D'ORRICO E I SUPERLATIVI

Perché non dirlo? Ci sono in giro, o stanno arrivando, libri italiani di tutto rispetto. In alcuni casi, decisamente da non perdere. Ne cito tre, per ora: Atomico Dandy  di Piersandro Pallavicini, Perceber di Leonardo Colombati, La ragazza che non era lei di Tommaso Pincio. Mi aspetto la reazione: dalli ai capolavoristi. Il dalli si aggirava anche  per l’ormai celebre tavolo del convegno torinese sulla Restaurazione: sull’eco della polemica sul bee jay , sull’onda delle lodi e della contestazione di Piperno,  in aperto dissenso con il Miserabile Scrittore. E, soprattutto, contro Antonio D’Orrico.

Ora, avviene che il D’Orrico medesimo abbia ieri pubblicato sul Magazine del Corriere della sera un articoletto che a mio parere merita attenzione, e che probabilmente non sopirà la polemica. Ma vale la pena di leggerlo (anche fra le righe). Ecco qui.

“Sempre di più con il passare del tempo (questa pagina ha ormai undici anni) aumentano i lettori che chiedono strumenti (o almeno trucchi) per stabilire chi sono gli scrittori maggiori, quali sono i libri eccellenti. E unità di misura e proporzioni. E classificazioni e graduatorie. Un compito immane. Una volta c’erano “cinque o sei poeti supremi” ai quali si faceva pacificamente riferimento, scriveva molti anni fa in questo libro, Tolstoj o Dostoevskij, opportunamente ripubblicato (da Garzanti, ndl), George Steiner. Poi non è stato più possibile: “siamo diventati dei relativisti penosamente consci del fatto che i principi critici sono solo tentativi di imporre periodici governi alla intrinseca mutevolezza del gusto”. Eppure proprio in questo libro superiore, Steiner celebra la vecchia critica, quella che “nasce dall’ammirazione”, quella che concepisce “la letteratura non come fenomeno isolato, ma, al contrario, al centro del gioco delle forze storiche e politiche”.

Questo libro su Tolstoj e Dostoevskij è un libro che nasce dall’ammirazione: “Essi rappresentano in assoluto i due romanzieri più grandi (tutta la critica, nei suoi momenti cruciali, è dogmatica, ma la vecchia critica si riserva di esserlo apertamente e di usare i superlativi)”. E Steiner cita, a rinforzo, il giudizio di Forster: “Nessun romanziere inglese è grande come Tolstoj, vale a dire nessun romanziere inglese ha offerto un quadro altrettanto completo della vita dell’uomo, sia dal versante domestico che da quello eroico. Nessun romanziere inglese ha esplorato l’animo umano profondamente come Dostoevskij”. E, naturalmente, il discorso si estende anche ai non inglesi.

E’ rispetto all’arte del romanzo nel suo complesso, sottolinea Steiner, che Tolstoj e Dostoevskij sono i campioni assoluti. I loro nomi si possono inserire nello stesso giro di frase accanto a quelli di Omero e Shakespeare. “Possiamo nominare nella stessa frase l’Iliade e Guerra e pace, Re Lear e I fratelli Karamazov. Sono tutte opere ugualmente semplici e complesse”. E qui Steiner aggiunge un pensiero molto difficile da dire. Dice che non c’è modo di dimostrare “che chi pone Madame Bovary al di sopra di Anna Karenina o considera Gli Ambasciatori altrettanto grande e importante dei Demoni è in errore, che non ha il minimo orecchio per certe tonalità essenziali”. Eppure così è: “Questo tipo di ‘sordità’ non può assolutamente essere smentita da una qualche argomentazione logica”. E Steiner conclude: “Lasciatemi dunque affermare la mia incrollabile convinzione della supremazia di Tolstoj e Dostoevskij tra tutti i romanzieri”.

Lawrence d’Arabia (il mio eroe preferito del secolo scorso, e chi sta vedendo come è iniziato il secolo successivo converrà che era un’ottima e profetica scelta) aveva uno scaffale dove teneva i libri titanici (scaffale che ho visto e toccato nella sua casa nel Dorset). C’erano i Karamazov e Guerra e pace (e Zarathustra e Moby Dick). Cari lettori, credetemi, il superlativismo è meglio del relativismo”.

51 pensieri su “D'ORRICO E I SUPERLATIVI

  1. accetto tutto senza problemi: la penso anch’io (più o meno) così. Ma d’Orrico non riuscirà mai a convincermi che “Pericle il nero” sia un capolavoro (come ha detto e scritto più di una volta), non riuscirà mai a convincermi che “Pastorale americana” sia un capolavoro, non riuscirà mai a convincermi che Faletti sia il più grande scrittore italiano vivente, ecc. ecc.

  2. E’ da settimane che, quando incontro scrittori e/o operatori culturali, mi viene rinfacciato l’elogio che ho fatto di D’Orrico. A queste saccenti e invidiose risultanze di camarille vocianti privatamente e silenziose in pubblico, dico che una strategia di giornalismo culturale come quella realizzata da D’Orrico è cosa assai rara e benefica per tutti. Mi preme ulteriormente sottolineare che, non conoscendo D’Orrico né di persona né via cavo, e non aspirando affatto ad alzare il ditino per ottenere chissà quale benedizione da lui impartita, il mio giudizio nasce da un’oggettiva osservazione a distanza di quanto il giornalista del Magazine ha fatto e continua a fare per aprire la scena letteraria a nuovi nomi, con una generosità che ha pochi riscontri in Italia (una delle eccezioni a questa ritenzione nazionale, tra l’altro, è proprio la nostra ospite).
    Quanto al relativismo giocato come scetticismo conservatore, concordo sull’uso retorico (fino alla parodia) del superlativismo: è una strategia comunicativa che mi convince, e mi convince addirittura quando si manifesta in saggi critici.

  3. Questo (o quello, per lui pari sono) è uno dei migliori post italiani dell’anno.
    Giuseppe Genna.
    Così, è un’aiuto per portarsi avanti con il lavoro.
    E ora, sotto con il prossimo capolavoro

  4. Fatto. Senza pietà.
    E visto che siamo alle segnalazioni:
    V. Vitiello, Cristianesimo e nichilismo. Dostoevskij – Heidegger, Morcelliana.

  5. Copio-incollo un comunicato:
    Venezia, Auditorium Santa Margherita, 18 maggio 2005 ore 9.45
    ‘Filosofia e romanzo: il caso russo’
    Giornata di studio dedicata a Tolstoj e Dostoevskij
    Un’iniziativa dell’Università di Venezia,
    Dipartimento di Filosofia e T. d. S.
    in collaborazione con:
    Centro culturale Palazzo Cavagnis
    Società Italiana per gli Studi Kierkegardiani
    Programma
    Mattino (inizio h. 9.45)
    Presiede: Gianfranco Giraudo (Università di Venezia)
    Pier Cesare Bori (Università di Bologna):
    “Invece della morte c’era la luce: alcuni finali nella narrativa di L. Tolstoj”
    Cesare G. De Michelis (Università di Roma “Tor Vergata”):
    “Delitto e castigo: la filosofia in letteratura”
    Pomeriggio (inizio h. 15 e 30)
    Tavola rotonda: Teologia, morale e pensiero politico nell’opera di L. Tolstoj e F. M. Dostoevskij
    Modera: Paolo Bettiolo (Università di Padova)
    Partecipano: Isabella Adinolfi (Università di Venezia), Giorgio Brianese (Università di Venezia), Rolando Damiani (Università di Venezia), Adriano Fabris (Università di
    Pisa), Giuseppe Goisis (Università di Venezia), Roberto Garaventa (Università di Chieti), Virgilio Melchiorre (Università Cattolica di Milano), Vittorio Possenti(Università di Venezia)
    Comitato organizzatore
    Isabella Adinolfi, Giorgio Brianese, Giuseppe Goisis, Franco Macchi, Vittorio Possenti
    Segreteria scientifica del Convegno
    Sergio Fabio Berardini, Silvia Piccolotto, Francesca Melinato, Giusy Triolo
    Saranno presenti: Luigi Magarotto, Daniela Rizzi, Dario Calimani, Ivana Padoan, Bruna Bianchi, Luigi Vero Tarca, Davide Spanio, Franco Macchi, Inge Lise Rasmussen, Massimo Iiritano, Saverio Marchignoli, Enrico Cerasii, Enrico Tommaso Spanio
    Il convegno presenta un’interessante occasione di studio e approfondimento su un tema di grande interesse letterario e filosofico, con la partecipazione, accanto a diverse personalità del mondo filosofico, di Pier Cesare Bori e Cesare G. De Michelis, due tra i maggiori studiosi italiani di letteratura russa.
    Un incontro ad altissimo livello, quello in programma a Santa Margherita (e non a Ca’ Dolfin, come precedentemente annunciato), sul tema “classico” del rapporto
    Lev Tolstoj
    Lev Tolstoj
    fra i due giganti della letteratura mondiale dell’Ottocento, con particolare attenzione al contesto culturale e filosofico più generale su cui si innestano e prendono vita due straordinari e ben distinti percorsi di sintesi narrativa.
    Al realismo soggettivo e viscerale del “plebeo” Dostoevskij (1821-1881), fa da sponda il realismo universale dell’aristocratico Lev Tolstoj (1828 – 1910). Una posizione di maggiore distacco rispetto al vissuto, a favore di un filtro letterario più obiettivo, proveniva a Tolstoj dalla classe sociale a cui, da transfuga, apparteneva, e sembra permettergli un approccio espressivo più disincantato sulla realtà. Ciò lo avvicina a una rappresentazione letteraria “corale”, che dall’attenzione sul dettaglio arriva a comporre un affresco dal respiro epico. Letterato di vastissima cultura europea, critico come Kierkegaard nei confronti della civiltà moderna, a favore di modelli di comportamento propri di un cristianesimo originario, Tolstoj rappresenta quasi globalmente la realtà assai complessa del suo paese, mentre Dostoevskij interiorizza o vive in prima persona le capillari contraddizioni di quella stessa realtà.

  6. caro genna, caro d’orrico, cara loredana sapete a cosa servono i superlativi? ad abbassare le vendite.
    faccio un esempio che mi riguarda da vicino. ammaliata dalle recensioni di “baciami giuda” l’ho comprato e l’ho letto. risultato: per i prossimi sei mesi e più marsilio black si è fumato la possibilità di una lettrice. quel libro è banale. palloso. e i superlativi ve li potete…

  7. @ azioneparallela:
    non trascurare la grammatica di Herzog (sono tempi, questi, in cui la grammatica serve a qualcuno? Vogliamo tutti quanti “un’aiuto”!).
    Io lo leggo e mi diverto…

  8. EFFE, il tuo impegno, la tua dedizione, la tua sopraffina ironia, l’imperdibile qualità dei tuoi interventi, l’ammirevole ansia di contribuire al dibattito, la generosità di cui sei testimonianza vivente, il tuo meticoloso scrutinio delle novità, il tuo superbo militare per un’idea decisa di letteratura, il candido e sereno equilibrio dei tuoi interessantissimi giudizi, l’articolazione degli stessi, la pervicacia dei tuoi inviti a migliorarsi, la dialettica costruttiva che ha in te un’evenienza umana di straordinaria caratura, la delicatezza della tua prosa, le sottorighe che ci abbeverano di perle di saggezza e di incantevoli insegnamenti, la sterminata cultura mai esibita con ruvida saccenza e sempre aperta a continui rinnovamenti, la nascita miracolosa dell’aggettivazione che utilizzi, la grana delle indicazioni discrete e amorose che doni a chiunque senza preclusioni di razza o sesso, la filiforme tramatura del tuo complesso discorso, la coerenza e il trasporto sovrumano che metti in ogni soppesato giudizio che formuli, la sapiente ibridazione dei materiali e il celestiale utilizzo delle forme, l’empatia per la comunità che ti ascolta a bocca aperta in cerca di una salvezza o di una semplice giustificazione per la propria grama esistenza, l’evasione divertente che offri a chiunque mediante l’esempio del tuo riconosciutissimo operare letterario e narrativo e poetico, l’acume critico che con immenso e mirabile dispendio rende viventi in tuoi memorabili motteggiare, il duro e continuo lavoro di formazione che si intuisce dietro la posata determinazione a parlare per tutti e in nome di tutti, la capacità ecumenica che manifesti nel mettere d’accordo i tuoi affezionatissimi lettori, l’opera di misericordia nei nostri confronti che conduci a colpi di intuizioni originali e di soluzioni a cui mai avevamo pensato – Effe, questi sono regali gratuiti e indispensabili, che muovono i nostri sogni e rinfocolano le nostre ambizioni, le nostre lietitudini e l’ammollo dei nostri piedi callosi, la sera, quando sfiancati dal volgare lavoro rientramo a casa…

  9. Scusate se, in parte, intervengo pro domo mea, ma volevo rispondere a Leni Riefenstahl, dichiarandomi innanzitutto onorato che cotanta regista, tra l’altro oggi ultracentenaria, abbia avuto tra le mani un libro della mia collanina. A parte gli scherzi, ovviamente mi spiace che il libro ti sia spiaciuto, però confesso che non capisco questo incazzarsi perché si è in disaccordo con una (o più) recensioni lette. Capita, anzi è normale. Di più, secondo me è una cosa positiva: un romanzo non può piacere a tutti, e un romanzo “vero” è quello che scatena reazioni forti, sia positive che negative (meglio ovviamente se quelle positive sono la maggioranza). Insomma, non capisco dov’è lo scandalo. A te il libro ha fatto schifo, ad altri sta piacendo. Trovo francamente una visione del mondo un po’ puerile quella secondo cui se qualcosa non piace a me non deve piacere a nessuno (e se gli piace sono dei cretini o, peggio, disonesti).

  10. perfetto, pace fatta allora.
    però, sempre nei limiti del de gustibus, a me sembra una copia un pò furbetta di chuck palanhiuck (si scrive così?).
    a presto (e grazie per “fermate le macchine”:-)))

  11. caro jacopo,
    grazie per l’attenzione (ecco una cosa che i “grandi editori” non hanno).la mia amarezza deriva dal fatto che seguo molto la tua realtà editoriale e mi sono sempre trovata bene. vedi è stato come essere un pò traditi. ma come, marsilioblack che canna un libro in questa maniera clamorosa? mi sono detta. così l’ho riletto. no, mi spiace è una porcheria. sai come faccio per capire se un libro è una porcheria o meno? fingo che sia di un mio amico. e lo leggo. alla domanda: se fosse stato scritto da un italiano sarebbe stato “superlativamente” pubblicato? temo di avere dei dubbi.

  12. Cara Leni, non se se ai tuoi occhi sia una giustificazione o un’aggravante, ma quello che posso dirti è che io quel libro lo ho amato dalla prima volta che l’ho letto, mi ha colpito visceralmente. L’ho voluto molto fortemente e per poterlo pubblicare l’ho inseguito a lungo. Potrei avere preso un abbaglio è vero, ma mi conforta constatare in questi giorni che non sono l’unico a cui abbia fatto quell’effetto. Il che non significa che considero illegittimo il tuo giudizio negativo, né che penso che tu non capisca niente, semplicemente, qui si entra nella sfera insindacabile dei gusti soggettivi.

  13. Per Carlo
    Non c’entra Moresco con Steiner, però c’entra con D’Orrico. Volevo solo ricordare la scala usata nei loro interventi: Moresco quando parla di libri è su un altro pianeta. Tra l’altro entrambi fanno delle “recensioni dell’io”, solo che l’io di D’Orrico non si mette in gioco nella lettura, non fa esperienza leggendo, non cambia perché si sente già a posto e allora la sua voce tenta di essere patinata ma è spenta, fa réclame in cui il testimonial (lui) fa cof cof.

  14. io sono nato con una naturale propensione per la fenomenologia husserliana, o meglio, tendo a dare credito alla prima impressione, e, nel caso di uno scritto, all’incipit, e quando uno comincia così: “Sempre di più con il passare del tempo (questa pagina ha ormai undici anni) aumentano i lettori che chiedono strumenti (o almeno trucchi) per stabilire chi sono gli scrittori maggiori, quali sono i libri eccellenti. E unità di misura e proporzioni. E classificazioni e graduatorie. Un compito immane.”, dopo ci si deve mettere d’impegno a spegnare lo scetticismo e l’irritazione che ha suscitato in me.
    chi sono questi lettori persi nelle distese del pubblicato che bussano alla porta di d’orrico in cerca di coordinate? poveri, cenciosi naufraghi alla ricerca disperata del metodo per decidere la disposizione degli intonzi volumi sugli scaffali.
    l’articolo di d’orrico mi inquieta, e non poco, perchè coglie (e asseconda) quel bisogno di dividere, sezionare, stabilire gerarchie, insomma, di (re)instaurare un ordine.
    sbaglia. sbaglia a cominciare dalla contrapposizione tra superlativismo e relativismo, perchè questi non aono altro che la stessa cosa, o meglio, fanno parte della stessa grammatica di pensiero e perchè cita steiner, che fa incazzare solo ad essere nominato.
    il pensiero di d’orrico è un po troppo conservatore e demagogico, chiude, non lascia spazio alla contemporaneità, alla ricerca.

  15. GENNA,
    il tuo periodare con sobria eleganza, il delicato pudore che ostenti nell’officiare il ruolo di Sacerdote del Dibattito Culturale, la ritrosia con cui accogli quanti ti offrono proni (o supini, ora dovrei compulsare il Devoto-Oli) la palma di PM (Pietra Miliare), l’equanimità con cui determini Chi può e Chi non può, l’apertura mentale con cui ti predisponi al confronto, che non ha pari tra i contemporanei (confidiamo almeno nei posteri), il ritmo da opificio a cottimo con cui concedi a ciascheduno l’onore di essere il Miglior Scrittore dell’Anno (del medesimo anno, dico), la soavità ed esemplairtà del tuo giudizio – Genna, tutto questo potrebbe provocare nei meno avveduti qualche problema di dispepsia.
    Ma io traggo meco, tuttavia e sempre, acconcia scorta di Alka Seltzer (una pasticca al bisogno).
    Quanto al pediluvio serotino, consiglioti abbondante bicarbonato disciolto nel catino dell’acqua tiepida. E’ la morte sua, come diciamo noi che non aportiamo fondamentali contributi nè all’epica del quotidiano né alla poetica dell’inutile.
    Avrai apprezzato, auspico infine, il mio essermi limitato nell’utilizzo di immagini icastiche, in numero incomparabilmente inferiore alle tue.
    E’ codesta una delicatezza che ti dovevo per rimarcar la deferente differenza, che pare a certuni l’esser nati tutti uguali, ma m’insegni tu che così non è.
    Deh, o prode!

  16. A me dei borborigmi della bloggosfera me ne frega un belìn. Non tutti i lettori del Web hanno un blog: tutt’altro. I piagnistei, nevrotici e gratuiti, flebilmente si alzano sempre da brodi recentissimi, da divetti con la coda di pavone albino, da prefiche mestruanti. Che chissà che letteratura vorrebbero. Che chissà perché non recensiscono, non si occupano di ma piangono su.
    Detto ciò, se in un anno consiglio dieci libri che per me sono molto belli, non vedo il problema. Dovrei non consigliarne nessuno? Se uno ti sta antipatico o ti sembra inaffidabile, non lo frequenti. Non capisco perché venire a leggersi i Miserabili per poi lamentarsi. Mi contento del numero di persone che, tramite newsletter, sembrano apprezzare un’opera di stesura di pareri letterari, che restano tali anche se sono personalissimi nella retorica e nelle prospettive.
    Quanto agli SCHWARTZ, mi pare che i lettori italiani abbiano una testa e un’indipendenza di giudizio, né che frequentino esclusivamente le Miserabili latitudini a cui sta il sottoscritto: beh, ho incontrato parecchie persone che hanno letto Sharpe e ne erano entusiaste. Io non faccio pubblicità: se una cosa non mi piace, non ne parlo. Se, invece, una cosa mi piace, ne parlo come mi pare. Se non piace agli altri, lo ricordo da anni, c’è il bollettino di Alice, e da molto molto poco c’è anche uno Knorr primordiale su cui andare a sfogare le proprie libido e i propri traumi (in alternativa, si può prendere in considerazione un buon analista).

  17. Sono d’accordo con D’Orrico. E sono d’accordo pure con Genna: meglio D’Orrico che niente.
    Senta, però, signor Genna: vorrà ammettere che, ad esempio, il lancio in pompa magna de GLi Schwartz era una boutade?
    Perchè i rumors della blogosfera dicono che lei esageri, con tutti sti presunti capolavori, e in effetti io sono d’accordo con tali rumors. Anche perchè a forza di annunciar capolavori va a finì che libri imperdibili lo son tutti, e dunque nessuno.

  18. Ecco. prendiamo esempio da Innox. le chiacchiere stanno a zero, dicono a Roma. famone poche. e famo un sacco d interviste invece 🙂 vado subito a leggere!

  19. Ma come mai nessuno parla di un bel romanzo come “Il Primo” di Gaetano Cappelli? Credo sia affiancabile a Piperno. L’avete letto? Cosa ne pensate?

  20. i tempi sono maturi per un take-off.
    ve li ricordate quelli dei telefilm americani degli anni ottanta? joni e chachi da happy days, lou grant da mary tyler moore, denise dai robinson…e ora “genna vs. the world”
    scusate, a me, frega poco, anche se mi diverte tanto, seguire gli scintri a botta di jab-icastici tra il miserabile e l’antagonista di turno. purtroppo si tratta spesso di querelle piuttosto Off Topic, e oramai abbastanza ripetitivi.
    tanto si è capito, genna scrive così, e i suoi eccessi non si fermano al suo per altro gradito entusiasmo, ma, purtroppo lo portano spesso a “cagare fuori dal vaso” eccedendo in attacchi ingiustificati e personali: “c’è anche uno Knorr primordiale su cui andare a sfogare le proprie libido e i propri traumi (in alternativa, si può prendere in considerazione un buon analista).”
    a me piace il fatto che genna sia sempre e comunque aperto al dibattito, su come affronti le questioni di critica letteraria, de gustibus, non mi piace affatto la sua incapacità di trattenersi dalla banalità di insultare a livello personale chi sta dall’altra parte. ma non mi pare ci sia molto da fare.
    scusate, preferirei parlare di d’orrico, ma fate come volete.

  21. Genna, mangiato pesante?
    La gente critica quel che gli pare, come lei faceva – a spada tratta, istericamente perchè ancora non aveva acquisito quel po’ di potere editoriale che ora ha – su Società delle Menti.
    A me I Miserabili piace, e continuo ad andarci, ma ciò non toglie che si possa dire – tra l’altro con leggerezza, cosa che però sembra esserle sfuggita – che lei a volte sembra esagerare con gli aggettivi e coi superlativi.
    Tra l’altro, la metta come vuole, ma secondo me è impossibile che lei abbia DAVVERO reputato Gli Schwartz un bel libro. E di qui dunque la domanda: perchè cantarne le lodi? Perchè? Perchè? Perchè?

  22. di che lamentarsi? troppi capolavori? uno va in libreria, da un’occhiatina, e se ne rende conto, no, se il libro fa o non fa per lui/lei! meglio averne tante informazioni piuttosto che poche, no? meglio qualcuno che legga i libri che gente che non legge e se ne vanta pure, no? ( e ci sono, ci sono, basta farsi un giro sugli altri blog) io per esempio la parola “capolavoro” non la uso mai! ma magari esagero anche io. la verità è che forse diciamo sempre le stesse cose. non capisco perchè colpevolizzare qualcuno per un eccesso d’entusiasmo! non siamo mica infanti di cinque anni a cui venga per 72 ore al giorno propinata l’immagine luminosa della Barbie, o di un Puffo no?
    @ ienax, mi è piaciuta l’intervista. per adesso, mi piace Tom Jones, e il fatto di raccontare Roma nel libro di Colombati. per il resto, appunto, andrò in libreria. 🙂

  23. scusate la cazzata stratosferica: ma Piperno e Pallavicini si asomigliano fisicamente? o è – sono – le foto?

  24. spero che qualcuno capisca come sia innecessario a piè sospinto dare troppe informaziomi.genna i blog la lipperini fra gli altri nazione indiana e tutto il megapopolbloggeristico appesantiscono la rete.lipperini,perchè, per esempio non inizia a postare di meno e a far macerare di più i post? non sarebbe più educativo e controcorrente??
    genna: persona preparata, sensibile. i miserabili stimolanti. fuori di dubbio!
    il problema è che è un ogm: è uno scrittore mediocre appunto perchè timoroso, ha paura del demone che lo possiede, allora lo annacqua con la divulgazione e il capolavorismo, insomma, gioca nel mondo letterario. Aggredisce a volte, ma non è Busi, non abbiate paura, spernacchiatelo. :-))magari avesse la grandezza denigratoria busiana! Non ha nulla da insegnare, perchè trama, non scrive.

  25. @ ilpostodelcapolavoro.it
    Be’, io ho fatto davvero poco: il succo – o meglio l’essenza – ce l’ha messo tutto Leonardo Colombati.
    Io dico un capolavoro, l’ho detto anche tra le righe delle domande. Adesso posso dirlo, sneza tema d’essemi smentito. Ma prima dovevo leggere: al solito, sono come san tommaso, se non leggo non ci credo. Ma c’è anche il numero verde, in caso non avessi voglia d’andare in libreria o lì non lo trovassi. 😉
    Baci abbracci et inchini.
    Iannox

  26. La butto lì: Genna forse avrà voluto fare un po’ da apripista alle scelte dell’amico nuovo editor einaudi stile libero Carratello (ex Fanucci).

  27. Dei commenti, le cose con cui sono più d’accordo sono:
    – meglio D’Orrico che niente;
    – di che lamentarsi? troppi capolavori? uno va in libreria, da un’occhiatina, e se ne rende conto, no, se il libro fa o non fa per lui/lei!
    Preferisco qualche falso positivo in più, piuttosto che perdere qualche cosa di interessante perché non viene nemmeno preso in considerazione.
    A questo proposito, a me ormai un paio di anni fa è piaciuto moltissimo Franco Stelzer (“Il nostro primo, solenne, stranissimo Natale senza di lei”, Einaudi). L’ho scoperto tramite una di quelle microrecensioni del Venerdi di Repubblica, l’ho letto volentieri, l’ho fatto leggere con pari gusto. Poi mi pare che nessuno lo abbia preso granché in considerazione, ma intanto l’ho trovato io.

  28. xIl Posto.
    Carissima, Alessandro Piperno l’ho visto solo in TV ma mi sembra di non somigliargli. Pizzetto a parte, voglio dire (ma il pizzetto mi sa che sia la difesa degli stempiati, per non parlare dei pelati, come me). Le foto nei Miserabili del generoso Giu sono: bella quella di Piperno (immagino professionale) e devastante la mia (sembra che mi si stia staccando un’occhio). Credo sia un fotogramma sbilenco preso dal sito nonleggere.it (video intervista). Appoggio invece la foto con la molecola in mano: l’ha fatta mia moglie, in casa. La molecola appartiene a un modello originale costruito 50 anni fa dall’unico Nobel per la chimica italiano, Natta.
    Saluti
    PSP

  29. Ciao Piersandro, erano proprio quelle le foto a cui mi riferivo 🙂 la “somiglianza del pelato”, dici, eh? beh. poco male. a proposito di stratosferiche cazzate (mie) non ho ancora letto il tuo libro, ma lo farò, e poi ti dirò (se ti fa piacere). vado un po’ a zigzag. solo qualche giorno fa ho finito quello di lagioia, che mi è piaciuto (2004). un libro tutto di ex, di lavori fantasma, di “isolati”, ma con tenerezza. non voglio appallare. ne parlo al postodeilibri 31.
    così. 🙂

  30. Fantastico! Il complotto Genna-Carratello! Con Sharpe acquistato molto prima che Carratello lasciasse Fanucci! E adesso Briasco acquisito da Strade Blu! E fra un anno esce lì Alasdair Gray e io inizio a parlarne ora! In un nuovo sito anonimo che si chiama Brade Stlu! Dietro cui c’è in realtà Dante Virgili, che non è morto e si è sostituito per vent’anni a Parazzoli! E a Cassini vengono rubati tutti i titoli del prossimo decennio e anche la bandana di DFW! E, improvvisa, la strategia di non usare mai più la parola “capolavoro” bensì “zpikko”, compulsivamente, decine di “zpikki” all’anno! Finché D’Orrico mi lancia in copertina del Magazine per l’uscita del mio nuovo romanzo, IL MISERABILE! E’ tutto chiaro!

  31. Io, per quanto riguarda i capolavori farei altri nomi: “E’ stato il figlio”, Roberto Alajmo – Mondadori e “L’ordine dell’addio”, Emilia Bersabea Cirillo – Diabasis.

  32. Io, per quanto riguarda i capolavori farei altri nomi: “E’ stato il figlio”, Roberto Alajmo – Mondadori e “L’ordine dell’addio”, Emilia Bersabea Cirillo – Diabasis.

  33. x Piersandro Pallavicini
    sono morto dal ridere per la descrizione della tua foto sul sito di Genna. infatti non sembrava normale neanche a me. ancora rido.

  34. Leonrado, va da sè, è Colobati. Quel “buona”, vicino a serietà non c’entra. Quando si dice la “tonta” 🙂

  35. @leonardo. l’idea di non essere OT già mi riempie di “pura gioia”, come arrivare in orario a un appuntamento.
    Caro Leonardo, spero che ti farà piacere questa mia. Ti dico subito che io fra Godard e Truffaut ho sempre preferito il secondo.
    Che considero “Ulisse” un’intelligente involuzione rispetto alla reale meraviglia – fantasmagorica, una bellezza stupefacente – che è Gente di Dublino.
    ti voglio anche dire, a proposito di Roma, che amo molto – l’ho sempre amato – anche quando tanti lo detestavano, lo amo ancora adesso che nessuno lo legge più – o così sembra “Gli Indifferenti” di moravia, (e altri sui libri). talmente tanto l’ho amato quel libro, che ho recensito Montefoschi solo perchè – con tutte le dovute differenze – ci trovavo una spruzzata di quella Roma là.
    Amo da sempre Fielding, come te. L’ho citato anche io, come te – senza saperlo – quando ho spiegato durante una presentazione perchè avessi raccontato una storia così (in Disturbando famiglie…). “perchè ho voluto fare come Fielding che accomunava il lavoro dello scrittore a quello dell’oste. Apparecchia la tavola perchè la gente si sieda per mangiare. E deve essere attento a che ci siano menu buoni per tutti i palati…”
    Perchè ti dico questo? Sono a pagina 70 del tuo libro. C’è Roma, sì, ma la tradizione di scrittura non è quella di Moravia. Hai ragione è quella di Pynchon, ma io per problemi miei , pur considerando molto intelligente Pynchon – esattamente come il Joyce delll’Ulisse – non mi ci appassiono.
    C’è Fielding nel tuo libro, ma non quello dei bolliti per tutti i gusti, ma piuttosto il “teorico”, l’uomo intelligente, non l’oste.
    Ecco, per dirti, e con affetto, perchè ne sento parlare da tanto, di Perceber, che il tuo libro è di quella tradizione di “letteratura intelligente, filosofica” non difficile, non è questione di difficoltà di complessità, quanto piuttosto di “narrare per concetti”. Poi c’è la letteratura che parla per “immagini” – non so come chiamarle, diciamo così – ed è un tipo di letteratura la seconda, diciamo più tonta, più terra terra, diciamo così.
    so già di mettermi da sola nella seconda categoria, parlando così – ma pur di spiegarmi, preferisco così.
    Perchè capisco tutta la tua buona serietà e la tua assoluta mancanza di furbizia intellettuale, vedo la tradizione da cui il tuo libro proviene, e per questo ti ho scritto, ma alla mia età, lo so.
    Voglio un autore che sia non autore/ice-filosofo/a, quanto piuttosto un autore/ice-come me, e in quanto tale, evidentemente ed emintemente un po’ “tonto/a”.
    uno/a di quelli che a loro volta, quando leggono, si divertano a guardare le figure, e non a studiare. così 🙂 sai che truffaut e godard hanno passato una vita a discutere su qualcosa di simile, no? non è che uno sia meglio dell’altro 🙂

  36. Se vi interessa, su
    http://www.perceber.com in data di ieri è pubblicata una mia lettura (personale, quindi) del romanzo di Colombati.
    Voglio dire a Pallavicini che ho sempre seguito sin da Il mostro di Vigevano il suo lavoro(http://xoomer.virgilio.it/badimona/Pallavicini.htm)
    Atomico Dandy è tra i miei prossimi libri da leggere e inserirò il mio commento nel mio sito.
    Si parla di tanti scrittori, qui a Lipperatura, e mi domando perché sono trascurati alcuni nomi che, a mio avviso, sono importantissimi, a partire dal vecchio Carlo Sgorlon.
    Ho sulla scrivania, insieme con il romanzo di Pallavicini, Le sorelle Boreali, di Sgorlon.
    Ho anche Faccia di sale di Eraldo Baldini, di cui non sento mai parlare, e che è invece uno scrittore delicatissimo e capace di creare atmosfere suggestive dei suoi luoghi incantati (Ravenna e dintorni).
    Raffaele Nigro, grande scrittore, di cui nessuno parla, che fa onore al sud. L’ultimo suo romanzo è qui, vicino a me: Malvarosa.
    E Carmine Abate? Chi parla mai di Carmine Abate? Chi ha letto i suoi libri sa della sua eccezionale bravura.
    D’Orrico farebbe bene a tenere d’occhio questi autori, che invece la grancassa della stampa finge di ignorare.
    Quando avrò finito di leggere alcuni scrittori lucchesi (la mia terra) un po’ dimenticati, saranno questi i libri che, dopo quello straordinario di Colombati, occuperanno i miei svaghi di lettore.
    Bart

  37. Se vi interessa, su
    http://www.perceber.com in data di ieri è pubblicata una mia lettura (personale, quindi) del romanzo di Colombati.
    Voglio dire a Pallavicini che ho sempre seguito sin da Il mostro di Vigevano il suo lavoro(http://xoomer.virgilio.it/badimona/Pallavicini.htm)
    Atomico Dandy è tra i miei prossimi libri da leggere.
    Si parla di tanti scrittori, qui a Lipperatura, e mi domando perché sono trascurati alcuni nomi che, a mio avviso, sono importantissimi, a partire dal vecchio Carlo Sgorlon.
    Ho sulla scrivania, insieme con il romanzo di Pallavicini, Le sorelle Boreali, di Sgorlon.
    Ho anche Faccia di sale di Eraldo Baldini, di cui non sento mai parlare, e che è invece uno scrittore delicatissimo e capace di creare atmosfere suggestive dei suoi luoghi incantati (Ravenna e dintorni).
    Raffaele Nigro, grande scrittore, di cui nessuno parla, che fa onore al sud. L’ultimo suo romanzo è qui, vicino a me: Malvarosa.
    E Carmine Abate? Chi parla mai di Carmine Abate? Chi ha letto i suoi libri sa della sua eccezionale bravura.
    D’Orrico farebbe bene a tenere d’occhio questi autori, che invece la grancassa della stampa finge di ignorare.
    Quando avrò finito di leggere alcuni scrittori lucchesi (la mia terra) un po’ dimenticati, saranno questi i libri che, dopo quello straordinario di Colombati, occuperanno i miei svaghi di lettore.
    Bart

  38. Se vi interessa, su
    http://www.perceber.com in data di ieri è pubblicata una mia lettura (personale, quindi) del romanzo di Colombati.
    Voglio dire a Pallavicini che ho sempre seguito sin da Il mostro di Vigevano il suo lavoro(http://xoomer.virgilio.it/badimona/Pallavicini.htm)
    Atomico Dandy è tra i miei prossimi libri da leggere e inserirò il mio commento nel mio sito.
    Si parla di tanti scrittori, qui a Lipperatura, e mi domando perché sono trascurati alcuni nomi che, a mio avviso, sono importantissimi, a partire dal vecchio Carlo Sgorlon.
    Ho sulla scrivania, insieme con il romanzo di Pallavicini, Le sorelle Boreali, di Sgorlon.
    Ho anche Faccia di sale di Eraldo Baldini, di cui non sento mai parlare, e che è invece uno scrittore delicatissimo e capace di creare atmosfere suggestive dei suoi luoghi incantati (Ravenna e dintorni).
    Raffaele Nigro, grande scrittore, di cui nessuno parla, che fa onore al sud. L’ultimo suo romanzo è qui, vicino a me: Malvarosa.
    E Carmine Abate? Chi parla mai di Carmine Abate? Chi ha letto i suoi libri sa della sua eccezionale bravura.
    D’Orrico farebbe bene a tenere d’occhio questi autori, che invece la grancassa della stampa finge di ignorare.
    Quando avrò finito di leggere alcuni scrittori lucchesi (la mia terra) un po’ dimenticati, saranno questi i libri che, dopo quello straordinario di Colombati, occuperanno i miei svaghi di lettore.
    Bart

  39. Scusate, e soprattutto mi scusi la Lipeprini.
    Il computer ha fatto le bizze e un imbranato come me se n’è rimasto a guardare.
    Bart

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