LA STORIA E LE STORIE

Con le migliori intenzioni, volevo parlare di Alessandro Piperno: non del suo basco e della sua pipa, evidentemente, ma del suo libro, che è un gran bel libro a dispetto di chi sosterrà il contrario causa effetto D’Orrico, eccetera, e uffa.

Quel che mi ha fatto cambiare idea è l’intervento della storica Anna Bravo su La Repubblica di oggi: intervento duro e risentito, dopo un paio di settimane di attacchi molto spesso ingiustificati seguiti al suo saggio sulla rivista Genesis,Noi e la violenza. Trent’anni per pensarci,  e in cui la Bravo è stata  accusata un po’ di tutto. Soprattutto, sintetizzo, di aver usato il termine “immaturità” riferendosi al modo in cui i femminismi affrontarono, all’epoca, la tematica dell’aborto.Ora. E’ evidente, e qualcuno lo ha scritto, che è molto difficile parlare di quegli anni senza cadere nell’autobiografia. E’ molto difficile descrivere, figurarsi storicizzare. Eppure, un piccolo e non significativo racconto vien voglia di farlo.

Alla fine degli anni Settanta esisteva il Cisa, Centro Italiano Sterilizzazione e Aborto. Che violava apertamente le norme allora in vigore  organizzando aborti clandestini per le donne che ne facevano richiesta: il Cisa interruppe la sua attività nel 1978, dopo l’approvazione in Senato della legge attuale che giudicava compromissoria e “impegnandosi a far scoppiare di fronte all’opinione pubblica e ai partiti le contraddizioni di una legge che costringerà le donne a subire burocrazie e giudizi moralistici”.
Le riunioni del Cisa si svolgevano nella sede del Partito Radicale, in via di Torre Argentina 18,  il martedì e il giovedì  alle cinque di pomeriggio. Chi si trovava a frequentare quei locali, magari quotidianamente, dopo qualche giorno capiva che rispondere al telefono era operazione a proprio rischio e pericolo: avrebbe dovuto interpretare i silenzi, comprendere le esitazioni e le allusioni dell’interlocutrice e possibilmente non essere scortese. Perché il telefono squillava in continuazione, da mattina a sera tardi, qualsiasi linea telefonica delle quattro disponibili. E nel 90% dei casi all’altro capo del filo c’era una voce di donna, quasi sempre terrorizzata, fosse giovanissima o di mezza età, che con esitazioni, perifrasi e quant’altro chiedeva quando “ci si riuniva”. Quegli incontri erano affollati fino all’inverosimile, c’erano file di donne per le scale, ogni volta. Mai nessuna poteva in nessun modo dare l’impressione di presentarsi a quell’appuntamento a cuor leggero.
E’ difficile dimenticare tutto questo, anche se questa è cronaca, e non storia. E, certo, Anna Bravo ha ragione nel ricordare che “si viveva di corsa”, che si era nel pieno di una battaglia e che rimaneva, rimane, necessariamente, un’ampia area di non detto. Mi colpisce, però, una cosa: la quantità di discussioni che di questi tempi fioriscono intorno a quegli anni, la quantità di dubbi a posteriori (sulla violenza, sui movimenti, sui femminismi) che vengono espressi, per vie diverse, ma contemporaneamente. Anna Bravo scrive: “il rischio è che non si trovi mai il momento adatto per enunciare temi controversi”. Ha mille volte ragione. Mi chiedo soltanto perché tanti mea culpa, ora, e tutti insieme.

 

52 pensieri su “LA STORIA E LE STORIE

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto