HOUELLEBECQ, PER UNA VOLTA

Gavoi sembra ormai lontanissima a chi, come la vostra eccetera, convive quotidianamente con quattrocento bambini, una settantina di orchestrali e un altro centinaio di persone (tutti in estrema allegria, ribadisco). Però ricordo che in quella sede (Gavoi, appunto) Paolo Giordano, alla domanda su quale libro fosse in qualche modo presente nella sua scrittura, raccontò di aver interrotto la lettura de Le particelle elementari per evitare di esserne troppo influenzato mentre scriveva il suo romanzo.
Bene, sull’ultimo Espresso parla Houellebecq: non amatissimo dalla vostra eccetera, bisogna dire, a costo di attirarmi molta impopolarità.  Lo intervistano Marek Beylin ed Ewa Wielezynska. Il nostro dice, fra l’altro:
Signor Houellebecq, i suoi libri sono una specie di geografia della paura: paura della solitudine, della vita.
“Errore. Non è in questo che consiste la paura. La paura è paura di un predatore. È paura di venire annientati, sbranati. Fa parte della natura umana. In fondo è in questo che consiste il senso della vita degli animali, attendere un predatore che li sbranerà. La sensazione di minaccia è il fondamento dell’esistenza. È qualcosa che sentiamo quando abbiamo il timore che qualcuno ci possa uccidere”.
Il suo primo libro però si intitola ‘Contro il mondo, contro la vita, saggio su Lovecraft’.
“Non è questione di essere contro la vita. Lovecraft era uno gnostico, affermava che il male è eterno. Anch’io la penso così”.
Ammira l’atteggiamento anticommerciale di Lovecraft, un signore che scriveva solo per il piacere personale. Ma lei ha un atteggiamento diverso.
“Lovecraft era mantenuto dalle zie. A me non è mai capitato di potermi permettere di non fare niente nella vita. Sono stato contento quando ho guadagnato molti soldi grazie ai miei libri. Mi sarei suicidato se avessi dovuto continuare a lavorare. Volevo essere libero, godermi la giornata, fare quello di cui avevo voglia, o non fare niente”.
Una volta ha detto che la scrittura non le porta sollievo. Una vita piena di letture sarebbe una realizzazione perfetta dei suoi sogni. Adesso che ha guadagnato tanto, non potrebbe vivere così?
“Questa è proprio la vita che sto facendo”.
Contrariamente alla sua maschera, è felice?

“Finora la voglia di scrivere non mi è mai mancata. Adesso invece ho proprio un problema di questo tipo”.
A proposito del dolce far niente, nei suoi romanzi rompe con la tradizione francese, della ‘gioia di vivere’…
“In una recensione americana si diceva invece che io mi iscrivo nella lunga tradizione francese iniziata con Jean Paul Sartre”.
Forse perché la sua immagine di un cinico, non è vera ed esiste un altro Houellebecq, poeta: un’immagine che né i critici né il pubblico conoscono.
“Non so cosa pensi il pubblico. So che compra i miei libri. Per quanto riguarda i critici, generalmente leggono un libro solo, e ripetono le loro opinioni a ogni libro successivo. I critici sono pigri e stupidi, troppo stupidi per capire la poesia. Sono degli idioti”.

23 pensieri su “HOUELLEBECQ, PER UNA VOLTA

  1. Le sue interviste sono come i suoi libri, la radiografia lucida di una civiltà disintegrata che si fonda sul Male come concetto unificatore e annientatore di ogni volontà umana per quanto desiderosa di, per quanto elevata e orgogliosa.
    Perchè Houllebecq non Le piace, Loredana?

  2. Non ho ancora letto Houellebecq, ma il fatto che susciti contrasti profondi (sento grandi elogi, ma anche grandi stroncature) lo rende di sicuro un autore interessante, metto in lista…
    Però non è granché come biglietto di presentazione che i suoi ammiratori lo sostengano con frasi simili a quelle delle fan dei Tokio Hotel.

  3. E’ uno scrittore che amo molto, e che secondo me in questa intervista rende poco. D’altra parte come diceva mi pare Murakami in un’altra intervista: come fai a chiedere a uno scrittore cosa scrive in un suo libro? la risposta è quel libro, il resto sono cose opache. Per questo molte interviste agli scrittori risultano deludenti.
    E comunque, è uno scrittore che ha dato grandissima dignità a personaggi femminili, struggenti belli e con la caratteristica di essere spesso, donne molto intelligenti. Molto più femminista di cetti autori e certe autrici tanto pieni di buone intenzioni quanto segretamente reazionari.

  4. Se può interessare, sul francese «Lire» di maggio c’era anche un'<a href=”http://www.lire.fr/imprimer.asp/idC=52325″ rel=”nofollow”>intervista alla madre di Houellebecq</a>, Lucie Ceccaldi, che lui aveva dichiarata morta, e che, sempre a maggio, ha pubblicato una sua autobiografia, intitolata <i>L’innocente</i>, di cui si può leggere un <a href=”http://www.lire.fr/imprimer.asp/idC=52371″ rel=”nofollow”>estratto</a>.

  5. Houellebecq è uno scrittore spietato, geniale, il primo suo libro che ho letto è stato “estensione del dominio della lotta”, e mi ha fulminato per la sua visione della vita del lavoratore dipendente, dell’impiegato, una descrizione lucida che non lascia spazio a spiragli di luce.
    L’ultimo è stato “La possibilità di un isola” e definire noioso un libro con una costruzione così acuta e originale è da pazzi.
    Poi può non piacere, è scomodo, maschilista (in apparenza), violento, scabroso, volgare. Ma esplora una parte di noi e della vita che esiste, ci è continuamente davanti agli occhi e noi non vogliamo vedere.

  6. Concordo con Luca. Ci sono delle cose in Houellebecq così belle e così ben scritte che proprio definirlo noioso e sopravvalutato mi sembra, perdonate l’arroganza, ingenuo. Posso capire che sia disturbante, posso capire che uno pensi – questo qui io tra le persone che ho intorno non lo vorrei, ma mi stupisce che non se ne riconosca il talento. Che non si riconosca un periodo poetico. In fatto di maschilismo/femminismo, così come in generale su una serie di questioni eticamente sensibili credo che lo si valuti in base a scorciatoie, facendosi abbagliare dalle prime impressioni e credendolo più facile di quanto sia realmente.
    Ma possiamo anche ammettere che sia un tremenderrimo pessimo. Che dice cose cattivissime e trististissime – ma l’intelligenza e la capacità espressiva sono dei mezzi che quando funzionano – funzionano anche per i cattivi.

  7. quando leggi H., ti può irritare, puoi pensare ‘questo non è che scriva cosi’ bene’, puoi rimanere perplesso.
    Però esci dalla lettura dei suoi romanzi scorticato:e non ti molla più.

  8. Non dice proprio niente di nuovo, e per questo è sopravvalutato. E lo dice con cento parole quando tre basterebbero, per questo è noioso. Ho letto solo “Le particelle elementari” e non leggerò nient’altro di suo neanche se mi pagassero. Ho fatto fatica ad arrivare in fondo e quando ci sono arrivato avrei voluto riportare il libro in libreria e chiedere il rimborso e i danni per il tempo che ci avevo perso.

  9. Ti sta sulle balle perchè hai scritto un libro uguale ai suoi ma a te nessuno ti ha cagato?
    No perchè un tale accanimento non ha senso… che ti ha fatto di male?

  10. Riccardo, sarai d’accordo con me che dire qualcosa di nuovo non deve essere una priorità per la letteratura, altrimenti dovremmo dimenticarci di un bel po’ di roba. Per il resto, dire le cose in tre o cento parole attiene più allo stile, che alla capacità o meno di scrivere. I libri di Houllebeck possono annoiare allo stesso modo di quelli di Bernhardt, Proust o Kafka. A ciascuno secondo i suoi bisogni, ma dire che non vale niente è perlomeno azzardato.

  11. Carlo, non ho detto che non vale niente: ho detto che è sopravvalutato. Non mi sembra la stessa cosa. Quanto allo stile, sono d’accordo con te: io, quello di Houellebecq lo trovo noioso.
    Luca, non so se ciò che ho scritto io è uguale a ciò che ha scritto Houellebecq. Spero proprio di no. Quanto all'”accanimento”, non so dove l’hai visto: ho detto quel che penso e, combinazione, è diverso da quel che pensi tu. Pazienza.

  12. “e non leggerò nient’altro di suo neanche se mi pagassero. Ho fatto fatica ad arrivare in fondo e quando ci sono arrivato avrei voluto riportare il libro in libreria e chiedere il rimborso e i danni per il tempo che ci avevo perso.”
    Qui mi sembravi un po’ esagerato…
    Poi la puoi pensare benissimo diversamente da me, altrimenti sarebbe una discussione pallosissima, non penso che Houellebecq sia un dio, e come ho detto prima capisco benissimo che molte sue cose possono non piacere.

  13. Houellebecq è uno scrittore geniale, uno dei pochi che ancora facciano “letteratura” nel senso tradizionale del termine. Il suo stile è limpido, impeccabile, arriva dritto ai recessi più profondi dell’anima.
    Chi lo definisce cinico, sbaglia. Houllebecq è un romantico deluso, molto deluso dalla vita e dalle persone. Chi ancora non lo conosce legga i suoi romanzi migliori: “Estensione del dominio della lotta” e “Le particelle elementari”. Quelli successivi, lo ammetto, hanno più di un limite. Ma i primi due vi si imprimeranno nel cuore e nella memoria per non uscirne mai più.
    E a chi, pur avendolo letto, non ne è stato coinvolto o, addirittura, lo ha detestato dico: beati voi, che quel tipo di dolore non conoscete!

  14. H. è il vero continuatore contemporaneo di Camus, la sua evoluzione feroce e, francamente, coloro che in questo sito ne hanno parlato male mi danno l’impressione che di libri ne abbiano letti pochini davvero…

  15. Ho letto le Particelle Elementari. Ho trovato un clamoroso errore di Houellebecq: la teoria quantistica denominata “Consistent History of Griffiths” (in inglese) è stata tradotta con: “Storie consistenti di Griffiths” (e prima, in francese, Histoire consistante…) Consistent tradotto con consistente o, in francese, con consistant è un false friend.
    Consistent non vuole dire consistente bensì coerente. Dato che Houellebecq dedica ampio spazio a tale teoria di Griffiths, trovo grave che non si sia accorto che il suo significato era diverso, il che mi fa presumere che la sua conoscenza della fisica quantistica sia alquanto superficiale e di maniera, se non addirittura un artificio letterario. Tanto non ci capisce niente nessuno e nessuno lo confuterà mai. Infatti l’errore è replicato in centinaia di siti web e nessuno ne ha colto, mi si perdoni il gioco, l’inconsistenza, pardon, l’incoerenza…
    Ho scritto allo scrittore (sic!) ma… nessuna risposta. Mi ha risposto la sua agente, dichiarandosi incompetente sulla questione.
    Io penso che Houellebecq sia molto sopravvalutato. Mi ha deluso che la fisica quantistica che lui afferma saccentemente di conoscere, non influisca sulla narrazione né sulla visione del mondo né sul linguaggio, come invece vorrebbe farci credere. Guardate il film “What the bleep do we know”, lì davvero “vediamo” e “sperimentiamo” che cosa significa un approccio quantistico alla realtà (se esiste qualcosa di simile…). Cordiali saluti.

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