RASSEGNA STAMPA

Vorrei provare a dar conto di tutte le notizie che stanno uscendo in queste ore.  Proverò a farlo in questo e altri post.
Importante: per chi volesse un riassunto della vicenda in altre lingue, qui trovate la versione inglese, francese, spagnola e portoghese della vicenda, con aggiornamenti in ognuno dei post.
Intanto, un po’ di rassegna stampa.
Cominciamo con
Repubblica, che esce in prima pagina con un articolo di Carlo Brambilla. A pag. 29, un altro intervento di Luciana Sica. Li posto entrambi.
LA REPUBBLICA
Carlo Brambilla
MILANO – C’è aria di censura, nel Veneto leghista. Gli scrittori pro-Battisti, prima genericamente ostracizzati da un assessore della provincia di Venezia, ora vengono messi al bando nelle scuole. Mentre nelle biblioteche comunali, nel silenzio generale, stanno sparendo le opere degli autori politicamente scomodi.
“Non chiediamo nessun rogo di libri, intendiamoci. Semplicemente inviteremo tutte le scuole del Veneto a non adottare, far leggere o conservare nelle biblioteche i testi diseducativi degli autori che hanno firmato l’appello a favore di Cesare Battisti”, dice l’assessore regionale all’istruzione Elena Donazzan, 39 anni di Bassano del Grappa, pidiellina fervente cattolica, con alle spalle una militanza nel Fronte della Gioventù e un passaggio in An. “Un boicottaggio civile è il minimo che si possa chiedere davanti ad intellettuali che vorrebbero l’impunità di un condannato per crimini aberranti”, sbotta annunciando una lettera a tutti i presidi.
La sua crociata arriva dopo la “sparata” dell’assessore alla cultura della Provincia di Venezia, Raffaele Speranzon, che aveva detto: “Via quegli autori dalle biblioteche pubbliche”. Ora a chiederne ufficialmente la censura nelle scuole è l’assessore regionale. Al suo fianco il presidente della Regione Luca Zaia, che definisce la vicenda Battisti “abominevole”. E tuona: “I delinquenti vanno messi in galera, non lasciati liberi”.
Intanto casi di censura leghista, strisciante o esplicita, vengono denunciati da alcuni bibliotecari veneti. A venire sconsigliati sono (soprattutto) i libri di Roberto Saviano. Nei giorni successivi alla messa in onda di Vieni via con me e alla polemica con Maroni il dirigente di una biblioteca in provincia di Treviso ha segnalato che il sindaco leghista non gradiva si tenessero i libri dell’autore di Gomorra: presenti in catalogo, ma spariti dagli scaffali.
Quali saranno gli effetti reali della richiesta della Regione sulle scuole è difficile prevederlo. Carmela Palumbo, direttore scolastico regionale uscente, immagina si tratti di un semplice “invito culturale senza effetti normativi o giuridici”. Mentre Giorgio Corà, preside del liceo classico Pigafetta di Vicenza, è convinto si tratti “più di una provocazione politica che di una reale volontà di mettere all’indice dei volumi. In ogni caso se avessi nella biblioteca della mia scuola libri di quegli autori certo non li toglierei alla libera consultazione. I libri si conservano per il loro valore intrinseco. Indipendentemente dalle idee politiche degli autori o degli assessori”. Soddisfatto di aver sollevato “un gran vespaio”, come lo definisce lui, è l’assessore provinciale Speranzon: “Era proprio quello che volevo”. Anche se poi la presidente della Provincia, la leghista Francesca Zaccariotto, è stata costretta a fargli fare marcia indietro.
In prima linea contro gli intellettuali pro-Battisti è scesa allora la combattiva Donazzan, nota alle cronache regionali per avere appena deciso di donare a tutti gli scolari delle elementari una copia della Bibbia: “Un autore, un intellettuale, esiste per quello che scrive. Questo è il suo ruolo nella società. Quella a favore di Battisti non è stata una petizione popolare. Ci troviamo davanti a un messaggio aberrante lanciato da intellettuali. A favore di un personaggio che si è macchiato dei peggiori crimini di sangue. L’unica cosa che possiamo fare è boicottare i loro libri. Smettere di leggerli. Non accoglierli nelle biblioteche pubbliche e nelle scuole”. Ultima tappa di una campagna politica lanciata la settimana scorsa da due esponenti del Pdl veneto, Roberto Bovo e Paride Costa, come iniziativa di solidarietà con i familiari delle vittime. Che ieri a Strasburgo hanno chiesto che l’Ue e la Francia sostengano l’estradizione di Battisti dal Brasile. Oggi il Parlamento europeo approverà una risoluzione in tal senso.
Luciana Sica
ROMA – «Vogliono “bruciare” i nostri libri? Beh, è una cosa talmente assurda, enorme, che nessuna persona ragionevole può accettare». Giorgio Agamben, al telefono da Parigi, più che sorpreso sembra preoccupato per «il tracollo politico e culturale del nostro Paese», per «l´irresponsabilità di certe persone». Ma un filosofo della sua statura, oltre a indignarsi, è soprattutto abituato a ragionare. Ed è quel che fa: «Quell´appello del 2004 aveva un preciso significato politico che andava ben al di là del sostegno a Cesare Battisti, un uomo di cui ho sempre dubitato. Si voleva che l´Italia facesse i conti con la stagione del terrorismo: non con i misfatti di un singolo individuo, ma con un passato che non passa. La cosa peggiore è che si confonda un´opinione diffusa con il puro sostegno all´autore di una serie di delitti… Quanto alla ritorsione leghista, cosa dire? Gli assessori che ostacolano la diffusione dei libri andrebbero dimessi d´ufficio».
«Questa signora Donazzan mette all´indice degli autori? Non sono allarmato, di più: sono costernato. È evidente che dalle biblioteche del Veneto è stata già ritirata la Costituzione». Chi parla, anche lui si trova a Parigi, è Antonio Tabucchi. Delle “motivazioni” – quell´appello di sette anni fa per Battisti – non vuole sentir parlare: nulla, dice, può “motivare” un´iniziativa così grave, intollerabile. Si irrita poi decisamente quando gli si ricorda l´articolo su Le Monde, la sua critica agli intellettuali francesi – in particolare a Bernard Henry-Lévy – per l´atteggiamento compiacente nei confronti di un eroe negativo come Battisti. «Ma cosa c´entra? Non voglio entrare in questa logica», alza un po´ la voce Tabucchi. «Proprio non vedo il nesso tra le opinioni espresse su un giornale e un´iniziativa odiosa che va condannata, punto e basta».
Vive invece a Padova, Massimo Carlotto, e conosce bene i protagonisti veneti favorevoli al boicottaggio degli autori “diseducativi”, «innanzitutto politici a caccia di visibilità», dice. «In particolare la Donazzan è un´oltranzista cattolica che vuole rendere obbligatorio lo studio della Bibbia, inviarla a tutte le famiglie. Questa faccenda, io la vedo come un diversivo rispetto ai veri problemi del Paese. Tanto più che molti autori sgraditi alla Lega, da Saviano a Paolini a Stella, non c´entrano un bel nulla con l´appello del 2004. Comunque, io ho in programma diverse presentazioni dei miei libri nel Nord-Est, soprattutto nel Veneto: sono proprio curioso di vedere quel che accadrà».
Battagliera, e anche molto pessimista Michela Murgia, alla testa di un esteso movimento di scrittori a favore della libertà di espressione che sta attraversando la Rete (sul blog di Loredana Lipperini, anche la solidarietà di Sepúlveda). «Bisogna smuovere le acque», dice la Murgia. «Capire che questa non è solo una boutade, ma una deriva culturale collegata a un pensiero fascista, a un preciso input di partito. E che purtroppo va a radicarsi in un sentire comune».
Poi.
Su
L’Unità, c’è un mio editoriale. Intanto, ringrazio Concita De Gregorio per avermelo chiesto. Parla di donne e delle censure in Veneto. C’è un legame, a mio parere, fra le due cose. Perché questi colpi di coda sono quelli che con maggiore frequenza avvengono quando un regime è morente. E, guarda caso, cercano di colpire l’odiatissima cultura. Ecco l’editoriale.
Esistono altre donne: è vero. Esistono donne che si chiamano Susanna Camusso e Flavia Perina, Anna Finocchiaro e Maria Ida Germontani, e firmano lo stesso appello. Esistono donne normali che leggono, lavorano, prendono l’autobus, giocano a carte con i propri figli, studiano, pensano, vanno al cinema, sognano come tutti gli esseri umani. Esistono donne che non considerano un traguardo entrare nella dimora di un potente e uscirne avendo guadagnato quello che “un cristiano normale” percepisce con sette mesi di lavoro, come una delle sventurate ragazze di Arcore ha confidato alla propria madre.

Esistono altre madri, anche.

Ed esistono altri uomini, che non si complimenterebbero con la propria sorella perché si è travestita da porno-infermiera per risolvere i problemi della famiglia. Esistono uomini che non si riconoscono nella logica del “Così fan tutte” (“il mondo è pieno di ragazze che si concedono al professore per goderne l’indulgenza all’esame o col capoufficio per fare carriera”, scriveva ieri Piero Ostellino sul Corriere della Sera) e che amano le proprie compagne per quelle che sono, e non per come il modello delle donne raccontato dalla televisione e dalla pubblicità in oltre vent’anni pretenderebbe che fossero.

Esistono altre strade, infine, rispetto a chi sostiene che le vie siano soltanto due, ovvero l’accettazione della pornocrazia attuale o il perbenismo bigotto: le strade, e i modelli, sono tanti quanti i cittadini di questo paese, che non corrisponde affatto alla narrazione che ne è stata fatta dal 1983 (anno di nascita di Drive In) a oggi.

Solo che è difficile vederle rappresentate nei media.

A volte, persino nelle scuole: in un liceo scientifico del Veneto (uno di quelli da cui secondo l’assessore regionale all’Istruzione Donazzan, Pdl, devono essere tenuti lontani i libri di Pennac, dei Wu Ming, di Cacucci, di Agamben e anche della sottoscritta), si organizzano seminari del Rotaract per “addestramento alla leadership”. Crescere significa vincere. In un altro comune veneto, in provincia di Treviso, il sindaco (Lega Nord) ha chiesto di rimuovere i libri di Roberto Saviano dalla biblioteca comunale dopo la messa in onda di Vieni via con me: è stato accontentato. Sono in catalogo, ma non più negli scaffali. A denunciarlo è stata una donna, una bibliotecaria, una madre che, mi ha scritto, si è chiesta cosa avrebbe raccontato ai suoi figli, di questo paese.

Ci sono molte cose che l’Italia non sa raccontare di se stessa: così come non conosce (né riconosce) il lento avvelenamento dei pozzi che è stato perpetrato da anni, non conosce neppure la fatica, l’impegno, l’indignazione delle donne e degli uomini che costruiscono una narrazione diversa. Faccio un piccolo esempio. Laura Albano è una fotografa e sul suo blog, che si chiama Un’altra donna, ci restituisce la nostra immagine: con pazienza, propone volti che conosciamo bene, perché li incontriamo tutti i giorni. Volti con o senza rughe, sorridenti o pensierosi. Volti normali.

Sono gli stessi che, nella televisione svedese, sono presenti in televisione e nelle pubblicità. Modelli plurali, che sottintendono che essere vivi non significa solo essere molto ricchi, molto potenti, molto famosi. In Italia non avviene, è vero: ma non è utopico pretenderlo. Perché se fino ad oggi è stato possibile fingere che i problemi non esistessero, gioendo del fatto che nel chiuso della propria cerchia amicale si respirava l’aria buona delle idee condivise, infine bisogna guardare a quel che accade fuori, anche se non ci piace. E cambiarlo, da adesso.

E poi.
Marcello Fois ha scritto un articolo per Il Manifesto. Eccolo qui:

Succede che qualche giorno fa “l’assessore alla cultura della provincia di Venezia, l’ex-missino-oggi-berlusconiano Speranzon, ha accolto il suggerimento di un suo collega di partito e ha proposto di intimare alle biblioteche del veneziano di rimuovere dagli scaffali i libri di tutti gli autori che nel 2004 firmarono un appello dove si chiedeva alla Francia la non estradizione di Cesare Battisti;di evitare di organizzare iniziative con tali scrittori dicendo che vanno schedati e, ufficialmente, dichiarati “persone sgradite”.Secondo il delirio torquemadesco dell’assessore, che ha letto troppo poco per capire l’orrore del suo modello, il bibliotecario che non accettasse il diktat “se ne assumerà la responsabilità”. Si allude forse al congelamento di fondi, al mancato patrocinio delle iniziative, al mobbing, a campagne stampa ostili? E siccome la Storia ha una tendenza ostinata a ripetersi ecco che la proposta ha avuto il plauso del COISP, un sindacato di Polizia. Così il bibliotecario ci pensa due volte, prima di mettersi contro l’ente locale e le Forze dell’Ordine.

Poco immediata, ma formale, e ob torto collo, arriva la presa di distanza in proposito di Francesca Zaccariotto Presidente della Provincia di Venezia. Formale perché blanda e priva di nerbo politico; poco immediata perché arriva quando appare chiara l’indifendibilità “democratica” della proposta, in quanto verrebbero penalizzati centinaia di intellettuali solo per aver espresso la propria opinione. Si prospetterebbe cioè un mondo dove all’intellettuale non si chiede di generare punti di vista, condivisibili o meno, ma di adattarsi, addirittura autocensurarsi, per tirare a campare e magari meritare di essere invitato a qualche deprimente talk-show televisivo.

Ma,vedete bene come l’ipotesi di generare un formidabile precedente che renda gli autori e gli uomini e le donne di cultura finalmente controllabili, possa attecchire nel Paese governato dal primo governo Ruby-Scilipoti, infatti l’idea fa adepti. Tanto che la Zaccariotto potrebbe presto pentirsi del pentimento in quanto si comincia ad invocare la lista di proscrizione non solo per Venezia, non solo per la Provincia di Venezia, ma per tutta la Regione Veneto e di lì chissà, come un fetido vento inquisitorio, per tutto il nostro Paese che è stato bello. Per riassumere: una cricca di “sinceri democratici” si sta già muovendo per estendere la lista di proscrizione, o indice degli autori sgraditi a tutto il Veneto, ed è probabile che l’iniziativa venga emulata oltre i confini regionali.
I giornali locali pongono la cosa come un giusto contrappasso per tutti coloro che firmando l’appello a favore di Battisti ne hanno sposato la scelta di terrorismo e di sangue. Ma la cosa non è tanto semplice, né tanto diretta: molti autori hanno firmato in nome di una sacrosanta idea dell’intangibilità dei principi: i francesi hanno cambiato le regole in corsa e se per stigmatizzare ciò si rischiava di difendere Battisti era un rischio che bisognava correre. Altri hanno considerato la questione dal punto di vista, persino cavilloso, sul piano garantista, che tutti coloro che si stanno rompendo le unghie furia di scalare gli specchi per far uscire Berlusconi dal pantano giudiziario in cui si è infilato, dovrebbero conoscere bene. Altri semplicemente hanno ritenuto che avere un’idea in proposito, considerato un’idea è volontaria e gratuita, non poteva, in nessun modo, essere oggetto di rappresaglia. Tuttavia la parola chiave che uniforma le stanze da cui questa crociata è partita è: cattivo esempio. Il che rasenta il paradosso: un assessore che si gloria di non leggere ed è alleato di governo di un partito presieduto da un editore miliardario, in euro, che al momento è indagato per concussione e istigazione alla prostituzione minorile, ci spiega che non si possono leggere scrittori che hanno firmato un appello di principio nel 2004. Vi ci raccapezzate? A pensare male si direbbe che la trombata inferta da Lula all’amico Silvio tra una pacca alle spalle e l’altra, non è andata giù, localmente a qualche Ras locale che ci tiene a stabilire qualche differenza col Premier pur votandone la fiducia perché anche nel partito dei duri e puri quando si parla di sghei le faccende assumono tutto un altro aspetto. Internazionalmente il Veneto è amicone del Brasile e ci fa affari d’oro, quindi salvare la faccia significa prendersela con la categoria apparentemente più indifesa, gli scrittori, così il principio è ribadito e l’economia locale è salva. Tuttavia nonostante l’appoggio al partito dell’editore in realtà questi assessori non leggono abbastanza e non considerano il fatto che gli scrittori, la maggior parte di essi, non sono una merce di scambio troppo comoda: hanno la brutta abitudine di comunicare, di mettersi in movimento. Di fare come quei moltissimi che muovendo ognuno il proprio poco finiscono per generare uno Tsunami. Sulla lista di proscrizione la rete è un campo di battaglia e, a fronte del piccolo cabotaggio superficialmente concesso agli assessori locali, la vicenda è diventata di dominio pubblico internazionale. Perché a leggere perlomeno le quarte di copertina dei libri si scoprirebbe che autori come Tiziano Scarpa, o Valerio Evangelisti, o Wu Ming, tra i firmatari nella lista nera, sono tradotti e letti in tutto il mondo. Senza contare che in una partita del genere si stanno attivando soprattutto quegli autori, tra cui il sottoscritto, che a suo tempo, anche convintamene, non firmarono il famoso appello del 2004. Il che la dice lunga sul fatto che in questa battaglia di principio Cesare Battisti c’entri davvero poco.

E poi. Paolo Persichetti per Liberazione (ieri).

Mentre scemano tristi gli ultimi giorni del crepuscolo berlusconiano in parlamento è andato in scena uno degli atti più grotteschi di quella tragedia di un Paese ridicolo, divenuta la recita quotidiana sul palcoscenico della realtà italiana

Mentre scemano tristi gli ultimi giorni del crepuscolo berlusconiano in parlamento è andato in scena uno degli atti più grotteschi di quella tragedia di un Paese ridicolo, divenuta la recita quotidiana sul palcoscenico della realtà italiana. Con impavido coraggio, di fronte al discredito internazionale che le rivelazioni sui “bunga bunga” del premier Berlusconi stanno suscitando, il senato e la camera hanno approvato ieri all’unanimità una mozione che impegna il governo (sic!), «a promuovere ogni opportuna iniziativa presso il tribunale supremo federale del Brasile, la commissione di conciliazione istituita ai sensi del vigente accordo bilaterale tra Italia e Brasile, presso la corte internazionale di giustizia Onu dell’Aja e in ogni altra sede istituzionale o giurisdizionale competente affinché, ricercando ogni soluzione condivisa con la repubblica federativa del Brasile, si pervenga all’estradizione di Cesare Battisti». La mozione della camera è risultata dalla «fusione» di sette mozioni di contenuto sostanzialmente analogo. Insomma tutti uniti e tutti insieme, destra e sinistra, sopra e sotto, senza bunga bunga o Marchionne a dividere gli schieramenti. Se c’è un nome che ricompatta qualsiasi divisione, questo è quello di Cesare Battisti nei confronti del quale si cementifica immediatamente un odio bavoso. I fondamenti giuridici della mozione ovviamente valgono ben poco perché l’Aja è un tribunale arbitrale che non può affrontare nessun contenzioso senza la previa disponibilità dei due contendenti. Nessun Paese serio ha mai negoziato ciò che attiene alla propria sovranità interna. Roma non lo farebbe, perché dovrebbe Brasilia? Appunto, ma che importa. Quel che conta è inscenare l’indignazione. E così persino la Fnsi, venerdì scorso a Bergamo, in occasione del proprio congresso ha approvato all’unanimità una mozione nella quale si invitano «i mass media del nostro Paese a seguire il caso Battisti con l’obiettivo che il criminale venga estradato e consegnato alla giustizia italiana». Il documento, preparato da Pierfrancesco Gallizzi, consigliere per la comunicazione del ministro della Difesa Ignazio La Russa, già candidato per il Pdl al comune di Sesto san Giovanni, «invita i giornalisti italiani a tenere sempre ben presenti le affermazioni del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in relazione a questa vicenda». Per non essere da meno il senatore della Lega Piergiorgio Stiffoni ha invitato i servizi italiani a rapirlo:«Bisogna fare come gli israeliani nel 1960, quando andarono in Argentina, impacchettarono Eichmann e se lo portarono a Gerusalemme. E’ un paradosso, ma non più di tanto». Prima di lui l’aveva già detto La Russa. Intanto il governatore del Veneto Luca Zaia appoggia la proposta lanciata dall’assessore alla cultura della provincia di Venezia , Raffaele Speranzon, che vorrebbe ritirare dalle biblioteche del Veneziano i testi degli scrittori italiani (oltre 40) che l’11 febbraio 2004 avevano firmato una petizione a sostegno di Cesare Battisti. «Via dagli scaffali delle biblioteche civiche i libri degli intellettuali che difendono questo terrorista». Iniziativa partita da un consigliere Pdl del comune di Martellago, Paride Costa.
Inoltre:
La Stampa (sindaco di Venezia e assessore Bettin contro il rogo)
Padova News (adn kronos)
Il Messaggero
Il Riformista 1 e 2

60 pensieri su “RASSEGNA STAMPA

  1. Simone, il motivo per cui quell’editoriale stava in questo contesto avrebbe dovuto esserti chiaro senza l’intervento di Loredana. Ci stava perché contiene riferimenti al #rogodilibri. Bisognerebbe avere 1) la ponderatezza 2) la capacità di discernere 3) l’onestà intellettuale di non usare qualunque cosa e qualunque occasione come appiglio per portare avanti siccome disco rotto dein kampf gegen die imaginaeren bakkettonen. Soprattutto quando il pericolo è altro, immediato ed evidente.

  2. Se fossero un po’ più cinicamente intelligenti si renderebbero conto che ben poche delle persone che loro considerano il loro elettore tipo leggerebbero comunque quei libri, non amando loro determinate forme di critica (in nome di un concetto malinteso, direi maoista, di armonia e collaborazione dei cittadini e degli uomini di cultura al bene del paese). Non vi scaldate tanto, ormai certe cose, certe idee, girano solo nei circoli di persone che già concordano. Il vostro elettore padano DOP certi libracci se li censura sua sponte.

  3. @Wu Ming4. Difficile parlare con dignità se lo schema mentale vincente risulta essere, come disse più concisamente di te Immanuel Casto, “Perchè sudare in un call center se posso fare p*** in Costa Smeralda?” Il punto essenziale è: qualunque cosa fai, sei un solitario, una particella di mondo in lotta con tante altre particelle di mondo, spinte da moto casuale. Principi, valutazione di conseguenze morali, persino affettive, di autostima o addirittura pratiche e ispirate al più concreto e semplice buonsenso (anche di destra) non contano e non devono contare, per dogma pseudoreligioso.
    Il senso da dare alla vita, sia un ideale nobilissimo o semplicemente un progetto assai ordinario di cui però andare orgogliosi, non esiste più nell’anti-ideologia di questi anni. Il tutto, è evidente, è nato e si ispira al consumismo pubblicitario, che vuole ogni soggetto da convincere come individuo isolato e preda di bisogni dell’istante senza permettergli di pensare a implicazioni o punti di riferimento di sorta. Se l’operazione riesce si ha un automa morale e un suddito politico (oltre che un compratore acritico), pronto a procurarsi con ogni mezzo il tozzo di pane agitato dal fortunato di turno, persino degradando sè stesso, le proprie idee, la propria coerenza, di qualunque tipo o segno sia.
    La pubblicità dice “sei solo, sei triste, la tua vita non ha senso. Stordisciti con ciò che ti offriamo garantendoti il sollievo di un istante, il surrogato di una soddisfazione. E se vuoi avere ciò che solo noi possiamo darti, balla e segui la nostra canzone quando ti suoneremo il fischietto.” La politica, lo spettacolo, la moda, dicono lo stesso.
    Qui si tratta di una cosa dannatamente semplice: vendere l’anima per illudersi di stare sul carro dei vincitori, di essere come loro perchè li si adora.
    Ma loro sono loro e tu sei tu. Prima di sperare nelle loro briciole, pensiamo perciò un istante a come sono diventati quello che sono: chi vince su qualcuno anzichè con qualcuno non ha alcuna convenienza, sapendo di poter contare solo su di sè, a spartire sul serio la sua torta.

  4. X Marco B.
    Lo spettacolo (e anche la politica) è tantissime cose e non dice solo quello che gli fa dire lei, signor Marco. Chiedo scusa a Wu Ming 1, so che questo spazio andava riservato ad altro, ma anche stavolta non ce l’ho fatta a tacere.

  5. Io non parlo dello spettacolo o della politica in toto, ci mancherebbe, quelli è giusto che siano dei contenitori, non dei contenuti, io parlo di quello spettacolo e di quella politica che sono venuti adesso alla ribalta e sono o si pongono come il modo di pensare di oggi. Nulla vieta che in futuro ce ne possano essere altri e migliori. Se io pensassi che lo spettacolo, la moda, la politica non possano, per loro natura, essere niente se non quello che ho scritto sopra, perchè dovrei sprecare la mia rabbia auspicando un altro modo di fare politica o spettacolo?

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