CUCU'

Connessione volante! Quasi quasi riposto l’articolo uscito ieri sul quotidiano a proposito di Cherudek di Valerio Evangelisti. Anzi, lo faccio.

“Scelsi il personaggio di Eymerich perché mi piaceva il nome, dal suono tagliente come una coltellata. Solo dopo indagai sul personaggio”. Fin qui l’autore, Valerio Evangelisti. Ma a chi non conoscesse ancora Nicolas Eymerich e prima di avvicinare Cherudek, che è la sua avventura più bella, servirà sapere, nell’ordine: che è un inquisitore domenicano realmente esistito, nato a Gerona (Catalogna) nel 1320 e morto nel 1399. Che è il protagonista di otto romanzi di Evangelisti, amati fino al culto da schiere di lettori italiani e francesi. Che è diventato, negli anni, anche fumetto, gioco di ruolo, vino (prodotto in provincia di Piacenza). Che, infine, è una delle creazioni più potenti della nostra narrativa recente: perché Eymerich l’Inquisitore è il Male assoluto, è idealista assassino e perfido attizzatore di roghi. Ma mai meschino, mai incoerente: e per questo amato, a dispetto della ferocia di cui dà prova nella certezza di essere la spada di Dio, e di dover annientare libri, idee, esseri umani, nel suo nome.

In poche parole: il magister Nicolas non è un personaggio di bassa lega, ma una creatura letteraria complessa. Come sostiene Evangelisti, “anche se ciò che Eymerich finisce col compiere è senz’altro il male, tuttavia ha un’oscura consapevolezza che ciò che fa è sbagliato; solo la cieca fiducia in una legge che gli è dettata dall’esterno gli consente di superare le remore morali… In sintesi, ciò che io voglio è rendere chiare le ragioni logiche di un crimine, adottando il punto di vista del criminale, ed evidenziando le motivazioni che dà a se stesso.”

Dunque, Nicolas Eymerich è una metafora impeccabile dei meccanismi del potere. Ma il potere mortale che rappresenta non è innocuo in quanto lontano nei secoli: pur accuratissimi nella ricostruzione storica, i romanzi di cui è protagonista mettono a confronto il crudele domenicano con avvenimenti misteriosi che quasi sempre aprono una o più dimensioni temporali parallele. Il che, di fatto, permette al lettore di capire che si sta parlando del presente.

Cherudek è l’esempio perfetto del meccanismo adottato nell’intero ciclo: qui Eymerich è chiamato ad occuparsi di uno strano esercito di morti che rischia di compromettere la fine della guerra dei Cent’anni. A guidarli, e ad evocarli, sembrano essere eretici di natura assai singolare, che intendono uccidere l’Inquisitore ed eliminare con lui la pia predicatrice Brigida di Svezia. Chiave della vicenda, tre enormi e misteriose campane legate ai Templari. Contemporaneamente: in una cittadina apparentemente dei nostri giorni, oppressa dalla nebbia, solcata da insetti sanguinanti, abitata da uomini e donne che sembrano privi di ogni scintilla vitale (ma vantano una biblioteca teologica fornitissima e soprattutto, in una chiesa dedicata all’enigmatico San Malvasio, tre campane prive di batacchio) giungono tre gesuiti, tre misteriose fanciulle gemelle (ma di razze diverse), una bambina. Contemporaneamente: in un’altra dimensione temporale, che forse è un tempo zero, forse è un non-tempo, forse è addirittura il Purgatorio spiegato con la fisica quantistica, una coscienza sofferente attraversa le due storie e le collega, dando ad entrambe la dimensione del sogno. I tre religiosi che indagano nella cittadina, decifrando mappe ed enigmi, sanno infatti che le anime di abitanti e visitatori sono incatenate nel passato. Ma quale? E cosa è il Cherudek se non un incubo imposto a se stesso e agli altri dallo stesso Eymerich?

Altrove, questo e gli altri romanzi del ciclo sono stati giustamente avvicinati a grandi classici come Lovecraft e Poe. Ma dal momento che l’Italia è, letterariamente parlando, un ben strano paese, ad Eymerich tocca la sorte di personaggio di genere, e ad Evangelisti (vendutissimo, oltre che amato: il che, nel rancoroso micromondo culturale che tuona contro il “realismo thrillerista”, è nota di discredito) quella di autore di fantascienza. Sia: ma una fantascienza che conferisce al passato e al futuro ipotetico la stessa caratteristica di mondo alieno in grado di rispecchiare le inquietudini del nostro presente. E con un intento preciso: perché Evangelisti ha sempre sostenuto che la narrativa fantastica “con la sua natura di sogno consapevole, da cui si entra e si esce a volontà, costituisca un buon addestramento a evadere dai sogni imposti ed eterodiretti”. La morale? L’inquisitore Eymerich è personaggio fortemente e totalmente politico, in grado di conferire alla letteratura dell’immaginario, marchiata come prodotto di consumo, un segno antagonista raro in molta produzione mainstream.

5 pensieri su “CUCU'

  1. Un uomo voleva sposarsi, ma aveva difficoltà a decidersi fra tre candidate.
    Dona a ciascuna di esse 5000 dollari. La prima si trasforma completamente. Va in un fantastico salone di bellezza, si fa acconciare i capelli in modo accattivante, rinnova il trucco e compra un corredo nuovo. Gli si presenta splendidamente agghindata e gli dice che ha fatto tutto questo solo per apparirgli più attraente, perché l’ama da morire.
    L’uomo resta colpito.
    La seconda va per negozi e spende l’intera somma in regali per l’uomo. Gli dona un nuovo set di mazze da golf, dei nuovi gizmos per il suo computer e vari abiti costosi. Gli dice che ha speso tutto il denaro per lui perché l’ama da morire.
    L’uomo resta di nuovo colpito.
    La terza investe il denaro in borsa. Guadagna parecchie volte i 5000 dollari investiti, restituisce all’uomo i 5000 dollari iniziali e deposita il resto in un conto congiunto. Gli dice che vuole risparmiare per il loro futuro perché l’ama da morire.
    Ovviamente, l’uomo resta colpito anche in questo caso, medita a lungo sui diversi modi in cui le tre candidate hanno usato il denaro ricevuto e infine sposa quella con le tette più grosse

  2. “il mare nel cassetto”
    “le mille bolle blù”
    da quando sei andata via non esisto più
    “il mondo è grigio il mondo è blu”.
    Cuccurucucu Paloma
    ahia – iaia – iai cantava
    Cuccurucucu Paloma
    ahia – iaia – iai cantava.

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