LE PAROLE PER DIRLO, DI NUOVO E CON URGENZA

Bisognerebbe arrivarci prima. Prima dell’approvazione in Spagna della legge che azzera il diritto delle donne di interrompere la gravidanza. E prima che l’annunciato piano sul lavoro renziano divenga realtà. Perché mettere insieme le due cose, apparentemente lontanissime? Perché anche nel secondo caso c’è un diritto che viene messo in discussione (l’articolo 18, soft o meno), e che viene considerato un ostacolo alla piena occupazione. Vi diamo lavoro, che altro volete?
Il punto è arrivarci prima. Perché quel che è avvenuto in Spagna, e che potrebbe avvenire anche in Italia, dove sotterraneamente la legge sull’aborto è già vanificata per eccesso di obiezione, non giunge a caso. Perché il lavoro dell’ala dura del cattolicesimo, spesso sottovalutata come espressione del fanatismo di pochi, è stato ed è  lento e costante, esattamente come avviene da noi. Perché – ne discutevo qualche giorno fa con un’amica attivista – le parole ci stanno sfuggendo, le stiamo consumando in una spirale di azione-reazione che rischia di non sortire più effetto.
Intanto, altre parole si affermano. Non è per sollevare la polemica di Natale, visto che non di polemiche abbiamo bisogno ma di azioni, ma varrà la pena di leggere quanto un politico e blogger e giornalista italiano, ex Pd, ex renziano, scrive (su Facebook) sull’aborto. Parlo di Mario Adinolfi:
“Come sapete ho avuto due figlie: Clara A. e Livia A. sono nate in circostanze non ordinarie, seppure a tanti anni di distanza l’una dall’altra. Livia è la prima, quando nel 1995 scoprimmo di aspettarla eravamo una giovanissima coppia di ventiquattro anni, precario io, precarissima lei. Il giornale per il quale scrivevo, cattolico per giunta, mi cacciò meno di un mese dopo la sua nascita lasciandomi letteralmente per strada. Silvia scoprì che stava per arrivare Clara a ventitré anni, da studentessa fuori sede non laureata per la quale certo in famiglia c’erano aspettative molto diverse che vederla “incastrata” con un quarantenne romano dal curriculum sentimentale agitato, che già aveva figliato e non sembrava la fotografia dell’affidabilità.
Racconto queste vicende personali perché spesso alla base della decisione di abortire sento raccontare motivazioni simili: difficoltà di natura economica, precarietà lavorativa e/o esistenziale, tentativo di non turbare percorsi di vita o di studio predeterminati dalla famiglia di origine, inaffidabilità del partner. Ho sentito con le mie orecchie anche ragioni più risibili. Gli oltre centoventimila bambini che non nascono solo in Italia pur essendo stati concepiti vengono eliminati per ragioni incomparabilmente meno rilevanti della grandezza di una storia che inizia, di una persona che si affaccia alla vita.
In Europa si è discusso con una certa ferocia di un “diritto umano fondamentale” ad abortire. Io credo che l’unico diritto umano fondamentale sia quello di nascere. Guardo Livia e Clara, ricordo le difficoltà di natura diversa in cui sono nate, ricordo la fatica dell’accettare di stravolgere la propria vita individuale e di coppia per far posto a loro nel nostro mondo, ricordo tutti i motivi per cui qualcuno ci ha anche ventilato l’ipotesi dell’aborto. Guardo Livia e Clara, penso a quale diritto avrebbe mai potuto esserci per sopprimerle, per impedire lo svilupparsi della loro grazia, per dire no al loro diritto a vivere che era incommensurabilmente superiore al nostro diritto a qualche comodità in più, di genere vario.
L’aborto non è un diritto. So che a noi maschi molte spiegano che addirittura non esisterebbe un nostro diritto a parlarne, che d’aborto possono parlare solo le donne. C’è un versante sensato di questa affermazione, che sta dentro lo spirito del libro che state leggendo: solo una mamma conosce pienamente lo sconvolgimento che la vita che nasce crea nella vita che già c’è. Ma una mamma nell’intimo non può non sentire la voce della vita che ha in grembo, che le grida silenziosa: “Voglio te”. Voglio la mamma. Non la donna. Una donna può chiedere di avere il diritto di abortire. Una mamma non può neanche immaginarlo.
Quando è nata Livia gli strumenti tecnologici erano limitati, nel 2010 quando è nata Clara gli strumenti ecografici fin dalla prima visita ci restituirono l’immagine del suo essere: se guardate la prima foto scattata nel grembo di Silvia riconoscerete da subito il profilo sbarazzino e quel naso a patatina con cui è venuta al mondo. Spiegatemi bene, signori che contate le settimane, fino a quale giorno ritenete che quell’essere umano possa essere eliminato dalla faccia della terra. La prima foto di Clara credo sia della sua ottava settimana di vita. Era lei, bellissima e indifesa. Una donna, aggiungo una donna di sinistra, non potrebbe mai immaginare di fare del male a un essere così fragile, debole, bisognoso della cura più estrema. Chi è di sinistra sta con il più debole e il più debole è sempre un bimbo che grida silenzioso, nel momento in cui sorge il dolore del dubbio: voglio la mamma. Non è un grido che può rimanere inascoltato.
Chi è di sinistra non mette in discussione le normative vigenti, la cosiddetta libertà di scelta, la legge 194 in Italia che assicura alla donna la possibilità di abortire. Ma una donna abortisce, una mamma no. Non parlatemi di diritto all’aborto, parlatemi di tragedia del dover abortire. Trovatemi motivazioni decenti perché io non ne trovo in una società comunque sostanzialmente opulenta come la nostra: volete dire che se quest’anno fossero nati i centoventimila bambini e più che avete abortito non avrebbero avuto di che nutrirsi, sarebbero morti di fame? Suvvia, non fate ridere.
Chi abortisce lo fa perché non vuole veder turbato il proprio status quo, chi abortisce è il più estremo dei conservatori. Il progressista vede nella vita l’opportunità di una nuova storia che comincia e sa che nessuna razionalità può segnare un momento in cui quella storia a inizio che non sia l’istante del concepimento quando l’amore trasforma un uomo e una donna in una carne sola che si fa vita. Solo in quell’istante può essere rintracciato l’inizio della storia di ciascuno di noi, inventarsi la quattordicesima settimana o il novantesimo giorno per segnare un macabro confine tra morte possibile e vita inevitabile è semplicemente senza senso. O si ha un diritto di abortire sempre o non lo si ha mai. Io credo non lo si abbia mai. Va bene che una legge consenta di farlo, perché davanti a comportamenti sociali ormai invalsi non si risponde con l’oscurantismo della proibizione ricacciando alcune donne nello strazio ulteriore dell’aborto clandestino, ma non parlatemi di diritto. E la 194 applichiamola tutta, magari come stanno facendo in Spagna, tornando indietro dopo la sbornia di Zapatero che non ha portato bene alla sinistra iberica, che aveva pensato di innalzare la libertà delle donne consentendo anche alle minorenni di abortire senza informare i genitori o per qualsiasi ragione a qualcuno passasse in mente, entro cento giorni dal concepimento. Ora in Spagna rimane la libertà di scelta, ma per ragioni che abbiano un minimo di senso: stupro, gravi motivi di salute della madre, gravi malformazioni del feto.
Non utilizzerò qui l’argomento secondo cui, se dotate di amniocentesi, le madri di Stephen Hawking e Michel Petrucciani avrebbero probabilmente privato il mondo della nascita di due dei più grandi geni del ventesimo secolo. Voglio però tornare a sottolineare un elemento a cui ho già precedentemente accennato. Un mio amico albino che ormai va per i cinquant’anni, docente universitario di intelligenza sopraffina che ha un fratello altrettanto intelligente e altrettanto albino, mi ha fatto notare che in Italia negli ultimi dieci anni il numero di albini nati si conta sulle dita di una mano. La cultura dell’amniocentesi e delle diagnosi pre-impianto fa sì che l’alterazione cromosomica che genera sindromi appunto come l’essere albini o Down porti quasi automaticamente alla decisione di abortire. E’ accettabile una selezione eugenetica di questa portata? E’ progressista, è di sinistra, abbattere il bambino più debole, quello che più a bisogno di cure, negargli il diritto a esistere? Viene prima il suo diritto a nascere o il diritto della donna a non essere disturbata alla vista di un bambino anomalo?
Voglio la mamma, la mamma che accoglie, la mamma che al cucciolo più debole riserva il doppio delle attenzioni. Non è di sinistra distogliere lo sguardo e consegnare al nulla una vita nascente, solo perché non si incastra perfettamente con le nostre esigenze.
La vita arriva quando meno te l’aspetti, per sorprenderti e cambiare la tua.
Fate figli, che tutto il resto alla fine conta poco”.

51 pensieri su “LE PAROLE PER DIRLO, DI NUOVO E CON URGENZA

  1. Il problema con gli uomini che parlano di aborto non è mica che non dovrebbero averne il diritto. Però io ho il presentimento che soltanto un uomo possa pensare seriamente che una persona compia quella scelta a cuor leggero, per conservare il proprio status quo. Come se il problema fosse poter continuare a fare tardi la sera, o farsi i weekend a Londra col fidanzato. Soltanto un uomo può dire “fate figli, che tutto il resto alla fine conta poco”. Tanto mica deve farli lui. E probablmente non deve manco gestirli. Ecco, questo parlare con l’utero e la vita delle altre è veramente fastidioso. Ma dico io: anche partendo dalle stesse riflessioni, sulle quali si potrebbe ben discutere, perché mai non avere un approccio problematizzante invece che semplicistico e manicheo? Anche perché, alla fine della fiera, sempre là si torna, alla divisione del genere femminile in “donne” e “madri”. Le prime frivole, autoconservatrici, egoiste… insomma “peccatrici”; le seconde invece aperte, altruiste, accudenti.. insomma disposte al sacrificio di sé. Se la tesi di fondo è questa (e a quanto leggo, mi pare propro che lo sia), allora non c’è mica bisogno di tanti giri di parole e forse manco di Facebook: basta leggere gli opuscoli di Santa Romana Chiesa e amen.

  2. La quart’ultima frase di questo post di Adinolfi («Voglio la mamma, la mamma che accoglie, la mamma che al cucciolo più debole riserva il doppio delle attenzioni») la dice lunga sull’immaturità di questa visione maschile riguardo a un argomento così psico/bio/emotivamente femminile come l’aborto.
    Se questi uomini che sono eternamente figli avessero voglia di crescere, di evolversi, di maturare, la nostra società sarebbe migliore. E i cattolici (medici obiettori in primis) non avrebbero gioco facile nel colpevolizzare le donne che non si sentono pronte ad affrontare un progetto impegnativo come è quello di mettere al mondo un figlio, con tutta la responsabilità che ne consegue.

  3. Questo articolo mi colpisce molto negativamente, ma non tanto per la posizione “etica” di Adinolfi sull’aborto (che non si possa uccidere un embrione, per quanto piccolo, è cosa che posso comprendere e anche, ma solo per quanto concerne me stessa, condividere, come posso capire, fino a un certo punto, i discorsi sull’indagine prenatale).
    Mi colpisce negativamente per la sua incoerenza: da un lato rivendica per gli uomini il diritto di dire la loro sull’aborto. E io penso che sia sacrosanto. Ma poi, invece di chiamare in causa gli uomini, Adinolfi continua a rivolgersi solo alle donne: come se l’aborto fosse roba solo loro. Perché se legalmente è la donna titolare del diritto ad interrompere la gravidanza, che ha luogo nel suo corpo, e dunque spetta a lei, concretamente, la decisione ultima, è anche vero che il concepimento indesiderato si fa ben in due. Perché, venendo da un “papà” , la sua chiamata alla morale e alla responsabilità (sia pre- che post- concepimento), non si rivolge esplicitamente ai padri di questi embrioni indifesi? Perché non chiede proprio a loro se hanno fatto quel che era in loro potere per evitare questo epilogo? Perché, se l’aborto è così immorale, non si parla accoratamente anche all”uomo” (cattivo) che lascia passivamente che la vita frutto dei suoi lombi venga abortito, mentre un “papà” non lo farebbe mai? Perché invece di “voglio la mamma, che accoglie ecc.” non grida “voglio il papà”? Ma no, i figli sono roba da donne, anzi da “mamme”. Ed è questo, per me, che non è neanche un po’ di sinistra.

  4. Queste parole mi preoccupano, mi angosciano e mi fanno arrabbiare. Mi chiedo chi sia Adinolfi per permettersi di decidere per tutti gli altri! Lui ha fatto delle scelte, che riguardano la sua persona e la sua compagna: io ne ho fatte delle altre che riguardano la MIA persona e il MIO compagno.
    Ecco, questo voler entrare nella vita di tutti con le certezze della fede a tenere banco mi manda in bestia. Ho due figli e tra uno e l’altro ho avuto un aborto spontaneo (come tantissime altre donne): ho quindi abbastanza esperienza diretta per sapere che ogni donna è diversa e che ha IL DIRITTO di decidere in autonomia senza dover temere giudizi da parte di nessuno, giornalista cattolico o no.

  5. Andiamo sul pratico. La vita innanzitutto. Perfetto. I 7 miliardi annui che lo Stato versa al Vaticano vengano dirottati su consultori e ospedali. Il denaro è nulla, la vita è tutto. Va bene così?

  6. Il classico esempio da non seguire, nelle parole e nelle idee.
    Grazie, metri di paragone servono sempre, in argomenti così complessi.

  7. Sulla superficialità, l’egoismo, il sessismo e la violenza delle opinioni di Adinolfi, avete detto tutto voi. In particolare, quoto quello che ha scritto Francesca Violi, che mi sembra riassuma benissimo:
    “Ecco per dirla più seccamente compare 9 volte la parola “mamma”, 0 volte la parola “papà”.” Essere genitore significa essere madre e basta. Ed è vero, è esattamente la visione di un uomo che vuole essere eternamente figlio, senza misurarsi con il suo essere uguale all’altro sesso – tranne che nelle ovvie differenze biologiche – per non doversi mai mettere nei panni delle donne con le quali si vive. Lo sappiamo, è molto comodo considerarsi diversi. Solo così questi uomini possono attribuire alle donne lo spirito di sacrificio e l’amore incondizionato di cui loro stessi hanno bisogno, e che non si sognerebbero mai di provare, perché metterebbe in discussione il loro ruolo sociale, che è quello di essere accuditi e non accudenti.
    Mettendo un attimo da parte questo schifo, vorrei ricordare che cosa significa l’opposizione alla 194, all’atto pratico. Interpretando Padre Pizarro, Guzzanti dice, all’incirca: “E come fai a impedire a una donna di abortire? Le commissioni il corpo? Le mandi i carabinieri a casa? Non si può”. Ed è vero. A meno di rinchiudere ogni donna incinta dai primi giorni di gravidanza fino al parto in una cella dalle pareti imbottite, non si può impedire a una donna che non vuole una gravidanza di abortire. Si può però impedirle di farlo in modo gratuito e sicuro. Opporsi alla 194 (e alle leggi corrispondenti in altri paesi) non significa eliminare gli aborti, ma eliminare gli aborti sicuri e gratuiti. Significa far sì che le donne paghino profumatamente medici privati, magari in cliniche cattoliche (basterebbe citare il caso di Villa Serena a Genova http://www.uaar.it/news/2008/03/15/genova-scandalo-allarga-aborti-nella-clinica-delle-suore/). Significa privatizzare una necessità imprescindibile, esattamente come privatizzare la scuola, l’acqua, il trasporto pubblico, la sanità in generale. Per quante volte si decide di evocare la “mamma”, questo è. Vuol dire prendere una cosa di cui gli esseri umani hanno bisogno (un bisogno doloroso, ma non per questo meno impellente), togliere loro il diritto di averlo e costringerli a pagare. Che vuol dire rubare.

  8. Riguardo invece alla sicurezza, in un rapporto scritto a partire da dati dell’OMS (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/19/lancet-%E2%80%9Claborto-clandestino-delle-principali-cause-morte-donne%E2%80%9D/185034/) si dice che l’aborto clandestino è una delle principali cause di morte delle donne in gravidanza. Se si potesse abortire in modo sicuro morirebbero quasi 50.000 donne in meno nel mondo all’anno, e 8 milioni e mezzo in meno non avrebbero la salute compromessa. Però, straordinariamente, la loro vita vale di meno del frignare di qualche uomo potente che invoca la mamma.

  9. ma perché si insiste a paragonare mele e pere? perché un paragone cosi folle e stupido come quello fra la battaglia (sacrosanta) per l’aborto e quella non per il lavoro, attenzione, nemmeno per il licenziamento discriminatorio, neanche, ma per l’applicazione di uno dei mille articoli di un codice del lavoro frutto dei suoi tempi, e quindi modificabile, adattabile?
    ma perché, quel che è molto peggio, quest’ostinazione a voler parlare di tutto, di ciò che si conosce e di ciò che invece si ignora?
    di tuttolog* ne abbiamo abbastanza, per favore…
    claudio

  10. Forse dovremmo imparare tutti, (Adinolfi compreso) da Papa Francesco. e non lasciare che istanze anche giuste, siano utilizzate per fini diversi dalla giustizia. e parlare di Aborto a Natale, da qualsiasi parte vogliamo guardare, inevitabilmente da’ l’impressione di essere più che altro una mossa utilitaristica, politica o giornalistica che sia. un addobbo.
    Comunque il pezzo di adinolfi insieme a provocatori manierismi, più ingenui che violenti, dice anche frasi che colpiscono per verità, es: “Chi abortisce lo fa perché non vuole veder turbato il proprio status quo, chi abortisce è il più estremo dei conservatori. Il progressista vede nella vita l’opportunità di una nuova storia che comincia e sa che nessuna razionalità può segnare un momento in cui quella storia a inizio..”
    Mi sembra difficile da contestare, anche Wuming evidentemente colto nel vivo, rimuove e scrive ; “ho il presentimento che soltanto un uomo possa pensare seriamente che una persona compia quella scelta a cuor leggero, per conservare il proprio status quo.”…
    Comunque bgando alle polemiche un Buon Santo Natale a tutti i commendatori.
    giao, k.

  11. Adinolfi riesce a far vergognare qualsiasi uomo adulto di essere maschi.
    E’ un mammone, figlio mai cresciuto, succube delle donne sulle quali però vorrebbe avere potere assoluto. Un bel caso di ricatto affettivo disfunzionale!
    Tutt* abbiamo notato la parallela assenza nel suo sproloquio di un minimo accenno alla responsabilità paterna. A dire il vero il padre è semplicemente “non pervenuto”: significativa, questa assenza.
    Ma il vero problema sta in quello che Loredana Lipperini denuncia nel suo incipit: le (chiassose, pervasive e invasive) minoranze cattolico-intransigenti non hanno mai smesso di lavorare bene per distruggere i diritti delle donne e le teorie di genere con le loro conseguenze. Il che, unito all’insipienza e alla supponenza di troppi esponenti laici, sta permettendo loro di operare una vera e propria Controriforma. Aiutati egregiamente dalla crisi economica.
    Se non stiamo attenti ai tanti, troppi Adinolfi che infestano l’Italia, ci troveremo ben presto in una dittatura che farà decidere ad altre “autorità” per i nostri corpi. E non varrà solo per le donne, esse sono solo il prodromo.

  12. frutto dei suoi tempi perché un conto è un diritto (al lavoro e alla non discriminazione sul posto di lavoro) e altra cosa sono le norme, singole e inserite in un contesto sociale, politico, culturale, che cercano di attuare determinati diritti. paragonare la possibilità di licenziare (che comunque non è tutto il discorso) alla proibizione dell’aborto mi sembra un gran minestrone in cui tutto perde la sua identità, e quindi diventa impossibile ragionare dei singoli provvedimenti, buoni o cattivi che siano.
    ps: ma c’è davvero che ci sia bisogno di spiegare che una norma è sempre frutto del suo contesto? davvero davvero davvero è una definizione nuova? siamo messi cosi male?

  13. Espressioni colpevolizzanti come “bisogno doloroso”, “dramma dell’aborto”, “cuor leggero”, secondo me, evidenziano la permanenza di una visione “biologica” della maternità, pericolosa perché è la stessa degli antiabortisti: gli anticoncezionali, la cosiddetta “pillola del giorno dopo” e l’aborto stanno sullo stesso piano, rispondono cioè alla stessa esigenza: fare sesso senza procreare; ed è per questo motivo che la dottrina della Chiesa non ammette l’uso degli anticoncezionali. Si può dunque tranquillamente abortire a cuor leggero per continuare a far tardi la sera o per altri motivi “frivoli”, così come, per lo stesso motivo, si assume a cuor leggero la pillola.

  14. Gentile Claudio, naturalmente le norme sono frutto del contesto: esistono però diritti (e le assicuro che per quanto la faccia rabbrividire il diritto all’autodeterminazione e il diritto dei lavoratori a non essere licenziati con facilità) che dovrebbero essere frutto di un patto sociale, e dunque non rimessi in discussione. Non mi interessa attaccare Renzi e spero che lei non parli semplicemente in sua difesa: la proposta attuale sul lavoro, se resterà nei termini che sono stati diffusi, è indubbiamente frutto di un contesto mutato, ma lede un diritto. Così come la legge spagnola ne lede un altro.

  15. Giuseppe D’Emilio, credo sia rischioso rimuovere del tutto la biologia quando si affrontano questi argomenti (senza voler ridurre la genitorialità a questo però c’è anche questo), è proprio sul dato biologico che si concepisce in due ma solo la donna resta incinta che la legge prevede giustamente a mio avviso che sia la donna a decidere se abortire o no: la gravidanza e il parto investe il suo corpo, questo dato non può essere trascurato o ignorato. E senza voler parlare di dramma sempre e comunque (ogni donna ha il sacrosanto diritto di provare o non provare quello che vuole quando va a fare un ivg, se soffre va aiutata, se non soffre va lasciata in pace, in entrambi i casi va rispettata) non mi pare che l’aborto sia una festa quindi prendersela perchè nel campo pro-choice si usa l’espressione “cuor leggero” non ha senso
    E affermare che non c’è differenza tra la pillola anticoncezionale e l’aborto questo sì è fare il gioco dei no choice (quando la legge tra l’altro dice chiaramente che l’aborto non è un contraccettivo).

  16. ma perché tutte le volte che mi imbatto in una discussione su questo sito vengo sempre tacciato dei crimini più orrendi? una volta chiesi una specificazione su un dato (che era dato male, come lei poi mi confermò) e mi ritrovai dalla parte di quegli orribili negatori della realtà che vorrebbero le donne asservite ai mariti schiavisti. ripeto: avevo chiesto un dato.
    stavolta provo a dire che una modifica dell’articolo 18 non è proprio come proibire per legge l’aborto e improvvisamente i diritti dei lavoratori mi fanno rabbrividire. c’è una tale carica di malafede e di insulto in queste posizioni che – quelle si – mi fanno rabbrividire.
    nessuna differenza con un qualsiasi blog di destra, o grillino: solo tanta voglia di inquadrare chi la pensa in modo leggermente diverso in una qualche casella, e poi fare fuoco al massimo.
    tutto bianco o nero, come ai bei vecchi tempi, eh?
    e guardi che io in rete ci vivo, per cui posso immaginare che di discussioni difficili ne capitano tante, soprattutto occupandosi dei temi di cui si occupa lei. capisco a volte la stanchezza e l’essere sempre sul chi-va-là. ma questo è un blog e questa è la rete, se non è in grado di reagire a dei semplici commenti, li chiuda come fanno tanti altri. troppo facile tenerli aperti e poi fare in modo che chi pone qualche questione si senta cosi a disagio da non tornare più, viene la tentazione di pensare che si allevino solo i che applaudono.
    uff, che fatica.

  17. Ehm, Claudio, mi sono riletta ma non ho trovato nessun insulto, perché non c’era nessuna intenzione di insultarla. Dicevo solo che modificare l’articolo 18, esattamente in questo contesto, rappresenta un’insidia pesantissima ai diritti dei lavoratori. Dov’è l’insulto a lei, mi perdoni?

  18. Seguo il blog di Loredana da un po’ di tempo. Ho apprezzato il suo libro “Di mamme ce n’è più d’una” e pure la grinta su alcuni punti importanti della sua visione di vita. A volte, però e mi riferisco a molti interventi in generale, di fronte ad argomenti complessi e delicati, che avrebbero bisogno di somma cautela, poca o per niente umiltà ma spesso una testarda, pretenziosa supponenza e sicumera. Quasi mai che si arrivi ad un dubbio, ad una esile perplessità o titubanza. Mai ad un umano e comprensivo “Non lo so” che rappresenterebbe, invece, in diversi casi, l’esito più naturale di una discussione. Troppe volte prevale il credo assoluto, la certezza micidiale. Che io non ho.

  19. Caro Fabio, nella mia arroganza e sicumera e supponenza, sostengo che la modifica dell’articolo 18 leda diritti acquisiti. Lieta di essere in compagnia di altri arroganti, testardi, presuntuosi e supponenti. Felice Natale 🙂

  20. Scrive Paolo1984: “ogni donna ha il sacrosanto diritto di provare o non provare quello che vuole quando va a fare un ivg, se soffre va aiutata, se non soffre va lasciata in pace, in entrambi i casi va rispettata”. Concordo pienamente.
    Continuo a pensare però che non ci sia differenza concettuale tra l’uso degli anticoncezionali e l’aborto, ma, ovviamente, è una mia opinione.

  21. “e le assicuro che per quanto la faccia rabbrividire il diritto all’autodeterminazione e il diritto dei lavoratori a non essere licenziati con facilità”: a casa mia affermare che i diritti dei lavoratori mi fanno rabbrividire è un insulto, sarà perché IO ai diritti dei lavoratori ci tengo. ma possiamo menar il can per l’aia quanto vogliamo e ucciderci sui sinonimi, se proprio ne abbiamo voglia. io non molta.
    un ultimo punto: l’articolo diciotto NON è la difesa dei lavoratori. l’articolo 18 riguarda lavoratori a tempo indeterminato (NON i precari, NON i lavoratori a tempo determinato, NON i cocopro), dipendenti privati (NON i pubblici, NON i liberi professionisti, NON gli autonomi), NON i commercianti) delle aziende con più di 15 dipendenti (NON quelli sotto). a oggi, circa il 10 percento della forza lavorativa attiva. continuare a pensare che questo sia l’unico strumento che difende TUTTI i lavoratori è semplicemente falso.
    accusare chi pensa che, di fatto, l’articolo 18 non serva più perché non tutela la stragrande maggioranza dei lavoratori, di volere distruggere dei diritti (“l’autodeterminazione ti fa rabbrividire”, eh si, orrore, sciagura, mi sto stracciando le vesti, in realtà io sotto sotto bevo il sangue dei bambini nella mia baita a bildenberg mentre faccio fallire stati interi come fosse Age of Empires) è particolarmente spiacevole (a livello personale), oltre che deleterio per un dibattito sano e costruttivo.
    consiglio? non confondere diritti e norme, diritti e diritti, lotte di tipo diverso. farlo indebolisce le cause che si perseguono, ci si fanno figuracce, e si indebolisce la legittimità delle posizioni che si portano avanti con tanto coraggio, abnegazione e intelligenza 😉
    Claudio

  22. Scusi Claudio, e quelli li buttiamo via? 🙂 Non la sto offendendo, non la sto accusando di essere Oscar Farinetti o Jeff Bezos, la prego, è anche Natale 🙂 So cos’è l’articolo 18, ma mi rifiuto di pensare che per “salvare” una parte dei lavoratori bisogna fare secchi gli altri. 🙂 Auguri!

  23. Caro Claudio, proviamo a ribaltare la questione-lavoro: e se estendessimo a tutti i tipi di lavoratori le tutele dell’art.18 invece di eliminarle? Non sarebbe ben più rivoluzionario (e giusto)?

  24. “Voglio te”. Voglio la mamma. Non la donna.
    L’intero pezzo di Adinolfi mi ha fatto chiudere lo stomaco, ma questo frammento è da film dell’orrore. Letteralmente.

  25. vedo che si rimane volutamente sulla superficie e dunque si sobbalza solo su quel “voglio la mamma” e non sulla sostanza di quanto dice Adinolfi; sostanza che potrebbe pure essere contestata, argomenti e dati alla mano.
    A parte il solito K molto diretto e una prudente francesca violi, nessun altro commento in merito.
    Allora chiedo: è vero che si abortisce per non sconvolgere il proprio status quo?
    E’ vero che non nascono più albini (o down aggiungo io)?
    L’albinismo e la sindrome di down sono incompatibili con la vita?

  26. Per la prima volta lascio un commento allineandomi con chi ha espresso orrore e indignazione…. e si credo come luca che questa posizione faccia vergognare chi e’ uomo…. io ho votato al referendum per la 194 in tempi lontani in cui si credeva nel valore della vita ma anche della persona… non essere femminista allora era quasi impossibile … e so con quanto dolore le donne che hanno scelto di o che hanno dovuto – ripeto dovuto – interrompere la gravidanza abbiano affrontato il resto della loro vita… cari uomini e care donne ricordiamoci che nessuno ci obbliga a farlo o a non farlo e ognuno e ognuna fara’ i conti con la propria storia personale… molte donne che hanno interrotto la gravidanza sono anche mamme ricordiamo anche questo… e per favore smettiamola di chiamarlo aborto che e’ una parola bruttina… credo infine che ci siano problemi piu’ urgenti nella nostra societa’ che non penalizzare come sempre le donne… questo atteggiamento come anche l’eccesso di obiezione di coscienza in italia e’ parte del femminicidio in cui siamo immersi non dimentchiamolo

  27. @lucaperilli: adesso il lavoro sarebbe una “questione”? guardi che per quanto questo le faccia sicuramente orrore (anche se, per carità, mica la accuso di nulla, eh, come dice il titolo di questo post, le parole noi le usiamo a caso), il lavoro è un diritto!
    [risposta data usando il generatore automatico di risposte della @lipperini]

  28. Senta Claudio, fin qui mi sembra che le sia stato risposto con pazienza. Non è colpa nè mia nè di altri se lei personalizza ogni commento. Ribadisco che nessuno l’ha accusata,nessuno ce l’ha con lei e le vogliamo tutti bene. Meglio così?

  29. “aborto” sarà pure una parola bruttina, ma è quella “vera”.
    sempre meglio la verità piuttosto che gli eufemismi e le edulcorazioni, comunque la si pensi su tutto.

  30. Sono sempre amareggiata quando si cerca di eliminare i diritti altrui. Da precaria e disoccupata in alternanza ormai biblica, invidiosa anche di chi un lavoro a tempo indeterminato lo ha e può pensare la vita intera invece che la giornata, mai ho pensato che togliere diritti a chi li ha possa aiutare i senza diritti. In una società civile e democratica (e forse è qui il problema?) i diritti si dovrebbero riconoscere dove mancano e non livellare sul valore più basso.
    Per quanto riguarda il diritto delle donne ad abortire come sempre si tirano fuori concerti arcaici e pur sempre dominanti in cui la donna è prima madre e poi persona. Come sempre si parla di eliminare diritti (quelli della donna). Ma perché non offrire un’alternativa? L’aborto è una scelta e un diritto, ma se la procreazione, l’allevamento e la crescita di un figlio non fosse solo e sempre cosa da madre, se ci fossero padri presenti e servizi (in numero adeguato e gratuiti) e congedi totalmente retribuiti… Fermo restando che sarò sempre io donna a decidere del mio corpo, mi pare troppo facile criticare le scelte altrui senza che si faccia nulla perché la maternità sia una esperienza vivibile senza fatica e non un fardello da portare da sola. Sì che ci sono padri e servizi, ma per ora mi pare sia ancora una goccia nel mare. Sembra che tutti vogliano favorire la famiglia e la maternità, con parole ed onorificenze e questo non è cambiato da quasi un secolo fa. Pare più facile eliminare un diritto che prodigarsi perché ci siano alternative (perché a volte le alternative potrebbero servire). Pare più facile star sul piedistallo a criticare scelte sofferte e giudicare e colpevolizzare le persone. Non credo che questo sia un comportamento che ben si sposi con la volontà di difendere la vita. Quale vita? Una a discapito di un’altra che può essere insultata a piacimento? Che è sempre solo strumentale alla procreazione e non individuo in sé che deve essere messo nelle condizioni migliori per la vita (propria prima che, eventualmente, di un figlio).

  31. dot
    se ci fossero padri presenti ….. fermo restando che sarò sempre io donna a decidere del mio corpo.
    al di là delle opinioni personali sull’aborto e in particolare sulla figura del padre in merito all’aborto, perchè – chiedo – un padre dovrebbe preoccuparsi di essere presente se riguardo la nascità di suo figlio gli si dice fin dall’inizio che è una faccenda che non lo riguarda?
    Riguardo a quanto scritto da Adinolfi, trovo che il grande imperdonabile difetto sia stato il raccontare la propria esperienza personale mettendosi nella posizione di chi deve essere preso ad esempio, di chi può impartire lezioni agli altri, ritenendosi in tal modo, più o meno consapevolmente, moralmente superiore.
    Per il resto, soprattutto per ciò che riguarda la sostanza del ragionamento che già evidenziavo, nessuno ha finora risposto.

  32. Perché un embrione chiama la mamma dicendo che ha bisogno di lei? E non chiede alla madre di farlo nascere e consegnarlo nelle mani del padre che tanto vuole un figlio? Perché il padre vuole ch’era donna non abortisca ma non propone di essere lui il genitore in una famiglia unigenitoriale? Non so cosa direbbe la madre, ma questa domanda non l’ho sentita porre da nessun uomo che si schieri contro l’aborto. Magari è capitato e io non ne ho mai sentito, per carità.
    Riguardo alle motivazioni risibiliper cui una donna decide di abortire, mi sembra che quelle citate da Adinolfi sono proprio quelle che se ci fosse meno discriminazione per la donna come madre e basta e oltretutto come unico genitore a doversi occupare del figlio (almeno questo nell’idea di Adinolfi ma che è anche l’idea predominante, purtroppo) se ci fossero anche servizi e leggi che aiutino le madri, forse alcune cause risibili potrebbero non approvare così tanto peso nelle scelte di alcune donne. Parlo di strutture educative per la prima infanzia gratuite e che accolgono i bambini prima del compimento dell’anno, di congedi parentali meglio retribuiti e più lunghi, congedi per i padri obbligatori come in alcuni paesi del nord Europa, di agevolazioni universitarie per le ragazze già madri che ne semplifichino la carriera. Ovviamente è sempre più facile spostare il dibattito sul senso della maternità e su quanto le donne che abortiscono siano mostruose. Ma se si volesse davvero dare diritti ai nascituri e ai bambini, non è togliendoli alle madri che si raggiungerebbe l’obiettivo, ma dando piuttosto ancora più diritti e servizi proprio alle donne in modo che la maternità possa essere un cammino facile e mai una scelta aut aut tra madre e donna.

  33. dot,
    sul padre si può dir tutto ciò che si vuole (a parte che le prime due righe non le ho capite), rimane comunque il fatto che l’uomo – migliore o peggiore del mondo che sia – è escluso dalla decisione finale se portare a termine o meno una gravidanza, e in molti casi devo anche aggiungere che gli uomini sono assolutamente convinti della giustezza di questa impostazione.
    D’altra parte uno stato che voglia dotarsi di una legge che regolamenti l’aborto non credo possa fare altrimenti.
    Rimane comunque per me una questione spinosa, anche se suppongo che nella maggior parte dei casi certe decisioni vengano prese di comune accordo.
    Riguardo le mie domande continui a mantenerti sul generale, pertanto non insisto più.

  34. @ marilù
    è certamente vero che si abortisce per non sconvolgere il proprio status quo, ma questo che vorrebbe dire? se la pratica è accettabile lo sarà sia per la madre ( e la coppia ) che non può mantenere un altro figlio sia per la studentessa o per una ragazza che rimane incinta dopo un rapporto occasionale con uno che magari neanche rivedrà. Che la si guardi da un punto di vista cristiano o laico o ateo non cambia. L’uomo rimane escluso in ultima analisi per il semplice fatto che nessuno in uno stato liberale può intromettersi nella gravidanza di una donna. Questo non implica poi che la scelta non possa essere condivisa.
    Su albinismo e sindrome di down non conosco i dati. La sindrome di down non è incompatibile con la vita, è semplicemente auspicabile che i figli possano nascere nelle migliori condizioni possibili ( cosa che inoltre non implica nessuna imposizione ). Parlare come fa Adinolfi di selezione eugenetica mostra solo come egli non sappia di cosa parla. Già parlare di eugenetica è improprio ( egli dovrebbe parlare eugenica, questo era il termine allora usato e proprio per pratiche come la sterilizzazione forzata ), ma soprattutto non si può confondere il progetto sociale imposto da un regime con la scelta individuale di coppia in una democrazia liberale.

  35. **
    ogni posizione chiara è legittima e rispettabile.
    Sullo status quo è evidente che la polemica di Adinolfi è rivolta alle argomentazioni di quanti, in tema di aborto, parlano sempre e solo di motivazioni economiche, violenza subita, problemi di salute della madre.
    La realtà è invece molto più eterogenea e io credo si debba sempre partire da un presupposto di sincerità.
    detto questo e premesso banalmente che ognuno di noi si augura di partorire figli sani, mi chiedo sempre: vogliamo un mondo solo di sani?
    e (domanda ancora una volta banale ma opportuna secondo me) il fatto di nascere sani grazie alle indagini prenatali che il più delle volte portano ad aborti terapeutici, ci preserverà dalle malattie per sempre?
    Sull’uomo escluso, mi sta anche bene; credo però che allora non si possa “criminalizzare” certa latitanza dei padri, e anche che non li si possa “rincorrere” come succede a volte, per assumersi la responsabilità della gravidanza stessa. E mi stupisco sempre della considerazione che hanno di sè tutti quegli uomini a cui va bene così. Ognuno poi la pensi come crede.

  36. @ marilù
    sì, ma è comprensibile che dal momento che l’aborto è un tema delicato le argomentazioni non siano sempre chiare. Ma qualunque sia il motivo per cui una donna abortisce, non è il motivo che rende legittimo abortire. Si può abortire perché un embrione e un feto non sono bambini. Non c’è da discutere su questo. Se si mette in discussione questo è ovvio che non solo la voglia di divertirsi, ma neanche la mancanza di lavoro sarebbero un motivo valido per abortire. Sì, vorrei un mondo con più benessere, laddove sia possibile e senza imposizioni per gli altri . Le tecnologie biomediche non preserveranno dalle malattie per sempre, ma non è un motivo valido per rinunciarvi.

  37. mi verrebbe da aggiungere, considerando anche solo il punto di vista logico, caro o cara **, che se l’embrione e il feto non sono bambini o comunque vite umane agli esordi, l’aborto non dovrebbe essere un evento drammatico e lacerante così come lo descrivono tutti, a partire dalle donne che l’hanno fatto.
    Ma poi la discussione sarebbe – di nuovo – interminabile.
    Grazie, buon anno.

  38. di certo non è una festa, e non è un evento “allegro” o auspicabile e non è e non sarà mai come togliersi un dente per ovvi motivi, però non tutte le donne vivono l’ivg come un evento “drammatico e lacerante”, alcune sì, altre un po’ meno chi lo vive così e va rispettata e chi lo vive diversamente pure va rispettata
    Se la donna soffre (e capita) va aiutata, se non soffre va lasciata stare. Qualunque cosa si provi in queste circostanze, è legittimo
    E poi c’è aborto e aborto: l’aborto spontaneo di un figlio che avevi deciso di accogliere non è un ivg, e un ivg tardiva di un figlio desiderato ma affetto da gravi malformazioni non è come un ivg nei novanta giorni, abortire per costrizione esercitata da qualcuno (qualcuno che commette un reato, ci tengo a dirlo, ed è giusto che sia reato, dovrebbe esserlo anche l’abuso dell’obiezione di coscienza), non è come abortire per decisione propria (decisione sofferta magari ma una propria decisione) tanto per fare tre esempi, tra i tanti.
    A me preme dire che qualunque cosa una donna decida (abortire, darlo in adozione, tenerlo) va rispettata

  39. Ho cambiato nick perché non riuscivo a postare, boh
    @ marilù
    Buon anno anche a te. Capisco che posso sembrare brutale, ma d’altra parte non capisco come si discuta ancora di aborto. Il tuo esempio scusami fa confusione, perché non è la percezione soggettiva di una esperienza che può fare da discrimine per una questione del genere. E nessuno si sogna di dire che embrione o feto non siano esseri viventi. Infatti la gravidanza è comunque protetta, solo che in questo preciso caso, per me come per altri, la volontà della donna vale più della vita di una creatura vivente in via di sviluppo. È un compromesso, ma non esageriamo con le considerazioni. A parte la donna che compie la scelta (e certamente ogni donna può dare un significato enorme a quella vita, però questo riguarda la sua condizione personale, e quando c’è quella del compagno ) non vedo di che cosa parlare noi altri, in che modo sia ammissibile intromettersi nella vita delle persone quando non si è in grado neanche di dare la solidarietà agli unici soggetti che possono soffrire.

  40. ah ma io non mi intrometto caro Boris, e neanche metto in discussione la 194 che era e rimane – per me – una buona legge, obiezione di coscienza compresa.
    dico solo che, indipendentemente dalla disposizione di legge e dai caso specifici che enuncia, l’aborto è percepito vieppiù come un diritto e basta, tant’è che è ormai entrato nel linguaggio e nella mentalità corrente il concetto “sono incinta, ho deciso di portare a termine la gravidanza, ovvero di abortire”, indipendentemente da motivi economici, violenze, salute della donna.
    E’ una scelta che rientra nel campo ormai acquisito dell’autodeterminazione da parte di molte donne.
    Questo – anche – bisogna che ce lo diciamo penso, senza finzioni.
    Così come, senza finzioni (e astendendosi comunque dai giudizi moralistici) occorre vedere cosa succede a volte e quali sono i motivi del ricorso all’aborto terapeutico.
    Per questo motivo capisco la polemica di Adinolfi.

  41. @ marilù
    non sono sicuro di aver ben capito. è una scelta acquisita dell’autodeterminazione e meno male dico io. non ci deve essere un motivo particolare oltre a quello che una non vuole una gravidanza. è possibile auspicare la migliore consapevolezza sulla sessualità, le migliori condizioni economiche eccetera, ma lì mi fermo. Non capisco in che altro modo dovrebbe essere visto l’aborto. Quello che vorrebbe Adinolfi è un’ammissione di colpevolezza. Per me è totalmente fuori di testa. Io non voglio che si parli di tragedia di dover abortire se non è la donna stessa a parlarne.

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