GLI STRONCANTI

2001ossia   Dunque, tanto per cominciare buon anno (e, a proposito, se non lo avete già letto/visto, su Unità di crisi c’è il discorso di un cittadino alla nazione, scritto da Ivan Roquentin – anche in video grazie all’Indignato Puliafito).
Poi: non so se, come la sottoscritta, alzate gli occhi al cielo e contate fino a cinquanta davanti agli immarcescibili servizi giornalistici da 31 dicembre che chiedono “cosa butteresti dell’anno appena trascorso?” (niente, mi pare chiaro). Nel caso, comunque, che la domanda vi interessi realmente, sappiate che in ambito letterario sarà quasi impossibile buttar via un quesito indistruttibile come “serve la stroncatura?”. Il domenicale, per dire, ci ha giocato su, e il Corriere della Sera ha ripreso oggi. Così:

"Cento stroncature e un’idea fissa: dribblare il «politically correct». Il domenicale , il settimanale di cultura di Marcello Dell’Utri, che vorrebbe incarnare una sorta di moderato anticonformismo, un’alternativa all’egemonia culturale della sinistra, tira le somme dell’anno editoriale con una lista di cento libri, tra le migliaia pubblicate nel corso del 2005, che non si erano finora meritati alcuna recensione. E ora finalmente la ottengono, naturalmente negativa. Sotto la scure dell’équipe di recensori, guidata dal direttore Angelo Crespi, cadono romanzieri e storici, politici e scienziati in una furia iconoclasta che colpisce nomi prevedibili come Romano Prodi e Rossana Rossanda, Antonio Tabucchi e Nicola Tranfaglia, che non risparmia Gianfranco Ravasi, Sergio Romano o Piero Ostellino e che addirittura infierisce sugli amici. Come Antonio Socci. «Nonostante sia un amico e seguiamo volentieri le di lui peripezie vale il detto "amicus Plato sed magis amica veritas"», scrive il settimanale. Socci è un nostro amico ma non possiamo non dire la verità: e così il giornalista si guadagna il primo posto nella lista degli stroncati eccellenti. La motivazione parte dal generale, («A un certo punto della vita ogni editorialista che si rispetti tende a sopravvalutarsi e accondiscendendo alle lusinghe di una qualche casa editrice dà alle stampe i propri corsivi»), punzecchia tangenzialmente altri due nomi importanti («Non c’è Montanelli o Feltri che tenga. Slegati dalla contingenza i pezzi sono buoni al massimo per l’archeologia giornalistica»), per poi affondare la penna nella carne di Socci, reo di aver messo la sua foto angelica sulla copertina del libro Com’è bello il mondo. Com’è grande Dio e liquidato con l’invito a fare dell’umiltà la «sua prima carta vincente, visto che il tomo è espressamente dedicato alla memoria di don Giussani e Karol Wojtyla, due – ci sembra di ricordare – refrattari alle lusinghe del secolo».
I capi d’accusa per i cento libri sono di vario genere, non necessariamente legati alle qualità letterarie. Colpevole di buonismo, per esempio, don Mazzi che nemmeno la lunga militanza nel recupero di ragazzi bastonati dalla vita salva dagli strali del recensore. Che gli attribuisce una celebre battuta dal film Gli intoccabili («chiacchiere e distintivo») e, implacabile, così sentenzia: «Un conto è far tesoro dell’esperienza e un altro utilizzarla come piedistallo per saccenterie in corpo dodici che fanno venir voglia di sterminare una buona volta figli, genitori e consiglieri grilloparlanti».
A volte la stroncatura nasconde un giudizio positivo e il nome dell’autore serve per stigmatizzare qualcun altro. Come nel caso di Alda Merini. La colpa non è sua, se è finita in questa lista, ma «degli editori che la vampirizzano perché ogni sua riga vale oro. La trattano da diva sfottendola. Così tutti sanno della "poetessa pazza" e nessuno che si sia messo veramente a leggerli i suoi versi». O come nel caso di Leonardo Colombati, uno dei casi letterari del 2005. L’obiettivo qui non è il fluviale Perceber ma «la sciatteria del giornalismo culturale» e la perfidia di certa critica che «ti assimila solo per neutralizzarti». Il domenicale per definizione è fuori dal coro e quindi non recensisce il recensitissimo Colombati, anche se gli è piaciuto.
Altro caso, altra stroncatura. Leggere il libro non è indispensabile. Per bollare L’odore del tuo respiro di Melissa P. al recensore basta sapere che Thomas Fazi, il figlio dell’editore, «ci si è fidanzato e l’ha "riverginizzata". Per cui si ricomincia daccapo o giù di lì», qualunque cosa significhi. Stesso metro di giudizio per Questa storia di Alessandro Baricco: nessuna delle quattro possibili copertine con cui l’editore Fandango ha mandato in libreria il romanzo si intonava alle tende del recensore che, pertanto, non lo ha acquistato. E’ stato letto, invece, ma non è piaciuto Sapori di note che racconta gli affetti, i valori, le passioni di Gino Paoli con «una prosa noiosa, da vecchio elefante contestatore un po’ troppo garrulo, strascicando forzosamente, tra uno sbadiglio e l’altro, il coraggioso lettore fino all’agognata pagina finale».
Stroncatura virtuale per il nuovo Harry Potter che, pur non essendo ancora stato pubblicato, è già in testa alla classifica dei libri più prenotati su Internet. Questo basta per bocciarlo (l’attesa rende rancoroso il lettore), nella consapevolezza che «quando ci sarà, con tutta probabilità, sarà un’opera maestra nel suo genere».
Giorgio Vecchiato, autore di Con romana volontà , ha invece un’unica colpa: occuparsi di Mussolini che, dice Il Domenicale , «ci ha stufato». Anche qui l’obiettivo non è il libro ma una tendenza editoriale che fa sì che «in questo Paese antifascista fatto solo di antifascisti si pubblica, in proporzione, più fascismo che altro». Pollice verso anche per Piergiorgio Odifreddi, al quale viene riservato l’onore di ben due stroncature. Il succo, in sostanza, è lo stesso: «imperversare divulgativamente anche in discipline che non sembrano essergli particolarmente consone», come la filosofia o la religione. E benché sparare sui Nobel sia ormai uno sport assai praticato, il Domenicale corre il rischio del conformismo e mette nel mirino anche Harold Pinter, ultimo premiato dall’Accademia di Svezia, uno «scrittore che si merita poco di più di qualche paginetta nelle antologie che contano».

Ciò che è stato sarà
e ciò che si è fatto si rifarà;
 
Parole di Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme

20 pensieri su “GLI STRONCANTI

  1. «quando ci sarà, con tutta probabilità, sarà un’opera maestra nel suo genere».
    e cos’è?
    una nota negativa?
    trasudano livore da tutti i pori.
    avercene come la rowling, tesorucci…

  2. ma povera melissa…ma lasciamola stare a sta ragazzina…e poi aspettiamo che esce il nuovo di federico moccia…che ‘tre metri sopra il cielo’ sarebbe meglio? ma pure di quello, ma chissenefrega…si passasse una mano per la coscienza feltrinelli che ha avuto pure il coraggio di pubblicare l’edizione speciale del 1992, quella che gli aveva tirato appresso qualche anno prima.
    per principio, per andare contro il domenicale, mi piace pure melissa.
    comunque, buon anno a tutti…buon anno pure a ivan che spero ritrovi l’ottimismo

  3. Andrea, melissa non riesco a farmela piacere, ammetto di aver sfogliato l’odore del tuo respiro e continuo a chiedermi come si fa a pubblicare una cosa del genere. Dico “cosa” apposta, non è un romanzo non è un racconto…come si fa? E poi la pupa si lamenta pure perchè non viene considerata “una scrittrice”! Ma per favore.

  4. A me fa un po’ senso dare ragione al domenicale, però va detto che una sana stroncatura su Melissa devo ancora leggerla. Buon anno, eh.

  5. melissa merita un premio di bontà: perché, ora, altre case editrici si sono rifatte le ossa, copiando.
    poi penso che anche a leggere perceber si meriti almeno una caramellina in premio: perché uno dice che male ho fatto?

  6. dimenticavo, un applauso a Ivan roquentin:
    per quello che ha scritto ma soprattutto per questo:
    abbiamo anche un ceto intellettuale, socialmente impegnato, politicamente maturo, e avvizzito da un servilismo secolare: la lunga convivenza con il privilegio, il diffuso mestiere dell’adulatore, hanno creato una forma di ottundimento caratteristica della società italiana, che potremmo chiamare, in breve, comunione dei lacché

  7. ma sono l’unica a cui melissa fa un pò pena? e non è un commento sarcastico. voglio dire: passato questo momento in cui pensa di essere la salvatrice delle patrie lettere, non si rende conto che passerà alla storia (sic) come la clintoniana Monica L di qualche tempo fa? e cioè per la famosa equazione Melissa = pompino?

  8. serius, ma chi te l’ha fatto fare di sfogliare il libro di melissa…mica bisogno conoscere per esprimere un parere, lo dico seriamente, dai, lasciamola stare. che senso ha strocare melissa? il domenicale ha tra gli ‘approfondimenti’ un pezzo di parente dal titolo ‘A morte i critici e i giovani scrittori!’ in cui si fa una ‘Analisi irriverente e spinta su ciò che si scrive in italia e perché e cosa invece dovrebbe scriversi e come’…diversivi, secondo me, per chi vorrebbe un riconoscimento e non riesce ad ottenerlo…per chi non trova pace.

  9. Andrea, stroncare Melissa ha senso, ci sono migliaia di ragazzine che la ritengono un modello e vanno al cinema a vedere il film tratto dal romanzo. Sociologia? Anche se fosse, chi si occupa di letteratura dovrebbe tenerne conto.

  10. Certo: neanche vale la pena di stroncare Melissa P., come non vale la pena di leggerla né di parlarne (ma di pubblicarla sì!), ma poi Melissa chi?! modello delle ragazzine? ma per favore…!!!! che ipocrisia!
    Sarebbe mille volte più utile, apotropaico e dignitoso stroncare (ma proprio in senso fisico e defintivo) il vergognoso, sacndaloso e ingiustificato imperversare di giovinastri saccenti, ignoranti e noiosi come Lagioia, Raimo&Co. Da denuncia!

  11. @ sambigliong: grazie, ma saresti ancora d’accordo se ti dicessi che, bene o male, intendevo sostenere ciò che sostiene Chomsky quando parla della costituzione e mantenimento di una classe di studiosi intellettualmente prona ma funzionale alla conservazione del potere (da parte del potere stesso: e mi rendo conto che, per accenni, il discorso è un po’ astratto e pecca di generalità; non accuso il mondo, ma una certa parte)
    Scusate, vorrei intervenire di più, ma ho seri problemi di linea…

  12. il problema forse è chi fa finta di niente.
    il problema forse è il riconoscimento delle voci critiche al potere (in quanto – sembra una barzelletta, oggi – intendono la politica come un servizio)

  13. o sambigliong,
    una volta ho sentito dire da Prodi, anzi pronunciare,spiccare, le parole “la politica fatta con spirito di servizio” e mi sono quasi meravigliato, stupefatto perché questa definizione “spirito di servizio” non la udivo più da circa trenta e più anni.
    Proveniva da certi ambienti cattolici di sinistra, il motto; sapeva un po’ di sacrestia, di circolino dei laureati cattolici, dei La Pira, del giovane Fanfani…
    Ma ce ne fossero, sai.
    MarioB.
    (Adesso poi arriva quello che non ci sono più le mezze stagioni, sai…e mi càzzia)

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