MARIANNA, IL FERTILITY DAY, LA GPA, IL BURKINI: LA STORIA E' SOLO UNA

Ai tempi, Victor Hugo asseriva: “La maternità non conosce limiti e ragionamenti. La madre è sublime perché è tutta istinto. L’istinto materno è divinamente animale. La madre non è donna, ma femmina”.
Ai nostri tempi, giusto lunedì, il primo ministro francese Manuel Valls asserisce: “Sul ruolo delle donne non possiamo transigere. Marianna, il simbolo della Repubblica, ha il seno nudo, perché nutre il popolo. Non è velata, perché è libera! Questa è la République! Questa è Marianne! È questo quel noi dobbiamo sempre difendere!”
In mezzo c’è stato naturalmente molto altro, ma questo molto altro sembra venir risucchiato indietro giorno dopo giorno, come il fantasma sotto il letto dei film horror, quando qualche forza invisibile lo tira per i piedi e quel povero spettro non può far altro che sparire.
Un anno strano, questo 2016, per i femminismi. E’ iniziato con la questione di Colonia, proseguito con le polemiche e le divisioni sulla gestazione per altri (linko l’intervento di Michela Murgia in cui mi riconosco pienamente), si trova ancora sulla scia della querelle sul burkini (anche qui lascio la parola a una donna che non sono io ma che ha scritto cose che avrei voluto scrivere io, Annie Ernaux).
Le discussioni che sono seguite, aspre in alcuni casi, pacate in altri, mi portano a cercare di mettere a fuoco due punti, peraltro già noti e dibattuti.
Il primo riguarda il ritorno, sommesso ma non troppo, al ruolo simbolico e destinale delle donne: la maternità. Marianna è a seno nudo perché nutre il popolo, dunque ricopre il ruolo di cura e accudimento che le è destinato. Non è velata perché è libera. Ma, benedetto Valls, se è obbligata “per natura” a nutrire il popolo, tanto libera non è. Le ceneri di Simone De Beauvoir si agiteranno molto, laggiù a Montparnasse, e di certo si agitano anche parecchie donne vive e vegete.
Ma non tutte. Perché è più facile, e sacrosanto, indignarsi per il Fertility Day imminente in Italia (il 22 settembre), con quell’invito neanche tanto sotteso a fare figli (qui le cartoline che non so se suscitino più ilarità o stupore). Mi indigno anche io, per esser chiara. Mi indigno un sacco, anzi, ma mi stupisco anche che il collegamento tra le virtù nutritive della Marianna, il Fertility Day, l’accanimento contro la gestazione per altri, non risulti chiarissimo. E che non risulti chiara la deriva “naturalista” di una parte molto consistente dei femminismi, quella che, che lo si voglia o meno, la porta a convergere con il popolo del Family Day, e con l’idea che la mamma è la mamma. O meglio, che la donna, prima di essere tale, è madre. Dunque è femmina.
La questione del modello materno di ritorno, peraltro, è difficilissima da affrontare. I femminismi recenti  sono stati molto coccolati quando si presumevano utili per far fuori un impresentabile presidente del consiglio. Ma giorno dopo giorno, ogni questione del femminile sembra ricondursi sempre più al corpo, da scoprire o ricoprire,  e soprattutto da rendere fertile, e ancora una volta la donna sembra non poter essere altro che carne; sembra, in quella carne, essere inchiodata, e non importa se il corpo in questione sia quello desiderabile della ragazza o quello venerabile della madre. Non c’è mai una testa, in questo corpo: come nell’inconsapevolmente profetico manifesto che pubblicizzava la Festa dell’Unità 2011, e che mostrava un paio di gambe femminili lasciate scoperte da un colpo di vento. Ma il volto della proprietaria delle gambe era stato tagliato via.
Il ruolo destinale di madri, prima rimosso, è tornato centrale. E quella parola, destinale, offusca ogni possibilità di moltiplicazione di modelli: potrebbe far sorridere e sicuramente farà sorridere i commentatori che dicono “ehi, ma le donne sono ovunque”, ma alle donne è tuttora riservato un destino, e quel destino è generare.
La questione della libertà di scelta, dunque, torna a porsi e non sempre viene vista. Scegliere se essere madri o meno, per cominciare.
Ma c’è un’altra questione che si intreccia con questa: ed è, ancora una volta (mi annoio da sola a ripeterlo) quella politica. I femminismi sono politici o non sono (annoiatevi pure anche voi, ma è così). Significa che quando ci si batte per la libertà delle donne, almeno a mio privato e personalissimo parere, non si può ignorare la questione complessiva della libertà e dei poteri. Non si può, ovvero, come detto infinite volte, usare le donne per fomentare l’islamofobia e l’attacco indistinto e indiscriminato ai migranti così come sono state usate per cacciare Berlusconi. Perché usa oggi e usa domani, si finisce per spostarsi, passo dopo passo, verso una visione del mondo che ci riporta indietro. Tutte.
Veniamo all’ultimo punto. E’ diventato molto difficile affrontare questi discorsi. Se lo si fa si viene tacciate di buonismo e di politicamente corretto e di ideologia, senza rendersi conto che l’ideologia, semmai, è dividere il mondo in buonisti e cattivisti, qualunque cosa significhino queste parole. E’ il motivo per cui mi sto sfilando da gruppi e attivismi, e serbo per me il ruolo – che altri troveranno comodo, ma pazienza – di chi osserva e racconta quel che vede, esattamente come avveniva dieci anni fa, quando ho iniziato a raccontare. Non mi sento consonante se non con alcune visioni, e di quelle parlerò. Con la speranza che, prima o poi, si possa ricominciare a fare squadra. Altre lo stanno facendo, e l’augurio è che ci riescano, e presto.

4 pensieri su “MARIANNA, IL FERTILITY DAY, LA GPA, IL BURKINI: LA STORIA E' SOLO UNA

  1. La Campagna della LORENZIN del fertliy Day e’ una campagna DISCRIMINATORIA e va fermata per questo motivo, oltre che per altri . Chiediamone il ritiro ! E’ discriminatoria verso le donne non fertili, verso le donne che hanno deciso di non voler avere figli , verso le donne che hanno un compagno non fertile, verso le donne che possono essere a rischio per malattiao perchè il feto potrebbe essere portatore/portatrice di una malattia ereditaria .

  2. Una sola nota, sul cosiddetto burkini. In Francia chi vuole proibirlo si appella a una legge che vieta l’esibizione in pubblico di simboli religiosi: per dire, neanche il crocefisso al collo. Non sto a entrare nel merito di una legge (che peraltro considero sbagliata) che in Italia non esiste, ma faccio notare (grazie a Lorenzo Declich per averlo scritto) che “Burkini” è un logo, un po’ come se si chiedesse di vietare non lo slip maschile, ma lo Speedo. Peraltro, la donna alla quale è stato imposto lo spogliarello di Stato in spiaggia non aveva un “burkini”, avendo una tunica non munita di cappuccio cui aveva aggiunto un foulard.
    Ora, fossi un francese mi chiederei, anche dal punto di vista costituzionale: si può considerare simbolo religioso una merce brevettata che esiste solo da 10 anni? Religioso, sacro, simbolismo: è tutta acqua fresca? La maglietta di un gruppo metal sulla quale compare, chessò, un pentacolo è considerabile simbolo religioso? Il merchandising del mago Otelma e/o di Vanna Marchi? La mia maglietta con su Bob Marley sarebbe vietata in un liceo francese, essendo Bob un rastafari conclamato?
    Ecco, vorrei solo che si tenesse presente in quali abissi di ignoranza ci stiamo infilando per inseguire le mode e i titoli dei giornali.

  3. E’ una pignoleria, ma “la libertà che guida il popolo” del quadro di Delacroix che riprende l’iconografia della marianne della grande rivoluzione, ma con il seno nudo, è relativa, come è noto, alle giornate di luglio 1830, che produssero non una repubblica ma la monarchia orleanista i cui governi furono definiti da Marx il “comitato d’affari” della borghesia (vedi sterminio dei tessitori di Lione in sciopero). Forse quello di Valls è un lapsus freudiano.

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