SCRIVERE DOPO IL 2 APRILE

Che poi, fino a non molto tempo fa, si diceva che gli scrittori avevano sostituito i cronisti nella narrazione del reale. Fino, almeno, all’11 settembre 2001. Ci fu un convegno, su questo, e da quel convegno nacque un libro, che si chiamava Scrivere sul fronte occidentale. La sottoscritta, un paio di anni fa, lo recensì per il quotidiano. Ci torno perché non pochi degli interrogativi di allora tornano con forza a riproporsi oggi, in giornate che definire straordinarie è poco, giornate che sanno di Medioevo e insieme di kermesse planetaria, dove fede e paganesimo si mescolano senza soluzione (nello stesso vortice, la richiesta tribale del cuore del Papa, e i collezionisti di visioni con i cellulari). 
Comunque.Quel libro, e quel convegno, vertevano sul rapporto fra letteratura e reale. All’epoca, lo sintetizzavo (con i mali dovuti ad  ogni sintesi), così:

“E se Dario Voltolini si interroga sulla perdita di peso e di significato delle parole, se Antonio Moresco indirizza tutta la sua indignazione contro “lo schema simbolico totalizzante del reale e del virtuale, dominante nella lettura culturale di questi anni”, Carla Benedetti precisa che l´11 settembre ha affidato la narrazione ad altri: ai giornalisti, per cominciare, ma anche ai politici, agli economisti, ai sociologi che “si sono appropriati dell´Evento, lo hanno contemplato come dal futuro, rendendolo già passato” e che per questo non sono sfuggiti alla retorica. Diversi interventi vanno in questa direzione: Tiziano Scarpa sostiene, per esempio, che molti eventi del 2001, dall´omicidio di Novi Ligure al G8 di Genova, per finire con gli aerei scagliati contro le Torri, rappresentano una critica della finzione, sia essa sociale, politica, globale. Ancora: Giuseppe Genna esalta il ruolo degli scrittori “eretici” contro la nuova fiction della saggistica, Giulio Mozzi ribadisce che la letteratura “serve a parlare della verità”, Piersandro Pallavicini invoca romanzi “lunghi” che mettano in campo storia, scienza, etica, in un´organizzazione superiore di materiali complessi, Marosia Castaldi celebra la scrittura come racconto del caos. Il più diretto, e il più preoccupato, sembra Marco Drago: certo del fatto che a nessuno dei potenti del mondo interessi davvero quel che ha da dire uno scrittore sulla guerra (Oriana Fallaci? Un caso mediatico. Don DeLillo? Noioso). E intimorito da una probabile e strisciante costrizione ad abbandonare il romanzo dell´individuo: “Lo scrittore che vive sotto dittatura o sotto il terrore per ricevere attenzione non può occuparsi di cose come il matrimonio, il divorzio, la crisi di mezza età, la morte del padre. Se lo fa, lo fa in romanzi in cui la cornice è la situazione storica del suo paese. Lo dice André Brink in una recente intervista rilasciata a Pulp. Brink è sudafricano e dice che è contento che non ci sia più l´apartheid così può scrivere i romanzi come piace a lui e cioè con meno attenzione al sociale e più attenzione ai ghirigori del suo cervello. Dice che adesso si sente davvero uno scrittore. Prima, per essere letto e premiato, doveva sempre fare l´impegnato. Povero Brink. E poveri noi adesso”.

Sono, a maggior ragione, questioni aperte. Mi chiedo, con il senso crescente di irrealtà che circonda ogni abitante di Roma in queste ore, se qualcuno, per caso, stia già scrivendo qualcosa che racconti quel che avviene narrando apparentemente altro, e allontanando lo sguardo dalle sepolture dei papi, dalle saghe degli imbalsamatori, dalla fila dei pellegrini, dalla residenza dei presidenti.  Come fece, al cinema, l’Ettore Scola di Una giornata particolare.

138 pensieri su “SCRIVERE DOPO IL 2 APRILE

  1. P.S. Forse non te l’hanno spiegato, ma in Russia l’esercito italiano era un esercito invasore al seguito di Hitler. Che i russi si difendessero sparando (come già avevano fatto libici, abissini etc.) e dando “dure lezioni” non dovrebbe suscitare alcuno scandalo. O forse la tua consapevolezza del “pericolo rosso” ti ha portato a rivalutare il Fuhrer?

  2. Ma si può essere anticomunisti senza per questo essere berlusconisti?Pare di no.Orwell, quello del GF, e Spencer erano uomini di Berlusca?Come mai hanno capito certe cose?Che Marx non abbia niente a che fare con il comunismo russo èè una gran cazzata.E’ come quelli che dicono che una cosa è Cristo e una cosa è il Cattolicesimo.La rivoluzione marxista se ne fotte della democrazia,La rivoluzione russa non è stata altro che un colpo di stato.Può nascere qualcosa di buono da un colpo di stato.Se a farlo i sono i comunisti, certo che si.Ma i comunisti italiani sono stati diversi.Solo perchè non hanno preso il potere.Tu che sai tante cose, Franco,dovretsi sapere che il compagno Ercoli,tu certo sai chi era, è probabilmente stato responsabile della morte di più comunisti italiani che non Mussolini.Quei comunisti italiani che si erano rigugiatio in Russia per sfuggire il Fascismo. Be’, lui decideva se erano o no fedeli alla linea. Ma non solo decideva sulla vita sui suoi poveri compagni di partito. Sai che incitava i Russi a dare una lezione inflessibile ai soldati italiani prigionieri, in modo che in Italia si capisse che cosa era davvero il fascismo guerrafondaio.Qualche complottista dice addirittura che il tuo Gramsci ce l’abbia fatto arrivare lui,in carcere.Ma questo sui libri di Tropea non lo trovi.Giacchè i comunisti sono sempre quelli che viaggiano ballano e cantano.Brecht dixit.EvViva il comunismo della libertà!

  3. Sei incurabile. Io ti parlo di una sinistra non-stalinista e anti-stalinista, nomino “Giustizia e Libertà”, nomino Voltaire, l’illuminismo, e tu ribatti con Togliatti, che mi chiedi cosa c’entri. E comunque, la figura di Togliatti (uno stalinista un po’ sui generis) meriterebbe una riflessione un po’ più complessa di quella che proponi/propini. Fu lui a fare la “svolta di Salerno” e appoggiare il governo Badoglio, fu sempre lui a opporsi a qualunque tentazione insurrezionale nel dopoguerra e a tenere il PCI nel contesto liberal-democratico, pur con qualche ambiguità. Ma questo forse non te l’hanno detto, Feltri e gli altri tuoi maitres à penser.
    Quanto a Marx, è chiaro che non lo conosci, non l’hai mai letto, non ne sai niente, parli per sentito dire. Quando ci fu la rivoluzione russa, Gramsci parlò di una “rivoluzione contro il Capitale”, nel senso che avveniva in condizioni che Marx avrebbe stigmatizzato e definito “immature”. L’ultimo Marx faceva l’apologia della Obshina, la piccola comune della tradizione contadina russa, dicendo che poteva essere un seme di socialismo senza passare per l’industrializzazione. Dimmi un po’ tu cos’ha a che fare tutto questo con la politica agraria e industriale di Stalin! Ma è inutile, se non sai non sai. Ti lascio al tuo monologo.

  4. se mi ‘consentite’ consiglio l’intervista a Frei Betto tratta da “Un continente desaparecido”
    di Gianni Mina’ Ci sono anche alcuni appunti sul marxismo sicuramente articolati un po’ meglio rispetto a quelli del guidatore che proietta la sua ombra su altri.
    E’ lungo e cito solo la parte finale. Lo trovate:
    http://www.carmillaonline.com/archives/2005/04/001315.html#001315
    ……….”Esatto. Il problema del marxismo è stato il pregiudizio nei riguardi dello spessore della cultura popolare e di quella religiosa. Il capitalismo ha avuto la saggezza di privatizzare i beni materiali e socializzare i sogni. Io sono un povero, vivo in una piccola casa, in una favela, però nella mia televisione posso vedere Hollywood, sognare la possibilità di vincere alla lotteria, per sorte o per trucco, o aiutato magari dalla magia… Posso insomma fruire di certe meraviglie. Il socialismo ha fatto il contrario: ha socializzato i beni materiali e privatizzato i beni simbolici. Nessuno ha diritto di sognare, solo il partito ha il diritto di farlo. Ma spesso erano sogni pericolosi. Quando la gente sogna, bisogna invece calarsi nella sua realtà e cercare alternative per le sue speranze”.

  5. No, ma sei io dico “Leggi Tolstoj!”, è bello perchè con Levin impari che cosa è un possidente e capisci perchè il comunismo là, non può essere il comunismo qua. Insomma, o parti dal comunismo, o parti dal piacere, o parti dal fatto che nei romanzi russi ci sono un sacco di belle donne (eroine femminili) perchè non leggere i romanzi russi? Se sei uomo. E se sei donna uguale (ci sono un sacco di protagonisti pronti a fare gli spacconi in bilico sul davanzale di una finestra pieni zeppi di alcool. la cosa è generalmente alquanto entusiasmante. “cade o non cade?”. Non cade, non cade.

  6. …e poi impari (non tu tu, tu noi, io) anche come sono complicati i bei personaggi da romanzo. Lolip, questo era per riprendere il post. Stai ancora distratta dal pontefice?

  7. Io posso capire che leggere Marx, per chi non ne abbia voglia e abbia pregiudizi, sia pesante. Grundrisse sono complicatini, eh? E’ dura anche per chi lo ama. ma almeno un po’ di Dostoevskii, (I Demoni) per capirci qualcosa del “dannato spirito russo”, no? Un po’ d Cecov? Neanche. Saltykon Scedrin? I signori Golovlev. Meravigliosa storia di una famiglia di possidenti dominata da una “dittatrice” in un paese in cui alla metà dell’800 il sistema produttivo è ancora scarsamente sviluppato. Se Gramsci parla come parla non è di certo perchè è nato in Russia, ma perchè di quel paese ha studiato lo “sviluppo delle forze produttive”. Fratelli Karamazov e Demoni secondo me un’ideuzza te la danno, senza che uno faccia troppo sforzo, no?

  8. Sempre dall’intervista a Frei Betto.
    Suvvia Filippo, leggila, rilassati, si puo’ ragionare anche sul maxismo, sappi che molti marxisti lo fanno e non sono affatto teneri. Poi mi par di capire che non sei piu’ un infante quindi non hai da temere: nun te magnano.
    ………..Io penso due cose. Primo: la cultura occidentale è assolutamente cartesiana, razionale. E la mentalità, la cultura marxista è indiscutibilmente positivista. Marx era un uomo del suo tempo e anche Hegel. Si sono lasciati influenzare da elementi positivisti con l’idea che l’umanità cammina in base a una logica scientifica. Questa è una sciocchezza, se la osserviamo oggi, ma aveva una consistenza nel suo tempo. Noi avremmo detto le stesse cose se avessimo vissuto all’epoca. Ma questo ha impedito al marxismo di comprendere, per esempio, le altre dimensioni della conoscenza umana che non è basata solamente sulla razionalità. San Tommaso ha detto una frase lapidaria: ‘La ragione è l’imperfezione dell’intelligenza’ perché nel processo di conoscenza la ragione è solo uno strumento. C’è poi anche la dimensione ludica, la sensibilità, il corpo. Ci sono molti modi di esprimersi, come la musica, la spiritualità, la sessualità, ma tutto questo è sconosciuto a una certa mentalità cartesiana, positivista e marxista. Secondo: non bisogna dimenticare la mancanza di contatto con il popolo, di lavoro con il popolo, di educazione della gente. Buona parte della struttura marxista è stata edificata dall’alto verso il basso. Io sono convinto, per esempio, che uno dei fattori del crollo del socialismo nei paesi dell’Est europeo è dovuto alla struttura zarista che ha dominato l’ex Unione Sovietica. Questo grande paese (come ognuno di noi è figlio del proprio padre), ha ereditato la struttura zarista. Così a me pare che il socialismo non si occupò, né lavorò mai per l’autonomia della società civile. Le idee venivano sempre dall’alto verso il basso. Non succedeva mai il contrario. Nella mia interpretazione (così come nel capitalismo lo stato gestisce gli interessi della classe dominante) il socialismo dovrebbe amministrare invece gli interessi della classe ‘maggioritaria’ della maggior parte della gente, insomma. Questa classe sociale dovrebbe essere autonoma, dovrebbe essere un soggetto politico. Ma questo, nella realtà, non si è verificato in nessun paese socialista………

  9. Aggiungo che si può essere “marxisti” (termine che non mi piace, ma facciamo a capirci) senza essere comunisti né aver mai militato in un partito comunista.
    Erano *marxisti*, ciascuno a modo loro, Labriola, Turati e la Kuliscioff, Matteotti, Menotti Serrati, Pertini, Bernstein, Plekhanov, Kautsky, James Connolly, Eugene Debs, Willy Brandt e tanti altri.
    Erano marxisti dirigenti del PSI come Nenni, Morandi, Lombardi, Lelio Basso etc.
    C’erano marxisti nel Labour Party inglese, nel socialismo d’ogni paese, nelle socialdemocrazie del Nord-Europa.
    La SPD, almeno fino a Bad Godesberg, aveva come ideologia il marxismo “revisionato” (democratico-parlamentare, positivistico, gradualistico) della Seconda Internazionale, e così gran parte dei partiti membri dell’Internazionale Socialista.
    Del resto, la SPD *fu*, fino alle loro rispettive morti, il partito di Marx ed Engels.
    Il mondo laburista, socialista, socialdemocratico ha sempre accusato l’URSS e i suoi partiti satelliti di aver “corrotto” e piegato ai loro voleri il pensiero di Marx, del quale rivendicavano altri aspetti e altre radici. I marxisti occidentali non-comunisti criticavano il leninismo, una lettura di Marx che definivano “putschista”.
    Erano marxiste anche le opposizioni “di sinistra” al bolscevismo, pensatori come Pannekoek, Gorter, Ruehle, e la più nota di tutti, Rosa Luxemburg.
    Pannekoek e i consiliaristi erano addirittura contrari all’idea stessa del partito rivoluzionario, erano contrari alla forma-partito in quanto autoritaria.
    Visto che si è nominata “Giustizia e Libertà”, persino Carlo Rosselli, che si definiva “anti-marxista”, in una lettera viene rimproverato da Salvemini di non volersi liberare di alcuni elementi di marxismo, e questo *prima* dell’alleanza tra GL e il PCd’I nell’esilio parigino.
    Insomma, sono esistiti tantissimi marxisti e tantissimi “marxismi”: autoritari e libertari, pluralistici e monopartitici, putschisti e parlamentari, insurrezionalistici e gradualisti. Perché mai il vero marxismo dovrebbe essere quello di Stalin?
    Termino dicendo che, mentre nelle università e nei centri studi di tutto il mondo si stanno riscoprendo Marx come proto-analista della globalizzazione e il pensiero di Gramsci come chiave per capire il multiculturalismo (da studiosi afroamericani come Cornel West agli studiosi di Cultural Studies del sud del mondo), l’Italia è l’unico Paese dove, provincialmente, si continua a considerarli ferrivecchi, si confondono marx e il “marxismo” e, peggio ancora, si confonde (anche a sinistra) Marx con il “comunismo” di Urss e compagnia. Bah.

  10. Non so, Wu Ming 1, ti apprezzo abbastanza come scrittore, ma quando parli di letteratura sei stranissimo. Sia chiaro, mi sei molto simpatico anche quando dici che ho perso le puntate ecc ecc. Però hai sempre l’aria da primo della classe. E quello che dici non convince, tu hai un’idea di verosimiglianza molto limitata. Per esempio sopra hai citato Antracite, un bellissimo libro che funziona esattamente come dici tu, ma un capolavoro assoluto come La torre nera non mi pare funzioni così. Le ambientazioni accurate e le ricerche storiche non sono fondamentali. Guarda anche nel tuo lavoro il rapporto è da rovesciare, la storia è un filtro ma quello che è bello e vero sono le invenzioni, i miti come li chiami tu. Quella è la verità, non il sottofondo da manuale universitario. Come nei lavori di Alan Moore, c’è ricerca storica (anche perché lì tutto va disegnato) ma quello che vale è agganciare qualcosa che abbiamo dentro e che scoccia tirare fuori.
    @ ilposto… ho 36 anni e poi ti faccio anche uno 🙂

  11. @ filippo
    che marx non c’entri niente con la rivoluzione russa (intesa come totalitarismo) lo scrive non Wu Ming, ma (sorpresa!) *Il libro nero del comunismo*: che mi sembra una lettura all’altezza delle tue capacità, se arrivi fino alle ultime 25 pagine.
    E comunque, è vero che in nome (a volte a causa) del comunismo sono state commesse tutte quelle nefandezze che tu citi: ma questo non giustifica le nefandezze degli americani. Se il mio vicino di casa picchia la moglie, non per questo io sono legittimato a picchiare mia figlia, no? Però (grazie, Franco) se un uomo giusto come Elie Wiesel si spende nella campagna internazionale contro i Khmer per evitare che il muro del silenzio faccia nuove vittime, e mette in gioco la sua figura, e poi gli americani lo prendono per i fondelli perchè i Khmer come alleati gli fanno gioco, io personalmente un po’ mi incazzo: è come se Primo Levi avesse scoperto che il suo aguzzino di Auschwitz era diventato il console tedesco a Roma e rappresentava il governo tedesco a una cena in memoria delle vittime dei lager: ma visto che sto parlando a te, Filippo (meglio: a uno che scrive dei post come i tuoi, cioè che pensa come i post che scrive), come diceva Donnie Brasco: che te lo dico a fare?

  12. va bene ragazzi.Va bene Girolamo.Ditemi allora un solo posto nel mondo dove i comunisti non abbiano fatto “nefandezze”.No che non ce n’è.Ma a voi non interessa.Siete dei mistici.Credete nelle visioni.La realtà puzza di morti.Allora fate come Minà.Minà oddio.In ginocchio davanti a quel campione delle liberà che Castro.Del resto pure il papa c’è cascatao.e?andatoa omaggiare un dittatore.Uno che mette dentro chi non la pensa come lui.Chissà come lo spiega questa quella mente eccelsa di Franco.Accidenti che cultura!Ma ti serve solo da paraocchi.Da’latra parte per secoli gli uomini hanno visto gli angeli volare.Ci hanno proprio creduto.Così pure voi.Anime pie.Ci credete al comunismo della libertà.Ve lo raccomanda Gianni Minà!E tu Girolamo smetti di farti le canne.Quell’esempio di Levi Primo mi sembra da fumatino.

  13. No, scusate, ci sono volte in cui neanche i romanzi possono compiere miracoli. passerei alla strategia lollipesca.

  14. Però Girolamo, non è vero. Filippo potrebbe essere indeciso, o avere preso il problema dalla parte sbagliata. Io sarò ultra-marxista (Giu!) ma penso che un conoscitore medio della letteratura – – debba “inesorabilmente” diventare “di sinistra”. Qundi, domanda: perchè non ci si risente tra qualche personaggio?

  15. Filippo, sei senza speranza. Ti si è parlato di socialisti, di socialdemocratici, di laburisti, di lib-lab, per dire che anche costoro erano o sono “marxisti” (ma in realtà sono un po’ “marxisti” quasi tutti i contemporanei, perché il modo di parlare di economia, di usare le categorie, di parlare di redditi, salari, produzione, è cambiato radicalmente da Marx in poi, ed è cambiato per tutti, anche per gli antimarxisti), e tu di nuovo con la tiritera dei comunisti. E’ una psicosi, la tua.

  16. @ filippo
    allora prova questo esempio: come scoprire che il responsabile della deportazione degli ebrei francesi è diventato il capo della polizia di Parigi (anni Sessanta), anzi, il ministro degli interni (anni Ottanta): pensa un po’, è succeso per davvero. Ma che te lo dico a fare? Tu sei uno di quelli che lo avresti votato, il signor Papon, solo per averlo sentito parlare contro i *comunisti*. Tu, se il tuo vicino picchia la moglie, resti ad origliare per cercare di capire se lei o lui sono comunisti, così sai che posizione prendere. E aspetti che tua figlia ti dica che è comunista, così finalmente avrai una buona ragione per sfogarti picchiandola: nell’attesa sublimi con i post…

  17. andrea, non sono io che sono “stranissimo” (ancorchè simpatico), sei proprio tu che non capisci (e non sei manco simpatico).
    Per puro spirito di contrapposizione fai obiezioni che non sono tali – sono semplicemente *altro*, roba che non c’entra, o addirittura la stessa cosa detta in altro modo. Quest’ultimo post in cosa, esattamente, ribatterebbe al mio? Io ti dico che il realismo non riassume in sé tutta la realtà, che dentro la realtà c’è anche il mito, la ricostruzione minuziosa non significa imitare pedestremente l’idea di realtà consegnataci dal realismo, e alcuni autori lavorano proprio su questa particolare spinta alla “verosimiglianza”, e tu come ribatti? Dicendo più o meno le stesse cose, ma presentandole come se io avessi detto il contrario.
    Prima mi contesti cose che non ho detto né penso (il genere, la verità, il realismo) appigliandoti a una cosa scritta tre anni fa e riproposta fuori contesto, poi, se rettifico, divento il “primo della classe”.
    Inciso: a me non frega niente di definire teorie generali su cosa debba o non debba essere la *letteratura*, trovare le Regole, gli Enti, fare tetrapilectomia sulle parole usate o non usate da Pascale, fare disquisizioni etc. Tutto questo è roba da coppia di vecchietti che guardano il Muppet Show.
    Quando parlo di un libro, parlo proprio di *quel libro lì* (o di quel gruppo di libri lì), non di tutti i libri concepibili o dell’idea iperuranica di Libro. Il che significa che se parlo di *Romanzo criminale* e uno mi tira fuori *Il catino di zinco*, sento il dovere di ribattere con un semplice, risolutorio: – Non c’entra un cazzo.
    “La torre nera” è una grande saga, Stephen King è uno dei miei autori preferiti e, guardacaso, hai fatto proprio il nome di uno che si documenta parecchio, e quel che più incanta dei suoi romanzi è il rapporto *conflittuale*, dialettico, tra due elementi:
    Il primo è la verosimiglianza, l’incredibile plausibilità dell’ambientazione. Derry è una città immaginaria ma King la rende *vera*, la quintessenza della cittadina americana, e ne ricostruisce la topografia incrocio per incrocio.
    Il secondo è l’irrompere (graduale e improvviso al tempo stesso) dell’arcano, del perturbante, del soprannaturale.
    Il secondo elemento non funziona, senza il primo. Il segreto è nel contrasto.
    Per mettere in gioco il primo elemento, Stephen King *studia*. Per scrivere *From a Buick 8* trascorre settimane sulle autopattuglie della polizia stradale dell’Indiana. Per scrivere *Insomnia* legge tutta la letteratura scientifica sull’argomento.
    Non a caso, ho fatto l’esempio di due romanzi che sono episodi collaterali al ciclo della Dark Tower, come anche *Hearts in Atlantis*.
    Per scrivere *Bag of Bones* King si informa sulle procedure d’adozione dei bambini nel Maine orientale etc.
    King sa bene che, per essere perturbante, l’imprevisto deve squarciare il velo di una minuziosa mappatura di ciò che in apparenza è il reale. King crea l’illusione del realismo e poi la distrugge, ma non può distruggerla senza prima averla creata.
    Tale è la sua preoccupazione in questo senso, da dedicare pagine su pagine di *On Writing* a come far “suonare” i dialoghi perché non paiano artefatti e “irreali”.
    A questo punto tu potresti dirmi, com’è tipico del tuo modo di argomentare: – Ma in Lovecraft non c’è ricostruzione minuziosa, l’orrore funziona in un altro modo, i dialoghi sono artefatti.
    Al che io, serafico: – Lovecraft non c’entra un cazzo.
    [e comunque mi annoia il 90% della sua produzione].

  18. Ma che senso ha continuare a parlare con questo tizio, palesemente in malafede, come se lo si dovesse convincere di qualcosa? Lasciatelo perdere, è un esponente della mentalità che ci ha regalato Pinochet, Stroessner, Videla, Trujillo, Batista, Franco, esponenti della teoria che, per difendere la popolazione dal “comunismo” (cioè l’ideologia di pericolosi criminali come il liberale Arbenz o il socialista Allende), la si dovesse massacrare. Com’era? “Meglio morto che rosso”.

  19. @ girolamo – hai citato una delle frasi preferite da uno dei miei film preferiti. che te lo dico a fare, anzi, forget about it!
    @ andrea b – secondo me devi lasciare che il significato delle parole esploda, altrimenti sono cazzi da cacare! un-eimlich per cominciare, e forse sarò antiquato come quelli che usano weltanshaung!
    @ filippo – vai ai funerali del papa
    @ me stesso – il bushmills fa diventare eccessivamente espansivi!
    @ ilpostodi – per te sambuca molinari, prendi una decisione chiara!
    @ wuming1 – anche io trovo che lovecraft sia noioso, mi conforti…sempre. e poi, da appassionato di un certo jazz, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi di david s. ware, william parker e matthew shipp, se e quanto li conosci, e su cosa significa il loro linguaggio oggi. (questa è più personale e puoi anche rispondermi alla email).

  20. Wu ming.E io sarei in mala fede?Tu mi accusi di questo e poi mi dai del fascista.La solita vecchia storia.Cioè se uno si dichiara anticomunista ecco che diventa fascista.Mai sentita la la parola liberale.O, come tutti i giovani di tendenza,a la mode,preferisci liberal?fate tanto gli antimamericani,ma ne siete i cloni perfetti.Anche dal punto di vista letterario.ma come si fa a leggerlo,Stephen King?Se gli togli L’occhio del male è il McDonald della letteratura-mi scuso per aver usato la parola: letteratura per il re della spazzatura. Ma comunque onesto e leale come te,concedimi almeno uno in cattiva fede come chiede solo una cosa.Risponda questa domanda.
    Dimmi un solo stato comunista, non di oggi, ma nella storia dove siano rispettati i diritti civili.Dove la parola libertà,ma tu la troverai retorica,abbia un sognificato.Dove gli uomini possano scrivere quello che gli pare,anche le boiate che tu scrivi.So che non risponderai.Che mi darai ancora del afascista,in quanto questo posto esiste solo nella mente di voi visionari.E che ad ammetterlo dovresti spiegarmi perchè continuate a dirvi comunisti.Non sarà che siete come quelli che vedevano gli angeli volare?Non sarete per caso dei fanatici?Magari la cattiva fede è la vostra.Magari pensaci wuminghino!

  21. All’ultimo bel post di wu ming 1 non mi viene da ribattere proprio niente, mi viene da aggiungere questa cosa di Carla Benedetti che mi pare dica le stesse cose anche se con una “cassetta degli attrezzi” un po’ diversa da WM1, diciamo meno operativa e più teorica.
    “La nostra epoca, come tutte forse, ma credo che questa di più di ogni altra, si autodescrive. Fa una descrizione di sé. La fa continuamente, attraverso le notizie, attraverso i suoi stessi processi comunicativi, ancor più che attraverso le sue ideologie. E questa autodescrizione è una trappola. Una premessa che si autoconvalida. Molte narrazioni odierne mi sembrano solo un’opera di manutenzione dell’epoca, un meccanismo di difesa del sonno dell’epoca che sogna se stessa e non vuole svegliarsi. Se non si sfondano questi schemi di realtà, per far emergere allucinatoriamente tutta la realtà, tutto lo “spurio” rimosso da questa autodescrizione, scrivere non ha alcun senso. E questo non lo dico solo per la scrittura narrativa, ma anche per quella saggistica e testimoniale e giornalistica.”

  22. Sono letteralmente fuggita da Roma per un giorno e mezzo. Certo che tornare e scoprire che qualcuno definisce Stephen King spazzatura è alquanto sconsolante.

  23. Naturalmente mi riferivo al penultimo non all’ultimo post di WM1.
    Ne approfitto per dire che dalla vecchia rece al romanzo criminale sono venute fuori un bel po’ di cose. A qualcosa saranno serviti i miei post allora.

  24. Vuoi che mi schieri, andreac? Alla mia età? Con tutte le litigate che faccio – l’hai detto tu – e tu non sai quelle che ho fatto 🙂 per poter dire magari una una sola cosa di cui fossi convinta? Ma sai che a fuira di dire cose in cui non crediamo ci si atrofizza la capacità di essere davvero consapevoli? (chi lo dice? boh. me ne sno accorta io) 🙂 Scusate l’OT. Ma andiamo!
    Su Wu Ming e Andreab: credo che dicano le stesse cose. Perchè litighino non sono cazzi miei. Non sta a me giudicare. Litigano.
    Questa volta sono d’accordo col pezzetto citato da andreab di carla benedetti. Guarda un po’… perchè? ha ragione. è il non raccontato da Vespa, che bisogna raccontare sul 2 aprile…così, per dire…

  25. Lippa! Sei tornata! ma se sapevo che non c’eri sai gli OT che ci infilavo! Tanto gli altri dopo un po’ si ditraggono!:-)

  26. E’ molto intrigante questo definirsi “liberali” da parte di persone che il liberalismo non sanno nemmeno cosa sia. Se Filippo avesse una minima conoscenza della storia del liberalismo, avrebbe capito di cosa si stava parlando appena ho spiegato che i Wu Ming citano Voltaire e “Giustizia e libertà”, e avrebbe avuto un minimo sussulto quando ho nominato Raymon Aron (un pilastro del pensiero liberale), quindi non avrebbe scritto le cazzate in cui si è arrotolato. Ma non è solo ignoranza, è anche – come ha ben detto wm1 – malafede. Una volta spiegato che il nome “wu ming” è un omaggio ai dissidenti cinesi e spiegato che esiste una sinistra anti-stalinista, chi persiste nel tirare in ballo questo o quello stato comunista è in malafede e stop.

  27. Ok, wu. tu non litighi. ma le modalità in cui “precisi” quello che pensi, fanno sì che dall’altra parte si scateni una modalità di “precisazione” tale per cui alla fine quello che “sembra” e forse non è 🙂 è una litigata. io ho precisato, a mia volta, perchè sto ormai perennemente attaccata qua (modalità che assomiglia a un vizio), e perchè litigata è termine che avevo usato io.

  28. In Cina, nella selezione dei funzionari di alto rango, anche se eri intelligentissimo bastava fare uno sgorbio scrivendo e ti rimandavano a pascolare le tue bestie ossute.
    Molto meglio il Giappone, molto più elegante.

  29. Io non contesto la stroncatura di Nove, e in genere le stroncature. Contesto l’atteggiamento di Nove. quello che lui “predica” e in questo includo anche ciò che lui dice rispetto alla narrazione. Siccome, ripeto, mi è capitato di leggere sue lettere di difesa a se stesso (“Il Foglio”) contro stroncature che erano ben più moderate di quelle che usa fare lui, ho notato che c’è una discordanza di toni e argomentazioni fra quello che scrive di sé e ACCETTA per sé, e quello che scrive degli altri e INFLIGGE agli altri. Lì chiama in ballo la sua povertà (?) e questo “merdosissimo governo” che lo costringe a fare la fame per poter fare letteratura (se non ci credete andate a recuperare in rete queste lettere. alcune si trovano ancora!) e chiama in ballo la sua vita di sofferenza che, SECONDO ME, è degnissima di rispetto, ma che trovo inutilmente strumentalizzata in certi contesti dove si parla di letteratura. Per me Nove e quindi quello che afferma ha perso da tempo credibilità. Dietro ci leggo sempre un affanno per la sua sopravvivenza (come esaltare/giustificare quello che lui fa come l’unica cosa che ormai abbia senso in questo mondo). E leggo sempre una spinta tutta egoistica e narcisistica dietro le sue stroncature troppo animose. In ultimo, tanto per dirne una: critica la fiction, il cinema e la narrazione. Poi però scrive dei corti con pratagonista Gianfranco Funari e scrive sceneggiature per il cinema. C’è o no qualcosa che non torna? Insomma la stroncatura a Piperno e quello che lui afferma sulla narrazione non vengono dal pulpito giusto. è come se Marina Suma (“sapore di mare”) dicesse che lei non crede più nel cinema e che per questo negli ultimi 10 anni si è dedicata al teatro. Ormai le attrici di qualità non vanno più di moda e lavorano solo attrici di serie b come, per esempio, Margherita Buy.

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