COME USARE UN FIAMMIFERO: SUGLI INTELLETTUALI E LO SCHIERARSI

Mi scrive un mio contatto di non pochi malumori provocati dalla ultima rubrica che ho scritto per L’Espresso, scambiata per una difesa a prescindere e per l’invito a non schierarsi in caso di guerra. Non è nessuna delle due cose: intanto invito a leggerlo, perché è visibile integralmente a questo link.
Semmai, in quell’articolo, provavo e provo ora a problematizzare la posizione degli intellettuali invitati a schierarsi per Gaza, chiedendomi cosa si intende per schieramento e cosa si dovrebbe e potrebbe fare. Uno status su un social? Onestamente, lo trovo poco utile, anche considerando quanto è difficile intraprendere qualsivoglia discorso complesso sui medesimi. E allora?
Nella rubrica ho riportato l’amarezza e i dubbi di Franco Fortini ai tempi della guerra del Golfo. Qui posso rimandare a due pareri lontani, novecenteschi, appunto.
Il primo è di Umberto Eco, 1997, L’Espresso, e riguarda proprio gli intellettuali e cosa dovrebbero fare:

«Se li si prende per quel che sanno dire (quando ci riescono) gli intellettuali sono utili alla società, ma solo nei tempi lunghi. Nei tempi brevi possono essere solo professionisti della parola e della ricerca, che possono amministrare una scuola, fare l’ufficio stampa di un partito o di una azienda, suonare il piffero alla rivoluzione, ma non svolgono la loro specifica funzione. Dire che essi lavorano nei tempi lunghi significa che svolgono la loro funzione prima e dopo, mai durante gli eventi. Un economista o un geografo potevano lanciare un allarme sulla trasformazione dei trasporti via terra nel momento in cui è entrato in scena il vapore, e potevano analizzare vantaggi e inconvenienti futuri di questa trasformazione; o compiere cento anni dopo uno studio per dimostrare come quell’invenzione aveva rivoluzionato la nostra vita. Ma nel momento in cui le aziende di diligenze andavano in rovina o le prime locomotive si fermavano per strada, non avevano nulla da proporre, in ogni caso assai meno di un postiglione o di un macchinista, e chi avesse invocato la loro alata parola si sarebbe comportato come chi rimproverasse a Platone di non aver proposto un rimedio per la gastrite».  E aggiunse: «Quando la casa brucia, l’intellettuale può solo cercare di comportarsi da persona normale e di buon senso, come tutti, ma se ritiene di avere una missione specifica si illude, e chi lo invoca è un isterico che ha dimenticato il numero telefonico dei pompieri»

La risposta è in una lunga e bellissima lettera di Antonio Tabucchi ad Adriano Sofri della stessa primavera 1997, dove si dice fra l’altro:

“Il «vedi alla voce pompieri» è un suggerimento di utilissima praticità che può risolvere immediatamente il problema, e che evidentemente riposa sulla rassicurante fiducia nell’istituto dei pompieri. Ma che ne è di quel «dubbio» che può essere utile a sua volta? E se ad esempio i pompieri fossero in sciopero? E se i pompieri fossero in competizione con un’istituzione analoga ma concorrente che si chiamasse, poniamo, vigili del fuoco? E se i pompieri (ipotesi scherzosamente fantascientifica) fossero quelli di Fahrenheit 451 di Bradbury-Truffaut (che sono guarda caso due intellettuali?). Comunque, anche dando per efficaci le pompe dei pompieri, resta il problema delle cause dell’incendio. Causale corto circuito? Sbadataggine dell’inquilino? Cause sconosciute? Certo, ci si affiderà alla competenza degli inquirenti, che si suppongono efficaci e probi. Ma nell’eventualità che il risultato dell’inchiesta lasci ragionevoli dubbi, supponendo che all’origine dell’incendio ci sia, che so?, un ordigno incendiario, che facciamo: archiviamo?”

Ovviamente no. Suscitare dubbi, riflettere a voce alta, provare a capire è quel che abbiamo. Per dirla con Tabucchi, “Non è facile far luce, e del resto, come diceva Montale, ci si deve accontentare dell’esile fiammella di un fiammifero. Ma è già qualcosa. L’importante è tentare di accenderlo.”

Ma l’ultimo luogo, oggi come oggi, dove accendere fiammiferi sono i social, perché quel che si ottiene è far saltare tutto senza alcun risultato utile. Così la penso, almeno, io che non sono che un frammento di unghia di Eco e Tabucchi e forse neanche quello.
Infatti, il consiglio novecentesco con cui chiudo il mio articolo è: studiate e leggete chi ne sa più di noi. E’ il mio fiammifero, e lo uso così.

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