LA COSA- 2 (E DIVAGAZIONE SU LEROY)

Santi_1 Prima segnalare, indi anticipare. La segnalazione riguarda il presunto smascheramento di JT Leroy a cura del New York Times: smascheramento doppio, fisico e letterario, e leggibile qui. Chi proprio volesse, può rileggersi anche un’intervista della sottoscritta al medesimo, comprensiva di reticenze sugli incontri letterari importanti per la sua storia, qui.
Poi. Come promesso, seconda puntata dell’anticipazione dell’inchiesta di Origine   sulla critica letteraria. La domanda è sempre quella (la critica è davvero morta?). Gli interlocutori, no (ma ce ne sono ancora, ri-pazientate).

Giovanni Tesio
Quante le morti annunciate nella modernità? Si è parlato a lungo di morte del romanzo e il romanzo continua a vivere. Si parla di morte dei dialetti e i dialetti continuano a vivere. Io non penso mai alla morte in termine di trapasso ma in termine di rinnovamento. Anche la critica “non è più quella di una volta”. Come le stagioni, come i sapori, come le attese. Poco più di una banalità. Non è meglio parlare di crisi? Notizie dalla crisi ha intitolato Cesare Segre un suo libro sullo stato della critica. La critica sta vivendo una forte crisi di identità. Ma ciò con significa che sia spacciata, sbaragliata, distrutta, vinta sul campo. E’ sempre difficile pensare in termini nuovi ciò che siamo stati abituati a pensare “per sempre”. Nulla di ciò che impariamo dura più per una vita: già lo diceva Goethe nelle Affinità elettive. Se questo capita per le conoscenze strumentali, perché non dovrebbe capitare per tutte le altre? Anche per quelle più “gratuite”?

Giulio Ferroni
Quello della “morte annunciata” è un dato costante della cultura contemporanea, dove ogni giorno tutto finisce e tutto ricomincia, dove siamo perpetuamente prigionieri dell’“illusione della fine”. La critica è tante volte morta e tante volte rinata; ma, se pensiamo alla critica letteraria, mi pare che oggi sia assente soprattutto il rigore critico, la disponibilità a scommettere sul valore della parola e dell’esperienza letteraria. Non sarà forse morto una modo antico di vivere la letteratura?

Carla Benedetti
Bisognerebbe cambiare argomento. I problemi di questa epoca sono altri: per esempio la fine della semiosfera, la dittatura del mercato, il tentativo di normalizzazione della scrittura, il ricatto populistico delle classifiche di vendita, l’enorme spazio dato alla cultura anglofona, l’audience che sostituisce il giudizio, la promozione pubblicitaria travestita da recensione, i testimonial televisivi e i book-jockey che hanno preso il posto dei critici, le grandi macchine di ottundimento, la colonizzazione dell’immaginario, l’allevamento mentale e biologico dell’uomo. La critica non è morta. Sono alcuni critici ad aver inventato questa cosa per giustificare il loro tradimento, che a volte è avvenuto anche in buona fede. Sono saltati sul carro dei nuovi poteri. E intanto dicevano che l’altro carro era morto. L’annuncio ripetuto della morte della critica non è solo un luogo comune trito. E’ stato un depistaggio per impedire che si vedesse ciò che sta davvero accadendo.

Tiziano Scarpa
Di critica letteraria non ce n’è mai stata così tanta. Però in mezz’ora di trasmissione televisiva Giuliano Ferrara crea dal nulla uno scrittore più di cento blog e dieci critici autorevoli


Mario Fortunato
E’ un vecchio vizio novecentesco, quello di annunciare la morte – imminente, prematura o per giunti limiti d’età – dell’arte, della letteratura e via di seguito. E’ un vizio ormai rimasto, nel mondo occidentale, solo agli italiani. Del resto, è tipico dei Paesi poveri e depressi inclinare a visioni più o meno apocalittiche, angosciose. L’Italia conosce da qualche tempo un grave declino che da economico è divenuto complessivo. Il Paese non produce innovazione né ricerca. Indugia in mediocri ossessioni ideologiche e religiose. Si capisce che, in un tale clima, più che alla vita si guardi alla morte: della critica, del romanzo e chi più ne ha più ne metta.

24 pensieri su “LA COSA- 2 (E DIVAGAZIONE SU LEROY)

  1. Da questa II puntata si evince soprattutto:
    1) che Carla Benedetti è viva e lotta insieme a noi;
    2) che Carla Benedetti ha fatto proprio il significante inventato da Scarpa “bee-jockey” (il significato esisteva già);
    3) che però Scarpa esagera nell’assegnare a Giuliano Ferrara tutto questo potere.
    ***
    Mia osservazione a margine:
    Se Jacopo De Michelis ha sospeso, come pare, il suo blog (Marsilioblack, fermo all’11 novembre), forse è vero che i lit-blog hanno uno scarso contropotere trainante:- )

  2. Lucio, su Jacopo: anche il medesimo è vivo e lotta insieme a noi. Solo che è impegnato in un estenuante e complicato trasloco. Sono sicura che tornerà presto 🙂

  3. Con la Benedetti. Però con l’appunto che è anche morta la critica. E che non è un luogo comune.
    Velocemente, e in ritardo, Buon 2006.
    g.i.

  4. Sì, vabbè, certo che la critica è morta. E si stava meglio quando si stava peggio, non ci son più le mezze stagioni, una volta i treni arrivavano in orario, con questi zingari in giro non si può più vivere, e ovviamente masturbarsi fa diventare ciechi.

  5. Avendo poco tempo, leggo prima degli altri Carla e Tiziano.
    Carla: “Sono saltati sul carro dei nuovi poteri. E intanto dicevano che l’altro carro era morto. ”
    Un bell’esempio di egolalia inconsapevole…
    Tiziano: “Però in mezz’ora di trasmissione televisiva Giuliano Ferrara crea dal nulla uno scrittore più di cento blog e dieci critici autorevoli”
    Questa è una poco arguta elucubrazione, che si mantiene sulla linea di un’antipatia che non è nulla più che irrazionale (ammettendo che Tiziano sia un individuo razionale, cosa che tendo ancora a credere). Per inciso, mi sfugge quale autore sia stato creato dal nulla in dieci minuti da Ferrara; gli autori non si creano dal nulla, gli autori scrivono, calli e calci in culo, penna ed esistenza, le affermazioni di Tiziano sono sempre più azzardate…
    Basta smentirlo con i fatti e la finirà, giacché le argomentazioni non fanno presa (per usare un eufemismo).
    Mario Fortunato: “E’ un vecchio vizio novecentesco, quello di annunciare la morte – imminente, prematura o per giunti limiti d’età – dell’arte, della letteratura e via di seguito”
    Questo è verissimo. Probabilmente Fortunato sa meglio di me che si tratta di funerali in funzione di qualcosa, e le occasioni non mancano (c’è tanta morte della letteratura nell’istanza di purezza dei mesi scorsi, e se non c’è morte c’è la diagnosi di una grave malattia: occhio, però, perché la certificazione di malattia è anche uno strumento dei fannulloni per indicare i “falsi medici”, tanto per citare indirettamente Andrea A.; o per costruire il carro su cui saltare)
    Avrei qualcosa da scrivere su Ferroni, che come minimo ha capito che stiamo parlando dell’Araba Fenice. Chi muore troppe volte ne vive altrettante, si tratta di capire come viva e perché viva (tornerei volentieri alle domande di Mozzi, non perché siano corrette, ma perché sono domande)

  6. Direi che Tiziano Scarpa c’ha proprio ragione. Vedi i recentissimi casi Buttafuoco e Piperno. E prima ancora Mordecai Richler con la Versione di Barney.

  7. Secondo me non stiamo parlando dell’araba fenice (di una cosa che muore e rinasce): stiamo parlando di qualcosa che dev’esserci per forza, aldilà di ogni discorso qualitativo. Credo che la risposta migliore alla domanda l’abbia data E. Trevi:
    “La critica non è un’aggiunta, un supplemento al gesto artistico, ma qualcosa di connaturato alla produzione stessa delle forme. Non esiste una letteratura così antica e ‘pura’ da non aver prodotto una critica. Omero nell’Odissea ‘critica’ altri rapsodi come lui. Quello che muore sono le forme determinate della critica. Per esempio molti accademici lamentano la crisi della critica o la sua morte perché non capiscono che a morire è il saggio accademico con le sue note e i suoi op.cit. e ibid. e il suo gergo specialistico; o i giornalisti scambiano la presunta morte della critica con il fatto che le pagine culturali dei giornali fanno spesso schifo.”

  8. Davide, era una battuta, come ho già scritto, la risposta a Ferroni sarebbe molto più lunga (Araba Fenice non in rapporto alla morte e alla rinascita, ma alla presunzione di morte, e quindi di rinascita: per essere chiari)

  9. Roquentin: “Avendo poco tempo, leggo prima degli altri Carla e Tiziano”.
    Meglio: “Essendone OSSESSIONATO, leggo prima degli altri Carla e Tiziano”.

  10. Ferrara crea dal nulla (posto che sia tutto merito suo) uno “scrittore di successo”, non uno “scrittore”. Ma dov’è la novità? Ci sono sempre stati i best seller, e i creatori di best seller; forse siamo noi del XXI secolo ad essere eccessivamente ossessionati dalle vendite dei libri “commerciali”. Agli inizi dei ’70, per dire, il lettore americano poteva scegliere (per rimanere alla letteratura americana) tra Il giovane Holden (che era già un classico) e L’incanto del Lotto 49, i primi Roth, Bellow, Il mondo secondo Garp, Isaac B. Singer, e poi c’era Burroughs che ancora scriveva… però in cima alle vendite c’erano Love Story e Il Padrino.

  11. Scarpa è frustrato. Perché non riesce a registrarsi un blog. E’ dai tempi di ‘Siete peggio di Liala’ che ci prova. Non riesce. Neanche su Splinder. E’ andato in crisi. ‘Kamikaze d’Occidente’ è un grosso blog. Stampato su carta. E’ banale. Come molti blog. Solipsista. Come molti blog. Noioso. Come molti blog. Superficiale. Come molti blog. Il diario di un diciottenne medio. Con pensieri da diciottenne. Che purtroppo ha quarant’anni. Che non riesce a registrarsi un blog. Neanche su Splinder. Com’è triste. Magari Ferrara lo invita. In una trasmissione. Magari diventa scrittore. Lo desidera tanto. Per adesso è solo un blogger mancato. E uno scrittore. Che scrive un romanzo che sembra un blog. Che non va in televisione. E che vuole diventare scrittore famoso. Ha il terrore di non riuscire. Senza successo. E senza blog. E’ un caso umano. Che Splinder lo aiuti. Che Ferrara lo aiuti.

  12. la benedetti ha scritto
    La critica non è morta. Sono alcuni critici ad aver inventato questa cosa per giustificare il loro tradimento, che a volte è avvenuto anche in buona fede. Sono saltati sul carro dei nuovi poteri. E intanto dicevano che l’altro carro era morto.
    ammetto la mia ignoranza, ma io di questo non so nulla e non ho letto nulla.
    mi sembra, dico da profano, un argomento interessante, sempre che il contenuto di queste affermazioni possa manifestarsi

  13. Io sono vicino alla opinione di Mario Fortunato, son infatti convinto che il paese Italia sia davvero in declino dagli inizi degli anni ’80, testimone essenziale ed importante il calo demografico costante che indica una nazione che ha perso fiducia ed altro.
    In un depresso paese simile, ove ideali, programmi e valori morali e non sono andati in malora, non è facile che emergano bei lavori, vi sono o saranno ma sono molto rari e la lotta per l’affermazione di testi, opere si fa più acre, dura, morbosa a volte.
    Come è ovvio il fenomeno la critica accompagna, come pure è ovvio e storico che l’Arte non muore mai, cambia registri, espressioni, modi, stilemi e vvia.
    MarioB.

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