NOMINAZIONI

Leggendo il primo romanzo di Iaia Caputo, Dimmi ancora
una parola
, mi sono tornate in mente certe mattinate universitarie, quando
Ida Magli spiegava Lévi-Strauss. Così:

“Il termine di infibulazione (dal latino fibula ossia
spilla) si riferisce alla chiusura, tralasciando di menzionare la mutilazione
perché il vero scopo è la chiusura: si fa sul piano concreto quello che si
vuole raggiungere sul piano metafisico, ossia che la donna sia chiusa. E’ stata
imposta la verginità, che è una forma di chiusura quasi altrettanto forte dell’
infibulazione, perché è stata spesso accompagnata dalla condanna a morte in
caso di mancanza da parte delle donne. Lévi-Strauss osserva che anche il
silenzio è richiesto come una forma di chiusura: La donna sia muta, o sia otturata
in alto perché è aperta in basso. In realtà della donna aperta si teme il
sopraggiungere del male per eccellenza: la morte. Questa chiusura dunque è
perseguita con tutti i mezzi possibili, e le giustificazioni che di volta in
volta ne sono state date non riescono a spiegare la logica di una operazione le
cui conseguenze sono del tutto negative”.


Il collegamento è quasi ovvio per chi conosca anche gli altri libri di Iaia
Caputo: per esempio, Di cosa parlano le donne quando parlano d’amore,
che, come da titolo, era un libro sulle parole e sulla difficoltà di usarle (o
meglio, di trovare un territorio comune per le medesime). Nel romanzo, il tema
è molto simile: al di là della narrazione generazionale, che evidentemente urge
in molti scrittori, mi sembra che la chiave stia esattamente nella disparità di
linguaggi – e di silenzi – fra la protagonista e gli uomini della sua vita
(padre, amanti, marito). E’ un bel libro, amarissimo.

Poi, stamattina, mi sono letta l’articolo di
Edmondo Berselli su La pupa e il secchione. A giornale chiuso, la vostra
eccetera si chiede quale importanza abbia che il suddetto reality sia o no
una fiction da recitare a copione. Il punto, semmai, è che a qualcuno sia
venuto in mente di scriverlo, quel copione: e di scriverlo in quei termini.

Abbiate
pazienza, è lunedì e c’è la nebbia.

6 pensieri su “NOMINAZIONI

  1. Il libro di Iaia Caputo ce l’ho affianco al comodino. Giusto il tempo di terminare la pigna di arretrato e mi ci metto sotto.
    In ogni caso Scarabottolo ha composto un’ottima copertina!
    p.s. la nebbia Roma? Ma dove andremo a finire?

  2. Copio-incollo da pbianchi.it (che non ha nulla a che vedere con il p. bianchi cui ho dedicato una ‘quattro-giorni’ nel mio blog):
    ***La protesta
    “Il mio digiuno per ribellarmi in difesa degli autori seri”
    di Anna Tagliacarne***
    Ha scelto un metodo insolito per dire la sua. Paolo Bianchi, giornalista e scrittore, ha deciso di fare uno sciopero della fame. L’autore del recentissimo “la cura dei sogni” (Salani), romanzo sulla vacuità dei sentimenti e sul mondo delle illusioni nel quale vivono i trentenni, inizierà la sua personalissima dimostrazione il 1° di ottobre, San Francesco. L’obiettivo? Combattere lo “strapotere delle gnocche”. “Più che uno sciopero della fame sarà un digiuno di protesta,” precisa. Il modello? “Gandhi: infatti non sono previste azioni violente”. Bianchi vuole dimostrare che “esistono meccanismi censori che fanno sì che alcune idee non abbiano diritto di cittadinanza presso i media italiani. Però questi stessi media sono dispostissimi ad ospitare giovani fanciulle. I meccanismi di comunicazione sono talmente regolati da parametri di voyeurismo che chi si presta a fare la ninfetta del caravanserraglio culturale ha buone possibilità di bucare il video. Protesterò perché sono escluso dai premi letterari ai quali peraltro non attribuisco alcuna rilevanza. Allo stesso modo sono tagliato fuori dalle pagine culturali dei grossi quotidiani. Lo stesso vale per i programmi culturali televisivi e radiofonici del servizio pubblico, che dovrebbero parlare di tutti e invece parlano solo dei soliti quattro gatti, e poi delle fanciulle di turno. E non è che ce l’abbia con loro. Ma non vorrei dover fare Platinette per vendere i miei libri. Preferirei fare l’autore. Una volta Claudio Sabelli Fioretti mi disse: ‘Le tue opinioni non vengono riportate perché non sei famoso. Devi fare qualcosa di stupido e vedrai che i giornali si accorgeranno di te’. Le stesse cose, con altre parole, me le disse Massimo Fini.”
    Un digiuno che sarà un j’accuse: “Gli autori seri devono cominciare a pensarsi come una nazione colonizzata da un’orda barbarica, i detentori del potere radio-televisivo-giornalistico che parlano di cultura con gli strumenti semantici della pubblicità”.***
    Posso chiederti se ti sembra un autore serio e se sei d’accordo sullo strapotere delle gnocche?:-)

  3. Come minimo mi sembra che il suo immaginario sia sessualmente limitato. Se darla via è il prezzo da pagare per essere pubblicati o recensiti, perché non allargare lo sguardo ai culetti dati via (non ci sono editori/recensori gay?), alle bottiglie di lambrusco offerte in regalia (non ci sono editori/recensori astemi?), agli sconti sulla cura per il reimpianto dei capelli (non ci sono editori/recensori calvi), alle dichiarazioni di solidarietà per adriano sofri (non ci sono editori/recensori che snobbano il salotto di daria bignardi?), e via elencando…

  4. Lucio, ho già detto quanto avevo da dire nel post What a beautiful day for an exorcism, dove si è manifestato Bianchi medesimo, peraltro.

  5. Cara Loredana, a proposito di pupe e di secchioni: un po’ delle une e un po’ degli altri si raduneranno domani sera sotto l’obiettivo comune di una birra de noantri in quel di Roma.
    Mi sarebbe piaciuto invitarti: spero che tu possa essere presente per il prossimo appuntamento. In qualità di pupa, s’intende…
    [Ste]

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