COME GLI ALTRI

Diversi anni fa, due studiose, Cécile Dauphin e Arlette Farge, curano uno studio intitolato La violence des femmes, premurandosi di dire, nella premessa,  che l’argomento sarebbe stato doloroso per il femminismo. All’interno dello studio, la violenza femminile viene però minimizzata, e la ferocia delle donne davanti alla ghigliottina, per esempio, ridotta a “barbara allegria”. E’ Dominique Godinau a sottolinearlo: ricordando però, solo alla fine del suo saggio, che in effetti le donne hanno dato la morte “come gli altri”.
Su questo “come gli altri” si è soffermata, lucidamente, Elisabeth Badinter ne La strada degli errori: “la violenza femminile – dice – è difficile da pensare perché mette in pericolo l’immagine che le donne hanno di se stesse”.  Dunque, desta stupore e orrore la kamikaze che fa esplodere il suo corpo, o la sequestratrice di bambini a Beslan.  Forse perchè, scriveva un’altra filosofa, Monique Canto-Sperber, “giudico le donne più realiste, meno soggette a diventare fanatiche, a inebriarsi della causa”.
Bene, non è così.  Le donne hanno preso parte attivamente agli stermini della Germania nazista e al genocidio in Ruanda (3564 accusate). Una donna, nel 2003, è stata condannata per il ruolo svolto nell’epurazione serba durante la guerra di Bosnia. Mi fermo qui.
Ora, quel che ho letto in questi due giorni mi ha turbato molto: come è stato ricordato nei commenti al post di ieri, “a scatenare l’apocalisse ieri nella Capitale durante il corteo degli Indignati sono stati, soprattutto, donne e minorenni: i 12 arrestati sono tutti sotto i trenta anni; tra gli otto denunciati i minorenni sono sei. Tra loro anche quattro donne”.
Anche.
Perché  quel che leggo è di questo tenore: se ci fossero state le sigle organizzate delle donne, se fossero state le donne stesse, anzi, a convocare la manifestazione di sabato non sarebbe accaduto nulla, o quasi. Non solo non è così, ma questo sguardo rischia di semplificare ulteriormente una situazione complessissima, davanti alla quale non ci si possono permettere le letture a spanne a cui stiamo assistendo. In secondo luogo, colpisce al cuore il movimento delle donne, ricacciandole per l’ennesima volta nel ruolo di Madri Amorevoli, in grado con una carezza di abbassare il livello di testosterone dei propri compagni.
Esistono le persone, non i maschi e le femmine. E se la questione femminile è la chiave privilegiata per cominciare ad affrontare il disastro in cui versa questo paese (intendo: lavoro, welfare, congedo parentale), separare i mondi non spiega, non aiuta, ghettizza, ci riporta indietro di decenni.
Le donne non sono fate. Non sono terapeute. Non sono madonne.  “Come gli altri”, vivono in una emergenza gravissima. Alcune cercano di fermare l’onda oscura che monta. Altre ne fanno parte. Non tappiamoci gli occhi.

56 pensieri su “COME GLI ALTRI

  1. Dobbiamo farci un’ idea dei comportamenti violenti di donne e uomini. Da quanto riesco a ricostruire esiste una differenza piuttosto marcata… che si assottiglia di molto se confrontiamo i sottogruppi “donne piazzaiole” e “uomini piazzaioli”.
    Penso di non essermi fatto un’ idea sulla base di “preferenze” personali (… “io preferisco seguire il pensiero di Banditer…) ma chiedendo all’ esperto che sperimenta in questo settore e registrando le sue risposte.
    Se questo approccio è corretto, m’ inquieta un po’ sentire:

    … a mio avviso sostenere “la bontà” delle donne è molto più distruttivo… per le donne

    Ma a noi interessa sapere cosa è “distruttivo” o come stanno probabilmente i fatti? Le due cose andrebbero tenute distinte per conservare credibilità.

  2. Broncobilly, perdonami: da mesi ti affanni a dimostrare su questo blog l’ineluttabilità di esperti e statistiche. Ma anche gli esperti e le statistiche costituiscono, almeno nei commenti che posti, un punto di vista parziale. Per me conta molto più la riflessione di Donatella (“esposta” e viva) che i soliti grafici-numerelli-altro dietro i quali ti trinceri ogni volta. Non è l’esibizione di intelligenze che si cerca qui. Non si vince niente. Scusa la franchezza.

  3. Cavolo, che mazzata!
    Nel volgere di mezzo rigo mi dai del “ragioniere” e a seguire dell’ “intelligentone esibizionista”. Non c’ è un certo contrasto?
    Mi tengo il grigio del “ragioniere”. L’ intelligenza multicolor si “esibisce” molto meglio se libera d’ inventare sul quasi-nulla.

  4. Intervengo in ritardo in questa discussione, offrendo il mio punto di vista sul dibattito che finora ho letto. Ritengo strumentale la riflessione sull’assioma “donne buone, quindi, se ci fossero state non ci avremmo assistito agli episodi di violenza del 15 ottobre (scusate l’esemplificazione)”, perchè la sento inserita nel dibattito sulla mancata adesione del Comitato nazionale SNOQ alla manifestazione degli indignados. Non è che dica che non sia giusto discutere sul tema del “seme” di violenza che potrebbe essere insito in noi donne, ma mi domando perchè se ne parli solo adesso? Ad esempio, portando in giro per una scuola un questionario sulla violenza in famiglia, mi sono accorta di come ragazzine di 15/16 anni siano abituate a malmenare ed essere violente nei confronti delle proprie coetanee. Ciò mi induce a pensare che noi madri, noi insegnanti abbiamo perso il contatto con le nostre figlie e le nostre alunne e, se c’è una ben che minima traccia di violenza nelle donne, come fenomeno in sè, non siamo riuscite a governarlo. Ma questo è un tema che non voglio nè posso mettere in relazione con la manifestazione dello scorso 15 ottobre, perchè è altro! Come pure sostenere che l’ombrello salvifico del SNOQ avrebbe consentito alle donne presenti alla manifestazione di salvarla dalla violenza. Anche questo è un altro tema, che prevederebbe per onestà intellettuale un altro dibattito. A tal proposito penso che non sia giusto che ciò che sia nato con il 13 febbraio divenga rappresentativo di tutto l’associazionismo femminile e femminista italiano, ma sia altrettanto ingiusto usare il SNOQ per coagulare in un’unica sigla le varie realtà, solo perchè esso è più “famoso” (scusate la provocazione). Di tutto abbiamo bisogno noi donne per essere unite, ma certamente di non farci violenza l’una con l’altra…………….E qui ritorno al tema iniziale.

  5. Molto interessante! Un sacco di spunti utili per il nostro workshop sul confine tra forza e violenza che si terrà sabato 29 ottobre al csoa Askatasuna in occasione del feminist blog camp. E’ nostra intenzione anche aprire il dibattito analizzando le forme di rappresentazione della violenza femminile all’interno dei media mainstram Un abbraccio! laboratorio sguardi sui generis

  6. Ilaria, visto 🙁
    Sguardi, mi dispiace da morire non esserci. Piccolo consiglio non richiesto: non tralasciate i new media, perché anche nella rete ci possono essere e ci sono rappresentazioni della violenza femminile niente male. E violenza, anche, in assoluto.

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