quelle degli hardcover. Gli hardcover sono solo un decimo del mercato delle novità librarie USA, durano una stagione poi i titoli – se hanno avuto successo – vengono ristampati in paperback, e in paperback rimarranno. Va aggiunto che gli hardcover venduti su Amazon sono solo una piccola porzione degli hardcover venduti in America. Quindi Amazon ha sapientemente “doctored” il comunicato stampa in modo che sembrasse “more impressive”. Come giustamente faceva notare un commentatore su American Editor:
    “It doesn’t make as good of a press release to say you sell 9 ebooks for every 50 paperbacks.”
    E ribadisco: non si sta dicendo che in America si vendono 9 ebook ogni 50 paperback, ma che questo succede su Amazon, dove si vende solo una piccola percentuale dei libri che gli americani acquistano. Se il totale dell’e-commerce di libri è del 22% e la percentuale include anche altri due giganti come Borders e Barnes & Nobles, penso che il “market share” di Amazon nella vendita dei libri sia intorno al 10%, ma non ho trovato un dato preciso.
    Ipotizzo: negli USA si vendono 9 ebook per ogni 500 paperback.
    Quindi la tendenza è sì reale, ma la propaganda la sta sovradimensionando.
    Dopodiché, ragazzi, Amazon non fornisce mai, dico mai, una cazzo di cifra. I suoi sono comunicati stampa di una multinazionale, ma vengono presi per oro colato come se fossero report scientifici di soggetti terzi che hanno analizzato e comparato dati di vendita etc. Uno dei punti che tengo fermi nella vita è: non credere mai a quello che una corporation racconta di se stessa prima di avere riscontri da terzi. E qui abbiamo una corporation che da sola copre tutta la filiera dell’ebook: hardware, software, promozione (non del singolo titolo, ma certamente del supporto e del formato) e vendita.
    Io non ho elementi per credere che Amazon racconti balle, ma abbiamo visto che l’azienda di Bezos gioca più di un poco (tra il dire, il non dire e l’amplificare stringendo il contesto) con la contestualizzazione e presentazione di dati che poi… non fornisce.
    Torniamo, per fare un altro esempio, alla nascita del Kindle. Amazon non ha mai voluto rivelare quanti Kindle siano stati venduti. Annunciarono di aver finito le scorte il primo giorno (in cinque ore), ma non dissero a quanto ammontavano le scorte… poi passarono ben *cinque mesi* prima che ne mettessero in vendita un’altra infornata (aprile 2008). Se aveva avuto un successo tanto clamoroso e immediato e c’erano così tante richieste, come mai rimase fuori stock per così tanto tempo? E perché, se negli USA il Kindle aveva avuto il successo che dicevano, ci sono voluti *due anni* (nel tempo della rete equivale a un’era geologica) perché fosse ordinabile anche dall’estero? Tutto questo mi fa pensare che l’apparecchio abbia venduto bene ma meno (e più lentamente) di quanto dichiarato, e che dentro la compagnia ci fossero contrasti sul proseguire l’esperimento. E infatti fino a tutto il 2009 la quota di mercato degli e-book era all’1,5%.
    Insomma, viva il Kindle, viva l’ebook, però per favore, sforziamoci di recepire le notizie in modo più critico, non accettiamo lo hype, non assecondiamo senza volerlo i padroni del vapore che cercano di forzare la situazione in modo da dominarla. Manteniamoci lucidi.

  27. @ Wu Ming 1
    Mi sento chiamato in causa anche io visto che, insieme a Hersilius, gestisco un blog che molto si occupa di queste tematiche, dunque penso sia giusto dire un paio di cose.
    Non credo si tratti di fare l’apologia delle “magnifiche sorti e progressive”. Credo (e spero) di non sofrire di un deficit di lucidità. Fra l’altro io, in quanto semplice lettore, non ho alcuna fretta di poter stringere fra le mani questo benedetto Kindle (o chi per lui). Mi interessa molto come manifestazione di un fenomeno ma ancora non me lo sono comprato. C’è tempo. Non è che non vedo l’ora, quando sarà me ne servirò.
    Poi, ripeto, sbaglierò, ma credo che la faccenda subirà un’accellerazione, un’impennata in tempi non molto lontani. Cosa me lo fa dire? Non lo so è un’impressione che non ho ancora elaborato in maniera compiuta, anche perché i dati (o presunti tali) che mi capita di osservare spesso si distinguono per la loro disomogeneità e approssimazione, tanto da confondersi fra loro, anche questo è vero, ed è proprio per questo che cerco confronti e elaborazioni dove possibile. Ma, fra le righe, percepisco una “fame” diffusa e salutare. Konrath, per dire, come scrittore non mi piace granchè, ho letto un paio di sue cose e sono rimasto uguale a prima. Però faccio il tifo per lui, mi fa piacere che uno scrittore (di genere, fra l’altro) abbia la tenacia e abbia avuto la necessaria prospettiva per districarsi dalle soffocanti maglie del commercio e del marketing che dettano le nostre agende e i nostri romanzi (la faccio pesante?). Credo che in tutto questo ci sia, all’orizzonte, un nocciolo di creatività da non sottovalutare quanto a sviluppi e questo mi piace molto. E molto potrebbe agire, questo nocciolo.
    Tuttavia la vicenda che si sta dipanando davanti ai nostri occhi contiene, a mio avviso, implicazioni di natura e dimensioni molto molto importanti. Strategiche. Ed è più su questo, credo, che vale la pena ragionare ed interrogarsi e scrutare le altrui (di tutti) posizioni: è per capire meglio il mondo in cui ci è dato di vivere. E’ fin troppo chiaro come l’ambito dell’editoria, preso nel suo complesso, per come funzionano i meccanismi della nostra società, rivesta un ruolo di primissimo piano, è uno degli attori principali della “comedia” e ci riguarda tutti. I libri sono importanti. L’informazione è fondamentale. Tutto si basa sull’informazione. “Chi vende e chi compra dovrebbe avere la stessa informazione”. Come giustamente dici tu, WM1, di Amazon si sa solo quello che a loro piace ed è conveniente far trapelare. Amazon è una multinazionale giovane ma potentissima e ogni parola che emette ha un effetto sulle sue quotazioni, sui suoi azionisti, sull’economia, sul mercato. E così è per tutte le corporation imponenti. Il mercato domina le nostre vite il nostro immaginario, la nostra cultura, è onnipervasivo e non è previsto un altrove. Allora, sic stantibus rebus, conviene cercare di inserirsi in mezzo a questi ciclopici ingranaggi, anche solo con un avverbio e confido nella parola scritta che ha il grosso vantaggio di trasmettere contenuti. E suscitare dei dubbi. E confermare degli assunti. Ecco perché è utile illustrare le qualità dei “nuovi media” a chi le ignora. Ecco perché è utile cercare di rendere evidente ciò che può non esserlo. Ecco perché la “battaglia” sul prezzo basso è importante. Ecco perché è importante chiedersi se la riduzione dell’IVA non comporti botole nascoste. Ecco perché è fondamentale interrogarsi sul fatto che la “liquidità” di un mezzo di trasmissione di parole sia bene o sia male. Etc… Ma non per spingere l’ebook in quanto tale, o in quanto nuova diavoleria tecnica o altro. Chissene. Tutto questo, imho, si fa leggendo e riflettendo e scrivendo e comunicando. E più lo si potrà fare a buon mercato, meglio sarà per TUTTI. Dunque, questi giorni di “emergenze” (nel senso di affioramento di contraddizioni, urgenze e interessi latenti) sono davvero degni della massima attenzione perché srotolano davanti ai nostri occhi (come una matassa di lana tirata da gatti/corporation/pubblico su fronti avversi) tutto un sistema di impliciti e assunti dei quali non si può avere contezza se non in momenti di confronto/scontro. La fretta che citi da parte dei supermanager dunque diventa eloquente di per sé. Anche in Italia, tutto considerato, terra di poeti e santi…
    So che le citazioni non sono molto ben viste però me ne permetto una perché credo che sia proprio pertinente. Non la conoscevo e l’ho trovata in calce ad un buon articolo sul tema del quale stiamo discutendo a firma di Cataluccio. La frase è di Voltaire:
    “Venti volumi in folio non faranno mai le rivoluzioni: sono i piccoli libri portatili, da trenta soldi, che sono da temere. Se il Vangelo fosse costato mille e duecento sesterzi, la religione cristiana non avrebbe mai preso piede”.

  28. @Wu Ming 1: Il dato di Amazon riguarda gli hardcover per un motivo semplice. Gli hardcover sono, in linea di massima, novità, ultime uscite. Ovvero, in larga misura, quei titoli che sono usciti anche in versione ebook. Se è possibile fare il rapporto per le novità (che sono uscite sia in cartaceo con copertina rigida sia in digitale) lo stesso non può valere per i paperback, perché solo una piccola parte dell’enorme mole di libri in vendita su Amazon esiste anche in versione digitale. Ora, nell’ultimo mese Amazon sostiene di aver venduto 180 ebook ogni 100 hardcover. Amazon mente? Può darsi. Citavo il caso per misurare la distanza tra il contesto americano e il nostro. Mi sembra che, stando a questi dati, una certa distanza ci sia. Del resto siamo tutti abbastanza lucidi per convenire che i reader non sono ancora un bene di largo consumo. Lo diventeranno? Può darsi. Diciamo che tra i reader e la tuta del cybersex scommetto sui primi. Ma non lo dico perché vittima di un delirio apologetico, quanto perché sono convinto che a guadagnarci sarebbero prima di tutto i lettori, per i motivi che dicevo prima. Mi sembra che al contrario i soggetti più forti stiano facendo di tutto per evitare la diffusione di questo strumento, a partire da una politica dei prezzi totalmente sballata, che sembra pensata più per limitare i danni che per scommettere sulle potenzialità del digitale.

  29. Questa discussione mi sta’ interesssando parecchio; ho usato spesso e tuttora scarico testi da internet, non solo libri d’autore ma anche quotidiani e riviste, sopratutto per tenermi aggiornato dall’estero. Ho visto i primi reader in metropolitana qualche anno fa e devo dire che un incremento, anche se minimo, degli utenti (pendolari) c’e’ stato. Dal “bordo della strada” io vedo un evolversi della situazione in questi termini: prima di tutto ricordiamoci che per una multinazionale la tempistica e’ tutto. Proporre (o imporre) al mercato lo standard da adottare in futuro…e’ li che si sta “giocando la partita” …e non necessariamente per il mercato di massa (e mi spieghero’ poi). E’ una gara a chi arriva prima, dove Amazon ha identificato la meta (un mercato ancora non “mappato”) e sta’ “forzando la situazione in modo da dominarla” come dice Wu Ming 1). Tipo ciclismo…davanti c’e’ la massa (coloro che aquistano kindle, lo rcensiscono, lo pubblicizzano, ne parlano e lo rendono popolare) a tirare la volata per lo sprint finale. In questo senso Amazon si e’ gia’ staccata e di brutto…per due ragioni: primo si e’ gia’ garantita un contratto importante (sfruttandone anche le contraddizioni a livello di marketing/advertising: parlane bene o parlane male basta che ne parli) e secondo la scelta/ricerca/developement/promozione (appunto) e vendita del prodotto finale sulla quale i concorrenti sono in netto ritardo…ed essere in ritardo in una corsa (ma anche e sopratutto nell’economia globale) significa aver perso.
    E arrivo all’arrivo: lo sprint finale secondo me servira’ per vincere la gara della gestione di servizi quali librerie universitarie, scolastiche, cittadine insomma tutti quelle strutture statali o private che, per tagliare o ridurre i costi, archivi o per semplici problemi di spazio, dovranno per forza di cose affidarsi alla tecnologia. Ho un esempio a pochi minuti da casa, nella biblioteca locale dove da Marzo di quest’anno il check out & return dei libri/cd/dvd etc. e’ self service; alcuni audio books posso scaricarmeli a tempo determinato usando OverDrive. Come ha detto anche Sir Robin, mi interessa ma non me lo sono ancora comprato. Quando e se servira’ vedremo.

  30. Credo che le potenzialità siano della rete e non degli e-reader.
    Se ripensiamo i modi di fare letteratura e di parlarne internet può rinnovare anche il mondo della parola scritta, in modo ancora più deciso di come sta accadento, se invece, ci affidiamo ad una mutazione dei supporti, (carta-kindle) facciamo il gioco di chi i supporti li fa, li vende e li distribuisce e permettiamo alle corporation di dettare il passo.
    Immaginare, scrivere, leggere, inviare segnalare, discutere. Basta questo, oppure forse crediamo nell’editoria tradizionale tanto quanto i mega editori, distributori e agenti?
    Vi chiedo: potrebbe, il dinamismo dei blogger e dei forum mutare, in parte, in dinamismo editoriale del futuro?
    D.

  31. Articoletto interessante sul fatto:
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/07/30/ebook-la-sfida-della-qualita/45849/
    Al di là del finale che intravede un ritorno menestrellesco degli autori, trovo molto interessante questa parte, quella che tenta di rispondere, a fronte di una maggiore quantità di libri, alla domanda come scegliere?
    “Dinanzi al mare magnum delle produzione digitale, nasceranno, nuove figure professionali. Come gli “aggregatori” per i giornali (che selezionano dalle Rete delle notizie su vari argomenti e le mettono assieme, proponendole in un blog personale o in un vera e proprio “giornale dei giornali” ondine), ci dovranno essere dei “selezionatori” per i libri: persone che leggono tutto e scelgono il meglio. Faranno dei rapporti periodici a pagamento indicando cosa val la pena di leggere e perché. Sarà tutto sommato più facile, che nell’editoria tradizionale odierna, smascherare coloro che sceglieranno per altri interessi che non siano la qualità. Si creeranno, come già oggi avviene con i blog, dei rapporti di fiducia che permetteranno di scegliere con una certa sicurezza. Come ci sono coloro che acquistano, ad esempio, un libro di una certa casa editrice, anche senza conoscerne l’autore e il contenuto, perchè essa ha saputo conquistarsi la fiducia con la bontà proposte e con la cura della realizzazione editoriale, così ci si indirizzerà verso certi “selezionatori” che hanno dimostrato a noi (o a qualcuno che ce li consiglierà) di saper scegliere i buoni libri, magari motivando, in modo esaustivo e convincente, le proprie scelte (cosa che purtroppo i recensori sulle pagine culturali dei giornali non fanno quasi più). Tornerà il ruolo essenziale della critica.”

  32. @ Hersilius,
    tu scrivi:
    “Gli hardcover sono, in linea di massima, novità, ultime uscite. Ovvero, in larga misura, quei titoli che sono usciti anche in versione ebook.”
    A me invece sembra che in questo momento la partita si stia giocando sull’espandere il catalogo e-book, e quindi sulla conversione in digitale della “backlist” degli autori, cioè dei titoli già pubblicati, che coincidono con quelli rimasti in commercio solo in paperback. Quindi tener conto dei paperback è importante.
    Su Amazon i tre e-book più scaricati sono quelli di Larsson, che *sono tutti già in paperback*, quindi dire che le versioni digitali vendono più di quelle hardcover è quasi pleonastico, dato che l’hardcover è molto probabilmente già fuori commercio; e non dire qual è il rapporto tra ebook e paperback rende il dato molto parziale e poco utile. Perché tra le migliaia di commentatori del comunicato stampa di Amazon *nessuno* ha fatto presente questo particolare non proprio irrilevante?
    Io non dico che Amazon mente, ripeto: non ho motivi per crederlo. Dico che un dibattito basato principalmente sul modo in cui Amazon dà le notizie è un dibattito drogato. E se noi vogliamo capire la tendenza e le sue contraddizioni, per starci dentro al meglio, dobbiamo creare degli spazi di confronto “disintossicati”.
    La centralità ce l’ha la backlist, non ce l’hanno le novità. Tanto che *tutti* i dieci e-book in cima alla classifica dei download su Amazon sono titoli di backlist. Alla sesta posizione c’è addirittura “Le avventure di Sherlock Holmes”! Lo stesso Wylie ha concluso l’accordo con Amazon su titoli che sono backlist, non novità. Anche il braccio di ferro con gli editori italiani riguarda soprattutto la digitalizzazione della backlist (basti dire che il “titolo della discordia” nell’intervista a Santachiara era Gomorra).

  33. Io avevo anche letto (chiedo venia, non ricordo dove) che il mercato librario più significativo su internet non sono gli hardcover, ma proprio i paperback. Quindi il confronto ebook-hardcover venduti su Amazon non sarebbe tra i più indicativi, ecco.

  34. @Wu Ming 1: sono d’accordo, i dati sono per forza di cose parziali, dato che gli ebook sono ancora solo una piccola parte dell’offerta complessiva. Ma al di là di tutto, quello che mette in moto la mia immaginazione è il divario che in questo momento c’è tra la nostra situazione e quella di altri Paesi. Cito il caso di Amazon, ma potremmo citarne altri. Prendiamo libri.de, lo store tedesco, che attraverso un software consente di scaricare l’ebook sul reader anche nelle tradizionali librerie pagandolo semplicemente alla cassa. Anche in questo caso di dati di vendita ce ne sono pochi, ma credo che individuare in questo una “tendenza” non sia così fuori dal mondo. Quindi c’è uno spazio, una distanza, che in qualche modo dovremo colmare nei prossimi anni. La questione aperta sui diritti d’autore è complessa, e sicuramente è il momento buono per i pesci grossi di accaparrarseli pagandoli il meno possibile, soprattutto sul fronte più delicato: il passaggio in digitale della backlist, con tutto quello che comporta in termini di ricontrattualizzazione. Problemi enormi, nodi che non sarà facile sciogliere, un braccio di ferro tra autori-agenti e editori che di certo rallenterà il tutto. Ma le potenzialità dell’editoria digitale sono tali da rendere questa “tendenza” ormai irreversibile. Quella è la direzione, con tutti i problemi ancora da risolvere di questo mondo, ma quella è la direzione. E i tanti discorsi che ancora ci capita di sentire, del tipo “l’odore della carta”, “il piacere di avere in mano un libro”, sono un tipo di atteggiamento che io, dal mio piccolo osservatorio, considero sbagliato. Non perché passare un catalogo di migliaia e migliaia di libri in digitale sia una passeggiata, ma perché, pur con tutte le criticità che vogliamo, le prospettive, anche solo in termini di reperibilità di titoli fuori mercato, presentano enormi vantaggi per i lettori. E sono i lettori che una volta compreso tutto questo potranno consentire a un qualche Konrath italiano di rafforzare la propria capacità contrattuale di fronte al suo editore. Mi dai il cinque per cento sugli ebook? Tanti saluti, me li vendo da solo. Utopia?

  35. Gia’ tempo fa’ (1994) Douglas Adams, in UK, con altri collaboratori, aveva creato Digital Village, una piattaforma digitale con l’intenzione di contrastare in qualche modo lo strapotere delle case editrici (piattaforma ancora esistente e operante http://tdv.com/html/company.html). Ne parla tra l’altro in un intervista rilasciata al Guardian Giovedi 29 John Makinson, direttore esecutivo della Penguin Books (il grande Pinguino). Makinson riferisce che Adams fosse del parere che gli editori sarebbero presto diventati irrilevanti. Il fatto e’ (dice Makinson) “che gli editori svolgono in effetti un utile lavoro di correzione (editing) e pubblicita’ e, in termini materiali, di produzione e stoccaggio.” Makinson e’ ottimista anche se riconosce i problemi legati ai diritti, vede un “OPPORTUNITA’ PER FARE DI PIU’ COME EDITORI ” (testuale) Questo nonostante le vendite di testi digitali alla Penguin siamo ad un misero 1%. Nell’articolo si fa notare anche che le vendite dei classici Penguin (Dickens, Austen) i cui diritti sono ormai pubblici, siano comunque all 8% e in crescita. Comunque e’ vero che Amazon sta strillando nelle orecchie di tutti, sopratutto dei lettori, in questo momento. Intanto zut sui veri dati di vendita di sto benedetto aggeggio. Poi, sara’ magari vero che il volume di vendita degli ebooks negli USA e’ cresciuto, ma in quanto al valore ci sarebbe da far notare che nella top 10 ci sono titoli a $1.65!!
    In quanto alle trattativa tra editori e autori…perche’ non negoziare un contratto a tempo determinato, chesso’ tipo 2 anni come ha fatto Wylie?

  36. Intendiamoci, rinunciare al ruolo dell’editore è tutt’altro che una panacea. Per molti motivi. Non è giusto considerare gli editori solo come squali assetati di sangue. Lo dico per non essere frainteso, rispetto al post precedente. Senz’altro il digitale apre una nuova fase e avvicina autore e lettore, e senz’altro può essere una grande risorsa nelle loro mani. L’esperienza Konrath può essere una prospettiva per sbloccare una situazione da muro contro muro, per ridare vitalità a un panorama letterario a volte asfittico. Ma l’editore è, detto in termini molto molto molto semplici e generici (di cui chiedo umilmente venia), colui che riesce ad aiutare un autore a dare il meglio di sé. O quantomeno questo è quanto dovrebbe fare. Sarebbe interessante, per esplorare meglio questo argomento, avere qualche esempio direttamente dagli autori, di quanto il loro editore incida o abbia inciso sulle loro opere, soprattutto le prime.

  37. @ Hersilius, sul fatto che ci sia la tendenza siamo d’accordo tutti. E’ sul come starci dentro che si gioca la partita. E per capire come starci dentro, bisogna cercare di costruire un tempo nostro, fuori dall’affanno delle cifre, dei listini di borsa, del marketing a tappeto etc. Tutto qui. E, certo, non è poco.

  38. Da umile lettore e principale finanziatore del lavoro di entrambi autori ed editori a me sembra che il muro lo stiano alzando (e/o rinforzando) a suon di editti le case editrici. In termini “archeologici” (e qui’ anch’io chiedo venia per l’estreeeema semplificazione) e con tutto il rispetto dovuto, Gutenberg stampava Biibbie. Se gli editori cominciassero a collaborare con progetti intelligenti (tipo Iquindici), supportando tendenze positive come il copyleft, aiutando nella costruzione di infrastrutture per la migliore circolazione di idee invece di spendere fondi in mattoni e cemento per rafforzare gli accessi al sapere, si guadagnerebbero le simpatie e di conseguenza il supporto finanziario “dal basso”. E non parlo solo della fiction: accedere a certi testi/saggi e’ proibitivo per chi, a livello amatoriale, vuole approfondire certi argomenti per puro interesse personale. Tornando poi all’ “archeologia” e spostandosi dagi editori agli autori credo che sia decisamente giunto il momento per tutti di ri-immaginare il concetto di proprieta’ nei confronti di un idea, concetto storicamente legato allo sviluppo dell’editoria. ma questi sono discorsi che e’ meglio lasciare agli addetti ai lavori.

  39. D’accordissimo con Wu MIng 1 (lo sono sempre, in pratica…), però mi permetto una considerazione romantica: se vale questo rapporto tra quel che rappresenta oggi il vinile nei confronti dell’Mp3 e quel che sarà presto il libro rispetto all’ebook… mi viene una morsa allo stomaco.
    Il libro è un oggetto nato perfetto. E la sua leggibilità, portabilità e perfetta ecologia è di fatto insuperabile.
    Viviamo in un paese che per tante ragioni – in primis il Vaticano – non ama leggere, diffida della lettura, ha una cultura che colpevolizza la lettura. L’Italia è un paese dove sono accampati per caso pochi lettori, il blocco, e perdipiù osserviamo un impressionante analfebetismo di ritorno.
    Insomma, quel che voglio dire è da noi il libro è già un oggetto per appassionati, come oggi lo è il vinile. Da noi il libro è sempre stato questo. E con le conseguenze che conosciamo, tutti.
    La trasformazione tecnologica di cui si parla porta con sé alcuni elementi di novità che possono portare a degli entusiasmi, ma io non posso fare a meno di vedere là in fondo un unico risultato: la marginalizzazione di una esperienza fondamentale già ampiamente marginale. Sostituita da un circo scintillante di e-store, di nuovi “padroni dei tubi”, di marketing 2.0… che attraversi, e ti diverti pure.
    Ma ti lasciano intatto. Ne esci esattamente come eri prima.

  40. M’inserisco da profano in questa discussione, non avendo una grande conoscenza delle nuove tecnologie, a trent’anni sono ancora uno che usa con grande difficoltà il pc e si annoia profondamente girovagando nel mondo di internet.
    Rimango un romantico sui formati di ascolto e lettura, un romantico anche sulla lentezza che i vecchi formati comportano. Lentezza e difficoltà. Non ho trovato per esempio molto di mio gusto il passaggio dalla modalità album a quella di canzone. Io rimango uno di quelli che ama alla follia ascoltarsi gli album dall’inizio alla fine, una canzone dopo l’altra, in macchina, camminando, capita certo di ascoltare una sola canzone ma spesso mi chiedo cos’è quella canzone estirpata dal suo contesto, dall’album. Forse verrà anche dal fatto di ascoltare musica strumentale, boh, ma le canzoni, creano un’atmosfera totalizzante, lunghissima, una dietro l’altra.
    Come la lettura, mi annoio a leggere al computer, anche a scorrere tutti questi commenti dopo un po’ gli occhi fanno le bizze, una noia tremenda. Non ho una matita per sottolineare, per fare degli scarabocchi, per lasciare macchie di sudore, inchiostro, caffè. E l’oggetto libro in sè che mi piace, non posso fare a meno di circondarmi di libri, di spazi, di entrare in una stanza e vedere librerie. Legato ma senza la logica del possesso, ho regalato parecchi miei libri ad amici, parenti, vicini, sconosciuti.
    Non vengo da una famiglia coi soldi, anzi, e neppure oggi ne ho, e allora gli acquisti sono stati e sono lentissimi, gioco sulle biblioteche, sullo spostarmi fra le biblioteche di provincia e conoscere gente, sedermi a tavoli, parlare quando capita con bibliotecari, girovagare fra gli scaffali e trovare quel qualcosa che non conoscevo. Ci sono l’ombra degli scaffali, gli angoli, l’odore di carta, quello del sudore degli altri, dietro un libro ci si può nascondere, con la copertina di un libro ci si può anche rivelare agli altri.
    Il mondo cambia, lo si sa, ma credo che mi mancherà proprio questo. Come se il libro (e anche la canzone) digitalizzandosi comportino una perdita di contatto umano, fisico, umorale, liquido. Calligrafie. Prendere in mano un libro di mio padre è anche conoscere mio padre.
    Ecco io ho paura che digitalizzandosi i libri diventino una questione prettamente individuale, che vive magari di recensioni, di letture su internet, ma lo scambio fisico dove va a finire?
    E faccio un esempio, leggo dalla biblioteca un libro di poesie della Achmatova, a pagina 13 c’è una poesia cerchiata e accanto una riga di una persona. Non lo so, mi sono venute le lacrime. Kindle e tutto il resto me la potranno dare questa cosa?

  41. L’oggetto libro non scomparira’. Sicuramente e gradualmente pero’ i metodi di produzione e ri-produzione dovranno cambiare, ed e’ giusto, a mio parere, auspicarsi che cambino. Per dare piu’ spazio all’immaginazione, alla creativita’ letteraria di autori che al momento vengono cestinati per questioni principalmente economiche (e politiche e snobbistiche e di interesse privato etc.). Per poter garantire l’archiviazione, anche individuale, di testi che ancora per le stesse ragioni, prettamente economiche, andrebbero perduti o diventerebbero introvabili (se oggi molti dei libri fuori catalogo si possono ri-aquistare e’ grazie al web, se ho dato via molti dei libri che avrei potuto tenere e’ perche’ non avevo piu’ spazio). Per poter sperare che in fututro, i figli di padri che oggi, per ragioni economiche, bestemmiano in aramaico all’innaugurazione dell’anno scolastico (non dimentichiamoci dell’editoria didattica con i suoi prezzi) abbiano migliori opportunita’ e maggiore scelta per l’educazione dei propri figli. Essere romantici non e’ assolutamente un male, ma temere le innovazioni (digitalizzazione dei saperi affiancata all’editoria classica) si.

  42. …nel post sopra manca la firma…scusate…i cache’…comunque tranquilli…ne autorizzo l’uso in qualsiasi forma….purche’…etc etc. visto che siamo in tema.

  43. Quoto Andrea in preda a “nostalgie canaglia”, soprattutto perché forse con i nuovi tagli le biblioteche pubbliche diverranno ricettacolo di trovarobato e quindi tristissime e visitate da superflui che non si adeguano al sistema Azienda.
    Il piacere della lentezza, ecco.

  44. Anche se caro Andrea “prendere in mano un libro di mio padre è anche conoscere mio padre”, mi pare una “merinata” (scimmiottare il poetare della ei fu Merini), un po’ eccessivo, come anche tutto quel sudore che trabocca dovunque.

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