Il nome di Curtis Yarvin, probabilmente, non dirà nulla a molti di voi. Però vale la pena informarsi. Yarvin è un blogger americano, è un reazionario, antidemocratico, antiprogressista, fondatore del movimento Dark Enlightenment. E’ ammirato assai da Steve Bannon e dal vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance. In pochissime parole, sostiene che la democrazia ha fallito e che la società americana va “resettata”. James Pogue di Vanity Fair ha detto di lui: “Alcuni degli scritti di Yarvin sono così radicalmente di destra che vanno letti e riletti per crederci , come quando ha criticato la strage commessa da Anders Behring Breivik , non perché il terrorismo sia sbagliato ma perché gli omicidi non erano efficaci per rovesciare quello che Yarvin chiamava il governo “comunista” della Norvegia”.
Inoltre: sostiene che i media e il mondo accademico siano così pervasi dalle idee progressiste che vadano sciolti, e, insomma, che la democrazia vada sostituita da “una monarchia” gestita da un “CEO”.
Bene. Oggi David Marchese per il New York Times intervista Yarvin, nella giornata dell’insediamento di Donald Trump. Leggete. Fra le altre cose Yarvin sostiene che la democrazia è molto debole, perché per esempio l’immigrazione di massa persiste nonostante la maggioranza dei cittadini sia contraria.
Quindi ci vuole l’uomo forte.
Quindi si stava meglio prima (“Quando leggo della condizione delle donne in un romanzo di Jane Austen, prima dell’emancipazione, mi sembra piuttosto buona”).
Ora. Sarebbe un errore già compiuto considerare Yarvin un folle, perché di Yarvin, siano uomini o donne, siamo pieni anche noi: e pian piano questa teoria del “CEO”, o uomo forte o donna forte che sia, sta dilagando, e quando ce ne rendiamo conto è già tardi.
In questi giorni continuo a chiedermi come sia possibile quello che, in piccolo, capita da noi: lo scudo penale per gli agenti e, per dirla con Amnesty International, “la trasformazione di alcune infrazioni amministrative in reati penali; il ricorso a misure preventive, come i fogli di via, anche in assenza di effettivi danni o comportamenti violenti; l’effetto deterrente che tali norme avrebbe sulla partecipazione a proteste pacifiche, mettendo così a rischio le libertà fondamentali di espressione e di riunione pacifica”. Nonché, l’istituzione delle zone rosse (le aree urbane in cui vengono adottati controlli straordinari per limitare la circolazione delle persone, a Firenze, Bologna, Milano e Napoli, Roma (Termini, Esquilino e Tuscolana).
Quando leggo tutto questo, ed è una lettura parziale, mi chiedo se davvero pensiamo che gli Yarvin siano un’anomalia. E mi rispondo che temo fortemente che l’anomalia, in questo momento, siano coloro che si oppongono, e che credono ancora che la pur fragile democrazia possa sopravvivere.