IL MODELLO WU MING

Intellelente Mi scrive Vincenzo Trespolo, noto ai commentatori e frequentatori di questo blog.
Mi scrive perchè si è posto una domanda, questa: "perché, se il modello Wu Ming funziona, ed è ampiamente dimostrato, nessuno fra i piccoli editori e la stessa comunità degli scrittori è stato in grado di replicarlo?". Trespolo ha cercato le risposte fra i numeri e, come preannunciato nella discussione di qualche post fa, ha fatto due conti. Il risultato è qui sotto.

Download wu_ming_conti.doc

90 pensieri su “IL MODELLO WU MING

  1. Trespolo sei una testa di rapa 😛
    Hai spedito in giro per internet un bel po di fatti tuoi, la prossima volta salva il documento come .rtf
    Ora leggo il doc(umento).

  2. Trespolo, scusami, apprezzo il lavoro che hai fatto e la buona volontà, ma temo sia stato inutile, perché erroneo nelle premesse e quindi fondato su alcuni *cruciali* fraintendimenti.
    0) Il “modello” non è un modello non va “replicato” da nessuno, dovrebbe servire da ispirazione: chiarezza strategica, uso della rete nel rispetto e nella valorizzazione delle sue peculiarità, ricorso al copyleft, rapporto comunitario coi propri lettori anche tramite progetti di collaborazione paritaria (scrittura collettiva) etc..
    1) Il modello non è replicabile… “dai piccoli editori”? “Non sono bruscolini per le piccole case editrici”?
    Ma scusa, che c’entra l’editore?
    L’editore non spende una lira in più. La nostra strategia è al 70% autogestita, l’editore si limita al marketing tradizionale (di cui si occuperebbe comunque, poco o molto), noi di tutto il resto. Abbiamo pubblicato – con successo di vendite – anche per Fanucci, che non è un grande editore, e la nostra strategia non gli è costata niente, anzi, gli ha fatto guadagnare qualcosa.
    2) Le nostre trasferte sono a rimborso spese (trasporto, vitto e alloggio) e spesso abbiamo il gettone di presenza (anche 250 euro a serata se l’organizzatore ha i fondi o è un’amministrazione pubblica etc.), quindi non solo non spendiamo una lira, ma si tratta di fonti di reddito.
    3) Non solo: i chilometri macinati e le persone incontrate sono *esperienza*, quindi sono nuovo combustibile per la nostra immaginazione e il nostro lavoro, quindi – molto semplicemente – sono *investimenti* (di tempo e neuroni, non di denaro).
    4) Aggiungici che non abbiamo spese di server perché il nostro sito è ospitato gratis da link.it e non ci costa niente, anzi, grazie allo storefront e al programma “Associates” di Amazon, ci entra pure qualche soldo.
    5) Anche se il “costo anno per componente” fosse esatto (e al punto 3 ho dimostrato che non lo è), ci avremmo comunque guadagnato. Il mio reddito, se Dio vuole, è più alto della cifra che hai calcolato, e visto che “tengo famiglia”… 🙂
    6) Non siamo l’unico esempio di uso positivo della rete da parte di scrittori, quindi contesto la tua conclusione, cioè che uno scrittore “singolo” (non associato in un gruppo) avrebbe maggiori difficoltà.
    Faccio l’esempio di Valerio Evangelisti:
    – gestisce/co-gestisce due siti (eymerich.com e carmillaonline.com);
    – ha fondato una lista di discussione (“Eymerich”) che esiste da cinque anni e i cui membri sono una vera e propria comunità, con tanto di raduni e iniziative collaterali;
    – partecipa all’organizzazione in rete di giochi di ruolo ispirati ai suoi romanzi;
    – promuove e partecipa a progetti di scrittura collettiva e comunitaria (es. “La potenza di Eymerich”, in collaborazione con Kai Zen e Wu Ming 5)
    Tutto questo lo fa in collaborazione con altre persone ma senza rinunciare alla propria figura di autore individuale, anzi, esaltandola.

  3. Dimenticavo di dire che il senso del “guerrilla marketing” è proprio questo: ottenere il massimo spendendo il meno possibile. La rete abbatte i costi, e allora perché non utilizzarla al meglio?

  4. Be’, però…
    innanzitutto moltiplicare per 5 (quanti sono i WM), nell’ipotesi di una piccola casa editrice è tutto da valutarsi. L’autore potrebbe essere uno solo, non 5 come i WM.
    E, inoltre, il costo del lavoro dell’autore non è (magari lo fosse) valutabile in qul modo. L’autore è un libero professionista che guadagna sui diritti d’autore. Nessuno lo paga per quanto lavora ma per quanto frutta. Quindi è da togliersi anche i 16.000 annui dal contegggio delle spese vive della piccola casa editrice. (in teoria la casa editrice potrebbe spendere 7.000 euro l’anno di costi vivi e non vendere neppure una copia. Cazzi dell’autore).
    Immaginiamo ora che punti su un singolo autore. In 15 anni spenderebbe 105.000,00 euro. Ben lontato dai 1.725.000,00. Siamo ad un rapporto 1 a 16, per intenderci.
    105.000,00 euro, in 15 anni sono, detto tecnicamente, una scorreggia. 😉

  5. Mah, a me pare proprio che Trespolo abbia ragione al 99%. Difficilmente un piccolo editore con un piccolo autore in catalogo (si intenda autore in erba, o esordiente) potrà replicare quanto il collettivo Wu Ming ha fatto. Anzi, è del tutto improbabile. Il punto 2 detto da Wu Ming 1 non funzionerebbe al 99% per uno scrittore esordiente, ne consegue che il fallimento sarebbe assicurato per il povero scrittore (in erba) che tentasse… Per poter arrivare al punto 2 detto da Wu Ming 1 occorre che lo scrittore (gli scrittori) abbia una forza contrattuale tale che sia ***indispensabile*** all’editore – in pratica, l’editore mangia (anche) grazie allo scrittore, quindi è l’editore a dipendere dallo scrittore e non il contrario.
    Rimborso spese, sì, ma se ti chiami Tizio o Sempronio e provi a chiedere un rimborso, al massimo ricavi un bel pugno in un occhio, or come ora. ;-))) Si tenga poi conto che se poi il libro è un flop… Be’, una strategia che va bene per nomi affermati, anzi ***già affermati***, non di certo per Sempronio, che è sull’autostrada col pollice alzato – ma mogio mogio sulle gambe – in cerca d’un passaggio per tornare a casetta sua. ;-)))
    Saludos
    g.i.

  6. Mi sembra che Trespolo abbia un immaginario molto legato all’impresa tradizionale, e quindi siamo ancora all’idea che la rete sia un “accessorio” da utilizzare, qualcosa di “esterno”, e invece la rete cambia completamente anche la natura e l’organizzazione dell’impresa, soprattutto dell’impresa culturale.
    Trespolo parla di “costi di struttura”, ma se non sbaglio i WM lavorano da casa loro, quali costi di struttura possono mai avere? La rete ormai è giunta a un livello di sofisticazione che rende spese irrisorie, hai un intero ufficio (e un negozio accessibile da chiunque, e un fan club) in pochi centimetri quadri, con Skype telefoni gratis, con gli aggregatori di news presto avrai un’agenzia stampa dentro il computer praticamente a nessun costo, con lanci quotidiani che non comporteranno sbattimenti aggiuntivi… Il massimo ottenibile con la minima spesa.

  7. Attiro l’attenzione di tutti sul punto 1 e sul punto 6, ché non vorrei ripetermi.
    Inoltre ricordo che siamo stati esordienti pure noi e ho già spiegato come abbiamo lavorato fin dal principio.
    Questa discussione è cominciata perché ho trovato frettolosa e infondata l’affermazione “la rete sposta poche copie” (o “i blog non spostano più di duemila copie”), e rimango di quell’idea. Se si rispettano le specificità della rete, si possono sostituire quasi in toto i canali tradizionali.
    Faccio l’ennesimo esempio: Girolamo De Michele. Esordiente, per giunta privo di un sito suo, grazie al copyleft, a una presenza significativa nel dibattito in rete e a un’interazione strategica con iQuindici, vende 12.000 copie del primo libro e – praticamente in assenza di lancio – trasforma il secondo in un bestseller.
    Non c’è alcun “modello” da “replicare”, c’è solo un invito ad avere immaginazione e apertura mentale.
    Non è possibile che se io indico la rete tutti guardino il dito di Wu Ming, non mi sembra di aver mai detto “Fate come noi”. Semmai ho detto, implicitamente: tenete conto di come vediamo le cose noi.

  8. Melloni ha colto nel segno. E’ proprio così, lavoriamo da casa e, grazie alla rete, abbiamo abbattuto i costi e possiamo gestire tutto l’ambaradan in prima persona. Appunto, l’editore non c’entra pressoché nulla, fa il suo lavoro e noi facciamo il nostro.
    Trovo quantomeno bizzarra – e, devo dire, inedita – questa idea che la rete sarebbe costosa, boh… Davvero, non l’avevo mai sentita.

  9. @ WU MING
    Sì, ma quando iniziasti tu, erano altri tempi – forse migliori di quelli che oggi si prospettano un po’ a tutti. A ogni modo, se De Michele fosse stato pubblicato anziché da Einaudi da PincoPallino Editore, con il copyleft, credi avrebbe venduto lo stesso? alla stessa maniera? Un editore come Einaudi, il suo marchio, la sua firma, sul libro di un esordiente è ***una garanzia*** che spinge a comprare, che invoglia il lettore medio.
    g.i.

  10. non mi pare che nessuno abbia “guardato wuming” quando tu indicavi la rete. anzi, semmai personalmente ho detto il contrario: voi non siete un esempio calzante.
    quanto ai conti di Trespolo, credo dimostrino solo che un processo come quello descritto non è trasformabile in un ‘metodo’ redditizio, dato che i costi sono corretti (o sottostimati).
    quindi, riprendendo l’argomento del thread “grandi domande”, lo sfruttamento della rete per vendere (il senso era questo) deve usare altri metodi (ammesso che ne esistano), sia che si parli di uno scrittore, sia che si parli di un editore.
    quali metodi? wuming1 indica l’esempio di De Michele, che non conosco e che mi sembra un po’ vago – ma comunque è uno spunto.
    la mia impressione è che una strada di quel tipo funzioni solo per chi la inaugura, o quasi.

  11. @ WU MING
    Una connessione da casa, costa, vuoi anche solo 20 euri al mese? E parliamo di una connessione delle balle, insufficiente per chi ci deve (vuole) anche lavorare. E poi ci vuole l’hd, perché se la connessione ce l’hai, e il pc è una baracca, col cavolo che navighi. Insomma, anche avere un PC dignitoso – che funzioni – è un costo, che si ammortizza nel tempo, ma solo se hai un rientro. Sembrerebbe scontato, ma non tutti oggi hanno un pc, e molti viaggiano per pochi minuti col modem – perché la rete è ancora un lusso, troppo costosa per molti, e oggi di più con la fame che è in circolo.

  12. Giuseppe: il fatto che Girolamo sia pubblicato da Einaudi è una *conquista dal basso*, ottenuta proprio grazie al costante lavoro in rete e all’autorganizzazione delle comunità di lettori. La storia la conosci già, è inutile che te la ri-racconto.
    Certo, il fatto di essere distribuiti bene in libreria conta, ma la rete – se utilizzata con piena coscienza e con fantasia – può aiutare a scavalcare questo ostacolo. Tant’è che esistono piccoli editori che si tengono in piedi senza le librerie, solo grazie all’acquisto diretto via Internet (un esempio: Delos, casa editrice di fantascienza). Se la comunità intorno fosse più consapevole di queste esperienze e si impegnasse a valorizzarle, si produrrebbero mille circoli virtuosi.
    Purtroppo, costa meno fatica lamentarsi della Restaurazione, della malvagità del mercato etc.

  13. Per l’ultima volta: i costi di Trespolo non sono corretti.
    Scusate, ma chi può saperlo più di me, che sono quello a cui vengono fatti i conti in tasca?
    Fino a prova contraria, le mie tasche le conosco meglio di chiunque altro, e quei costi sono pura fantascienza, alcune entrate sono calcolate come uscite, alcune voci sono nella realtà inesistenti.
    Non solo i costi non sono corretti, ma vengono caricati sulle spalle di chi non c’entra, cioè l’editore.
    I costi, semmai, sono quelli che dice Iannozzi nel suo ultimo commento: investimento iniziale su computer potente e connessione veloce, forfait mensile per mantenere quest’ultima. Poco altro. E vi assicuro che sono stati ampiamente ammortizzati, e da parecchio tempo.
    Non vedo cosa ci sia di vago negli esempi di De Michele, de iQuindici, di Evangelisti, ma non ho voglia di ripetere tutta la storia (tutte le storie), per favore lo faccia qualcun altro se crede possa servire.
    Ho l’impressione che anche se facessi mille esempi concreti di utilizzo efficace della rete, supportandoli con dati di vendita etc., ognuno rimarrebbe sulle proprie posizioni, perché il dibattito sulla “crisi dell’editoria” è più che altro una questione di Fede. Quindi mi fermo qui, ciascuno adotti le strategie che meglio crede.

  14. Il mio parere è che certe operazioni funzionino una volta sola. I lettori forti in Italia sono – più o meno – sempre quelli. Se tutti i giovani scrittori aspiranti alle 20 mila copie confidassero nelle potenzialità delle rete, al solito emergerebbe l’antico problema: troppi santi per troppo poche nicchie. Sfido Wu Ming a lanciare me… nel mercato sottostante, naturalmente:-)

  15. @ WU MING 1
    Io penso che una buona distribuzione sia (al)la base per un buon successo di un libro, indipendentemente dal fatto che sia buono o diversamente. Determinati libri distribuiti in rete credo incontrino il favore di lettori vecchi, abituali, o settoriali. Un po’ come accade con una sorta di club, dove il passaparola è la vera pubblicità. Ma pur sempre all’interno. Il che non è male se funziona. Ma cercare di uscire fuori, all’esterno, non funzionerebbe. Un po’ di anni fa uscì la collana Solaria in edicola: molto bella ed economica, durò pochissimo, perché i titoli li prendevano solo pochi, chi abituato da sempre a leggere sf, insomma pochi del settore. Mi pare che pure la storica Urania abbia dovuto dimezzare le uscite. Sarà indicativo o no, di qualcosa?
    Un libro se ben distribuito la trova la sua visibilità, anche senza troppa pubblicità.

  16. “Un libro se ben distribuito la trova la sua visibilità, anche senza troppa pubblicità.”
    Veramente, il problema dell’editoria è proprio l’opposto: la grande distribuzione è soffocata da decine di migliaia di novità tutti gli anni. Da sola la distribuzione non conta un cazzo, in una libreria Feltrinelli ci sono migliaia di titoli “visibili”, ma quanti di questi vengono comprati? No, essere distribuiti non basta, occorre anche sbattersi per meritare l’attenzione del lettore. Uscire per Einaudi non è certo una panacea, infatti i negozi di remainders sono pieni di intere collane Einaudi salvate dal macero perché invendute.

  17. wuming1, i conti sono corretti perché non riguardano le tue tasche, ma quelle di chi volesse replicare paro paro, imprenditorialmente, il vostro lavoro. mi pare fosse chiaro. nessuno pensa che abbiate speso alcuni miliardi di lire.
    riguardo allo sfruttamento della rete, personalmente non ho alcuna fede – almeno che io sappia -, solo un po’ di concretezza.

  18. sono d’accordo con wu ming 1 e in disaccordo con iannozzi.
    Giuseppe, non mi dirai che l’aspirante scrittore si ferma solo perchè non ha un PC decoroso per scrivere o una connessione per essere presente in rete? mi sembra uno scenario irrealistico per la maggior parte della popolazione italiana, crisi o non crisi.

  19. inoltre: di per sé è ovvio che indicare esempi di chi usa la rete e vende molto NON significa nulla finché non si mostra che c’è una relazione causa-effetto tra le due cose.
    cioè, un minimo di logica, no?

  20. Beneforti, cosa intendi per “imprenditorialmente”? Un’azienda che cerca di imitare a tavolino la strategia dei WM? E’ chiaro che non funzionerebbe, lo sapevamo già. Se invece si parla di un singolo autore che volesse usare la rete, l’investimento è quello che dicevano Iannozzi e WM1: computer, connessione, fantasia e tempo da dedicare alla cosa. Non è detto che si debbano fare tutte le presentazioni pubbliche che si sono sobbarcati i WM.
    Insomma non mi sembra stiamo parlando di chissà quali utopie o spese folli… Siamo molto, molto lontani dalle cifre di Trespolo.

  21. @ Trespolo. Ho letto i tuoi conti, non mi convincono. La discussione sulla tipologia dei costi esula da questo blog, semmai ne discutiamo via mail (posto che ti interessi).
    Ma c’è un punto. wuming, se ho ben capito, sottolinea le potenzialità della rete. Non nega un lavoro “esterno” ma ritiene che questo sia stato “produttivo” anche grazie a quanto fatto in rete.
    I tuoi costi sono tutti esterni alla rete (salvo, eventualmente, il costo del lavoro, di difficilissima imputazione in un attività di libero professionista e che non mi convince).
    I tuoi conti dimostrano, semmai, eattamente il contriario. Che essere presenti fisicamente e non virtualmente è troppo costoso.

  22. Infatti. Tanto per restare all’esempio di Girolamo De Michele, che è il più recente: non se ne è praticamente parlato fuori dalla rete, ma i modi e i toni con cui si è discusso di Scirocco sul web, a mio modestissimo parere, hanno forse contribuito alla sua riuscita. E per modi e toni non intendo, tanto per prevenire facilissime ironie, la definizione di capolavoro: semplicemente, il tema trattato in Scirocco era con ogni probabilità un tema che incontrava un’aspettativa precisa da parte dei lettori.
    Altri libri usciti presso lo stesso editore e quasi in contemporanea, con un maggior riscontro stampa, si aggirano su cifre più basse.
    Immagino che qualcosa voglia pur dire.

  23. Bene, allora se non c’è legame causa-effetto De Michele vende per miracolo, senza lancio, senza recensioni, senza il “nome”, uscendo a giugno inoltrato. Mi sembra chiaro che è stata la rete ad aizzare il passa parola, nel primo mese se ne è parlato praticamente solo sul sito dei Quindici (da dove si poteva scaricare), sui Miserabili e su Lipperatura. Il legame tra copyleft e aumento delle vendite, poi, è già stato ampiamente dimostrato con abbondanza di cifre e incroci di dati eccetera.

  24. Mi sembra che il vero tallone d’achille dei conti di Trespolo sia quello individuato da Melloni: ci si riferisce a un’impresa editoriale vecchio stile, che gestisce tutto, dalla tipografia alla grafica marketing all’organizzazione di presentazioni, e per giunta fa tutto quanto nella propria sede. Con l’outsourcing e con il telelavoro, è da un bel pezzo che non funziona più così, e se è per questo è notorio che le presentazioni lo scrittore se le organizza da solo, con il contatto diretto. Comunque è vero che, nonostante si parlasse del ruolo della rete, la rete è assente dai calcoli di Trespolo.

  25. boh, secondo me non state tenendo conto della cosa principale.
    I wu ming saranno pure degli abili manager ma soprattutto sono scrittori, e si desume che uno scrittore faccia (bene o male) arte. Arte è un sacco di cose, di solito è un’idea “involontaria” a cui poi viene dato corpo con una tecnica più o meno raffinata con una cultura più o meno assorbita, favorita dal momento storico, con una grazia (o dis-grazia) più o meno ricevuta ecc.
    Anche de chirico è stato un abile manager di se stesso come pochi, anche Balzac, ma “commerciavano” intorno ad un prodotto difficilmetne replicabile.
    Landolfi ha scritto (non ricordo se in des mois o in rien va) che l’arte non è come la scienza che quando fa centro una volta è poi replicabile per sempre, esportabile ecc. L’arte può far centro una volta, e non farlo mai più,(anche per lo stesso autore).
    Trespolo è intelligente (e la sua analisi è interessante) ma lui è più “scienziato” che artista e il suo concetto di “far centro” non è quello dei wu ming ;-).

  26. Lipperini: “Altri libri usciti presso lo stesso editore e quasi in contemporanea, con un maggior riscontro stampa, si aggirano su cifre più basse.”
    E se la spiegazione fosse la diversa QUALITA’ degli autori “einaudati”?

  27. Angelini, quindi sei d’accordo anche tu con me (e in disaccordo con Iannozzi) che un libro pubblicato da Einaudi non vende solo perché pubblicato da Einaudi?

  28. Poi vado, che ho altro a cui badare, non me ne vogliate:
    @ FRANCO
    Hai ragione. Ma in parte. Ci sono titoli, di autori, che sono in ogni dove. Guarda “Il Broker” di Grishman, ad esempio? Vuoi che non sia notato. O il nuovo di Dan Brown. Titoli e autori che anche senza pubblicità andrebbero comunque bene.
    Hai ragione anche sul fatto che parecchie uscite: ma nei remainders ci finiscono i titoli “specializzati”, non quelli di largo consumo e autori noti e arcinoti.
    @ ALBERTO
    Ah, non si ferma di certo. A volte va incontro a un disastro totale. Ma non si ferma. Dipende da cosa riuscirà a tirar fuori dal disastro, se come tale si configurerà.
    Rimango dell’opinione che il modello-strategia adottato da Wu Ming ha funzionato ma perché iniziato tanti anni fa.
    Rimane il fatto che belle collane – come Solaria – sono sparite. Rimane che Urania ha fatto parecchi tagli, nelle uscite, ma non solo. Sono libri per pochi, per pochi affezionati.
    De Michele ha avuto la fortuna (anche) di essere pubblicato da Einaudi, di aver incontrato l’interesse di Wu Ming… Cose che hanno inciso sulle vendite, sicuramente.

  29. @melloni
    trespolo ha fatto il conto di quanto costa fare le cose che wuming ha detto di aver fatto, né più nè meno, se uno le fa non a tempo perso. il lavoro indicato era quello che è stato quantificato.
    @lipperini
    se de michele ha trovato einaudi grazie alla rete e il passaparola che gli ha garantito le vendite è stato innescato dalla rete (non conosco direttamente i fatti), allora qual è il metodo usato? parlarne su qualche blog letterario e sperare che i redattori del blog in questione apprezzino l’opera e la promuovano?
    se il metodo è questo, è destinato a scomparire se la rete si allarga (pensa ad un blog letterario cui arrivassero centinaia di file .pdf da leggere, valutare, proporre!). e ciò che intendo quando dico che queste strade funzionano per chi le inaugura, o poco più.
    però non è detto che la rete si allarghi più di tanto, riguardo a blog letterari e e-zine; quindi potrebbe anche continuare a funzionare, anche se temo che l’effetto-novità abbia il suo peso.

  30. Beneforti, il punto è che:
    – i WM non le hanno fatte “a tempo perso” e non so come si sia fatta strada una simile idea.
    – non vedo perché dovrebbe farle un editore, come invece ipotizzava Trespolo.
    – Trespolo ha ragionato come se i soldi per le presentazioni fossero scuciti dell’editore o dell’autore anziché delle situazioni ospitanti (quindi togli dal risultato finale ben 22.500 euro, ma in realtà molto di più, dato che parte di questo dato andrebbe spostato nella colonnina delle entrate) e come se il lavoro fosse remunerato a ore a cifra fissa (cosa che coi liberi professionisti non succede, quindi figurano 80.000 euro che non hanno nessuna corrispondenza reale).
    I conti di Trespolo non possono essere “corretti” (o meglio DEVONO essere corretti, ma nel senso di participio passato di “correggere”).
    – se vuoi discutiamo di De Michele ma allora fatti un giro su iQuindici.org perché è chiaro che ti mancano molti passaggi, se non tutti.
    – se la rete si allarga (e si sta allargando, il 2005 è stato un anno di boom delle connessioni un po’ in tutto il mondo), i possibili modi di utilizzarla non diminuiscono, anzi aumentano.

  31. Lucis, ach hai ragione: il proprietario del notebook che ho utilizzato sarà incazzato 😉
    Wu Ming, alcune prezisazioni:
    0) ribasisci che il vostro non è un “modello” da replicare, beh, mi pare che diciamo la stessa cosa “credo di non sbagliare affermando, numeri alla mano, che solo una parte della loro strada è replicabile e percorribile. Ora si tratta di capire quale.”
    1) mi stai dicendo a questo punto che il vostro “modello” potrebbe essere in parte replicato da altri scrittori e con successo? Tradotto in soldoni questo cosa vuol dire? Se tu dovessi tenere un “corso” che insegni agli “scrittori sprovveduti”, in tema di rete ovviamente, come approcciarla correttamente credi sia possibile, al termine del corso, trovare soluzioni facilmente replicabili?
    2) dopo quanti anni siete stati in grado di chiedere un rimborso per le spese di trasferta? Quali fondi dovrebbe prevedere uno scrittore esordiente per supplire alle, necessarie mi pare di capire, spese di trasferta in attesa di riuscire a coprire i costi con i proventi delle vendite?
    3) Non dirlo a me, faccio parte della categoria “disgraziati con più di 80.000 km anno in macchina”: e le autostrade non hanno nemmeno la tessera mille miglia. Che sia tutta esperienza sono non d’accordo: d’accordissimo. Ma in attesa delle entrate da “vendita” ti rimando alle domande al punto 2.
    4) Sì vero, con Associates si diventa milionari lo dice pure Amazon.
    5) Che i costi inseriti fossero “ipotesi” (anche se ricavate da DATI REALI) mi pareva chiaro. Se hai dati migliori non mi dispiacerebbe se tu li fornissi in modo da arrivare ad un modello costi meno empirico e più aderente al reale. Potrebbe servire come traccia per un eventuale nuovo (o vecchio) scrittore che volesse copiare la vostra esperienza. Richiesta assurda?
    6) Le mie considerazioni nascono da una serie di commenti tuoi; traduco e semplifico: “Wu Ming vende principalmente tramite la rete.” Non mi pare che nessuno degli altri autori abbia mai affermato nulla di simile e credo siano più ancorati a un modello di marketing tradizionale. La novità del vostro approccio è lì: voi vendete tramite la rete ed è questo che sto tentando di analizzare e non chi, fra gli scrittori, è più bravo a gestire siti internet. Sarebbe interessante capire quanto, per gli altri scrittori, incida la presenza in rete sulle vendite effettive. Credo di non dire una stronzata asserendo che mi aspetto un’incidenza marginale sul volume totale, per esempio, dei libri venduti da Evangelisti o da Genna. A differenza vostra che vantate un “pareto” delle vendite tutto a favore della rete.
    7) Che la rete abbatta sempre i costi (intesi come denaro) è ancora tutto da dimostrare e dipende da molteplici fattori; uno fra tutti la difficoltà di arrivare, attraverso un sistema distribuito e difficilmente valutabile a valutare correttamente le ricadute. Qui sta la vera novità vostra a mio parere: avete dimostrato che la rete è economica e con un impatto sulle vendite almeno comparabile a quello raggiungibile dalle normali tecniche di marketing. Quali criteri utilizzate per identificare i volumi di vendita ottenuti tramite il marketing dell’editore e quelli ottenuti tramite rete? Potrebbe essere interessante per molti conoscerli.
    Gianni: il motivo per cui ho moltiplicato per 5 è semplicissimo: Wu Ming è riuscita a raggiungere i suoi scopi unendo le competenze di tutti, competenze credo difficilmente gestibili da un’unica persona consentendo, per esempio, un gran numero di incontri potendo contare su 5 elementi in grado di operare parallelamente. Wu Ming scriveva, in uno dei commenti al post precedente (correggimi se riporto male) di aver effettuato circa 200/250 incontri nei primi 3 mesi (non ricordo con precisione) dal lancio di un loro libro. Un’attività impegnativa. Beh, se la matematica non è un’opinione e visto che in 3 mesi ci sono solo 90 giorni e uno deve anche mangiare, dormire, fumarsi una sigaretta e altre amenità, una tale volumee di incontri sarebbe improponibile per qualunque scrittore singolo. E in termini di impatto col mercato, pubblico visto, incontri effettuati e possibili vendite indotte, i numeri cambierebbero e non poco. Che il costo dell’autore non sia “calcolabile” come io ho fatto (tutto da dimostrare perché un costo esiste per ognuna delle attività che noi svolgiamo, a fronte anche delle amenità giornaliere mangiare, dormire, etc…) potrebbe anche trovarmi d’accordo, ma il punto non è questo, il punto è diverso: è possibile “pesare” il modello Wu Ming e capire quali parti di questo modello possono essere utilizzate da altri scrittori con successo? quale impegno e quali competenze sono necessarie per raggiungere un simile obiettivo?
    Melloni: fortunatamente per scopare mi serve ancora una Signorina e non mi tocca farlo con la presa tripolare del modem. Non mi parlare di rete e di cosa si può fare (teoricamente) con la rete: portami numeri, dati reali non raccontini alla Negroponte espressi male e storielle sui miracoli di Skype. Sono sicuramente un pessimo scrittore, ma, da buon commerciale, le favolette sono abituato a raccontarle e la domanda che ponevo NON E’ su cosa sia teoricamente possibile fare con la rete, ma se il modello Wu Ming (vincente ribadisco ed è dimostrato dai fatti) è pesabile, quantificabile e poi replicabile. Non fosse possibile non mi rimarrebbe che un’unica considerazione: bello, ma inutilizzabile per altri. Sono convinto sia replicabile in parte e vorrei provare a capire come e con quali sforzi.
    Buona giornata. Trespolo.

  32. Ovviamente, mi sono riferito solo alle cifre annue. Moltiplica per quindici anni, e vedrai la distanza tra la cifra immaginata da Trespolo e quella reale.

  33. …segue
    7) Che la rete abbatta sempre i costi (intesi come denaro) è ancora tutto da dimostrare e dipende da molteplici fattori; uno fra tutti la difficoltà di arrivare, attraverso un sistema distribuito e difficilmente valutabile a valutare correttamente le ricadute. Qui sta la vera novità vostra a mio parere: avete dimostrato che la rete è economica e con un impatto sulle vendite almeno comparabile a quello raggiungibile dalle normali tecniche di marketing. Quali criteri utilizzate per identificare i volumi di vendita ottenuti tramite il marketing dell’editore e quelli ottenuti tramite rete? Potrebbe essere interessante per molti conoscerli.
    Gianni: il motivo per cui ho moltiplicato per 5 è semplicissimo: Wu Ming è riuscita a raggiungere i suoi scopi unendo le competenze di tutti, competenze credo difficilmente gestibili da un’unica persona consentendo, per esempio, un gran numero di incontri potendo contare su 5 elementi in grado di operare parallelamente. Wu Ming scriveva, in uno dei commenti al post precedente (correggimi se riporto male) di aver effettuato circa 200/250 incontri nei primi 3 mesi (non ricordo con precisione) dal lancio di un loro libro. Un’attività impegnativa. Beh, se la matematica non è un’opinione e visto che in 3 mesi ci sono solo 90 giorni e uno deve anche mangiare, dormire, fumarsi una sigaretta e altre amenità, una tale volumee di incontri sarebbe improponibile per qualunque scrittore singolo. E in termini di impatto col mercato, pubblico visto, incontri effettuati e possibili vendite indotte, i numeri cambierebbero e non poco. Che il costo dell’autore non sia “calcolabile” come io ho fatto (tutto da dimostrare perché un costo esiste per ognuna delle attività che noi svolgiamo, a fronte anche delle amenità giornaliere mangiare, dormire, etc…) potrebbe anche trovarmi d’accordo, ma il punto non è questo, il punto è diverso: è possibile “pesare” il modello Wu Ming e capire quali parti di questo modello possono essere utilizzate da altri scrittori con successo? quale impegno e quali competenze sono necessarie per raggiungere un simile obiettivo?
    Melloni: fortunatamente per scopare mi serve ancora una Signorina e non mi tocca farlo con la presa tripolare del modem. Non mi parlare di rete e di cosa si può fare (teoricamente) con la rete: portami numeri, dati reali non raccontini alla Negroponte espressi male e storielle sui miracoli di Skype. Sono sicuramente un pessimo scrittore, ma, da buon commerciale, le favolette sono abituato a raccontarle e la domanda che ponevo NON E’ su cosa sia teoricamente possibile fare con la rete, ma se il modello Wu Ming (vincente ribadisco ed è dimostrato dai fatti) è pesabile, quantificabile e poi replicabile. Non fosse possibile non mi rimarrebbe che un’unica considerazione: bello, ma inutilizzabile per altri. Sono convinto sia replicabile in parte e vorrei provare a capire come e con quali sforzi.
    Buona giornata. Trespolo.

  34. Trespolo, guarda che i WM hanno fatto 250 presentazioni in sei anni, non in tre mesi 🙂
    E per favore, dai, basta con questa storia dei fondi richiesti a uno scrittore per andare in giro! Il rimborso spese per chi viene a presentare un libro è prassi anche nel più scaciato circolino culturale di provincia o nel centro sociale più scalcagnato, da Canicattì a San Pietro in Casale. Forse non gli paghi l’albergo a cinque stelle ma ospiti lo scrittore a casa tua, gli offri la cena e gli rimborsi il biglietto del treno. Lo scrittore (anche esordiente) di tasca sua non ci mette niente, ma proprio niente. Basterebbe questo dato a far capire che non hai sufficiente conoscenza di come funzionano queste cose, e questo si vede anche dai tuoi calcoli.

  35. Ok, De Michele ha venduto tramite la rete. Ma siamo certi di questa affermazione? Non è che la rete è stata solo (non è sicuramente poco…) l’evento scatenante che ha destato l’interesse di un editore importante come Einaudi e il resto l’hanno fatto la distribuzione di Einaudi e la qualità dei racconti di De Michele?
    Esistono criteri per pesare l’effettivo impatto che la rete ha sulle vendite?
    Siamo certi che se lo stesso racconto fosse stato pubblicato da “che ne so” e non Einaudi il risultato sarebbe lo stesso?
    Io sarò pure gnucco, e lo sono, ma cadere vittima dei facili entusiasmi da “connessione veloce, PC e fantasia” mi pare una storiella vecchia. A voi no?
    Buona giornata. Trespolo.

  36. Melloni: non vedo perché tu te la prenda. Considero valida la tua risposta e aggiornerò eliminando le spese e arrivando ad un primo assioma che propongo:
    1) un giovane scrittore non dovrà mai spendere nulla di tasca sua per promuovere il suo libro e spostarsi in lungo e in largo per l’Italia.
    Può andare?
    Buona giornata. Trespolo.
    PS: 250 presentazioni in sei anni? Ok, circa una presentazione ogni 9 giorni, un po’ meno, con quali picchi? Lo sai visto che sei informatissimo…

  37. Trespolo, rapidissimo, sono in partenza:
    0) Io non ho mai detto che il nostro fosse un modello, tantomeno da replicare, quindi la tua operazione non la capisco *alla radice*, nelle premesse e non solo nei risultati (che pure sono sballati per tutti i motivi elencati da me e da altre persone nel corso della discussione)
    1) No, non ti sto dicendo niente del genere né l’ho mai detto. Il nostro lavoro era citato a controesempio del fatto che la rete è sottoutilizzata e si possono fare molte più cose di quel che si crede (lo dimostrano anche il lavoro di Evangelisti, de iQuindici, di De Michele, di Delos e di tanti altri). Non vedo la necessità di tenere alcun “corso”, si tratta semplicemente di conoscere la rete e le sue peculiarità e avere un po’ d’immaginazione in più di quella che si vede in giro.
    2) Fin da subito. Il rimborso spese per l’autore, qualunque autore, è cosa normale. Nessun fondo. Le spese di trasferta non spettano all’autore ma alla biblioteca o libreria o locale che ti chiama a presentare. Di tasca tua ce li metti solo per certi benefit. Men che meno ce li mette l’editore.
    3) Vedi sopra.
    4) Milionari no, ma qualche centinaio di dollari al mese sì ed è tutto grasso che cola, anche perché di server non spendiamo niente.
    5) Ti dico i miei dati: 1200 euro per comprare il portatile, 40 euro al mese per la banda larga, dieci euro ogni due mesi per le matite, e non ricordo più quanto costa la cartuccia della stampante laser (che mi dura più di un anno), comunque saremo intorno ai 20 euro. Le risme di fogli le ho gratis tramite giri miei. Queste sono le “spese vive” di un membro di Wu Ming. A carico dell’intero collettivo è il rinnovo triennale del dominio wumingfoundation (se non sbaglio, 60 euro ogni tre anni).
    6) Nel tuo documento non hai mai parlato della rete, a meno che tu non intenda la rete autostradale 🙂
    7) Valutare le ricadute? Centinaia di persone ci scrivono ogni anno dicendo che hanno comprato o regalato i nostri libri *dopo* averli scaricati. Passaparola telematico continuo su tutti i nostri libri (Technorati, Intelliseek e Google ci tengono informati a cadenza giornaliera). Presentazioni organizzate da comunità telematiche di nostri lettori, senza l’appoggio di media tradizionali. Libri che vendono tanto senza essere recensiti sui giornali o in tv, e soprattutto vendono tanto fin dai primissimi giorni, quando la data d’uscita è nota prevalentemente agli iscritti alla nostra newsletter (quasi 8200 persone). Il tascabile spagnolo di “54” che parte benissimo nonostante un’uscita in sordina solo perché lo abbiamo annunciato sulla newsletter spagnola (450 iscritti circa) e da lì è partito il passaparola. Tutto questo sarà empirico, eppure mi pare significativo.
    Ciao,
    WM1

  38. ah, georgia: che c’entra il discorso sull’arte? qui si sta parlando di libri che *hanno* qualità e un potenziale pubblico
    GEORGIA
    già, ma che sbadata, che c’entra infatti l’arte?
    :-)))))))))
    Scusate l’intromissione ot;-)

  39. Trespolo and C.
    io penso che il ‘modello’ WM non esiste, anzi, voglio sperare che non esista. Immaginarmi i WM che a tavolino decidono di essere Blisset e poi WM per raggiungere i risultati di un programma di MKTG decennale, bhe, se questo fosse appurabile, mi incazzerei un pò. Credo di avere buoni rapporti con la ‘visione’ dei WM anche se a volte non la condivido in toto e, non mi piace considerare la loro attività/produzione come qualcosa di ‘replicabile’ ad uso e consumo di un incentivo vendite. Il loro ‘modello’ non è replicabile, ma è ‘espandibile. Prova ne sia la nascita dei quindici ( iscritti alla lista Giap, che in tempi lontani si sono offerti di svolgere l’attività di lettura che i WM non riuscivano a sostenere). I quindici sono cresciuti e adesso nuovi scrittori si affacciano sulla scena. Anche queste nuove figure seguono idee che si rispecchiano nell’immaginario’/pratica WM e sono destinati, (spero) a partorire cose nuove.
    Non so se le mie considerazioni siano realtà o aspettative, ma questo è il mio modo di vivere il ‘fenomeno’ WM.
    Di Evangelisti apprezzo moltissimo Carmilla e anche la mailinglist, ma trovo che i WM abbiano saputo creare e costruire attraverso la rete un sistema che può appunto ‘espandersi’ e germogliare (di primavera, chissà :-).
    Poi lo sapete che a me contabilizzare tutto non piace e di WM, Evangelisti, Genna ecc. apprezzo anche il fatto che nelle loro iniziative non sempre ci ‘guadagnano’.
    Trespolo, se adesso tiri fuori il discorso della ‘fidelizzazione’ mi arrabbio 🙂 potrei continuare a leggermi Carmilla a sbafo o leggere i WM e De Michele sullo schermo e, nel mio piccolo, fregarmene delle loro ‘manovre’.
    besos

  40. Brava spettatrice, non “replicabile” ma “espandibile”. E’ la parola che non mi veniva in mente per esprimere il concetto. Grazie. Scappo. Per due giorni sarò off-line. Bacio.

  41. Wu Ming, rapidissimamente poi vado pure io a lavorare: che non vi siate mai proposti come modello mi pare “imprecisa” come affermazione, non sento in giro altro, quando si parla di rete e letteratura, che citare i Wu Ming come esempio e tu stesso descrivi (ribadisco giustamente) i vantaggi che la rete può restituire “se utilizzata in modo alternativo (come voi avete fatto)”.
    Ho eliminato le trasferte dal calcolo così georgia sarà contenta e anche melloni(ho scoperto che è un assioma che anche un giovane scrittore NON DEBBA MAI pagarsi le trasferte); mettiamola così: a costo da colf (assicurata ovviamente) i Wu Ming hanno “investito virtualmente” in tempo proprio non direttamente retribuito (una specie di *prodotto interno lordo* come lo definiva Wu Ming in un precedente commento) 1.200.000 euro in 15 anni per promuovere, al di là delle attività dell’editore, la loro immagine e le vendite dei loro libri.
    Wu Ming è attendibile il numero di 4 ore giornaliere (rimanendo nel limite delle 200 all’anno, che uno deve fare anche altro) dedicate a questa attività oppure ho sovrastimato anche questo dato?
    Buona giornata. Trespolo.

  42. Sono frastornato. Nessuno è sfiorato dal dubbio che per vendere si debba innanzitutto scrivere un libro “furbo”, fatto per piacere a un lettore di taglio medio-basso ? E che ci voglia anche una buona dose di fortuna ?

  43. Riccardo, non sono d’accordo: nessuno dei libri qui citati (non solo Wu Ming, ma De Michele, Evangelisti) è un libro furbo nè rivolto a un pubblico medio-basso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto