IL CORPO

Era nei commenti, un paio di post fa, ma val la pena di metterlo qui. E’ un inedito e breve hard-boiled filosofico, scritto nel 1998 da Wu Ming 1 quando era ancora "Luther Blissett". Era in inglese, è stato gentilmente e rapidamente tradotto dall’autore medesimo.Godetevelo.

 

Per le strade, rischiando il culo venti ore al giorno.
La mia città è un’eterna sfilata di impalcature e cantieri. Stanno costruendo la nuova stazione. Improbabili rotatorie, circumnavigazioni, ho girato al largo di troppi capi horn.
L’ozono mi appesantisce la testa, a ogni angolo vedo foto del Papa. Cazzo, qualunque sbirro sembra Heinrich Himmler.

Le notti. Le stelle sono invisibili, il cielo è inutile, guardioni paranoici si chiedono i documenti a vicenda – di continuo.
Trascino il culo attraverso la città, incontro artisti, filosofi, papponi… La città scivola sotto di me, una liscia vallata di silicio zeppa di circuiti non funzionanti.
Guardo verso est, raggi di luce si alzano dalle discoteche, come geysers. Balene urbane sbuffano vapore, tutta quell’energia usata male, sperperata, nient’altro che inquinamento. Misteri indicibili oltre i cancelli dei manicomi, le sabbie mobili come stato d’animo. Ratti. Topi muschiati. Topi di campagna. Lerci videotape e CD rom venduti da zingari ai semafori.

Trascorro le serate rompendo il culo agli informatori con una mazza da cricket, mi ritrovo in strani dedali come alt.sex-bestiality e spazi moderati da pervertiti. Come un film con Alberto Sordido. Un caso pericoloso, giungla di trappole per pedofili, cazzi e fighe, lecca-fregne gerontofili, riviste per ricchioni nazisti, buchi di culo coi tarzanelli, montagne di merda – metaforica e non.

Devo trovare il Corpo, è quello il mio lavoro. Non qualunque sacco di ossa: proprio il concetto di Corpo com’è rappresentato e discusso dalle teste d’uovo transnazionali. Grazie agli artisti segaioli del Post-umano, oggi il Corpo è l’argomento più popolare, eppure è unanime il dichiararlo assente, remoto, alienato, sofisticato in tutti i sensi (e in tutti i sensi di "in tutti i sensi" e così via, modello Matrioska).
Vogliono che ritrovi il Corpo. Perché? Lo sa Dio (almeno credo). Meglio non pensare, tuffarsi nella merda e nuotare a farfalla, schizzando merda tutt’intorno, prima o poi qualcosa affiora.
Perchè ho accettato il lavoro? Perché ero alla fame, cominciavo a dubitare di avere ancora il mio, di corpo. Dopo settimane di miseria, il mio portafogli è tornato tridimensionale.
Non so nemmeno per chi lavoro. Il cliente non ha volto, è solo una voce monotona, metallica. Ogni sera faccio lo 0258213801 e lascio su una segreteria le mie ridicole non-scoperte. Mezz’ora dopo il cellulare mi squilla in tasca, il tipo dice: "Continui!", nient’altro.

Non vado da nessuna parte. Da dieci giorni ficco le dita in qualunque orifizio, e cosa trovo? Un cazzo di niente. Sembrano tutti all’oscuro.
Obitorio di via Irnerio: i dipendenti si sono messi a ridere, per questo ho spaccato due o tre facce, sfumando la distinzione tra ospiti e anfitrioni.
Museo teratologico di via Avesella: sempre chiuso, ma non importa, ci sono solo freak morti e teste di minchia in formalina.
I segaioli d’avanguardia e gli artisti delle stronzate cercano l’ispirazione dormendo nelle discariche, sperano di trovare Deleuze & Guattari in un cassonetto. Impossibile avvicinarsi: puzzano.
Quanto alle femministe, non ne hanno la benché minima idea.

Il cellulare squilla. Uno degli informatori che ho sprangato, mi fa (più o meno): – Il tipo che cerchi è in fondo a un fosso vicino al cavalcavia del Parco Nord – poi riattacca. Cazzo!

Via Stalingrado, rampa di lancio verso gli inferni nord-orientali. Dò le spalle alle colline, oltrepasso l’area devastata dai cantieri, attraverso il quartiere Fiera. Un centinaio di viados. Passo di fronte al campo di concentramento per nordafricani, m’imbatto in cadaveri di tunisini con gli occhi mangiati dagli insetti. Ecco la serpentina tangenziale di Kenzo Tange, passa sopra un hinterland che irradia squallore. Solo capannoni… Li vedi i cartelli? Benvenuto nel bel mezzo di ovunque.
Parco Nord. L’unica cosa vistosa è l’Oasi, un bar tetro. Vetrate, lustrini kitsch, sbrillucicante desolazione. I clienti: quella certa fauna che cerca di vendere quella certa flora.
Solo la foschia ti fa cogliere la poesia di questa zona. Puoi respirare nubi di monossido come fosse la Soluzione Finale, goderti le troie, gli ingorghi di traffico… Ma è troppo presto.

Sì, è il Corpo… anzi, lo era. Non è identificabile, ma sono abbastanza sicuro.
Stato di putrefazione avanzata, ossa triturate, denti frantumati, dita delle mani e dei piedi mozzate, ombelico slegato, viscere strappate fuori.
[Lungo conato di vomito]

Venti minuti dopo, cerco ancora di rimettere. Mi vedo riflesso nella pozza di sangue e bile. Le macchine passano, solo solo un altro scoppiato. Al coroner non frega un cazzo, è uno col sangue freddo e lo stomaco di ferro.
Chi ha spaccato il culo al Corpo? Chiunque. Tutti quanti. La cosa più probabile: molti passanti si sono fermati e accaniti contro il povero bastardo moribondo.

Il sole è al tramonto. Compongo il solito numero, registro il messaggio, faccio una doccia, mi lavo i denti, cago, ascolto il giornale radio ("militanti anti-abortisti fanno saltare in aria un reparto maternità: morti 78 neonati"; "Elvis fa l’orazione funebre alle esequie di Sinatra… o era il contrario?") poi richiamo. La solita voce, fredda da far venire la polmonite. Dice: – Ha fatto un buon lavoro, Belletati. Merita un bonus. Metterò una buona parola per lei, un mio amico ha bisogno di un investigatore.
Ventiquattr’ore dopo, mi chiama un altro anonimo. Vuole ingaggiarmi per cercare l’Occidente.

Guardo il tramonto… Naaaah, troppo facile. Non può essere là.

Da dove comincio? Cristoforo Colombo issa l’ancora a Palos, Arsenio Lupin si vanta del suo centralino telefonico, J. Rodolfo Wilcock su un transatlantico, Jeffrey Dahmer linciato in prigione, Adam Worth incontra William Pinkerton a Parigi, il nome della rosa, la rosa dei venti, i punti cardinali, Claudia Cardinale in "C’era una volta il west", Ilich Ramirez Sanchez a Vienna nel ’75, Ilich Ramirez Sanchez in un carcere francese, Londra vista da Parliament Hill…

La feccia torna a invadere le strade. E’ ora di muovere il culo.

53 pensieri su “IL CORPO

  1. M’hai fregato in velocità. Lo stavo per mettere on line anch’io solo che io ci metterò anche un’immagine.
    Ciao
    Iannox
    P.S.: Stasera ripropongo un’intervista al collettivo Wu Ming, quella che gli feci per Giap!

  2. Non vorrei essere scortese e non so nemmeno perchè mi espongo, ma il testo di Wu Ming (aka Luther Blisset) che cosa ha di interessante, curioso, stimolante? Ho 26 non sono un bacchettone ma ne ho le scatole piene di letteratura fatta con un linguaggio così povero. Ma perchè bisogna ridurre tutto a livello basso? Io, per esempio al confronto son Gadda. (Ovvio che il paragone è spropositato, ma tanto se non si provoca qua…)

  3. claudio fai il bravo… 🙂
    [le provocazioni servono se intelligenti…]
    wu img1, ti eri ispirato a bukowski (pulp) e W.Allen per l’idea?

  4. Giuro, Lippa.
    Poi c’era uno che chiedeva: “ma cosa dice Paperino? Com’è il comunismo?”
    e l’altro rispondeva: “Paperino dice che il comunismo è Quack!”
    “Che è quack?”
    “Sì. Dice anche che è sbaraquack!”
    (giuro, a me fa ancora morir dal ridere)
    (d’altronde sono un ragazzo semplice, che si accontenta di poco)

  5. Loredana,
    ho scoperto il tuo blog da pochi giorni. Mi piace tanto.
    Una delle tue “ragazze”.
    PS: racconto Wu Ming bellissimo.

  6. A me ha anche ricordato un divertentissimo fumetto di circa 20 anni fa (mi pare pubblicato su IL MAGO) di Giorgio Cavazzani dove Paperino caduto in un tombino trovava il comunismo.

  7. Tra un pò vedrete! Vi diranno che sono tornati gli scrittori, che gli intellettuali si sono svegliati e dovrete sorbirvi dossier, speciali eccetera eccetera. Il mondo dei media è fatto così. Tra poco sul nuovo “Liberazione” troverete articoli di Wu Ming, Simona Vinci, Aldo Nove, Nanni Ballestrini eccetera.
    Questa sera Piperno sarà ospite di 8 e mezzo da Ferrara. Giuseppe Genna e Leonardo Colombati saranno ospiti domani di una radio svizzera.
    Vedrete che vi diranno che dopo anni di torpore quelli che l’accademia chiama i letterati sono di nuovo protagonisti.
    NULLA DI PIU’ FALSO!
    In questi anni in cui tutti si lamentavano del fatto che non ci fosse più buona letteratura questi scrittori (menomale) hanno resistito dicendo sempre che nonostante tutto loro c’erano e nel loro piccolo continuavano a scrivere e fare buona letteratura… erano gli altri a non vederli.
    Qualcuno come la Benedetti ha chiamato questo “fenomeno” “Tradimento dei Critici” e aveva ragione… Gli scrittori c’erano e hanno resistito! Alcuni di loro anni fa si sono incontrati e hanno cercato di fare il punto della situazione in “Scrivere sul fronte occidentale” – Feltrinelli.
    E quindi lode agli scrittori resistenti e perchè no anche ai lettori resistenti!

  8. A-ehm…
    Come avevo già scritto due post fa:
    1) Il racconto è un divertissement scritto in un pomeriggio, otto anni fa. L’ho donato a questo blog perché ogni tanto vi si parla del corpo e del genere, e qui dicevo qualcosina sul corpo, sul genere e sul corpo del genere.
    2) La lingua del racconto non è quella qui sopra. L’ho scritto in un inglese multi-registro, multi-epoca e multi-nazionale (con elementi di ebonics, di inglese britannico, di slang anni Cinquanta). Per dire se la lingua è povera o no bisogna prima leggerlo in originale (cfr. i commenti di due post or sono), ma il problema è semmai l’opposto: è una lingua troppo ricca, grassa, unta, ipercalorica. E’ una lingua di maiale lessata e spennellata di strutto, con troppi additivi idiolettici.
    3) La traduzione l’ho fatta in dieci minuti dieci e non l’ho nemmeno riletta. E’ una lingua puramente funzionale, che segue passo a passo il testo inglese senza preoccuparsi di reinventarlo. Se ci avessi dedicato più tempo, ad esempio, nell’ultima riga non avrei usato il verbo “invadere” bensì il suo cugino “invasare”, perché avrebbe arricchito la frase di ben due immagini: la feccia (intesa come residuo schiumoso di un liquido) torna a riempire il vaso, e le strade si riempiono di “invasati” (nel senso di ossessi, posseduti da qualcosa), al contempo giocando con l’etimologia di entrambi i verbi: l’invasione non è altro che l’invaso, in-vaso. Quindi:
    “Torna la feccia a invasare le strade. E’ tempo di smuovere il culo”.
    Modestamente, io credo di lavorare bene di lingua, in tutti i sensi, e in tutti i sensi dell’espressione “in tutti i sensi”, effetto Matrioska.

  9. Se qualcuno sa di un uomo che ha regalato Piperno a una donna nella Feltrinelli di Roma, a Largo Argentina, dopo averle solo chiesto un indicazione, gli dica che la donna vuole ringraziarlo. La donna ha cominciato a leggerlo, Piperno, e le sembra bellissimo.

  10. ..e invece tu sei un vero scrittore, perchè ci cogli. Io, basta vedermi e sentirmi parlare, sono proprio quella tipica, che quando tu hai finito di raccontare una barzelletta, mica fa finta di averla capita, no, ti chiede, “Ma volevi dire questo?”
    “E, o, “ilposto”, o la capisci, o non è che te la posso spiegare ancora…”. Qualche volta se me la rispiegano capisco, e allora rido, altre vado a farmela spiegare da un’altra persona.

  11. Wu, avevo capito benissimo il senso del racconto. Pensavo ti incuriosisse adesso – ora, dopo averlo scritto – riprendere un discorso sul “gender”. Ecco. Il luogo comune l’avevo capito e non mi pare affatto fuori posto.

  12. E però poi scusate, boh, sarò io una scema. Perchè Piperno deve scrivere “il negretto lo svegliava”, a proposito del nonno? Non sta riportando il pensiero del nonno. E’ un uomo di 33 anni, nella Roma di oggi, mi par di capire, sfigato quanto vuoi – forse anche incattivito, non lo so, sono all’inizio -, non poteva dire, “il basso uomo nero”, “il piccolo uomo nero”. Se io sono una nera e leggo così, non lo so… e posso essere disinvolta, porca e spiritosa quanto mi pare. Però forse ho letto male. Così. Forse ho capito male. Se qualcuno l’ha letto, mi sa dire? Devo aver capito male io. “Negretto”? Boh. Non diventerò mai una scrittrice.

  13. L’unica cosa, Wu, visto che parli di “genere”, “corpo”, che vuoi dire quando parli di “femministe” ? E te lo chiedo solo perchè hai tirato fuori il concetto di “genere”, adesso, non per quello che dici nel racconto, che può essere appunto, “di genere” (come luogo letterario, nell’hard boiled è tipico l’insulto a un certo tipo di donna). Però siccome adesso hai collegato il genere al corpo, mi par di capire che non è più un discorso solo letterario.

  14. E’ un po’ come chiedere di spiegare una barzelletta…
    L’investigatore – un losco personaggio, com’è tipico – va in cerca del Corpo come concetto, Ente, idea iperuranica del corpo. Chiaramente, è una ricerca senza senso: quell’idea di corpo, se mai c’è stata, non esiste più, smontata da tanti approcci specialistici e particolaristici. Era il Corpo come rappresentazione di materialità e mortalità, contrapposto all’immaterialità e immortalità dell’Anima. Nessuno degli interpellati è in grado di aiutare il detective, ciascuno per un motivo diverso: all’obitorio si occupano di “corpi” nell’accezione più ristretta possibile, cioè il corpo come spoglie, salma, cadavere; al museo teratologico si occupano del corpo come campo di potenziali “incidenti” e derive patologiche; i performance artists usano il corpo come pretesto per elucubrazioni sulla vulnerabilità, la fragilità, la caducità, con pezze d’appoggio teoriche riciclate mille volte (se contassimo tutte le volte che, tra anni Settanta e anni Novanta, si sono citati alla carlona Deleuze & Guattari sui cataloghi d’arte, otterremmo la distanza dalla Terra alla luna calcolata in decametri); le non meglio precisate femministe si occupano della “differenza”, rigettano ogni discorso universalistico, se dici loro “il corpo” pensano all’altra metà del corpo. Così, il nostro detective non si raccapezza, quella che trova è una carcassa, nella zona più squallida e spersonalizzata di Bologna: il limite nord.
    Ripeto: questo racconto è una cagata, le allegorie sono telefonate, non c’è da perderci troppo tempo, era un contributo per farsi due risate.

  15. o.t. otto e mezzo con piperno:
    – ma se lo dice d’orrico che la letteratura italiana è ferma, va bene? non è catastrofista?
    – ma ferrara se non era mondadori la marketta la faceva così volentieri?
    dopodichè il personaggio ha spessore e il libro è valido ( e vende, anche se siamo pur sempre sulle 10.000) ed è un bene che vada in tv.

  16. E va be’ visto che nessuno parla riparlo io, se non vi annoio, se no ditemelo, eh? Sì, tu hai ragione per il femminismo della differenza, ma in parte. Perchè ci son anche “femministe” come Iris Murdoch o Alba de Cespedes, che non parlano mai di differenza, ma quando parlano di “corpo”, dicono, “Io penso al mio, di corpo. Tu pensa al tuo…” Io parto dal mio, di desiderio, dal mio di bisogno, da quello che il corpo mi racconta, che è un discorso-deriva (se mi sentono certe femministe mi menano!) nel senso che lo collego a “la teoria dei bisogni” tipica di certi anni ’70. Pensa a la Bambolona, della De Cespedes con quest’uomo così poveretto, così pieno di luoghi comuni sul suo desiderio e sui corpi delle donne. Solo perchè la protagonista ha quell’aria da “bambolona” lui pensa di poterla fregare. E alla fine è lei che cinicamente, frega lui. Molto cinicamente. Però tu da lettore, dici proprio, “Beh, lei ha fatto bene! Così impari!”. La De Cespedes è brava, secondo me. E’ moderna, ha una bella lingua, e parla bene di corpi, sia maschili che femminili, senza pregiudizi. Secondo me è l’anti-Morante. Infatti molti, soprattuto a Roma, la odiano.

  17. Ma secondo te un rozzo come Belletati (che ha evidenti problemi di Sindrome di Tourette, frequenta ladri, battone e pervertiti e gira con una mazza da cricket sporca di sangue) potrebbe mai porsi il problema della composizione interna e divisione in correnti del movimento femminista? E in ogni caso, una risposta come: “Io penso al mio, di corpo”, lo avrebbe fatto imbestialire ancor più, dato che il suo cliente vuole il Corpo, non il corpo di questa o di quello.

  18. caro wm1, che lavori bene di lingua (da vecchia giapster, per quel che vale, te lo riconosco) non è che si è lost in translation il doppio senso dello scum (v.s.). O ce l’ho visto solo io? saluti

  19. D’Orrico non ha detto nulla che si ricorderà.
    Piperno è in gamba e ha le idee chiare e tira per la sua strada evitando di fare comunella a tutti i costi.
    Sì, Ferrara avrebbe presentato anche un libro non Mondadori. Questo è sicuro. Pur non condividendo granché delle sue idee, è meno subdolo di molti altri.
    Luminamenti

  20. Non direi, il doppio senso è identico anche in italiano. Anzi, tecnicamente parlando non è nemmeno un doppio senso, è una similitudine. Certe categorie sociali vengono definite “feccia” in quanto paragonate al residuo schiumoso di qualcosa (nel caso specifico: della società).

  21. La Solanas? Non mi è venuta in mente nemmeno per un milionesimo di secondo. La “scum” dell’ultima riga è la stessa descritta nei primi capoversi: papponi, troie, coprofili, zoofili etc.

  22. Va bene, allora, ripartiamo da zero. Caro Wu Ming spero che la tua sindrome – posto che secondo me ognuno di noi soffre di almeno una patologia, e gli scrittori, per quanto bravi, non si sottraggono, e forse senza neanche esserne a conoscenza – io spero che la tua sindrome sia diversa da quella di Belletati. Se, no tesoro, e’ come per le barzellette. Mi tocca dirti, “non ho capito…”

  23. povero wu-ming, lei mi fa pena ma veramente pena, vada a lavorare va; è noioso mortalmente!un tecnico non uno scrittore! un artigiano, ma di quelli duri di testa! patetico. ma vedi un po’ se è possibile che una debba stare a leggere uno snob di questo tipo! che puzza, puah! una si immagina di avere delle illuminazioni da uno scrittore; e questo invece che fa? fa il manuale, anzi il manovale della lingua. giusto che ci sia, ma non alzi la cresta solo per il popo’ pupù di copie vendute! umiltà, umiltà, conosce il significato??

  24. Eh! Eh! Guarda come basta un raccontino del cazzo a far venire a galla gli stronzi! E’ sempre un piacere vedere quanto vi rode :-))))
    Tornando a parlare tra persone normali: Posto, non ho capito cosa dovrei risponderti. Il femminismo, con questo raccontino (che, ribadisco, è una cagata, io l’ho postato fra i commenti e non so se meritasse tanta attenzione da parte di tutta ‘sta gente), non c’entra assolutamente nulla, quando l’ho scritto non avevo nulla da dire al riguardo, era instant-satira su certe tendenze artistico-filosofiche, descritte con l’io narrante di uno psicotico.
    Sul serio, è come se tu mi stessi chiedendo come si inserisce questo racconto nel contesto della guerra rivoluzionaria per la liberazione del Nepal.

  25. A’ Wu’, non è difficile, sai, se ascolti- se leggi? E’ di uno stronzo paranoico (definzione tua), che stiamo parlando, no? Lo hai creato tu? Benjamin non c’entra. Una delle cose interessanti del racconto poteva essere capire il tipo di rapporto che un pazzo paranoico ha con le donne. Perchè? Lo hanno picchiato con il mattarello da piccolo, mentre la mamma faceva la polenta? Il corpo di una donna gli fa venire in mente un prosciutto che gli hanno dato in testa al compimento del suo terzo anno di vita? Ha assistito al romance fra la madre e un idraulico? E’ stato fidanzato con la sorella? Su questo, visto che ‘sto Belletati dovresti conoscerlo, forse avresti potuto illuminarci. Dici di no? Ho perso un ‘altra occasione di capire come nascono certi personaggi di stronzi (definito tale da te).

  26. Sulla corta distanza sono un “behaviorista”, alla Jean-Patrick Manchette (o alla Ellroy post-tetralogia). La psicologia del personaggio si desume dalle azioni che compie, non dall’approfondimento che dà l’autore. “Il personaggio è l’azione, l’azione è il personaggio” (F.S. Fitzgerald). Aggiungici che l’ho scritto otto anni fa e poi non ci ho più pensato. Aggiungici che, una volta finito, un testo non appartiene più in alcun modo a chi l’ha scritto. Morale della favola: ne so esattamente quanto te. Ce l’abbiamo sotto gli occhi tutti e due, no? Le vediamo entrambi le azioni che compie. Perché dovrei saperne più di te? E perchè pensi che Belletati abbia dei problemi con le donne in particolare? Mi sembra abbia dei problemi con l’intero genere umano. Era per quel riferimento, tra i tanti, alle femministe? Non ti sembra un approccio un po’ totalizzante, da parte tua? Un filino… paranoico? 🙂

  27. Come al solito “lo scrittore” ha – solo in parte questa volta, solo un filino caro il mio Wu – ragione. Sono paranoica. Sono talmente paranoica da giudicare un “popolo”, un “paese”, una “famiglia”, una “città”, un uomo, una donna, da come si comporta con le donne. Una cosa mi conforta. 1. Non è una posizione così originale – il che quando si è in buona compagnia è sempre un buon segno – e sopratutto – 2. prova a usarlo tu, come metro di giudizio – e vedrai che funziona. Come per miracolo vengono fuori tutte le ipocrisie e le trombonate. Altro che scoperchiare le fogne o le tombe.
    In quanto al personaggio, ti potrei rispondere che è giusto che tu, scrittore “mostri”. Vedo che sai fare lo scrittore. Ma dietro quel mostrare, quell’esporre, ti dimostro che è giusto che ci sia qualche consapevolezza in più. Perchè? Perchè di solito quando il racconto, – il romanzo, la novella – funziona, guarda caso si scopre – dai taccuini, o perchè ce lo dice l’autore, o per un particolare stupido che troviamo nel testo dell’opera – che lo scrittore/ice ne sa – a proposito di filini – un po’ di più di quello che dice a me letrice. E’ come se ci fosse “tutto il possibile non detto” in quello che lui sa, e che non mi dice. In quello che lui sa, e che noi riusciamo -da un movimento della mano della protagonista, da un gesto involontario del bambino che credevamo diverso da come celo aveva descritto, da un’azione non prevista neanche dal protagonista e dovuta all’esistenza che ha condotto fino allora, da un tic nervoso determinato dal famoso osso di prosciutto – noi lettori, riusciamo, ripeto, solo a immaginare. Con infinita stima

  28. Cara il posto, visto che le storie hanno vita propria (è vero) di certo siamo ben libere di immaginare. Allora.
    Per esempio e all’insegna del cazzeggio, uno sputo in un occhio a gran parte dell’intellighenzia psicanalitica mondiale: la madre di Bellettati potrebbe non c’entrare un cazzo. A meno che non la si voglia vedere come una delle maggiori responsabili del BUCO nell’ozono. Causa uso massiccio di lacche e solventi, per esempio, o dei quattro salti gelati, in luogo del tradizionale manicaretto saison (CFC). O di alghe verdi e azzurre come antiossidanti o nelle creme anticellulite. O in quanto esercitante la professione di pompiera (halon=bromofluorocarburo=satana). In questi casi la madre potrebbe essere considerata COLPEVOLE sia pur indirettamente, in quanto appartenente alla quota di genere umano più nociva all’ozono, il prossimo che bellettati odia. Insomma la causa diretta della stronzaggine di Bellettati potrebbe essere il BUCO nell’ozono (a causa sua vede padri dappertutto, il bellettati, e sbirri con la faccia da himmler). Allora. Quali sono gli effetti dell’ozono sulla salute? 1. aumento della mortalità(ci siamo) 2. Maggiore frequenza delle crisi asmatiche. Pare che il polmone abbia una superficie interna di circa 70 mq, e che possa essere considerato il nostro maggior organo di contatto con l’Altro (da oriente a occidente, ritmo, respiro eccetera) quell’Altro che bellettati odia. Ma che accade durante una crisi d’asma? Si restringono bronchi e bronchioli, a causa di crampi della muscolatura liscia, infiammazioni delle vie respiratorie gonfiore allergico e secrezione mucosa. Chi ne è colpito manca d’aria, ha l’impressione di lottare per la vita (il PORTAFOGLIO di bellettati). Sembra che si metta in atto, del tutto spontaneamente, il riflesso di Kretschmer, reazione di protezione che contemporaneamente blocca il diaframma, broncocostringe e secerne mucose. C’è un chiudersi e bloccarsi, per non lasciare passare qualcosa che viene da fuori (l’altro visto come nemico). Dopo un periodo prolungato di malattia il CORPO muta, il torace si dilata e si gonfia. E’ il gonfiore aggressivo di chi si tiene tutto dentro. Ecco il Belletati potrebbe aver deciso per un attimo, ma solo per un attimo, di combattere, di esorcizzare un volgare attacco d’asma con un racconto-respiro tourettofetido, seppur monologo, con un passaggio al verbo che poi però fallisce con l’atto, nell’atto, causa irrefrenabile paura: dell’Altro, eventualmente ma solo eventualmente la madre, in quanto vista come corresponsabile del BUCO. Per gioco, neh, e buon tempo:)

  29. La lettura di Gina mi convince.
    Quella di Posto non so, perché non ho capito quale sia.
    Personaggio = autore? Il sottoscritto è un “porco maschio sciovinista”? Il suo racconto sarebbe un lapsus, una confessione? Forse devo fare outing e inginocchiarmi sui cocci di vetro con un cartello al collo con scritto “SESSISTA!”
    Ne parlerò alla mia compagna e le chiederò lumi. Poi, appena nasce, lascio passare un po’ di tempo perché si formino i campi sinaptici, e lo chiedo pure a mia figlia 🙂
    Consiglio spassionato, con alcune premesse:
    – che la psicanalisi sia un vicolo cieco è una delle più importanti acquisizioni del movimento femminista. In “Bianca” di Nanni Moretti si vede Freud che vende i suoi libri in piazza, invitando gli astanti a diffidare di femministe, antipsichiatria etc. etc.
    Al contrario, io rinnovo l’invito a diffidare del venditore.
    – Come spiegava Guattari, l’inconscio non è uno scrigno di segreti sepolto chissà dove. Non è nemmeno un teatro in cui si replica in eterno la “scena primaria”. Uno non pensa costantemente a suo padre e sua madre che trombano. Uno non vede papà e mamma dappertutto: nel datore di lavoro, nel vigile che gli fa la multa etc. Questa è una truffa ideologica, proprio come l’invidia del pene, la donna come uomo evirato, il complesso di Edipo e tutte le altre fantasticherie spacciate quasi per scienza esatta.
    “Noi non vediamo un padre nel padrone: tutt’al più, vediamo un padrone nel padre” (F. Guattari, “Una tomba per Edipo”).
    L’inconscio non è questo insieme di stronzate: l’inconscio è in superficie, è aperto, spalancato, perennemente contaminato coi flussi di comunicazione che arrivano e lo attraversano.
    La curiosità di vedere cosa mai ci sia nello scrigno dell’inconscio del prossimo (scrittore o no che sia) è non solo fuori luogo: è morbosa e inquisitrice.
    Non c’è nessuno scrigno, quindi non cercare di forzare il mio. Non si può scassinare l’aria.
    Con stima,
    WM1

  30. Ccusate, ma cosa c’è di male nel tracciare – prima di far accadere quel che accade al personaggio nell “storia” – una bella scheda sinottica, in cui si descriva tutto ciò che lo riguarda? Che cacchio c’entra la psicanalisi? Che c’entra? E’ di pratica, che parlo, mestiere – o mestieraccio – dovrebbe essere – quotidianità di uno scrittore/ice, quello di identificare la storia pregressa dei personaggi di cui racconta. Ripeto, e poi basta, mi son stancata. :-)))))
    Il lavoro dello scrittore per me è qualcosa di artigianale che c’entra – saranno gli altri a decretarne la cifra simbolica, se vorranno – poco – davvero poco – con i miti, la psicanalisi, e i simbolismi. Quelli elencati su – prosciutto, madri, padri, nonni, figli, zii – erano ESEMPI, erano una possibile “storia passata” di ‘sto stronzo di Belletati. Adesso mi sono spiegata o no? Speriamo. Wu, mica riguarda solo te questa osservazione, anche se ti ringrazio per avermi dato l’occasione di parlarne. Lo “spessore” di un personaggio viene dalla sua “storia”. E’ vero, in Italia si fa poco, ma non mi sembra un buon motivo per continuare a non farlo. E’ chiaro adesso, quello che volevo dire, o ancora no?

  31. Posto, se le cose stanno così, a maggior ragione non posso risponderti.
    Noi quando scriviamo i romanzi facciamo la scheda dettagliatissima di ogni personaggio, e molta roba, nel libro, non ci finisce nemmeno. Ma una volta scritto il libro, quel che non ci è finito dentro è come se non ci fosse mai stato, non ha più alcun valore ai fini della comprensione del testo, che deve avere una sua autonomia.
    In parole povere: se un lettore ti chiede spiegazioni sulle scelte che fa il personaggio, tu non puoi in nessun modo ricorrere a cose pregresse che nel libro non ci sono, che dalla lettura del libro non si evincono, che il lettore non poteva conoscere. Se uno mi scrive e dice:
    – Secondo me in quel capitolo hai calcato troppo la mano sull’incazzatura di X: visto come si è comportato fino a quel momento non si giustifica una simile perdita di controllo!
    beh, io non posso rispondergli:
    – Grazie al cazzo, il colore della tappezzeria era identico a quello della stanza dove un frate ha stuprato sua madre!
    Posso rispondere così solo se questa cosa nel libro c’è, altrimenti no, perchè suonerebbe come un:
    – Ma che cazzo vuoi saperne tu, l’autore sono io e basta!
    Quindi, tu stai insistendo da qualche giorno per farmi fare una cosa che – a mio avviso – non sta né in cielo nè in terra: giustificare il comportamento di un personaggio in base a un pregresso che nel testo non c’è.
    Inoltre, non so se l’ho già detto, ma:
    – Questo racconto è una cagata.

  32. Caro Wu, a questo punto non posso che essere d’accordo con te. Mi pare che tu abbia una posizione abbastanza equilibrata e saggia, rispetto ai tuoi testi.

  33. Lo posso dire io? A. sto punto è un’opera aperta, ‘azzo! Aveva il colore dell’osso di prosciutto con cui Belletati era sta picchiato da piccolo, mentre la madre si faceva il “romance” con l’idraulico e la sorella lo chiamava, ricordandogli che si erano appena fidanzati e che non si fossero sposati lei per il dolore sarebbe morta.
    🙂

  34. No, Marco, la mia idea di letteratura non è quella che mi attribuisci. Il mio era solo un piccolo sfogo nei confronti di quegli intellettuali che dicono “la tv, brrr… che schifo!”; una reazione a quelle serate in salotto nei film di Moretti in cui lui e lei, seduti su un divano, leggono lui un Einaudi e lei un Adelphi, senza rivolgersi la parola. Io, se mia moglie mi sottoponesse ad una settimana di seratine così, potrei anche trasformarmi in Jack lo Squartatore!

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