RITORNO A GOMORRA

Post molto lungo, ma necessario. Accogliendo una richiesta fattagli nella discussione su Roberto Saviano, Nicolò La Rocca mi invia questo intervento, che pubblico integralmente.

Se consideriamo gli atti di solidarietà a favore di
Saviano, ci chiediamo quali veramente abbiano qualche possibilità di essere
utili e quali, invece, si limitino a realizzare un processo simbolico che,
oltre a rischiare di ridurre Gomorra a una figura retorica, mette a repentaglio
la sicurezza di Saviano, facendo dello scrittore un fermento catalitico.
Insomma, la sola solidarietà, per quanto doverosa e necessaria, rischia di
servire soltanto a chi la esprime. Anche la lettura che viene fatta sui
giornali e sui blog della situazione in cui si trova Saviano troppo spesso
segue le regole del transfert, arrivando quindi, velatamente, a cassare in
blocco Gomorra. Ogni lettura, inoltre, deve fare i conti con il contesto in cui
è realizzata. È interessante un esperimento, fatto da alcuni ricercatori che
hanno studiato le difficoltà di lettura con un brano tratto da un libro di
Elias Canetti, “La lingua salvata”, nel quale si chiedeva a un gruppo di
studenti universitari, dopo aver letto quel testo senza alcuna allusione al
titolo del libro, all’autore e al resto della trama e della storia (decontestualizzandolo, insomma), di dire la
propria: ne venivano fuori impressioni e considerazioni le più diverse tra
loro, tutte lontane dal senso di quel libro. Successe, in poche parole, che
quel testo non fu negoziato col contesto. Ecco, mi sembra che in questi giorni
stia accadendo proprio questo: Gomorra – il contesto – viene messa da parte e sulla vicenda di Saviano scattano
soltanto interpretazioni viziate da un transfert, nel migliore dei casi; da una
mancata comprensione del fenomeno criminale campano, nel peggiore . Nei servizi
televisivi sulle minacce a Saviano, raramente c’è traccia di Gomorra, di quella
Gomorra che ha il merito di aver modellato, in una forma organica e forte, una
narrazione della camorra, dove sistema non è soltanto il vero e rivelatore nome
dell’organizzazione criminale campana, ma anche il luogo significante che il
libro di Saviano si fa: dati, fenomeni, fatti sparpagliati nei documenti della
DIA, negli articoli dei cronisti locali, nelle inchieste e negli studi degli
osservatori della criminalità, nel vissuto di ogni napoletano trovano
finalmente una figurazione intensa che li fa vivere davvero, come se fosse per
la prima volta. Si compie ciò che è
stato esposto da Spitzer, Bailly,
Vossler: il linguaggio letterario riesce a portare un alto grado di
informazione rispetto alla sclerotizzata dimensione semantica della
comunicazione giornalistica (specialmente di quella televisiva). Comprendiamo grazie a Gomorra che la camorra non è solo crimine locale ma
potere innestato su altri poteri, quelli che più caratterizzano la nostra
modernità – sì, avevamo già sentito tutto ciò, ma grazie a Gomorra
è come se finalmente lo ascoltassimo – , un potere criminale capace,
come ci ricorda l’articolo di Girolamo Di Michele su Liberazione, di rispondere
prontamente alle richieste dei traffici della globalizzazione, un potere legato
in un rosario senza fine alle dinamiche dell’economia globale. Non uno scarto
di esse, un corpo estraneo, ma un elemento che permette la sopravvivenza
dell’intero sistema economico, compreso quello apparentemente pulito. Perciò
Gomorra è un testo scomodo, perché smonta la rappresentazione funzionale alle
favole dell’economia moderna e lo fa con la potenza traslucida della sua
scrittura che è letteraria, una scrittura, cioè, che sottrae questi contenuti –
fino a ieri inflazionati e invisibili simultaneamente (!) – all’opacità
ermeneutica delle analisi
giornalistiche. È questa seconda dote di Gomorra che viene dismessa negli
articoli che puntano solo all’emergenza (o in quelli che addirittura, con una
poetica da Studio aperto, evocano il martirio). Essa però ha fatto in modo che
la prima fosse veicolata così bene. Ma anche la prima dote viene trascurata..
In questi giorni ci si scorda di Gomorra, appunto. Per fortuna ci sono delle
eccezioni nelle cose dette, per esempio, da Wu Ming 1 e da Marco Rovelli, e
nella linea scelta da Nazione Indiana. L’invito di WuMing 1 a “desavianizzare”
Gomorra, va nella direzione di un ritorno al libro, di un discutere delle
ragioni e dei significati che prospetta un testo forte come Gomorra. Rovelli ci
ricorda che bisogna scovare una posizione politica che dica che Gomorra
riguarda tutti noi, di aprire il paese. Invece, i servizi televisivi – con la
stregoneria che solo il tubo catodico sa compiere – stanno riproponendo l’insincera impalcatura semantica sulle
mafie: i camorristi tornerebbero a essere i criminali di strada della vulgata
comoda, quelli che minacciano, e Gomorra letteratura, nel
suo significato banale, con una sociologia della ricezione che sarebbe tutta da
esplorare.

Ricompare, in sostanza, la dottrina statale che riduce di
fatto la questione criminalità organizzata a un problema di ordine pubblico,
perché non si vogliono (possono?) vedere le connessioni con altri poteri e con
altri sistemi (a partire, naturalmente, da quello economico…). Forse fa
comodo delegare ad altri l’uso della forza in certe regioni d’Italia? Ha ragione
Sciascia quando scrive che la sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza
dei cittadini? È ignobile e comodo ridurre la questione criminalità organizzata
a un’epopea di pochi eroi contro il
male, dove lo stato (non lo stato generico, ma quello incarnato dalle
istituzioni locali, dal Ministero dell’Interno, dal governo) riduce la sua
azione a provvedimenti militari una tantum, a una strategia emotiva che,
piuttosto che risolvere i problemi, contribuisce a creare una sorta di
disordine controllato, come hanno fatto notare anche le punte più avanzate
della magistratura palermitana. L’atteggiamento delle forze politiche dimostra
che non prestano attenzione all’indagine di Gomorra, anch’esse, sposando il
linguaggio dei media, sono più interessate alla solita sceneggiata, per la
quale le responsabilità sono sempre da ricercare in strada, mai nei salotti e
nella natura dei poteri delle grandi realtà economiche o nell’ambiguità della
compagine politica. C’è traccia di Gomorra nelle notizie su Napoli e su Saviano?
No. Wu Ming 1 si chiede: per cosa si espone Roberto Saviano? Se tutti noi non
riusciamo a produrre delle idee, se non contrastiamo il flusso di depistaggi
che rovista oggi nelle verità plastificate sulla criminalità per neutralizzare
la forza di Gomorra, se non contribuiamo a disegnare quel contesto con il quale
bisognerebbe negoziare sempre per riuscire a produrre un’interpretazione
autentica della realtà campana (siciliana, calabrese, pugliese… italiana), a
cosa servono i nostri atti di solidarietà? Gli appelli, la raccolta di firme, i
riti ormai logori dell’impegno antimafia non riescono a penetrare il guscio
impermeabile di quei ragazzi descritti in Gomorra, dell’impasto di borghesia
criminale e apparati militari delle mafie, dell’indifferenza ostile della
politica, di un modello di sviluppo corrotto, infetto che non è più soltanto
l’humus nel quale crescono le piante delle mafie, ma forse anche la cornice
all’interno della quale la criminalità organizzata, connessa con altri poteri,
forma il quadro. L’unica soluzione sta nel precipizio, ma bisogna intendersi:
precipizio non come sconfitta, ma come voragine che inghiotta il cibo precotto, un anno zero che chiami tutti a
un’assunzione di responsabilità, non solo chi vive a Napoli o a Palermo. E non
solo con l’attacco frontale, esplicito, diretto (quello che probabilmente
soltanto un magistrato si può permettere, gli altri rischierebbero la pelle
molto di più). L’idea di fondo dei commossi appoggi che nascono in questi
giorni è che le cose debbano cambiare dal basso. Ma, per mia esperienza
diretta, il basso al sud o è troppo basso, oppure se è fertile, se si fa
società civile, non ha le forze per opporsi davvero alla minaccia della
criminalità organizzata. Alla fine l’ethos che tu vuoi combattere ti isola, ti
dice che sei un fesso e tu ti ci senti veramente, fesso; quando per esempio un
politico in odor di mafia, che tu con alcuni amici folli hai contestato
pubblicamente (i giovani!), dopo la solita trafila di processi impotenti ne
esce pulito più di prima. Anche se non è vero, che sia pulito, neanche per le
carte processuali, ormai tutti ci credono e tu sei soltanto un fesso, nuddu
miscatu cu nuddu. O quando non paghi il pizzo e ti vai a fidare dello stato e
resti solo con la tua paura. L’elenco sarebbe infinito. Non è obbligatorio
essere coraggiosi, specialmente se è vero che il coraggio, da privato cittadino
– senza scorte, senza la protezione di cui godono i magistrati – diventa incoscienza, come quella che avrebbe
un pilota che corresse con una macchina di formula 1 in una pista di go-kart,
senza vie di fuga e con curve troppo strette. La fiducia nello scontro diretto o nei cortei è il prodotto di
un’altra falsa credenza, per la quale le mafie sarebbero legate al degrado,
alla povertà, alla mancanza di lavoro. Quindi basterebbe bonificare il terreno e la pianta maligna morirebbe.
Non ho conoscenze di prima mano della realtà campana, ma sono certo che le cose
non vadano così in Sicilia, dove boss e gregari spesso sono diplomati, di
frequente anche laureati, con un’alta percentuale, nelle loro schiere, di
medici. Anche per questa ragione si è pensato di risolvere i problemi facendo
ricorso soltanto alle opere pubbliche, ai finanziamenti. A Gibellina, la città
ricostruita dopo il terremoto con i progetti di alcuni dei più famosi
architetti italiani, si è arrivati al paradosso, addebitando l’emigrazione e la
mancanza di prospettive al piano urbanistico, diventato esso stesso
un’emergenza. Ma il Vero Problema del sud, la natura ormai strutturale della
criminalità, non si cita mai

Gli scrittori, se vogliono dare un senso alla loro
solidarietà, devono porsi il problema di come modulare la loro assunzione di
responsabilità, innanzi tutto mettendo da parte le discussioni sulla forma di
Gomorra (anch’io ho avuto e ho ancora riserve su alcuni aspetti – di contenuto
e di forma – del libro, ma non è più il momento di parlare di queste cose).
Certo, non tutti possiamo avere il coraggio di Saviano, ma insieme si può
pensare di “tornare a Gomorra”. Rovelli propone un convegno, una
manifestazione. Certo, sarebbe un’idea, magari da realizzare superata l’emergenza Saviano e non formulandola come
pro-Saviano (si otterrebbe un acuirsi dei rischi per lui). Ma non dovrebbe
configurarsi come un prodotto dell’emergenza che legittimerebbe la percezione
che si ha delle mafie come emergenza. La immagino come un punto di partenza di
una mobilitazione perenne che porti alla produzione di testi che leggano questo
periodo storico del mezzogiorno italiano, senza ritrosie e omissioni, facendo
riemergere l’osceno, la natura strutturale della criminalità organizzata, la
sua intima connessione col potere. Soltanto narrandole, queste cose
diventerebbero meno astratte, soltanto raccontandole con personaggi e storie
(attraverso saggi, fiction, faction; attraverso scritture realistiche,
fantastiche, grottesche, penso che in questo caso le distinzioni non servano a
niente), si avrebbe qualche possibilità di farle uscire dal limbo della non
rappresentazione. Bisognerebbe vigilare sulle scelte letterarie, non
dimenticarsi mai, come leggevo ieri su un blog, che la letteratura dell’impegno
deve essere prima di tutto letteratura e poi impegno. Uno scrittore funziona
meglio con la penna in mano che non su un palco. I forzati dell’impegno troppo
spesso somigliano ai cultori dell’ombelico.

Il ritorno a Gomorra spero che avvenga facendo a meno
dell’instaurarsi di un filone (fenomeno negativo, non assimilabile al genere,
ma più che altro gli epigoni seriali che si hanno dopo i best seller, come è
successo per ultimo con Dan Brown e il proliferare di imitazioni del Codice da
Vinci) e puntando a un ritorno a ciò che fa di tutto per non essere
narrato. 

22 pensieri su “RITORNO A GOMORRA

  1. Raccolgo e riasumo: copriamoli di scritture?
    Magari in rete e anonime, un sito per disintasarsi da tutta la merda che si ingoia?
    Un sito dove si alternano pezzi anonimi d’autore a testi anonimi (indipendentemente dalla qualità letteraria) che ne so dei bambini e adolescenti?
    Un sito di esperienze urlate o sussurrate ma anonime, tante e saturanti…

  2. Caro Paolo S,
    ebbene, il sito che tu immagini c’è già: sì, è il sito della fondazione Wu Ming. Un sito di “testi anonimi” la cui bruttezza, “indipendentemente dalla qualità letteraria” (davvero scandente), è degna di “bambini e adolescenti” politicamente e grammaticalmente scorretti e inebetiti.
    Quindi, tranquillo, caro Paolo S.
    Il futuro è già qui con noi. Ora.
    Luca Bersi

  3. Trovo che sia l’analisi più concreta, reale e capace di armare un’azione reale che finora ho ascoltato.
    E, finita l’emergenza, dovrebbe andare oltre Gomorra.
    Ed arrivare ovunque si montino favole economiche e politiche.

  4. La camorra, con la sua azione imprenditrice, esprime un liberismo portato all’estremo preconizzando bene quello che potrebbe essere il futuro del mercato mondiale. E’ proprio in questa chiave che si può pensare a una strategia per contrastarla che non può che essere globale (mondiale). Se pensate ad altre soluzioni a raggio d’azione locale o nazionale o, peggio ancora, disgiunte dall’aspetto economico iperliberista che caratterizza teoria e pratica di questi gruppi criminali non so che tipo di efficacia possano avere.
    Sono, inoltre, stuppito dall’aver scoperto l’esistenza della cosiddetta letteratura dell’impegno (da contrapporsi a quella del disimpegno?). Parla di pittori, Picasso, ma potrebbe valere anche per scrittori piuttosto che cineasti o poeti o fotografi ecc. quando dice:
    “Che cosa credete che sia un artista? Un imbecille che ha solo gli occhi se è pittore, le orecchie se è musicista e una lira a tutti i piani del cuore se è poeta, oppure, se è un pugile, solamente dei muscoli? Al contrario, egli è allo stesso tempo un uomo politico, costantemente sveglio davanti ai laceranti, ardenti o dolci avvenimenti del mondo e che si modella totalmente a loro immagine. Come sarebbe possibile disinteressarsi degli altri uomini e, in virtù di quale eburnea indifferenza, staccarsi da una vita che essi vi apportano così copiosamente? No, la pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. E’ uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico. ”
    Saluti

  5. Io sono d’accordo con il procedimento di desavianizzazione di Gomorra… è un’idea che wuming portava avanti da un pò di giorni.. e io l’ho appoggiata..
    Sono uno dei creatori del sito sosteniamosaviano ma concordo con tutti, non ci si può fermare qui!
    Disponibile sempre e comunque!
    Alessandro

  6. Ciao,
    sono d’accordissimo, tanto che stesso a me e agli amici con cui abbiamo messo su il sito per la raccolta firme ci è sorto all’inizio il dubbio che anche un semplice appello di solidarietà potesse “Savianizzare Gomorra”. Non è stato né vuole essere quello il nostro intento, perché anche io, come gli altri, sono per la “Desavianizzazione di Gomorra”! Bisogna andare avanti, come ha detto Alex!!! E l’iniziativa di cui hai scritto è importantissima. Colgo l’occasione anche per ricordare che il giorno 11 Novembre ci sarà a Villa di Briano (CE) una manifestazione-convegno organizzata, tra gli altri, da “Libera” a cui prenderà parte anche Rita Borsellino. Sarà un’occasione per iniziare a “Desavianizzare Gomorra”!
    http://www.proveditrasmissione.net/Saviano/DETTO_TRA_NOI_-_IN_PIENA_GOMORRA.wma
    Occhio al link, ripropongo la registrazione di Detto tra noi, il rotocalco della web radio campana Radio Nuove Voci.
    Il titolo, significativo, di quest’appuntamento radio, è “In piena Gomorra”. Buon ascolto!!!

  7. Su alcuni quotidiani locali e nazionali è apparsa una notizia secondo cui Roberto Saviano avrebbe accettato da Russo Spena(Prc) la richiesta di diventare il Capo del coordinamento interregionale per le politiche di educazione alla legalità.
    Inutile dire che questa notizia che potrebbe prestarsi a facili strumentalizzazioni è una bufala, assolutamente falsa, un altro tentativo per infangare la figura di Roberto.

  8. Un circolo per pochi intimi questo blog. Tutti d’accordo, tutti allineati. Non è chiaro, però, se volete parlare a qualcuno o, meglio, se volete ascoltare anche gli altri. Raramente discutete fra di voi. I cani non si mordono tra loro, ma se capita qualche gatto…

  9. Bene ! E cosa farai La…muerte ? Mi disprezzerai e mi isolerai, mi attaccherai o tenterai di schiacciarmi come si fa con i vermi, appunto ? Questi sono i metodi contro cui scrive colui del quale parli. Sarai dunque alla sua altezza morale ?
    Le vittime, anche se sono vermi, possono fare più male di quanto si pensa.

  10. Ma no, ma no, perché? Basta una molletta sul naso! 🙂 E i vermi non si schiacciano, quelli semmai sono gli insetti: se pesti un verme fai solo una schifezzina. I vermi si prendono e ci si va a pesca.

  11. Stai spendendo molto tempo con un verme. Sicura che ne valga la pena La…muerte ?
    Sicura che ti convenga ? Gli ami sono pericolosi. Possono rimanere attaccati alle mani. Cosa potrebbe dire l’opinone pubblica se sapesse che te la prendi con qualcuno che non è come te ?

  12. Molto tempo? Ma no, venti secondi ieri, venti secondi oggi. Ma apprendo da te che non ne vale la pena, e allora mi fido perché ti conosci meglio di me 🙂 ciao.

  13. Perchè non basta la tua mano ? Per un troll è anche troppo. Perchè chiami gli altri ? Sai veramente cos’è un troll ? Se lo sapessi non gli daresti ds mangiare mia illustre “prrrrrr”. Qualcuna si trolla da sola.

  14. Sentiamo cos’hai di utile e interessante da dire. Perché vuoi sprecare l’opportunità di esprimerti? Hai spazio per far passare delle idee, usalo. Qui nessuno ti censura.

  15. Le idee non “passano” da qui. Comunque basterebbe parlare di Torsello. O sceglierete di fare ciao anche a lui ? I morti o quelli che rischiano non sono tutti uguali ?

  16. Raccolgo l’invito e m’esprimo. Il sequestro Torsello ha un brutto odore. Ragioniamo sul cui prodest: viene rapito un convertito all’Islam da sempre contrario alla guerra, e si chiede in cambio un convertito al cristianesimo la cui storia è nota soltanto in Italia e a Kabul. Non prodest particolarmente a talebani e addentellati vari, a cui del tizio poco fotte, mentre funziona BENISSIMO come operazione di guerra psicologica a vantaggio di guerrafondai e scontrociviltisti occidentali, per scoraggiare qualunque non-militare a visitare quei posti e vedere cosa accade davvero. E’ come se ci fosse un copione: Baldoni voleva andare a Fallujah ed è stato ammazzato. Giuliana Sgrena voleva andare a Fallujah ed è stata rapita. Sul rapimento delle Simone chi sosteneva la guerra ha imbastito una campagna mediatica gigantesca. Adesso il sequestro Torsello è una nuova occasione per dire di stare alla larga, accusare i pacifisti di incoscienza e ingenuità, rompere le palle a chi si converte all’Islam.

  17. Il solo fatto di pensare che la camorra, sia una cosa in grado di comandare e controllare un territorio, sopratutto se si pensa che molte di queste famiglie sono ignoranti e di basso profilo, mi fa molto sorridere. La realtà è che la camorra, la mafia e gli altri gruppi di organizzazioni criminali, sono semplicemente funzionali al sistema. Non sono loro che comandano, non sono loro che condizionano la politica mondiale e le scelte di governo. C’è una parola molto più pericolosa ed inpronunciabile, che inizia sempre con la m(come mafia) ma molto più potente: la massoneria. Nello scandalo dei rifiuti a Napoli, un magistrato ha trovato il coinvolgimento di Licio Gelli e della P2. Ne avete sentito parlare? Si parla di Bassolino, dei vari assessori corrotti, di tutto fuorché della P2, perchè? L’Italia è inserita in una logica di sistema mondiale e la mafia, la coamorra ecc. devono esistere secondo queste logiche. Volete far fuori la camorra e la mafia? Non guardate più Mediaset; non comprate più il 70% dei prodotti in commercio prodotti dalle multinazionali; non seguite MTV(Monsato docet);
    non credete una parola dei politici e diffidate come della peste, delle privatizzazioni; non andate dietro a giornalisti, opinionisti, attori, calciatori, musicisti, fanno parte tutti di una stessa logica asservita al potere e sono più pericolosi di mafia e camorra, perché ai vostri occhi si presentano come eroi buoni. Se non metabolizziamo certe cose, se non accettiamo che viviamo in un mondo falso, controllato e manipolato, se non capiamo che solo la cultura, la pace, la comprensione e la tollerenza ma sopratutto la carità sono valori perseguibili concretamente da tutti, non cambieremo mai nulla. Noi parliamo della camorra…ma quante atrocità commettono tutti i giorni, per egoismo le personi che si reputano buone? Aborti; abbandono di figli e famiglie; cattiverie gratuite e meschine sul lavoro. Ad Erode che aveva paura che un nuovo predicatore di Nazareth, prendesse il suo posto e lo vedeva come una minaccia assurda, Giovanni Battista rispondeva: ” Non avere paura di perdere il tuo regno, prima di cambiare i regni, vanno cambiati gli uomini”.

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