LA LINCE E IL COYOTE

Post molto lungo, da consumare preferibilmente con una
tazza di the, o altra bevanda calda a piacimento, e con un po’ di tempo a
disposizione. In realtà la colpa (il merito) è di Girolamo De Michele,
che su Liberazione-Queer di domenica scorsa ha pubblicato un articolo di
estremo interesse, dal titolo De rerum natura. Carmilla ne
riporta integralmente la prima parte. Ora: il riferimento iniziale alla
disputa cinquecentesca sulla natura degli amerindi, e la citazione, quasi al
termine dell’articolo, di Claude Lévi-Strauss, mi hanno fatto ricordare
che da qualche parte dovevo aver conservato un intervento di quest’ultimo che
risale agli anni gloriosi di Mercurio, l’allora supplemento culturale de
La Repubblica.

Infatti. Era, per essere precisi, il settembre del 1991, e
Lévi-Strauss sintetizzava e motivava così l’uscita del suo Histoire de Lynx.
Vale la pena di riportare qui almeno due brani di quell’articolo (poi smetto di
antologizzare il blog: o forse no. Dipende).

Nel tempo in cui uomini e animali non costituivano ancora
categorie distinte, un vecchio malato e ripugnante, di nome Lince, ingravidò –
volontariamente o per sbadataggine – la figlia di un capo, lasciando colare su
di lei un filo di saliva o forse di urina, oppure, si dice talvolta, anche con
altri mezzi. Il bambino nacque. Si organizzò una prova per sapere chi, tra
tutti gli uomini del villaggio, fosse suo padre. Il bambino indicò Lince. Gli
abitanti del villaggio, indignati, lo picchiarono fin quasi a morte e lo
abbandonarono con la donna e suo figlio. Lince si trasformò allora in un
giovane uomo, bello e vigoroso, per di più grande cacciatore, che fece vivere
nell’ abbondanza la sua piccola famiglia. Per vendetta, sul nuovo villaggio in
cui si erano stabiliti i suoi persecutori, egli inviò una spessa nebbia, che
rese impossibile la caccia e che provocò la carestia. Gli abitanti domandarono
perdono e lo ottennero. Lince divenne il capo del villaggio.

Questa storia, priva di particolari implicazioni se non
moralizzatrici, si ritrova, sempre nella stessa forma, o in forme molto simili,
da un capo all’ altro delle due Americhe. Negli anni che seguirono
immediatamente la scoperta, fu esportata dai viaggiatori e dai missionari in
Messico, in Brasile, in Perù… A dispetto della sua apparente insignificanza,
essa ha dato prova di una strabiliante stabilità, non soltanto nello spazio –
dal Canada fino alle rive meridionali dell’ Atlantico e alle Ande – ma anche
nel tempo, perché i racconti raccolti più di quattro secoli fa non sono molto
differenti da quelli che si possono ascoltare al giorno d’ oggi. Ma nelle versioni
canadesi di questo mito – che innesca quelli sull’ origine della nebbia, nata
dalla pelle vecchia e malsana di cui l’ eroe a un certo punto si libera -, il
principale nemico di Lince è Coyote, il quale, lo si constaterà in seguito,
ricopre un ruolo importante nell’ altra serie mitica: quella sulla cattura del
vento. La Lince è un Felino, il Coyote un Canide. Un’ opposizione così marcata
tra le due famiglie non ha niente che possa sorprenderci: non diciamo forse di
due persone dal carattere incompatibile che sono "come cane e gatto"?
All’ inizio del XIX secolo, un poeta minore, quasi sconosciuto, Marc-Antoine
Désaugiers, compose una canzonetta la quale opponeva, "come cane e
gatto", non soltanto Voltaire e Rousseau, Grétry e Rossini, il classico e
il romantico, ma anche il dovere e il piacere, la morale e il desiderio, la
giustizia e l’ equità…

Senza dubbio la
portata filosofica attribuita a questa opposizione non era, agli occhi di
Désaugiers, una semplice celia, come continua ad esserlo per noi. Nei loro
miti, gli Amerindi le conferiscono invece un senso pieno e ne derivano tutte le
possibili conseguenze. Tuttavia, secondo loro, l’ opposizione non esisteva, in
origine. Una volta, raccontano, la Lince e il Coyote erano intimi amici e
avevano la stessa morfologia. Ma litigarono, e Lince, per vendetta, allungò il
muso, le zampe e la coda di Coyote, mentre Coyote rincalcò il muso e accorciò
la coda di Lince. Da allora, il fisico li distingue: estrovertito uno,
introvertito l’ altro. Insomma, tanto nel fisico quanto nel morale, la Lince e
il Coyote, il Felino e il Canide, furono forse – e avrebbero potuto restare –
simili, come gemelli. Ma ciò, suggeriscono i miti, sarebbe stato contrario all’
ordine del mondo, il quale voleva che due esseri, simili in partenza,
divenissero differenti. Comprendiamo da qui l’ importanza che i miti
attribuiscono a queste storielle. In forma figurata esse introducono la nozione
di una impossibile gemellanza, la quale occupa un posto centrale nella
riflessione filosofica degli Amerindi.

 Essi, in
effetti, concepiscono la genesi degli esseri e delle cose sul modello di una
serie di bipartizioni. In principio, il demiurgo si separa dalle sue creature.
Queste si suddividono in Indiani e non-Indiani, poi gli Indiani stessi si dividono
in concittadini e nemici. Tra i concittadini appare una nuova distinzione: i
buoni e i cattivi; e i buoni, a loro volta, si dividono in forti e deboli. A
diversi livelli di questa scala dicotomica, intervengono coppie di fratelli,
gemelli o quasi (generati allora da padri differenti), dotati in misura
ineguale, e che sono gli agenti di questa e quella divisione; uno pacifico, l’
altro bellicoso; uno saggio l’ altro, sciocco; uno abile, l’ altro maldestro,
ecc. Occorre infatti che tra le parti risultanti ad ogni tappa non ci sia mai
una vera parità: in qualche modo, uno è sempre superiore all’ altro. I miti
proclamano così, implicitamente, che i poli in funzione dei quali si dispongono
i fenomeni naturali e la vita sociale – il cielo e la terra, l’ alto e il
basso, il fuoco e l’ acqua, la nebbia e il vento, il vicino e il lontano, gli
Indiani e i non-Indiani, i concittadini e gli stranieri, ecc – non potranno mai
essere gemelli, anche se i termini di ogni coppia si implicano mutualmente. Lo
spirito si sforza di accoppiarli senza riuscire a stabilire, tra di loro, una
parità.

 Lo stesso
genera sempre l’ altro. Da questo dinamico disequilibrio dipende il buon
funzionamento dell’ universo che, senza di esso, rischierebbe ad ogni momento
di piombare in uno stato di inerzia. Si spiega così come la gemellanza, che
occupa un posto tanto grande nella mitologia Amerinda, non vi compaia mai allo
stato puro. Il contrario sarebbe sorprendente, dal momento che, per lo meno
nell’ America tropicale, ma spesso anche altrove, gli Indiani temono la nascita
di gemelli e mettono a morte uno dei due o entrambi. Se, nei miti, i gemelli
divini o eroici possono svolgere un ruolo positivo, ciò accade perché la loro
gemellanza resta incompleta e dipende da circostanze particolari, relative al
loro concepimento e alla loro nascita. E’ questo, anche, il caso di Castore e
Polluce. I Dioscuri, tuttavia, compiono uno sforzo ed ottengono di divenire
simili: i gemelli americani, invece, non superano mai lo scarto iniziale che
esisteva tra di loro. Anzi, fanno di tutto per approfondirlo, come se una
necessità naturale obbligasse tutti i termini, in origine appaiati, a
divergere.

 Ne deriva una
serie di conseguenze: sul piano cosmologico, l’ impossibilità di conciliare due
estremi che, a dispetto di ogni sogno nostalgico, non potranno mai essere
gemelli; sul piano sociologico ed economico, un perpetuo gioco di equilibri,
all’ esterno tra la guerra e il commercio, all’ interno tra la reciprocità e la
gerarchia.

(…)

A titolo di presupposto metafisico, gli Indiani, nel loro
sistema, tenevano conto dell’ esistenza altrui. Le testimonianze storiche lo
confermano. Da un capo all’ altro del Nuovo Mondo, gli Indiani si mostrarono
straordinariamente ben disposti ad accogliere i Bianchi, a far loro posto, a
fornire loro tutto quello che desiderassero ed anche di più. Tale fu l’
esperienza, assai mal ripagata in cambio, che, dopo Colombo alle Bahamas e alle
Antille, fecero Cortez nel Messico, Pizarro in Perù, Cabral e Villegaignon in
Brasile, Jacques Cartier in Canada. Ma questo accadeva perché, nel pensiero
degli Amerindi, ben prima dell’ arrivo dei Bianchi, la propria esistenza
implicava quella dei non-Indiani. Tanto in Messico che nel mondo andino, le
tradizioni raccolte l’ indomani della conquista attestano anche che essi
attendevano il loro arrivo. Questa misteriosa prescienza trova così la sua
spiegazione. Sulla costa del Pacifico, nel nord-ovest degli Stati Uniti e del
Canada, gli incontri con i Bianchi furono più tardivi. Nel Settecento, soltanto
gli Indiani ebbero rapporti con navigatori spagnoli, inglesi, francesi e russi.
Da quando, nell’ Ottocento, iniziò il commercio delle pellicce, i contatti si
moltiplicarono soprattutto con i franco-canadesi, i "viaggiatori" si
diceva allora. La disposizione di spirito propria degli Amerindi, che ho fin
qui messo in luce, trovò applicazione in un ambito più ristretto, ma di grande
interesse per lo studio dei miti. Le tradizioni indiane si aprirono largamente
a quelle dei nuovi venuti, e i miti della regione sono così profondamente
impregnati dai racconti popolari francesi che diventa difficile distinguere tra
gli elementi autoctoni e i prestiti. Questa disposizione di spirito degli
Indiani, così come si manifesta sul piano della riflessione filosofica e della
creazione narrativa, contrasta in modo sorprendente con l’ atteggiamento degli
Europei di fronte ai popoli del Nuovo Mondo. Durante i primi decenni che
seguirono la scoperta, esso fu caratterizzato dall’ indifferenza verso gli
uomini e verso le cose, da un volontario accecamento davanti a una novità
troppo grande, che ci si rifiutava di riconoscere come tale. Agli uomini del
XVI secolo, la scoperta dell’ America attestava, più che rivelare, la diversità
dei costumi. Era una scoperta che si offriva sommersa in mezzo ad altre: quelle
dei costumi egiziani, greci e romani che i grandi scrittori dell’ antichità
facevano già conoscere. A quelle testimonianze, lo spettacolo dei popoli
recentemente incontrati portava soltanto una conferma. Tutto ciò era, se non
già visto, almeno già saputo. Questo ripiegamento su se stessi, questa
frigidità, questa cecità volontaria, furono la risposta di una umanità la quale
si credeva piena ed intera ad una improvvisa rivelazione: quella di non
rappresentare che una sola metà del genere umano.

 Senza dubbio in
Montaigne, che scrive un po’ più tardi, la conoscenza dei costumi amerindi,
tratta dai racconti di viaggio, fonda, in parte, la critica delle nostre
istituzioni e delle nostre usanze. Ma lo scetticismo radicale di Montaigne
sfocia ugualmente nella conclusione che, se tutte le istituzioni si
equivalgono, e se tutte sono, per questo motivo, parimenti criticabili e
parimenti rispettabili, la saggezza consiglia di attenersi tuttavia a quelle
della società in cui si vive. Nella pratica, se non nella teoria, questa linea
di condotta non si opponeva a quella dei missionari della stessa epoca e dei
secoli successivi, i quali vedevano nella fede cattolica l’ unico baluardo
contro il proprio smarrimento di fronte a costumi e a credenze inconciliabili
con i loro.

 Histoire de
Lynx
è il settimo libro che – oltre a numerosi articoli – ho dedicato alla
mitologia americana. Dopo i quattro volumi di Mytologiques, esso forma,
con La Voie des masques e la Potière jalouse, una trilogia. In
tutti questi libri, ho tentato di restituire il posto che le compete a un’
immensa letteratura orale troppo ignorata perché rimasta sepolta in raccolte
dotte e sovente di difficile accesso. Per dimensioni, interesse e bellezza,
essa non ha niente da invidiare alle tradizioni trasmesseci dall’ antichità
classica, dal mondo celtico, dalle civiltà orientali ed estremo-orientali.
Anch’ essa appartiene al patrimonio culturale dell’ umanità. E se io ho potuto
scoprire nella "materia d’ America" (come si dice "materia di
Bretagna" a proposito del ciclo del Graal) un terreno privilegiato per
rischiarare di nuova luce i processi del pensiero mitico, non ho fatto che
rendere con ciò un omaggio supplementare al genio delle popolazioni amerinde.
Le riflessioni sull’ incontro di due mondi, con le quali si chiude Histoire
de Lynx
, permettono forse di andare più lontano e di risalire fino alle
fonti filosofiche ed etiche del dualismo amerindo. Nella pratica religiosa e
nei miti indo-europei, Georges Dumézil ha mostrato che era in azione una
ideologia tripartita. Mi sembra che una ideologia, questa volta bipartita, sia
all’ opera nelle credenze e nelle istituzioni degli Amerindi. Ma questo
dualismo non ha niente di statico. In qualunque modo si manifesti, i suoi
termini sono sempre in equilibrio instabile. Esso, anzi, deriva il suo
dinamismo da una apertura all’ altro, che si tradusse nell’ accoglienza
benevola che gli Indiani fecero ai Bianchi, benché questi ultimi fossero
animati da una disposizione d’ animo affatto contraria. Riconoscerlo, nel
momento in cui ci si appresta a celebrare il quinto centenario di quella che
chiamerei, più che scoperta, invasione del Nuovo Mondo, distruzione brutale
delle sue popolazioni e dei suoi valori, è come compiere un atto dovuto di contrizione
e di pietà.

8 pensieri su “LA LINCE E IL COYOTE

  1. Non c’entra nulla nemmeno questo ma è un concorso per aspiranti registi che sta per scadere e forse può interessare qualcuno.
    COS’E’ ARCINEMA
    Arcinema è una cine-trattoria vecchio stile.
    Per cinque serate, dal 6 Marzo al 3 Aprile 2007, nel circolo Arci di Anzano (TV) si riesumano i primordi
    della sala cinematografica assistendo alla proiezione di cinque film della commedia all’italiana mentre si
    gustano dei primi piatti tipici, seduti ai tavoli apparecchiati, tra le risate e il vocio di un variegato pubblico di
    disparate età e provenienze, rinfrancati dal vino delle colline venete e dalle avvenenti cameriere.
    Ogni film verrà introdotto da un video che ha per protagonisti i fervidi soci del circolo (età media 66
    anni) e dopo la proiezione la serata continuerà tra danze, altri eventi e divertimenti all’italiana.
    Quest’anno, considerato il positivo riscontro della prima edizione, è indetto un concorso per la
    realizzazione dei video introduttivi.
    IL CONCORSO
    Nell’edizione 2006 i materiali video sono stati realizzati direttamente dall’organizzazione (Foodstock
    entertainment e Associazione Culturale Radar) e pubblicati in un DVD disponibile a richiesta o consultabile
    nel sito internet: http://www.foodstock.it.
    Per la 2^ edizione di Arcinema, l’organizzazione si limiterà alla realizzazione del primo video, di apertura
    della Rassegna, mentre è indetto un concorso per la realizzazione dei rimanenti 4 video di presentazione
    dei film.
    I video realizzati saranno valutati da una Giuria costituita da Cinemazero di Pordenone che indicherà il
    video migliore. Tutti i video realizzati saranno pubblicati su un DVD che sarà inviato agli addetti al settore
    (case di produzione, riviste, festival etc.).
    I video di presentazione dei film in programma dovranno essere girati ad Anzano (Comune di Cappella
    Maggiore – TV), comprendere nel cast alcuni dei soci del Circolo Arci, avere una durata compresa tra i 2 e i
    5 minuti e non potranno contenere materiale audio e video coperti da diritti d’autore, pena l’esclusione.
    Sono richiesti un tono popolare e ironico, in grado di divertire ed interagire con il pubblico eterogeneo e non
    specializzato di Arcinema, e la capacità di dialogare e rapportarsi con i film della “Commedia all’italiana”
    rifacendosi ai caratteri qualificanti di autori come Germi, Ferreri, Monicelli, Risi, etc., in tono non
    piattamente imitativo.
    Fondamentale è realizzare dei video che pur introducendo il film in programma, mantengano una propria
    autonomia formale, riferendosi ad esso in termini di “atmosfera” piuttosto che di citazione, e che siano
    comprensibili e compiuti anche senza la conoscenza diretta da parte del pubblico del film a cui si riferiscono.
    Non necessariamente dovranno essere impiegati testi o dialoghi. Il riferimento al film introdotto, che rimane
    un requisito indispensabile, potrà essere attuato mediante allusioni o analogie più o meno dirette allo stesso.
    Oltre al premio per il miglior video, sarà assegnato un riconoscimento per la migliore colonna sonora
    originale.
    MODALITA’ DI SVOLGIMENTO
    Tra chi invierà entro il 30 Gennaio 2007 un CDrom o DVD (con almeno tre dei suoi lavori) saranno
    selezionati i quattro concorrenti e ad ognuno di essi sarà assegnato il film in Rassegna da introdurre con il
    proprio video.
    I concorrenti selezionati saranno immediatamente contattati telefonicamente, forniti di una copia del film da
    introdurre e invitati a un sopralluogo entro i primi dieci giorni di Febbraio 2007 per prendere visione dei
    luoghi e degli attori disponibili tra i soci del Circolo.
    In tale sede si programmeranno date e modalità per le riprese da effettuarsi con mezzi propri, in uno o
    massimo due giorni, preferibilmente durante i fine settimana. Ad ogni concorrente sarà assegnato un
    referente in loco cui fare riferimento per gli aspetti organizzativi e informativi.
    Ogni concorrente dovrà consegnare il proprio video almeno 10 giorni prima della serata nella quale sarà
    proiettato. Considerando che il primo video sarà realizzato da Arcinema, le serate di rassegna interessate
    sono quelle dei martedi 13, 20, 27 Marzo e di matedi 3 Aprile.
    Le date di scadenza per la consegna dei video sono di conseguenza le seguenti:
    Sabato 3 Marzo per il video relativo al 2° film in rassegna;
    Sabato 10 Marzo per il video relativo al 3° film in rassegna;
    Sabato 17 Marzo per il video relativo al 4° film in rassegna;
    Sabato 24 Marzo per il video relativo al 5° film in rassegna.
    Gli autori saranno forniti di sigla di apertura e di chiusura da montare prima e dopo del loro video.
    La mancata consegna dei video entro le scadenze sopra riportate comportano l’esclusione del concorrente dal
    concorso e l’invito ai concorrenti immediatamente successivi tra quelli selezionati per la realizzazione del
    video mancante; in assenza dei tempi tecnici necessari, l’organizzazione lo realizzerà in proprio.
    COME PARTECIPARE
    Il concorso è aperto a chiunque.
    Per l’iscrizione è richiesto l’invio di un CD o DVD con massimo 3 lavori di qualsiasi durata e genere (film,
    spot, video, etc.) e del modulo d’iscrizione; tali materiali dovranno pervenire entro e non oltre il 30
    Gennaio 2007, all’indirizzo:
    Associazione Radar
    A.c.a. Roberto La Forgia,
    Via Carnielutti 6,
    31029, Vittorio Veneto, TV.
    Tra gli autori che avranno inviato il materiale saranno selezionati i 4 concorrenti.
    L’avvenuta selezione sarà immediatamente comunicata telefonicamente.
    Il materiale inviato non sarà restituito.
    PREMIAZIONE
    I video prodotti e presentati durante le serate saranno giudicati da una giuria qualificata composta da
    Cinemazero (PN) con la Presidenza di una personalità del settore concordata con Arcinema.
    Oltre a designare il vincitore la Giuria si esprimerà su tutti i video realizzati.
    La premiazione avverrà durante l’ultima serata di Arcinema alla presenza del vincitore o di un suo delegato.
    Sarà inoltre assegnato un riconoscimento per la migliore colonna sonora originale.
    I video prodotti saranno raccolti in un DVD che sarà inviato ai principali addetti al settore (case di
    produzione, critici, riviste, festival, etc.).
    Per la serata della premiazione, che si terrà in data Martedi 3 Aprile 2007, è richiesta la presenza del
    regista e del musicista vincitori (oppure di un loro delegato); l’avvenuta designazione sarà comunicata
    telefonicamente al vincitore entro il giorno Sabato 31 Marzo.
    INFO
    Foodstock entertainment, http://www.foodstock.it foodstock@yahoo.it, cell. 335.7876396
    Associazione Radar, via Carnielutti, 6 – 31029 – Vittorio Veneto (TV), cell. 328.1298544

  2. Devo ammettere forse la mia ignoranza o la mia scarsa sensibilità. Ma non riesco a trovare alcunché di interessante in questi pezzi. Trovo queste argomentazioni di un lontano rispetto all’esperienza comune e alla vita quotidiana da rasentare l’illegibilità.
    Però sono gusti.
    Anzi no: sono esperienze e sensibilità diverse. Si vede che la mia (ancora) non si accende a queste stimolazioni.
    (è la prima volta che mi capita, dunque lo dico. Altrimenti sono sempre complimenti, ecchecazz ^_^)
    [Ste]

  3. Ste, magari hai ragione: possono essere interventi un po’ pesanti. Ma per me Lévi-Strauss ha una funzione esattamente opposta a quella che indichi: ed è semmai una delle figure-chiave che mi permette di spiegare la vita quotidiana partendo dal mito.
    Per dire, una volta il medesimo fece un intervento sui segnali inespressi degli automobilisti, quelli che ti fanno capire se chi ti precede metterà la freccia per girare a sinistra prima che effettivamente la metta. Era avvincente quando difficilmente comprensibile se non si aveva chiara almeno parte della mitologia a cui faceva riferimento. Ugualmente, in tempi più recenti, LS intervenne a proposito del Conte Spencer, fratello di Lady Diana, riflettendo su come era cambiata la figura dello “zio materno” dalle società primitive ad oggi.
    Certo, non sono cose che ti cambiano la vita o ti indirizzano verso una certa letture (eppure, io la rilettura di LS in toto tendo a consigliarla sempre: vezzi da antica antropologa). Però, per come la vedo io, e proprio in tempi in cui si discute forsennatamente di alterità, certi fondamentali possono risultare utili.
    O anche noiosi, per carità. 🙂

  4. Figurati Loredana: la noiosità (si dice?) non mi spaventa. Questo di LS (ma, devo dire, soprattutto quello di Di Michele) mi è sembrato un argomento MERAVIGLIOSAMENTE sviscerato ma poco aderente alla vita quotidiana. In questo periodo mi interessano temi che descrivano o raccontino l’esistenza da un un punto di vista “molto basso”: questo è elevatissimo. Ma lo è per me: non metto in dubbio che un Giuseppe Genna se lo leggerebbe in quattro e quattrotto (lui è un Genio. Uno da tenere sotto una campana di vetro, ma a mio parere l’uomo medio, il lettore comune, fatica proprio a dare un significato ai significanti dei suoi testi). Sono affamato, ripeto: in questo periodo, di autori che sappiano parlarmi con un linguaggio estremamente basso di argomenti altissimi. Ho trovato queste tue segnalazione gonfie di una certa boriosità espressiva.
    A parte il fatto che il pezzo di LS sugli automobilisti (se è quello) mi pare di averlo letto e che a suo tempo lo trovai fantastico. (se hai un link che lo riporti segnalamelo)
    Saluti e baci.
    [Ste]

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