OTTO MARZO: A NOI LA FESTA, A VOI LA PAROLA

6812354093_85ac3522fd_zSarebbe bello che per questo Ottomarzo le cose andassero un po’ diversamente. Che per una volta non toccasse alle donne elencare di tutti i guai causati a questo Paese da un’irriducibile “questione maschile”: il monopolio, come lo chiama Chiara Saraceno, dei posti di potere, l’applicazione di cospicue quote non scritte (tra l’85 e il cento per cento) a favore degli uomini.
Sarebbe interessante che stavolta fossero i nostri colleghi giornalisti, opinionisti e blogger, a dire I care.
A scrivere: la violenza e il femminicidio sono un mio problema, e rivelano l’incapacità della sessualità maschile di liberarsi dalla tentazione del dominio.
Come posta un lettore, Claudio Losio, sul blog Il corpo delle donne, commentando la vicenda della ragazza stuprata da un militare a L’Aquila, «il quadro che ne esce ci riporta indietro di 30 anni, al documentario di Tina Lagostena Bassi sul processo per stupro. La giovane studentessa dell’Aquila è nostra figlia, dobbiamo trovare il modo di sostenerla e proteggerla».
I care: è un mio problema di uomo lo sfruttamento commerciale e mediatico della bellezza femminile, che indebolisce le donne inchiodandole a stereotipi umilianti.
È un mio problema che l’agenda politica e quella economica siano decise quasi esclusivamente da vecchi maschi che bloccano qualunque innovazione per il loro vantaggio personale.
È un mio problema la mancanza di welfare e di servizi, freno all’occupazione femminile e allo sviluppo.
È un mio problema l’eccesso maschile che sta danneggiando tutti, donne e uomini. E serve anche il mio impegno perché le cose cambino.
Sarebbe bello.
8TH MARCH: WE CELEBRATE, YOU DECIDE
It would be great if for once on this International Women’s Day things could be different.
It would be interesting to see our male colleagues, both columnists and bloggers, saying “I care”. If they wrote: “violence towards women and femicide are my problem” and if they could reveal men’s inability to free themselves from the temptation to domineer. Following the rape of a girl by an army men in L’Aquila, a reader, Claudio Losio, posted the following on the “The Women Body “ blog: “This bring us back 30 years, back to the documentary by Tina Lagostena Bassi on the trial for rape. The young student from L’Aquila is our daughter, we have to find a way to support and protect her”. “I care”: I care as a man about the exploitation of women beauty in the media. It makes women fragile, confining them to a humiliating cliché’. I care that both politics and the economy are controlled by old men who prevent any change from happening to protect their own gain. I care for the lack of health, social and welfare services, which prevent women’s employment and development. I care for men’s excesses, which are detrimental to both women and men. I need to make a commitment for things to change. It would be great.
Postato in contemporanea da – Contemporaneously posted from:
Giovanna Cosenza, Femminile plurale, Ingenere, Ipaziaevviva, Marina Terragni, Lorella Zanardo.
Le blogger che condividono questo post pubblicano periodicamente thread comuni, in particolare sul tema della rappresentazione pubblica della donna e su quello della rappresentanza politica.
Women bloggers sharing this post regularly publish common threads, specifically on issues regarding public portrayals of women and their political representation.

193 pensieri su “OTTO MARZO: A NOI LA FESTA, A VOI LA PAROLA

  1. Allora, la mia narrazione di quanto detto in questo thread (e che mi è costato la messa in moderazione) è questa.
    Dire che l’esposizione del corpo è una forma di esibizionismo e che il comportamento seduttivo in pubblico è ambiguamente interpretabile non significa affatto giustificare uno stupro, ma semmai ammonire che questo legittima l’uso mercificato del corpo femminile che poi era una delle questioni centrali del post.
    Quel che sostengo è che c’è contraddizione tra l’esaltazione del comportamento 1) e la condanna del 2)
    Non siete daccordo? Benissimo. Poi però salta fuori una e dice: ma io mi scopro in pubblico, però è solo per il mio lui. E nessuno che faccia rilevare quanto sia idiota o almeno pericolosamente ingenuo questo modo di assumere la questione. Io lo faccio e allora alé, si grida all’assassino delle libertà, al misogino ecc.
    Inter nos, sapete cos’ho fatto la prima volta che mia figlia è uscita di casa in un abbigliamento che mi pareva troppo provocante? Non le ho detto niente. Il giorno dopo l’ho portata a fare un giro, l’ho fatta scendere ed entrare con me in un certo bar di un certo comune limitrofo. Ha visto come la guardava la fauna (non tamarra, di più) che lo popolava. Quando siamo usciti le ho detto: è a questi che vuoi piacere? E’ di questi che vuoi accendere le fantasie? No? E allora posto che vai vestito che indossi. Il pubblico è pubblico.
    Basta. Non c’è stato bisogno di altre prediche. Non ha buttato minigonne nè maglioncini scollati (ha la quarta, cazzo!). Le usa dove e quando è opportuno (non legale Barbieri, opportuno!)
    Sono un padre padrone? Un bacchettone? Un misogino? O uno che conosce il mondo e vuole proteggere le donne?
    E sul blog vi pare che dica cose diverse? Eppure mi arriva addosso di tutto (cui io avviamente reagisco con battute o altro)
    Mi spiace, sono un fegataccio e ho imparato a mordere prima che a baciare, ma non è per offendere che vengo qui. Se qualcuna si sente offesa da queste miei idee, però, almeno si assicuri di aver capito giusto.

  2. @ anonimo
    ho vissuto in una città di mare dove d’estate, per il caldo, girano uomini in abiti succinti con bicipiti in bella vista;
    i miei studenti portano pantaloni che lasciano intravedere le chiappe e le mutande;
    il mio capo porta magliette attillate che mettono in risalto un fisico notevole.
    Fino a che siamo nei limiti del buon gusto e dell’igiene, non trovo il loro comportamento né provocatorio né esibizionista.
    Se qualcuno pensa la stessa cosa della mia minigonna o della mia scollatura, be’, direi che è un problema suo.
    Sono d’accordo che per questioni pratiche è meglio che io faccia attenzione a come mi vesto: ma questa deve essere una precauzione transitoria, da adottare fino a che non si insegna agli uomini che non sempre (quasi mai?) sono loro i destinatari di un abbigliamento eventualmente provocante.

  3. @Herato e altre: mi sembrano un po’ troppo razionalistici questi discorsi. In un mondo ideale, sarebbe come dite voi: una donna si mette una minigonna inguinale e un top perché le piace vestirsi così (che poi non è sempre vero che ci vestiamo in certi modi solo per far piacere a noi stesse, secondo me, ma questo è un altro discorso) e va in giro da sola di notte magari in zone periferiche; gli uomini che la vedono la rispettano e non la toccano. Dovrebbe essere così. Ma purtroppo, spesso non è così. E non è eliminando da un blog due commentatori che – con argomentazioni diverse tra loro – la pensano così che si elimina il problema dal mondo. Mi impressiona un po’ questo idealismo spinto.
    Inoltre mi fa un po’ sorridere questo sforzo di mettere sullo stesso piano la minigonna e le maniche corte o i jeans a vita bassa di un uomo. Perché è vero che anche la donna prova desiderio, ma non stupra l’uomo spinta da questo desiderio: primo, per ragioni culturali; secondo, per ragioni di forza fisica (tranne forse donne molto forzute, ma suvvia quando mai ci verrebbe in mente di violentare a forza un uomo? E meno male, tra l’altro).

  4. @ Ilaria M
    Sono d’accordo: una non può aspettarsi di vestirsi in maniera provocante, andare in zone isolate e sperare che non accada niente; esattamente come non è prudente andare a Rio de Janeiro coperti di gioielli.
    Tuttavia nessuno si sogna mai di dare una giustificazione antropologica o evoluzionistica al borseggiatore; nessuno sostiene che la vetrina di un gioielliere sia lì per provocare.
    Siamo riusciti ad accettare come principio basilare – su cui non si discute quasi più – che non si ruba, anche se qualcuno ostenta ricchezza. Perché non dovremmo fare la stessa cosa con le molestie?
    Quindi io non sto dicendo che mi aspetto di poter andare in giro scosciata ovunque e non essere disturbata: dico solo che questo diritto sarà acquisito anche nella pratica quando passerà finalmente l’idea che una donna non è un oggetto creato appositamente per il piacere sessuale degli uomini. Io ritengo che sia questa visione della donna la RADICE di tutti i problemi di cui stiamo discutendo.
    La differenza tra il seno ostentato e il pettorale ostentato secondo me nasce proprio da questa convinzione: la donna non crede che il pettorale sia lì per provocarla (anche se magari tra sé e sé sbava!), l’uomo sì – e tutto questo indipendentemente dalle reali intenzioni dell’ostentatrice di seno o dell’ostentatore di pettorale, che possono anche essere provocatorie.
    Come concludi tu: la donna non stupra, per ragioni culturali. E non è che queste ragioni culturali – come dico sopra – nascono proprio dall’idea che la donna sia lì solo per attizzare l’uomo?

  5. @Herato: scusa, ma così come il furto, anche lo stupro nella nostra cultura non è minimamente accettato socialmente. Le gioiellerie hanno le vetrine e infatti spesso si sente dire in giro che fare il gioielliere o il tabaccaio è un mestiere pericoloso per i rapinatori. Non si danno spiegazioni evoluzionistiche del furto ma se ne danno altre. Io poi non condivido la visione puramente evoluzionistica di Hommequirit (anche se chiunque abbia studiato un minimo di psicologia – e immagino anche di biologia, ma su questo non posso dire nulla – sa che è assurdo pretendere di ignorare totalmente millenni di storia filogenetica che abbiamo alle spalle, semplicemente va considerata la componente biologica assieme ad altri fattori, che io stessa considero molto più rilevanti) ma non capisco perché debba essere censurato in questa discussione. Seguo questo blog da tempo e ho presente gli interventi di Hommequirit, capisco che possano sembrare provocatori ma io per es., pur non essendo d’accordo con la sua visione del mondo, non li trovo tali.
    Riguardo all’ultima tua notazione: certo, va insegnato che la donna non si veste per provocare, tuttavia non credo che uno stupratore stia lì necessariamente a fare questi rimuginamenti (“Lei si è vestita così perché voleva provocarmi”), cioè magari li fa dopo per cercare di “giustificarsi” ma credo che sia un istinto più semplice a spingerlo.

  6. @Herato
    Guardi, glielo dico non per provocare ma per farla riflettere. Lei è completamente a digiuno delle più elementari nozioni di bevoluzionismo e biologia. Come può solo pensare che un comportamento culturale come il borseggiatore rappresenti anche solo lontanamente un’analogia con meccanismi di fitness evolutivo che fanno parte del dna del mammifero da centinaia di milioni di anni? Lei pensa che la ragnatela di un ragno sia un elemento culturale che mamma ragno insegna al figlio? Ha idea di cosa ci voglia per scardinare un istinto che spinge un individio a riprodursi con un altro della specie senza culturalizzazione?

  7. Posto un brano dal libro di Bourke. Lo faccio un po’ controvoglia, perché non vorrei monopolizzare il discorso su di me e di lei, ma mi sembra l’unico modo per chiarire spero definitivamente che, mentre è perfettamente lecito essere in disaccordo (ed è questo disaccordo che ho chiesto di argomentare) non le si può far dire il contrario di quello che dice, come fa #…, in buona o mala fede che sia. Ho scelto un brano che racchiude molti elementi del post da cui la discussione sta muovendo, non solo lo stupro, come spero risulterà evidente, collegando la violenza e la sua possibile eliminazione alla sfera politica. E che spiega spero la ragione per cui ho scritto a lei quando mi facevo domande sul ruolo dei media in tutto questo.
    “La diagnosi femminista del male causato da una società dominata dai maschi, che incoraggia alla violenza sessuale, è più interessante della critica della pornografia. […] …Il fatto che le femministe abbiano menzionato i violentatori è significativo per un aspetto importante: ha riposizionato lo stupratore togliendolo dal duro mondo della strada e collocandolo in contesti bianchi, borghesi e apparentemente tranquilli. Il tipico stupratore non è “una creatura scimmiesca dalla fronte bassa, poco intelligente e poco istruito”, come credeva un cronista nel 1950, ma può essere “alto e bello, con un’espressione mite sul volto fresco. Lo si può immaginare con i pantaloni di flanella su un campo da cricket, o che gioca a tennis in un sobborgo borghese; è l’orgoglio dei genitori, e la preda ambita delle belle donne”. Fino alla critica femminista lo stupro era stato raffigurato come tipico delle aree marginali della società, tra giovani uomini che non erano ancora stati introdotti al “normale sesso patriarcale”, con le “regole classiche del marito e del padre” (quello che Roy Porter definì “le erezioni permanenti del patriarcato maturo: la ricchezza, la proprietà, l’ufficio, la posizione [‘eretta’]”). Le femministe di seconda generazione, invece, hanno portato alla luce la violenza che regge i bastioni patriarcali più saldi e rispettati. Lo stupro prosperava nel talamo coniugale. Veniva perpetrato sopra il tavolo per le assemblee. Era una pratica quotidiana a scuola, nelle università, negli uffici e nelle fabbriche. E benché contro questo argomento si sia scatenata una reazione violentissima, esso ha lasciato un segno profondo nelle definizioni di stupro e di abuso sessuale.
    In questo e nell’ultimo capitolo sostengo che i discorsi sullo stupro producono i soggetti che pretendono di descrivere. Gli agenti sociali costituiscono la realtà sociale. Attraverso la gamma dei linguaggi e dei racconti studiati in questi due capitoli, un uomo diventa qualcuno che stupra. L’interrogativo principale che tutti questi racconti condividono è: come si forma la criminalità umana? Scaturisce da un corpo degenerato o caotico, come credevano gli alienisti? Oppure è l’ambiente (in particolar modo i turbolenti spazi urbani e le famiglie disfunzionali) che fa la differenza?
    Richiamando quanto ho enunciato nel capitolo precedente, la maggior parte dei commentatori era pessimista in merito alla possibilità di eliminare lo stupro alla radice. L’istruzione, il fornire agli uomini altri “sfoghi” sessuali e incoraggiare le donne a costituire forme associative sono state le soluzioni principali. Ciò che è particolarmente degno di nota in queste spiegazioni è l’elusione del mutamento socioeconomico. Con l’eccezione del femminismo, sia le spiegazioni biologiche che quelle ambientali dell’aggressività maschile hanno evitato di proporre una riorganizzazione su ampia scala delle norme, delle istituzioni e delle strutture politiche della società. Anche le discussioni che hanno sottolineato il ruolo svolto dalla povertà endemica e dalla disuguaglianza nel generare uomini sessualmente violenti, si sono poi fissate risolutamente sugli individui quando si è trattato di trovare i modi per prevenire l’abuso. Soltanto il racconto femminista ha fornito una analisi dello stupratore che lo ha collocato in una realtà materiale dotata di genere, e ha insistito sul fatto che stupratori si diventa, e non si nasce.” Pp.163-164

  8. Francesco F. vedo che lei nel suo primo commento si è riferito alla mia dichiarazione di disagio di fronte agli argomenti portati da altri.
    Domanda: se qualcuno sostenesse che il negro è geneticamente portato all’ozio perché si è sviluppato nei climi caldi, lei crede che una persona di colore – che ha subito il razzismo per tutta la vita, i cui antenati hanno subito il colonialismo, il genocidio e la deportazione – non sarebbe legittimata ad esprimere la sua sofferenza perchè ehi siamo adulti? Oppure vogliamo ancora citare il povero Voltaire e dire che tutto è legittimo? Se un argomento come gli uomini sono geneticamente portati allo stupro, le donne non sono geneticamente portate al piacere, è un argomento come un altro, e io in quanto donna non mi devo sentire ferita da chi lo esprime, allora credo ci sia qualcosa di sbagliato e di, ancora, profondamente discriminatorio.
    Poi mi viene anche da dire che la sociologia evoluzionistica ha la strana tendenza a dimostrare le tesi nel quale chi fa lo studio crede.

  9. Come in tutte le discussioni, superati i 100 commenti si torna a spirale sulle stesse questioni.
    Anonimo/Binaghi, me ne frego se gli uomini del baretto sbavano, sono stati educati a farlo da secoli e secoli di Edwige Fenech che fa la doccia e Lini Banfi che guardano e sbavano, scene che al contrario (bonazzo che si insapona e attrice vecchiabruttacomica che sbava) non esistono o esistono in eccezioni non certo diffuse come quella maschilista, e si parte a razzo dalle seghe dei quattordicenni a quelle degli ottantenni ar baretto. Sbavano e si attaccano, e se mi toccano senza il mio permesso è molestia: non in un mondo ideale, Bina’, in QUESTO mondo.
    E la mia minigonna non giustifica la commercializzazione delle cosce mie e delle mie consessuate. Non è e non sarà mai una contraddizione.

  10. ma chi è che ha detto che gli uomini sono geneticamente portati allo stupro? l’uomo è geneticamente portato ad avere dei bisogni, e ha fra le sue strategie possibili usare la violenza. tutto ciò in che modo rende giustificabile lo stupro? gli uomini e le donne sono anche geneticamente portati ad avere “senso morale”.

  11. Cara Adrianaaaa, il problema della sua domanda è la sua erroneità. Se qualcuno sostiene che il negro è geneticamente portato all’ozio perché si è sviluppato nei climi caldi è facile confutarlo ribadendo che il caldo in sé non rappresenta alcuna pressione selettiva sulla competizione per la riproduzione e la storia della biologia è proprio mutazione e selezione a fini riproduttivi. L’efficienza riproduttiva è l’elemento portante dell’evoluzione che ha variegato la vita partendo dagli organismi unicellulari prima alle felci poi, agli anfibi, ai mammiferi e via via all’uomo.
    Il suo esempio dimostra che lei non ha capito benissimo l’evoluzionismo, anzi ne ha un’idea errata.
    Le vorrei ricordare che in natura non esistono il bene e il male che sono categorie umane. Semplificando al massimo è corretto affermare che la genetica dei mammiferi è per lo più stupro, se così vogliamo chiamare un accoppiamento in cui la femmina non decide il partner bensì il maschio sconfigge i rivali e poi si accoppia a sua discrezione. La femmina è programmata geneticamente per andare in calore e attrarre attraverso tutta una serie di biosegnali chimici l’individuo della propria specie, oltre ad essere programmata per portare a termine la propria gravidanza e tutelare la prole. Ho sintetizzato in modo estremo ma corretto: la biologia dei mammiferi funziona così.
    Nella nostra evoluzione filogenetica la cultura, intesa come linguaggio, è giovanissima e rappresenta uno strumento elaborato dall’homo sapiens sapiens per trasmettere ai propri simili in maniera velocissima l’informazione comportamentale che altrimenti comporterebbe tempi selettivi di migliaia e migliaia di generazioni e quindi centinaia di migliaia di anni. Sempre per rimanere all’esempio del comune ragno, facilmente comprensibile da chiunque, faccio notare che la classe arachnida non ha conosciuto professori di matematica a scuola eppure la costruzione architettonica di cui è capace risponde a precisi e perfetti canoni geometrici. Il ragno non ha studiato Euclide. Questo per dire quanto sia forte e vincolante il comportamento che si è sedimentato per mutazione casuale e selezione ambientale in istinto, che possiamo anche chiamare comportamento inscritto nella struttura a triplette della molecola di acido nucleico.
    Arriviamo agli uomini e alla loro violenza. Forse c’è un equivoco linguistico che voi umanisti dovreste insegnare a me che sono biologo e non io a voi: spiegare il funzionamento della natura non equivale a giustificarlo né condividerlo. Siamo padroni di darci altre leggi compatibili con l’ordine sociale contemporaneo della nostra specie. Parlare di come funzioni la biologia e la fisiologia che ne deriva aiuta a comprendere che statisticamente ci sono uomini sessualmente mansueti che sarebbero tali indipendentemente dall’educazione che hanno ricevuto ma ci sono anche uomini sessualmente violenti che parimenti saranno insensibili all’effetto cultura.
    Ne deriva che la quota delle violenze sessuali sarebbe in parte ineliminbaile e statisticamente prevedibile se non tendesse, grazie al cielo, alla diminuzione nel tempo. Questo trend non è da ascrivere a ragioni educative bensì alla cultura umana che ha creato nei secoli surrogati che fungono da valvole di sfogo (dalla antica prostituzione alla moderna pornografia, che magari disprezziamo in sé senza capirne la positiva eterogenesi dei fini). Del resto le società umane hanno sempre cercato di regolare la sessualità non solo per assoggettare gli individui al potere, come ci insegna molta sociologia, da Foucault a Goffman e tutti gli autori che ci stanno in mezzo, ma sopratutto per l’esigenza di stabilizzare un ordine sociale che necessita di una gestione degli impulsi e controllo degli istinti prevalentemente maschili, che sono violenti e prevaricatori. Fortunatamente le nostre società moderne e tecnologiche sono mature sufficientemente per gestire questa violenza, come si è appena detto, attraverso efficaci surrogati (che la prevengono)e non solo per mezzo di sanzioni a cosa fatta (che la puniscono). Mi auguro di aver portato un contributo chiarendo qualche idea a qualcuna o a qualcuno. Scusatemi per l’invadenza e la lezione.

  12. “ma ci sono anche uomini sessualmente violenti che parimenti saranno insensibili all’effetto cultura”
    “la cultura umana che ha creato nei secoli surrogati che fungono da valvole di sfogo (dalla antica prostituzione alla moderna pornografia, che magari disprezziamo in sé senza capirne la positiva eterogenesi dei fini).”
    .
    Appunto, la cultura. Quello che pensiamo noi sostenitori e sostenitrici di questo forum è che la cultura maschilista, sessista, della violenza, della prostituzione e della pornografia sia proprio il fattore che coltiva la violenza e il sessismo maschili. Proprio per quello che raccontavamo più sopra: la cultura sessista che insegna agli uomini a non distinguere la situazione “io da solo davanti alla televisione” da quella “io nella società davanti a una donna sconosciuta attraente”.

  13. Ma no, grazie anzi per la bella lezione. Letta alla luce del brano di Bourke che ho postato, è assolutamente illuminante.
    Ho molto apprezzato l’ammissione circa l’opportunità di qualche incursione nel campo dell’epistemologia.

  14. Caro Francesco F., un biologo intelligente e conoscitore della filogenetica umana alla frase sul negro mi avrebbe risposto che le razze umane non esistono e che la genetica ha appunto dimostrato che non è possibile studiare gli adattamenti umani a un ambiente perché nel nostro dna non ve n’è traccia, in quanto proveniamo tutti da un’unica migrazione avvenuta molto di recente.
    Per il resto, liquidare la violenza maschile sulle donne come roba derivata dal nostro essere mammiferi – per quanto in parte addomesticati dalla cultura – è un’orrenda semplificazione, che ancora non tiene conto di quanto le donne soffrano per la violenza. Non siamo bestie che attendono il maschio uscito vincitore dalla lotta per il dominio, cristo santo. Si guardi intorno.
    La sua teoria ha una meravigliosa caratteristica: quadra alla perfezione con il peggior reazionarismo che vuole la donna passiva, incapace di desiderio e di sessualità autonoma, portata all’attesa del maschio che invece lotta, agisce, impone. Quadra davvero un po’ troppo.

  15. @#
    cosa mi vuol dire con quel suo commento, che anche le donne stuprano?
    Ma la cosa non mi stupisce affatto; come non mi stupisce che ci sia stata quella soldatessa in Iraq che ha torturato e seviziato prigionieri; come non mi stupisce che esistano donne efferate, specialmente, guarda un po’, in ambienti militari. Non mi stupisce affatto: mi convince anzi ancora di più che la violenza sia soprattutto un problema di cultura, che di natura.
    @Francesco
    non ho problemi ad ammettere che non so niente di evoluzione. Il mio esempio del borseggiatore non era legato all’evoluzione della specie (ammetto di essermi spiegata male), ma all’evoluzione della morale: il senso del mio discorso era “la disapprovazione sociale di fronte al furto è ben radicata, perché non riusciamo a disapprovare allo stesso modo anche lo stupratore?”.
    Lei parla di istinto alla riproduzione. Io sinceramente nello stupro vedo più la violenza che la ricerca del piacere; o meglio, il piacere dato dalla violenza, non dal sesso.
    Come si può godere di fronte ad una donna che piange e urla il suo dolore e la sua disperazione? Ci deve essere una forte componente sadica, di predominio. La stessa che forse c’è nelle sevizie e nelle violenze delle militari di cui sopra.

  16. Ovviamente l’anonimo sopra ero io (mi è scappato l’invio prima di firmare)
    Ma, scazzi a parte, mi rendo conto rileggendo che in questi thread si manifesta un problema difficile da eliminare: un’asimmetria troppo pesante tra commentatori, asimmetria di età e d’esperienza più che di cultura. Per qualcuno l’idea di limitarsi nell’abbigliamento fa scattare il segnale di allarme perchè significa esclusivamente il SUO diritto (faticosamente conquistato) alla minigonna, mentre veramente il punto è un altro: l’esibizione di sè coinvolge pulsioni narcisistiche e reazioni mimetiche di cui sarebbe meglio essere coscienti. Per non parlare del versante politico della questione: la mercificazione del corpo femminile non potrebbe mai avvenire se il corpo fosse ritenuto un valore da proteggere anzichè uno strumento di seduzione che, nei comportamenti tenuti in pubblico, risulta indiscriminata. Se io volessi veramente liberare le donne dall’ipoteca secolare che le vuole belle e seduttive più che intelligenti e capaci, insegnerei loro a rifiutare innanzitutto questo codice comunicativo, anzichè difenderlo a spada tratta.
    Capisco anche che le femministe vogliano scrollarsi di dosso l’accusa di avere i baffi e deprimere l’estetica, ma così si finisce dalla padella alla brace. Come si fa a incazzarsi con il velinismo quando anzichè proporre una valorizzazione diametralmente opposta della femminilità si finisce per imitarlo nei fatti? O qualcuno crede veramente che l’identità è qualcosa che si proclama a parole, anzichè qualcosa che si agisce concretamente?
    Dormiamoci sopra.

  17. herato, volevo dirti proprio quello, senza particolari intenzioni altre. Io invece mi stupii leggendo un’inchiesta simile da un’altra parte. Me ne stupii perché non ci avevo mai pensato.

  18. Binaghi nessuna qui propone la minigonna come strada verso la parità di genere. Si sta semplicemente rivendicando la libertà, se una lo vuole, di indossarla.
    Perché invece di bacchettare continuamente le femministe sui loro errori (considerandole continuamente come un blocco unico, tra l’altro) non parla un po’ degli uomini? Magari evitando di tirare in ballo la genetica anche lei?

  19. @Adrianaaa
    Confessioni della notte.
    Come sono gli uomini?
    Parliamo del lato brutto (il lato bello scopritevelo da voi)
    1) Mimetici, secondo me. Desiderano quel che tutti desiderano.
    Portarsi a spasso una bella ragazza poco coperta e appetita da molti è un classico di un bel po’ di gente che ho conosciuto. Quando si arriva allo scambio di coppie si tocca un estremo degradante che però è latente. Se scopi la mia donna vuol dire che è scopabile, quindi anche dopo trent’anni torna a piacere pure a me. Quindi attenzione: la minigonna che tu metti per lui potrebbe essere in realtà “per loro”, che sono il suo vero oggetto d’amore.
    2) Onanisti. Preferiscono la masturbazione anche praticata da una lei (il sesso orale in fondo è poco più di questo) a un’intimità rischiosa, che richiede fiducia e abbandono. C’è una scissione tra coscienza e sentimento molto maggiore di quanto accada nelle donne. Se alcune donne fingono l’orgasmo, la maggior parte degli uomini ne sperimenta la sola componente idraulica: una scarica senza fusione.
    3) Narcisisti. Hanno vissuto malissimo la separazione da madri troppo seduttive e possessive, l’abbandono e l’angoscia che ne derivava li ha portati a negare questa fragilità costruendosi un sè fasullo e grandioso, con cui si pompano e si fingono onnipotenti, guai a bucargli il palloncino.
    3) Violenti, ma non per divorare l’oggetto, bensì perchè ci si sente minacciati nella propria autorità, che in un narcisista equivale all’identità, perchè vive in riferimento al sè grandioso che si è costruito. L’abbandono o il rifiuto lo fanno riprecipitare in una separazione originaria che non è mai diventata lutto, la vendetta può essere terribile: non è te che uccide, ma la mamma che lo ha sedotto e abbandonato.
    Ti basta come museo degli orrori o ne vuoi un altro po’?

  20. @ Valter Binaghi
    Gli integralisti islamici la pensano come te rispetto alla tutela del corpo femminile. Non lo dico per provocare, so che sei credente e che rispetti le religioni. Ad esempio la cultura tradizionale coranica considera i capelli una parte erogena del corpo femminile. Per certe donne islamiche andare in giro senza un fazzoletto a coprire i capelli (e per alcune anche il viso) sarebbe come andare in giro con le tette al vento. Per questo è una grandissima violenza imporre loro di toglierselo per legge, la scelta dovrebbe sempre spettare alla singola persona. Nella medesima mentalità tradizionalista di certe società islamiche una donna che va in giro con i capelli al vento è quindi una provocatrice sessuale, una che non tutela il proprio corpo, che lo mette in mostra, che partecipa all’esibizione del corpo femminile come mero oggetto di concupiscenza, e da lì alla commercializzazione il passo è breve, etc. etc.
    Ora, vedi Valter, noi altri maschietti possiamo anche ripetere fino alla nausea che le donne sono complici del destino che tocca loro in sorte, ma ributtare continuamente la palla nell’altra metà campo non allevia manco di mezza oncia il problema che sta da questa parte. Noi possiamo pure dare ragione al Corano, alla Bibbia, ai puritani rossi, a quelli bianchi e a quelli a strisce, ma la palla torna sempre di qua.
    Qualcuno ha trovato una possibile soluzione: ci si mette un camice bianco da scienziati e si tira in ballo l’istinto animale, l’evoluzione, i mammiferi, insomma Sua Maestà la Natura, come dei vecchi positivisti ottocenteschi.
    Siamo incredibili, davvero.
    Se solo riuscissimo per un istante a vederci da fuori ci renderemmo conto di quanto siamo ridicoli e al tempo stesso inquietanti. E magari i più coerenti acquisterebbero un biglietto aereo per Kabul.
    Qualcun altro, invece, più modestamente, proverebbe a far tacere i propri fantasmi e si metterebbe in ascolto.

  21. Sta tutto nei nostri atteggiamenti opposti, Valter. Qualcosa va male? Per te bisogna starci alla larga. Per me bisogna affrontarlo e vedere come fare per migliorarlo. Tutto qui.
    Conosco benissimo la situazione di intimidazione del camminare in mezzo a un gruppetto di umarelli arrapati. Che fare? Tu dici: copriti, cambia lato della strada. Sì, così continueranno per i secoli dei secoli la steeeeessa solfa. Io ci passo in mezzo, e gli insegno che no, che quell’intimidazione non è legittima, perché non sono una bambola che si apprezza o si disprezza o si compra, sono una persona con una precisa volontà e dei desideri.
    Li si affronta, i problemi. Le cose sono cambiate perché qualcuno li ha affrontati, perché non tutti hanno cambiato marciapiede di fronte agli stronzi.

  22. 5) fragili e paurosi. Giocando a pallone mi ha sempre stupito che quasi tutti hanno una paura incredibile a stare in porta, per via delle pallonate. Oltre poi al fatto che al minimo contatto è tutto un urlare.
    L’unica cosa WM4, lo stereotipo del camice da positivista ottocentesco, frenologo e lombrosiano ( se è anche questo che intendi ), lo maneggerei con le pinze. C’è anche chi è curioso di tutto, scienza compresa.

  23. @Wu Ming4
    Rileggiti il mio commento e poi vedi un po’ tu se era il caso di consigliarmi un biglietto per Kabul
    @Cip
    Le cose non sono cambiate e chi è rimasto sul marciapiede ci ha sbattuto il muso, perchè i tempi della cultura eccedono di molto quelli di una generazione, e perchè la politica purtroppo non è psicoterapia.
    Prudenza e viltà son cose diverse, però.
    E la differenza tra noi, mi sa tanto che è soprattutto di età.
    A 25 anni sulla storia del marciapiede la pensavo esattamente come te.

  24. Si può anche vederla dal punto di vista del bene collettivo: una società in cui un individuo, a causa della costruzione culturale che pesa sul suo corpo, è costretto a cambiare strada, a sopportare il rimprovero invisibile nel nome dell”opportunità’, è una società che non ha grandi possibilità di svilupparsi, anzi direi che è proprio malata. Forse è meglio non lasciare Cip sola nel compito di affrontare una cultura stronza.

  25. Vorrei augurare buon 8 marzo a tutti/e – herato, Cip, Valter, Wu Ming4 e Andrea in primis – con un pensiero.
    I discorsi di Francesco F sono contestabili e da contestare, a mio avviso, ma è importante che ci ricordiamo a quale livello: non nel merito delle singole idee che affermano, che in effetti non giustificano la violenza, perché – e questo è il livello al quale vanno contestati, politicamente – sono i discorsi che storicamente hanno prodotto e continuano a produrre la violenza. Insieme a tante altre spiegazioni alle quali cerchiamo di porre via via rimedio, incluso concentrarci sulle singole, sacrosante libertà. Discorsi che infatti hanno a loro fondamento quel “potere maschile, che incoraggia alla violenza sessuale” che è il vero fondamento che le donne stanno invitando gli uomini a mettere in discussione e sostituire con altre norme, altre istituzioni.
    Per cui ha senso e nello stesso tempo non ne ha dedicare tempo a discutere con certe posizioni. Ha senso se abbiamo chiaro (come so che abbiamo) perché lo stiamo facendo e dove vogliamo arrivare. Non a contestare ogni singolo discorso, ma a privarli di fondamento, che è la teoria di cui sono infarciti quei “fatti”. A un vero cambiamento politico.

  26. @ Valter Binaghi
    Il biglietto per Kabul non era necessariamente consigliato a te. Il mio era un discorso più generale. Ma dovresti renderti conto – provando a vederti per un secondo da fuori – che arrivi a prendere la palla nella nostra metà campo soltanto dopo che hai trascorso ore, giorni (per non dire mesi) in attacco, tutto teso a rimandarla di là.
    Poi te ne esci facendo lo splendido, cioè con l’atteggiamento “Ecco, vedete che io con la mia esperienza so benissimo che i maschi hanno questo, questo e quest’altro cadavere in cantina…”, come se fosse una cosa acquisita e scontata. Non ci siamo, Valter. Questo è ancora un modo (arrogante e saccente, lascia che te lo faccia notare per l’ennesima volta) di rimandare la palla di là. Quanto all’età poi e la saggezza degli anni… Quale padre o madre consiglierebbe alla propria figlia adolescente di andarsene in giro mezza nuda in un quartieraccio malfamato, e popolato da certi ceffi allupati? [Come poi se certe imposizioni maschili fossero confinate a determinati ambienti… Sappiamo bene che non è così, vero?] Questa è semplice prudenza, arte del sopravvivere. Ma come ti fa notare Cip, cambiare il mondo, migliorarlo, significa lottare perché una persona, comunque sia vestita, o di qualunque colore abbia la pelle, non debba cambiare marciapiede. Altrimenti di cosa stiamo parlando?
    @ #…
    Essere curiosi della scienza va benissimo, se non la si scambia per un assoluto astorico. Un maschio che dopo centinaia di migliaia di anni di cultura umana si nasconde dietro il dito della Natura è semplicemente ridicolo. E’ come pretendere di ribattere la palla con una paletta da spiaggia. E però vuoi mettere quanta scena si fa con gli occhialetti a pince-nez e il camice bianco…

  27. Grazie Ilaria per gli auguri.
    @ Wu ming 4: perfettamente d’accordo con te sul paragone con il velo. Ho raccontato (velocemente) qui ( http://herato.blogspot.com/2012/02/veli.html ) un episodio che mi è capitato a questo proposito.
    @ Valter Binaghi: io capisco il tuo punto di vista, e ci sono delle cose su cui sono d’accordo anche io: è chiaro che se il corpo della donna non fosse considerato strumento di seduzione non verrebbe mercificato (non si vende ciò che non viene comprato), ma il contrario? Tutto ciò che piace può essere venduto?
    Perché sai, anche il corpo maschile piace e attrae. E sempre più donne stanno cominciando a comprarlo: e secondo me la causa non è che il corpo non è considerato strumento da proteggere, quanto l’idea che tutto può essere comprato.
    Sulla questione della minigonna (per semplificare), si mescolano piani differenti:
    – la minigonna è un segnale di disponibilità sessuale? noi qui stiamo dicendo di no.
    – indossare una minigonna denota una precisa volontà di sedurre o provovare? ecco, io risponderei di no.
    – una donna che perde 18 ore al giorno in cure per il corpo rischia di essere considerata solo un corpo senza cervello? sì, chiaro. ma cosa c’entra con quanto sopra?
    – una donna che cura molto il suo aspetto è una narcisista? può essere. Ma il narcisismo passa anche attraverso l’autocompiacimento per la propria cultura, la propria abilità in cucina, il proprio successo professionale. Non credo che abbia molto senso in questo discorso.

  28. Sarebbe bello! Forse basterebbe realmente che ciascun maschio pensasse di avere davanti a se una madre, una figlia, una fidanzata, una moglie invece che una potenziale preda/vittima/nemico…….

  29. @ herato
    Ho letto il tuo pezzo che hai linkato. Bello. Soprattutto per le contraddizioni che tocca. Mi sarebbe piaciuto parlare con quella scienziata algerina, ricordandole che i principi della Rivoluzione francese erano allora intesi per gli uomini. Quando le donne provarono a pretenderli anche per sé, cioè a interpretare quei “Diritti” come ascritti alla specie Homo e non al genere maschile, si sentirono rispondere (dai loro compagni rivoluzionari) che le cause ambientali e storiche non lo rendevano possibile. Più o meno quello che si erano sentiti rispondere gli abolizionisti durante la Rivoluzione americana. Per fortuna poi c’è qualcuno che smette di cambiare marciapiede, risale la corrente della storia e di ragioni ne afferma altre.

  30. @Ilaria /WuMing4
    Mi scusi ma leiprobabilmente crede a quella religione del pensiero che si rifà a tutta quella costellazione di autori che ricade sotto il nome di filosofia continentale: il pensiero che tutto sia effetto del linguaggio. Ne deriverebbe l’idea deviata che la scienza sia arbitraria e la descrizione che dà della realtà un arbitrario effetto di una concezione politica dei propri valori.
    Adottando questa posizione filosofica, chiunque usi la Scienza per spiegare una realtà che non ci piace starebbe in realtà surrettiziamente veicolando un’ideologia e quindi se una descrizione ci pare reazionaria rispetto ai nostri valori colui che parla sarà visto con il sospetto del Cui prodest.
    E basterà in fondo cambiare narrazione per cambiare la realtà.
    Mi (dis)piace deludere i tanti fedeli di questa religione ma la Scienza non funziona così. Usare l’evoluzionismo per spiegare quanto ineliminabile pressione rappresenti per per gli individui maschi della nostra specie la ricerca della copula non è un pensiero reazionario e non è neanche un “discorso che storicamente ha prodotto e continua a produrre violenza”, come ha detto lei, Ilaria. È la realtà: come dire che la terra è sferica o che l’acqua è incomprimibile. Puoi dirlo in molte lingue ma indipendentemente dalla varietà delle differenze tra le culture che giusitificano ciascuna di queste semiotiche, tutte, e ripeto tutte, veicoleranno lo stesso contenuto, la stessa universalità che è rappresentata dal linguaggio della Scienza.
    Non c’è alcun contenuto o approccio ottecentesco, men che meno Lombrosiano, nella descrizione dell’istinto umano della specie in accordo con l’evoluzionismo. Il determinismo lombrosiano non era in errore in quanto discorso sulla specie ma in quanto singolo individuo, pretendendo di predirne il comportamento specifico attraverso una semeiotica fisiologica campata in aria.
    Al contrario l’ingenuità appartiene soltanto a coloro che pensano che una specie sia tabula rasa e quindi sia il prodotto della sola cultura che incontra dalla nascita. Capire scientificamente il peso ancestrale e la portata dei comportamenti che da milioni di anni sono codificati nel nostro DNA come specie permette di comprendere a pieno che non c’è, come dice Wuming4, da fare psicologici conti con i fantasmi, la ridicolaggine o l’inquietudine di ciò che siamo in quanto maschi. Mi rivolgo a Wuming4: io non so da dove abbia tratto l’idea che la cultura umana sia a giro da centinaia di migliaia di anni, quando non è nemmeno da duecentomila che esiste la specie sapiens sapiens e l’età del ferro, per dire di un’epoca ben lontana dall’elaborare la tecnica della scrittura come forma efficiente di trasmissione dell’informazione, ha neanche 13000 anni. Ma anche volendo datare, pur come fa lei errando, la cultura in duecentomila anni cosa vuole mai che rappresenti un intervallo di tempo del genere nell’acquisizione o nella perdita genetica di istinti sessuali e comportamentali se non un irrilevante battito di ciglia?A mio parere è pure fuori fuoco tirare in ballo il pensiero talebano come una rappresentazione onesta delle posizioni espresse da Binaghi. I talebani non sono barbari per la visione che hanno delle donne in assoluto, in quanto ogni sistema di valori è sincronico e funzionale a un dato tempo, contesto e grado di sviluppo: i talebani sono barbari per il rifiuto che negano a una modernità che ci permette di emanciparci dallo stupro di natura e dalla messa in soggezione delle donne attraverso l’stituzione di nuovi modi meno violenti di sfogare quegli istinti. La Scienza ci dice che siamo sessualmente poligami e prevaricatori: due caratteristiche che in termini sociali sono sinonimi di violenza. Nessuna di queste evidenze scientifiche autorizza però a trovare giustificazioni per la legittimità contemporanea di un darwinismo sociale e individuale della sessualità. Altrimenti siete solo voi a non riuscire a liberarvi dei vostri fantasmi in quanto dimostrate di assurgere a stato di dominante Totem prescrittivo ciò che per la Scienza è solo un agnostico livello descrittivo.
    Cordiale discussione a tutti.

  31. @ Francesco F.
    Non credevo che in circolazione ci fosse ancora qualche residuato scientista così talebanamente convinto (forse il povero Odifreddi, boh). Non si finisce mai di stupirsi, ma tant’è.
    Per quanto mi riguarda, la polemica non ha seguito perché non ha margine di manovra. La sua visione del mondo potrebbe essere riassunta così: esiste la Natura, Una e Immutabile, che stabilisce per i generi sessuali determinati istinti immutabili ab origine, mappati dalla Scienza, a sua volta Una e Immutabile, e la cultura può soltanto cercare di trovare i mezzi più indolori per gestire dati istinti.
    Glielo dico francamente, non c’è dialogo. Per me la sua visione è più o meno l’anticamera del nazismo (qualcosa di molto continentale, come vede).
    Io penso che l’Evoluzione sia storia, ancorché spalmata su tempi lunghissimi, e che quindi natura e cultura siano pressoché inscindibili (e non già inesistenti).
    Penso che la cultura umana dati da quando abbiamo iniziato a sviluppare forme di manipolazione della natura circostante, forme di linguaggio, forme di relazione più o meno articolate. Un utensile, anche un semplice bastone appuntito, è cultura.
    Penso che la Scienza non sia un assoluto, ma che sia anch’essa un fenomeno storico. Questo non significa che non sia possibile approssimarsi alla conoscenza delle cose, ma semplicemente che tale conoscenza non potrà comunque prescindere dal divenire nel quale è immersa, a meno che non pretenda di collocare la Verità fuori dalla storia, come legittimamente fanno le religioni rivelate.
    Non mi stupisce infine di trovare una così vetusta professione di fede positivista associata al più schietto razzismo (questo purtroppo non altrettanto vetusto, ma anzi, assai in voga). Laddove si definiscono gli altrui contesti culturali “barbari” (ma del resto qualcuna aveva già fatto notare che in precedenza era scappato un “razze”, altrettanto significativo). E laddove li si definisce tali perché il loro grado di incanalamento degli istinti è ancora “pre-moderno”, arretrato, rispetto a quello della cultura nord-occidentale bianca, che invece si collocherebbe più avanti nella scala evolutiva culturale. Ribadisco: qui siamo al razzismo degli antropologi vittoriani dell’Ottocento.
    Decisamente non c’è margine di discussione, no.

  32. @WuMing4
    Non credevo che in circolazione ci fosse ancora qualche residuato ermeneutico così talebanamente convinto (forse tutti gli umanisti che vomitano di scienza avendola imparata da altri umanistie quindi non sapendone assolutamente nulla).
    Guardi che è proprio dall’embrione filosofico del suo relativistico pensiero dei Nietzsche, degli Spencer e degli Heidegger che è nato il nazismo. Ovvero da tutti coloro che come lei sapevano ben poco di Scienza ma pretendevano con il loro metodologico soggettivismo ermeneutico di farle dire ciò che garbava loro. Guardi un po’ come si tira la zappa sui piedi.
    Lei se le cerca.

  33. Francesco F., ti prego, la scienza sa che siamo a un tempo ‘culture’ e ‘nurture’. Non sa come, non sa in che misura, insomma è molto difficile raccapezzarsi anche perché sono ancora da sviluppare dei modelli per capire questa curiosa mescolanza. Il dibattito a oggi è apertissimo.
    Aggiungi a questo che è altrettanto controversa l’individuazione della base organica dei comportamenti umani.
    Quindi, finché non si hanno risultati ragionevolmente univoci, finiamola di prendere per buoni dei presupposti di ragionamento che sono, quando va bene, ipotesi campate per aria, quando va male sciocchezze sessiste.

  34. @ Francesco F
    Attenzione anche tu con quella zappa… che pure per uno scientista maneggiare la cultura umanista non è uno scherzo e si cade in balordaggini vecchie come il cucco: Heidegger e Nietzsche che fanno nascere il nazismo, etc. Per la stessa ragione, attento a non scambiare lo storicismo per relativismo, che i fischi sono una cosa e i fiaschi un’altra.
    Come dicevo sopra: lasciamo perdere. E’ un dialogo tra sordi che ci sentono benissimo.
    🙂

  35. Scusatemi, ma voi dove formate le vostre opinioni? Cosa leggete per formarvi a queste assurdità? WuMing4 che afferma con candida tranquillità “’che l’evoluzione sia storia, ancorché spalmata su tempi lunghissimi, e che quindi natura e cultura siano pressoché inscindibili […] e che la Scienza non sia un assoluto, ma che sia anch’essa un fenomeno storico”.
    Un fenomeno storico? Cioè lei vorrebe dirmi che le equazioni di Maxwell sull’elettromagnetismo, la funzione d’onda, l’evoluzionismo darwiniano, l’entropia sono fenomeni storici? Che i fenomeni che descrivono e prevedono sono effetto del linguaggio, cambiato il linguaggio sparito il fenomeno? Mi permetta la domanda impertinente ma lei fa per caso uso di droghe?
    D’altronde che la filosofia continentale non fosse una cosa seria, l’aveva già dimostrato il fisico Sokal quando si era visto pubblicare dalla principale rivista filosofica amerciana una parodia della scienza sullo stile delle scemenze dei filosofi.

  36. @ Francesco F.
    Be’ se sei così curioso:
    – Non faccio uso di droghe, no. Da ragazzo qualche canna, ma con poca soddisfazione, ahimé. Recentemente ho perfino smesso di fumare sigarette, figurati.
    – L’evoluzionismo darwiniano è una teoria assolutamente storica, sì, dato che afferma che gli esseri viventi non sono stati messi sulla terra così come sono per restare immutabili, bensì continuano a mutare nel corso del tempo, attraverso la selezione naturale, l’adattamento all’ambiente, etc. etc. cioè attraverso l’interazione tra fattori organici, biologici e fattori esterni, storico-ambientali. Natura e cultura. Da qualche tempo i ghepardi del Serengeti tendono a non cacciare più in solitaria, hanno appreso ad associarsi per resistere alla concorrenza di iene e leoni. Questo avrà – su tempi lunghissimi – una conseguenza anche sulla selezione della specie.
    – Le leggi fisiche sono probabilmente quanto di più prossimo alla verità sul funzionamento dell’universo siamo in grado di maneggiare, ma non rispondono a tutto. Di fronte all’infinito che ogni essere umano percepisce (infinito tempo e infinito spazio, intorno a sé) le risposte fisico-matematiche, religiose o filosofiche fanno parecchio fatica a escludersi l’una con l’altra. Cultura scientifica e cultura umanistica in effetti un tempo erano una cosa unica. E’ soltanto in tempi recentissimi che hanno preso a divergere. Chissà.
    – Infine, non credo affatto che tutto sia linguaggio. Ma il linguaggio è l’unico strumento che la nostra specie ha elaborato per riflettere sulla propria esperienza (che è sempre storica, piaccia o no). Senza linguaggio non ci sarebbe nulla che si potrebbe definire “scienza”, né qualsiasi altra cosa.
    .
    Last but not least: se ce ne fosse stato bisogno, questo confronto dimostra in maniera lampante quello che suggerivo ieri. Cioè quanto noi altri uomini siamo formidabili nel trasferire tutto su un piano di discussione sui massimi sistemi del mondo, pur di evitare di puntare i riflettori su noi stessi. Che ci frega degli psicologismi, dei modelli che influenzano il nostro comportamento, delle nostre zone d’ombra al crocevia tra istinto e cultura, quando possiamo rinverdire la buona vecchia diatriba “scienziati contro umanisti”? Mica siamo delle donnicciole noi! Siamo scienziati e filosofi!
    E’ una tragedia, davvero. E mi ci metto dentro, sia chiaro.
    🙁

  37. Vogliate scusarmi ma credo davvero che se non si capisce scientificamente la realtà anche il conflitto sulla violenza dell’uomo sulla donna finisca all’afasia.
    Mi limiterò a confutare le posizioni di Wuming4.
    @Wuming4 scrive: “L’evoluzionismo darwiniano è una teoria assolutamente storica, sì, dato che afferma che gli esseri viventi non sono stati messi sulla terra così come sono per restare immutabili, bensì continuano a mutare nel corso del tempo”
    Au contraire. L’evoluzionismo è una teoria che non ha nulla di storicistico. È lei che, in preda c onfusione, scambia per storicità del contenuto l’astoricità del contenente. Grave errore. Se io rompo un sasso in due parti, quell’oggetto ha subito un processo storico e non è pià quello di ieri. Ma le equazioni che ne spiegano la meccanica, dove andrà se lo lancio con una certa forza, se cade da una determinata altezza, se interagisce con temperature e pressioni note SONO ASSOLUTE E ASTORICHE. capisce?
    “Le leggi fisiche sono probabilmente quanto di più prossimo alla verità sul funzionamento dell’universo siamo in grado di maneggiare, ma non rispondono a tutto”
    Il fatto che non rispondano a tutto non è un limite è un successso che non indebolisce minimamente la portata di una legge scientifica. Inoltre si ricordi che non tutte le domande hanno risposta MA anche dell’altro corno della questione: non tutte le domande hanno senso (come per esempio è appunto aspettarsi una risposta che non sia poetica “di fronte all’infinito che ogni essere umano percepisce”)
    “Cultura scientifica e cultura umanistica in effetti un tempo erano una cosa unica. E’ soltanto in tempi recentissimi che hanno preso a divergere. Chissà.”
    Chissà un tubo. La spiegazione è semplice: nel momento in cui la cultura ha scopetto la matematica come linguaggio della natura, ha finito di cadere nell’ambiguità e nella vaghezza dei linguaggi naturali. Perciò ha divorziato dalla cultura umanistica, se per questa si intende la filosofia della metafisica. Che la matematica sia un linguaggio non c’è dubbio. Il punto è che è vero per tutte le sue traduzioni possibili. Comprende la differenza, vero?
    “Cioè quanto noi altri uomini siamo formidabili nel trasferire tutto su un piano di discussione sui massimi sistemi del mondo, pur di evitare di puntare i riflettori su noi stessi. ”
    Ma è proprio attraverso la Scienza e l’analisi dei massimi sistemi che oggi abbiamo elaborato una società in grado di fare sempre più a meno della violenza sulle donnne. Il suo amore storicistico non dovrebbe farle gridare allo scandalo ma giore della saggezza del constatare che lo stupro e il femminicidio seguono un incessante trend in diminuzione nei decenni, copme ricordato da altri. Di cosa pensa sia merito? Dell’educazione dei singoli?

  38. @Wu Ming4
    Non facciamoci mancare niente. Diciamo che c’è anche un altro modo di fare “lo splendido”, cioè santificare ogni posizione e rivendicazione femminile in quanto tale, trovando facile accoglienza tra le donne, e dimenticando che più di una volta gli sfruttati sono stati i peggiori nemici di sé stessi. Guarda che non ti sto dando del paraculo: è una posizione culturale sorretta dall’idea che per cambiare questo mondo basti rovesciarlo nella sua versione speculare. Bachofen, Morgan e Graves ne hanno data anche una giustificazione teorica (storicamente discutibile ma seducente). Il punto è che, secondo me, la “Dea bianca” è poco più che un mito tecnicizzato ad uso di un socialismo di grana grossa.
    Mi tengo la mia criticità, essendo un appassionato di calcio, per cui la palla, ributtata da un campo all’altro, fa divertire più del palleggio a senso unico 🙂

  39. @ Valter Binaghi
    Sei sicuro di fare divertire, Valter? A me invece lo spettacolo sembra così mesto e ripetitivo. Diciamo che tra noi non vedo proprio dei Lionel Messi…
    Graves potrebbe dire che sulla Dea un filosofo, come sei tu, non potrebbe pensarla diversamente 🙂 Ma poi, dài, il vecchio Graves non ha mica rotto le scatole a nessuno: si è ritirato a vivere in una fattoria pre-industrale su un’isola e buona notte. Era soltanto un poeta. Ed era anche molto più feroce di te a bastonare i “paraculi” come me:
    “Se siete poeti, comprenderete che l’accettazione della mia tesi storica vi obbliga a una confessione di tradimento che sarete restii a fare. Avete scelto il vostro lavoro perché vi prometteva un’entrata costante e il tempo libero necessario per rendere un prezioso culto a metà tempo alla Dea che adorate. Vi domanderete a che titolo io vi avverta che essa vuole essere servita a tempo pieno o non essere servita affatto. Vi suggerisco forse di lasciare il vostro impiego e, in mancanza dei capitali necessari per avviare una piccola azienda agricola, di diventare pastori romantici (come fece Don Chisciotte una volta constata la propria incapacità di affrontare il mondo moderno) in remote fattorie non meccanizzate? No, la mia condizione di scodato mi toglie ogni diritto di offrire suggerimenti pratici. Ardisco solo tentare un’esposizione storica del problema; come poi ve la vedrete con la Dea è cosa che non mi riguarda. Non so neppure se la vostra professione poetica sia cosa seria”.
    R. Graves, Prefazione a La Dea Bianca, 1948

  40. Francesco F., prendiamo la psichiatria, dato che sicuramente ha un ruolo importante nella definizione di cosa sia il ‘genere’. Il lavoro sul linguaggio ha certamente un riflesso importante sui fenomeni che la psichiatria pretende di descrivere, fino a dissolverne alcuni direi.
    Tu sei corso all’esempio delle ‘equazioni di Maxwell sull’elettromagnetismo’ per ribadire la tua concezione realistica del mondo, ma non tutto si può descrivere con strumenti matematici. Per questo è così importante che un discorso scientifico sul genere sia multidisciplinare includendo una prospettiva sociologica e storica, fondamentali per smascherare le ideologie occultate nei dati.

  41. @Wu Ming4
    Altro che Messi, io a calcio sono sempre stato una schiappa anche se lo adoro come spettacolo.
    Divertire non è il mio obiettivo, testimoniare si.
    Devozione per le donne e disappunto per quel che mi pare indegno di loro, anche quando sono loro a sostenerlo.
    Una rosa con le spine. Sempre un omaggio, però.

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