Area vasta, area vasta. Cosa ci ricordano queste due parole?
Erano gli anni Zero o poco prima , nelle Marche si lavorava trionfalmente alla superstrada Quadrilatero, e i comuni che cofinanziavano il progetto con le loro tasse aspettavano i PAV, i Piani di Area Vasta, che nelle intenzioni avrebbero trasformato gli assi viari in “flussi di ricavi attraverso l’insediamento di nuove aree produttive, denominate Aree Leader e Aree di implementazione, adiacenti alle medesime infrastrutture stradali”. Pompe di benzina e autogrill. Mai visti, naturalmente.
Significava, ai tempi, trasmutazione. Dei luoghi e delle utopie, ammesso che ci fossero ancora o ce ne fosse ancora bisogno, e forse trasmutava anche una generazione, la mia, che in parte ha giocato con il potere e in parte ha aspirato a raggiungerlo e in parte se n’è infischiata, e chi se n’è infischiato non riesce a capire cosa intendano gli altri quando dicono “i tempi sono cambiati”, né cosa ci sia dentro questi tempi altri, e non capisce neppure se i flussi di valore e i piani di area vasta, ammesso che esistano davvero, possano giustificare i viadotti di Muccia e la trasformazione, non trasmutazione, di Polverina in una gabbia di cemento. Ma dal momento che non riesco a crederci, ieri come oggi,, ti trasformi in un nemico, in radical-chic-luddista che odia il progresso che, fidati, sta nei flussi e nei PAV, e non importa se sorgono nella notte, li vedrò, li ho visti , piloni grandi e bianchi come ossa , fra le montagne bucate e i cantieri che prendono nomi misteriosi come Zulu e India. Progresso, per le bambine degli anni Cinquanta che guardavano i Pronipoti ed erano convinte che nel Duemila avremmo guidato piccole astronavi con cui sfrecciare fra i grattacieli, non significava questo, o almeno non è questo che ci hanno raccontato. E almeno si vuol capire, e io lo voglio, quale sia la storia che ha consentito i piloni e i cantieri che si chiamano Zulu.
Ho raccontato quella storia in uno dei libri che ho amato di più scrivere, Questo trenino a molla che si chiama il cuore. Sono passati sei anni, e in sei anni molto è accaduto, intanto un terremoto spaventoso, intanto una pandemia. Ed ecco che le cronache risputano fuori quelle due parole. Area Vasta.
Lo fanno in una delle vicende più incredibili di questi mesi: l’ospedale Covid di Civitanova Marche voluto da Guido Bertolaso, costato dodici milioni di euro, attivo per dieci giorni, con i medici obbligati ad andarci a lavorare in aggiunta, come spiega nell’articolo del Manifesto Mario Di Vito, al proprio orario di lavoro. Ed è qui che riappare l’Area Vasta (che dunque esiste), il cui direttore spiega che è solo un momento, passerà, riaprirà, l’ospedale, non si sa per farci cosa.
Area Vasta, trasmutazioni.
Giuliano Pazzaglini, oggi senatore della Lega, ieri sindaco di Visso nel tempo del terremoto, è stato infine rinviato a giudizio: per truffa, peculato, abuso d’ufficio, e aver fatto confluire il denaro delle donazioni per il terremoto in società proprie e di un amico. Andrà come andrà, al momento non c’è altro che la notizia. Ma penso al trasmutare, a quello che non cambia mai, e a quello che è cambiato irreversibilmente, prima ancora del terremoto, come i luoghi che amo.
Come scrive Leonardo Animali in un prezioso libro, La Strategia dell’abbandono (è appena uscito, procuratevelo), gli effetti del virus si sono mischiati ad anni di smantellamento marchigiano. Anni in cui i gruppi industriali “del capitalismo oligarchico marchigiano, sotto il caritatevole abito delle fondazioni di ogni tipo, hanno aperto le porte alle multinazionali dell’agrifood sui territori colpiti: Ferrero, Loacker, Granarolo, Cremonini”. Esattamente come ha raccontato, con altre parole, Silvia Ballestra nel romanzo La nuova stagione (perché infine quando si dice che esiste una letteratura che guarda al mondo e non solo a se stessi, questa è).
Ricominciamo, pazienza.
Cara Loredana Lipperini, d’accordo su tutto. Peccato un’omissione. Il famigerato ospedale Covid di Civitanova l’avrà pure fatto Bertolaso, ma a volerlo è stato Ceriscioli, governatore Pd delle Marche.
Per completezza. Grazie comunque di tutto il tuo impegno per raccontare quello che in pochi hanno voglia e pazienza di raccontare.
Giusto ribadirlo. E’ che lo davo per scontato, Nicoletta, sommando al disastro della gestione Ceriscioli di questi anni 🙂
Sì, grazie davvero.