SCRIVERE DOPO IL 2 APRILE

Che poi, fino a non molto tempo fa, si diceva che gli scrittori avevano sostituito i cronisti nella narrazione del reale. Fino, almeno, all’11 settembre 2001. Ci fu un convegno, su questo, e da quel convegno nacque un libro, che si chiamava Scrivere sul fronte occidentale. La sottoscritta, un paio di anni fa, lo recensì per il quotidiano. Ci torno perché non pochi degli interrogativi di allora tornano con forza a riproporsi oggi, in giornate che definire straordinarie è poco, giornate che sanno di Medioevo e insieme di kermesse planetaria, dove fede e paganesimo si mescolano senza soluzione (nello stesso vortice, la richiesta tribale del cuore del Papa, e i collezionisti di visioni con i cellulari). 
Comunque.Quel libro, e quel convegno, vertevano sul rapporto fra letteratura e reale. All’epoca, lo sintetizzavo (con i mali dovuti ad  ogni sintesi), così:

“E se Dario Voltolini si interroga sulla perdita di peso e di significato delle parole, se Antonio Moresco indirizza tutta la sua indignazione contro “lo schema simbolico totalizzante del reale e del virtuale, dominante nella lettura culturale di questi anni”, Carla Benedetti precisa che l´11 settembre ha affidato la narrazione ad altri: ai giornalisti, per cominciare, ma anche ai politici, agli economisti, ai sociologi che “si sono appropriati dell´Evento, lo hanno contemplato come dal futuro, rendendolo già passato” e che per questo non sono sfuggiti alla retorica. Diversi interventi vanno in questa direzione: Tiziano Scarpa sostiene, per esempio, che molti eventi del 2001, dall´omicidio di Novi Ligure al G8 di Genova, per finire con gli aerei scagliati contro le Torri, rappresentano una critica della finzione, sia essa sociale, politica, globale. Ancora: Giuseppe Genna esalta il ruolo degli scrittori “eretici” contro la nuova fiction della saggistica, Giulio Mozzi ribadisce che la letteratura “serve a parlare della verità”, Piersandro Pallavicini invoca romanzi “lunghi” che mettano in campo storia, scienza, etica, in un´organizzazione superiore di materiali complessi, Marosia Castaldi celebra la scrittura come racconto del caos. Il più diretto, e il più preoccupato, sembra Marco Drago: certo del fatto che a nessuno dei potenti del mondo interessi davvero quel che ha da dire uno scrittore sulla guerra (Oriana Fallaci? Un caso mediatico. Don DeLillo? Noioso). E intimorito da una probabile e strisciante costrizione ad abbandonare il romanzo dell´individuo: “Lo scrittore che vive sotto dittatura o sotto il terrore per ricevere attenzione non può occuparsi di cose come il matrimonio, il divorzio, la crisi di mezza età, la morte del padre. Se lo fa, lo fa in romanzi in cui la cornice è la situazione storica del suo paese. Lo dice André Brink in una recente intervista rilasciata a Pulp. Brink è sudafricano e dice che è contento che non ci sia più l´apartheid così può scrivere i romanzi come piace a lui e cioè con meno attenzione al sociale e più attenzione ai ghirigori del suo cervello. Dice che adesso si sente davvero uno scrittore. Prima, per essere letto e premiato, doveva sempre fare l´impegnato. Povero Brink. E poveri noi adesso”.

Sono, a maggior ragione, questioni aperte. Mi chiedo, con il senso crescente di irrealtà che circonda ogni abitante di Roma in queste ore, se qualcuno, per caso, stia già scrivendo qualcosa che racconti quel che avviene narrando apparentemente altro, e allontanando lo sguardo dalle sepolture dei papi, dalle saghe degli imbalsamatori, dalla fila dei pellegrini, dalla residenza dei presidenti.  Come fece, al cinema, l’Ettore Scola di Una giornata particolare.

138 pensieri su “SCRIVERE DOPO IL 2 APRILE

  1. Ma se è Valle Giulia va bene uguale, o deve essere il 2 aprile? E se è una famiglia dove c’è un “dittatore” che rovina la vita a quei tre quattro che ha davanti, è diverso che se si tratta di uno che la rovina a qualche milione? No, perchè io se non vedo le facce…forse neanche se vedo le facce!

  2. Filippo
    non troverai mai quello che cerchi nei romanzi, anche perchè l’illussione non esiste, esiste solo l’illusione…
    Comunque, dal mio punto di vista il cronista è sempre un pò scrittore e viceversa: lo scrittore è anche cronista. Provate a comprare una decina di quotidiani, di orientamento diverso, e leggete gli articoli riguardanti lo stesso evento. Come disse Beppe Grillo in un suo famoso spettacolo: se un alpinista muore travolto da una valanga…qualcuno scriverà “Alpinista incosciente muore travolto da una valanga”; qualcun’altro scriverà: “Montagna assassina”. Il cronista A non scrive mai esattamente le cose come lo farebbe il cronista B; semplicemente perchè, senza nulla togliere alla sua professionalità, in nessuno dei due casi, è un uomo con i suoi punti di vista, le sue considerazioni, il suo background, le sue aspettative e perchè no, anche le sue illusioni. Lo scrittore da parte sua è un angolo privilegiato di osservazione e mutamento del mondo. Osserva, cioè recepisce degli stimoli, i quali senz’altro saranno presenti nell’ispirazione che farà nascere le sue pagine; sarebbe anormale il contrario. Dunque: perchè mai uno scrittore non avrebbe potuto scrivere dell’11 Settembre e perchè mai non potrebbe scrivere del 2 Aprile?
    E muta: il suo pensiero, che illustra sicuramente delle illusioni, delle speranze, incontrerà menti e cuori e punti di vista, che coincidendo o divergendo dai suoi daranno luogo a dissertazioni, discussioni, linee di dialogo. In qualche modo, aggiungendo il suo modo di vedere e vivere e interpretar gli eventi avrà dato qualcosa che prima mancava, in ogni caso. Anzi vi dirò, forse parlerà dei fatti con un pò di umanità, di sensibilità e di coraggio: lo farà per comunicare il suo mondo interiore, senza pulsione di fare scoop, nonostante spererà di vendere 200.000.000 di copie.
    A prescindere da questo il buon gusto vorrebbe – e questo esula da quanto sopra detto – che si facesse qualcosa di più che una foto col cellulare dopo aver fatto sedici ore di fila per omaggiare una salma (vale per quelli che lo hanno fatto).
    Valchiria

  3. Giusto il tema, anche se ho paura che in questo momento la bilancia penda dalla parte dei cronisti più che dagli scrittori.
    Chi ha il coraggio di raccontare quello che sta succedendo? E quanto all’11 settembre, quali romanzi ci ricordiamo più del fatto stesso?

  4. Per fortuna la letteratura (per meglio dire gli autori di letteratura) e la realtà continuano a interagire senza regole, queste teorizzazioni trovano sempre eccezioni che scardinano le fondamenta stesse di ogni paradigma si voglia propugnare. E continueremo ad avere storie piccole che parlano dell’immenso e viceversa, la letteratura soufflé che racconta o interpreta il suo tempo senza che valga i byte o i caratteri che la esprimono.
    Io preferisco sempre le storie che raccontano di vite umane da vicino con il mondo sullo sfondo, ma da semplice lettore, non è che una preferenza personale e assai limitata.

  5. l’unica cosa giusta mi pare la dicesse drago.che la letteratura debba raccontare la verità poi poteva venire in mente solo a uno spretato come Mozzi.sarebbe bello sentirgliela raccontare davvero,la sua verità.io nei romanzi cerco l’illussione!

  6. Non solo la letteratura serve a parlare della verità, ma a questo serve ogni e qualunque attività umana, in quanto umana. (Sui gatti non ci posiamo contare).
    Poi, è suficiente non confondere verità con realtà

  7. Nel topic, Wu Ming su Romanzo Criminale di Giancarlo De Cataldo:
    “I giallisti hanno sempre usato le tecniche del loro genere, le regole della detection e della suspence, come strumento per agganciare il lettore e parlargli di realtà spesso molto complesse: mafia, corruzione, controllo del territorio e intrighi politici. Negli ultimi tempi questo elemento, già presente fin dagli inizi, si va decisamente accentuando. Molti autori cominciano a tenere conto di carte processuali, rapporti di polizia, cronache giudiziarie. L’ambientazione, anche quella delle storie più fantasiose, con serial killer metropolitani e maniaci scatenati, diventa sempre più attenta. I meccanismi in gioco richiamano sempre più situazioni reali, finché si arriva a romanzi come quelli di Carlotto, dove la malavita nordestina o le nuove mafie dell’Europa Orientale diventano protagoniste. La finzione narrativa non è più, soltanto, ispirata dalla realtà quotidiana, così da alludervi costantemente, ma finisce per contenere veri e propri frammenti di cronaca, mescolati ad essa e perfettamente amalgamati grazie a una radicale verosimiglianza.
    Tuttavia, Romanzo Criminale non è un giallo. Il lettore non resta incollato alle pagine per scoprire chi è l’assassino. Certo, l’elemento thriller non manca. Ma quello che avvince è la sensazione di trovarsi di fronte a un’epopea, un pezzo della storia d’Italia inquadrato dalla strada, un affresco corale dal punto di vista dei comprimari, sbirri e delinquenti che giocano la loro partita e la intrecciano con quella dell’intero Paese.
    Diversi segnali indicavano la necessità, finalmente, di immergere le mani nel marcio e nel sangue, nella storia criminale d’Italia, da una parte per descriverla, sezionarla, raccontarla – come ha fatto Carlo Lucarelli nelle sue trasmissioni televisive più recenti e nel libro di prossima pubblicazione Misteri d’Italia – dall’altra per provare a plasmare quella materia e a infonderle vita autonoma. Un segnale forte veniva dal teatro, dalle orazioni civili che Marco Paolini ha ricavato sulle vicende del Vajont, di Ustica, del Petrolchimico di Marghera. Anche le sue sono narrazioni epiche, mitiche, sebbene abbiano un tono molto differente. Sono cronaca e ballata popolare, spettacolo di cantastorie e controinchiesta, bestiario e informazione quotidiana. Lo spettacolo sul Petrolchimico è una raggelante fiaba contemporanea, mentre Romanzo criminale è un’Iliade sull’Italia anni ’80, sulla sua voracità, stracciona e terribile. E’ C’era una volta in America con Robert De Niro nella parte di un romanaccio, il Freddo.
    Ulteriori segnali giungevano da romanzi come quelli di Rea, centrati su eventi cruciali della cronaca napoletana, non più relegati sullo sfondo, a fare da tappezzeria alla vicenda, ma perno narrativo per far girare il racconto.
    Così, il narratore – magistrato De Cataldo ha consegnato alla letteratura di genere italiana il più ‘ellroyano’ dei noir finora apparsi sulla scena. Per stile, ritmo, progetto narrativo Romanzo Criminale è la versione nostrana dei capolavori di James Ellroy sulla nefasta utopia kennedyana”.

  8. mi sa che vito taccone ha proprio ragione. che è tutta un’illusione:fa pure rima e questa volta l’ho scritto bene. dico a te valchiria.nel pistolotto retorico che fai, citi perfino l’ex beppe grillo che da comico si è trasformato in sindacalista,ma un libro com’è che non lo citi?sei troppo impegnata nel blogerare?in effetti,il popolo dei blog-originale come definizione!-è un popolo che non legge scrive.in questo tipicamente italiani:ognuno c’ha un libro nel cassetto.ma quanti ce l’hanno “sul” cassetto.libri sull’11settembre ce ne sono stati e pure sul grande fratello- tipo covacich che reclamava sull’espresso la sua dose di realtà. così ha raccontato questa storia strappalacrime di un tizio che è così in crisi perchè a 38 anni,pensate, guadagna 600.ooo euro, ma poverino deve fare il producer del GF e la moglie universitaria lo disprezza e lui ci sta tanto male che diventa unabomber:e questa sarebbe la realtà.ma dove s’èmai vista gente simile.fiona è solo unpopettone noioso anche piuù del grande fratello.altroi che realtà,

  9. Filippo, che dalla letteratura ci si aspetti “qualche parola di verità” (Scarpa) è il pensiero di tutti gli scrittori, compreso Marco Drago. Un grande passo avanti per l’umanità sarebbe che anche i lettori pensassero così: troveremmo tante porcate in meno in libreria.

  10. Per me è già abbastanza leggere alcuni blog e poi fare qualche piccolo approfondimento. Quello che ho “trovato” oggi è un audio di “e lasciatemi divertire” di Palazzeschi. Buonagiornata a tutti!

  11. secondo il topic di Romanzo Criminale postato da severus: “Diversi segnali indicavano la necessità, finalmente, di immergere le mani nel marcio e nel sangue” “Finalmente?!!”. Ma se non si legge altro. ammesso che si legga. Qui, forse, ha ragione Filippo. Forse. Ecco allora io lancio questa idea che è una specie di concorso in cui non si vince niente. Vediamo quanti sono i romanzi in giro senza nemmeno un omicidio, un serial killer, uno squartamento.Forza. Chi inizia?

  12. già, ma che vuoi che sia un mese, amico mio. per il tuo cervello nuovo invece quanto dobbiamo aspettare? e poi sai, c’è davvero chi i libri (faticosamente) se li legge in lingua. hai presente quella cosa chiamata volontà? ecco, quella lì.

  13. Alessandro, non so se tu sia la versione aggiornata di Anonimo e In-Cursore, e non mi interessa molto. Comunque: stop con gli insulti personali, va bene?

  14. giusto,
    non credo che il 2 aprile sia così importante come l’11 9 (o valle giulia) ma magari mi sbaglio. credo che la letteratura parta dall’uomo per arrivare all’uomo e nel 2 aprile abbiamo soltanto televisioni che arrivano ad altre televisioni. lo so, non è un granchè come ragionamento, ma almeno è pertinente! :-))) e poi, ahimè, trovo moresco illeggibile (o al di là dei miei limitati orizzonti), de cataldo mi è piaciuto ma non lo vedo come wm, non credo sia un romanzo “epico”…

  15. Senti, Alessandocomo, tu provochi. E oggi non è giornata. E quindi io faccio come Genna: DISTURBANDO FAMIGLIE FELICI (pequod editore) di ANGELA SCARPARO, un thriller (il mio thriller, ergo!) dove non troverete assassini, ma solo una tensione – un uomo e una famiglia che per motivi di soldi incastrano una donna, e lei che come una cretina si lascia incastrare! – Vi ricordate Nella morsa del grande regista Ophuls? Non è niente in confronto a DISTURBANDO FAMIGLIE FELICI! Una suspence, una tensione, che hanno dell’ultrapsichico!!!” Eh, scusa…quanno ce vo’ ce vo!

  16. Gl, tra questo che hai detto, più il fatto che assomigli a Dickens, più il fatto che mi hai fatto leggere Carroll, che te devo da dì? Sei come la fila del papa!

  17. ciao ilposto!
    ti ho promesso una mia recensione sul tuo libro ma devi pazientare, non credo che riuscirò a trovare i money entro questo mese, ma a maggio…!!!!

  18. Scusate: ma mi sembra che l’argomento sia un altro. Sia Moresco sia De Cataldo sono due esempi diversi ma pertinenti. Il resto, no.
    🙂

  19. Lippa, hai ragione, io mi scuso, ma per me è veramente un “brutta” giornata particolare. Mi scuso. E ribadisco la domanda iniziale, però: quanto era importante nel film di Scola, il giorno, l’evento, proprio quell’evento lì? E così per questo 2 aprile. sì, è vero ci sono dentro: il cattolicesimo, Roma, Bush…ma se poi uno non trova dei tipi/e rappresentativi, che racconta? 🙂

  20. Si, prendiamo tutti esempio da gl che evidentemente i libri li legge in lingua. L’estraneo, non sarà lo straniero. Del resto con tutto il tempo che passa a spugnettarsi su questo blog? D’altra parte è un caso umano. Pensate che per comprarsi un libro deve aspettare un mese. poverino? La Scarparo ha voglia a patire.

  21. alessandro como ha ragione! basta squartamenti e chi più ne ha più ne metta! non è realtà quella!
    tornate a legere la Grande letteratura: ad esempio delitto e castigo o la divina commedia, o bernhard, ma perchè non rileggere il pasticciaccio o l’estraneo di camus? neanche un morto ammazzato da quelle parti, no?
    violenza, sempre violenza…

  22. Ma vai a cagare gl. e impara prima a leggere in italiano. prova a leggerti piperno, per iniziare. Si ti ci vorrù qualche mese per raccogliere i money, nel frattempo che smanetti sul tuo computerino. A proposito chi te li ha passati per comprarlo?non era meglio che ti facevi regalare la collezione completa di topolino: chissà che poi arrivavi a qualche libro. Comunque rilancio il concorso. Il mio libro senza squartmenti è Con le peggiori intenzioni di Pipernopensa

  23. e mi scuso pure con genna. ma oh, che ci posso fare se mi piace sfottere quel suo tono un po’ pomposo? 🙂 ultrapsichico, genna!

  24. A proposito di realtà e scrittura: consiglio la lettura del nuovo romanzo di Roberto Alajmo, “E’ stato il figlio”. Alajmo è un autore veramente indispensabile, riesce a parlarci della realtà senza esibire didascalie programmatiche. Un talento raro, di questi tempi.

  25. A proposito di realtà e scrittura: consiglio la lettura del nuovo romanzo di Roberto Alajmo, “E’ stato il figlio”. Alajmo è un autore veramente indispensabile, riesce a parlarci della realtà senza esibire didascalie programmatiche. Un talento raro, di questi tempi.

  26. La letteratura non deve soccombere alla plausibiità del reale, sosteneva Pessoa.
    Lo scrittore deve indagare le verità plurali.
    Il vero, non il reale.
    L’assenza, più della presenza.
    Credo a questo punto di essere d’accordo con Azione Parallela (eh, lui è filofoso, meglio farselo amico)

  27. Scrive Severus “E’ grazie a persone come Andrea che persone come Moresco non vengono capite. Grazie ai servi sciocchi.”
    Io non so se moresco non viene capito, boh. So di sicuro che non è letto. Se si potesse misurare il coefficente stroncature/pagine non lette Moresco sarebbe il primo. Ci sarà qualcosa che allontana subito dalle sue pagine, sarà la famosa “illegibilità” di cui parlava Guglielmi (scordando la bellezza dei “libri illeggibili” di Munari). E’ un peccato che sia così, perché per dire solo del Moresco saggista ci sono pagine che hanno la capacità di arrivare con una minima attitudine di ascolto. O forse bisogna mettersi il cuore in pace, forse certe cose servono a pochi. Questo è un atteggiamento che hanno per esempio quelli del Semplice, la vecchia rivista di Feltrinelli che ha allevato così tanti grandi scrittori. Quelli del Semplice sono disposti a riconoscere che un libro non è fatto per essere strombazzato ai quattro venti. Questo modo di pensare continua a darmi fastidio. Io lo chiamo “atteggiamento delle tredici sedie” (spiegazione: c’è una libreria che organizza presentazioni in un locale da tredici posti a sedere; gli ho chiesto perché non cercassero un posto più grande e loro hanno risposto che si potevano aggiungere altre due sedie. Pace, voglio bene lo stesso a quel punto einaudi).
    Un giorno naturalmente mi sposerò, avrò tanti figli e ricorderò il tempo in cui parlavo di letteratura incazzandomi pure.
    Questo è il link del bellissimo pezzo di Moresco su Bellow che ho notato è saltato.
    http://www.nazioneindiana.com/archives/001167.html#more

  28. C’è una fatica da restituire a questo Papa, e gratitudine da offrirgli per una grandezza sofferente.
    Non fate i cinici intelligentoni, pensate con la carne ogni tanto.

  29. Chiedo venia. Visti su uno scaffale della libereria che frequento. “Io Uccido”. “Non mi uccidere”. “Sono l’assassino”. “E’ stato il figlio”.Quello che si dice un delitto perfetto o non sarà una strage di lettori?Ma non vi siete ancora stancati?

  30. Ah, genna, e non risponderò mai come te, “Che c’è? Siete invidiosi? Io c’ho la supense e voi no!”. mai. Queste risposte le lascio a te 🙂

  31. …nè ti fa onore a proposito di personaggi da romanzo, dire “Non ti leggerò mai…”, un po’..pomposo e presuntuoso, diciamo, e il tipo di scrittore (il contrario di bellow) che io non amo. però, vedi, scherzando scherzando…in quanto al cuore in pace, stai tranquillo. sono clinicamente morta.

  32. genna, io scherzavo. però se te la prendi così, vuol dire che sei davvero pomposo. non che…sembri! in quanto a non leggermi. peggio per te, per due ore potresti distrarti – e dall’ultrapscihico e dall’esistenza – se non lo fai, a me che me ne fotte? 🙂
    Comunque, ero tornata invece per dire, a proposito di Moresco, che mi piace molto quello che cita a proposito di Bellow: un piccolo brano a proposito dei personaggi, dell’esistenza dei personaggi, dell’importanza dei personaggi nella letteratura.

  33. …se volete metto un po’ di radiohead, così facciamo il girotondo del giorno del papa- what a sadness…

  34. …dai, mettiamoci pure Valchiria, va. Wu Ming celo, Biondil celo. Serena, la Viviana di ieri, Marco Drago, celo celo celo. (celo=giusto) Scusate, che sembra che appiccio sempre la miccia. Che pensate dell’articolo citato da Moresco sui personaggi?

  35. Andreac, con tutto il rispetto, l’amore, e il vizio che ho per questo blog, lippa, spettatrix – che è sparita – prova a immaiginarti che sarebbe questo blog senza qualcuno che come te, gl, me, effe, e basta, altri non ci frega che non ci siano. qualcuno che ogni tanto non scatena qualche piccola lite, per motivi letterari, sempre, comunque. che resterebbe? genna: “lettori, siete sempre più numerosi sul mio sito! mi hanno tradotto in 300 lingue…ehi, invidiosi di me!”. 🙂

  36. ilposto, veloce come il fulmine, forse hai bettuto anche le previsioni.
    io non dico che non ci si possa scontrare, anzi, però capita più a te che ad altri. almeno, quando ti capita, rispondi con un post, capisco l’onda emotiva, e genne stavolta si meritava davvero 20 vaffanculo, però io preferirei parlare del topic.
    e se vogliamo anchre la polemica su moresco secondo me è assolutamente sterile.
    mi pare che la citazione di delillo e la mia seguente riflessione siano carne da mettere al fuoco. al vostro buon cuore.

  37. in un articolo scritto a ridosso dell 11 settembre don delillo scrive:
    “l’evento in sé non trova appiglio nella clemenza di nessuna analogia o similitudine. siamo costretti a prendere l’orrore e lo shock per quello che sono. Ma la lingua viva ne esce sminuita. Lo scrittore vuole comprendere come quel giorno ci abbia cambiati. È troppo presto per dirlo? Sembra sempre che a tutti noi manchi il tempo. Tutto è compresso, i programmi fatti in fretta, i tempi come forzati e distorti. Ma il linguaggio è inseparabile dal mondo che lo produce. Lo scrittore inizia dall’interno delle torri, cercando di immaginare quell’attimo, disperatamente. Prima della politica, prima della storia e della religione, c’è il terrore ancestrale. Gente che si butta dalle torri mano nella mano. Questo fa parte della contro-narrazione, uniti mani e spirito, l’umana bellezza dentro il collidere delle reti d’acciaio. Nella defezione di ogni termine di paragone l’avvenimento s’impone nella sua unicità. C’è come un vuoto nel cielo. Lo scrittore cerca di dare memoria, calore e significato a tutto quel vuoto che urla.”
    io trovo che l’11/9 sia un evento di segno diverso dalla morte del papa. mentre nell’attacco al wtc il fatto che fosse “reale” aggiungeva un brivido supplementareal suo carattere fortemente simbolico, lo tsunami emotivo sviluppatosi attorno alla morte del pontefice mi è sembrato irradiarsi proprio dal vuoto del reale.
    a latere:
    @ iposto – non passa giorno senza che tu inneschi una piccola lite. perchè?
    @ giuseppe genna – è vero che ilposto commina spesso sul confine tra il gioco citazionista e l’uso improprio delle parole altrui, sconfinando sovente anzichenò. ma non ti pare che esageri? ti svegli sempre storto?

  38. Ciao
    no, non sono sparita, ogni tanto vi leggo, ogni tanto mi inabisso nella mia solitudine. In questi giorni sono troppo impegnata e pigra, comunque vi abbraccio.
    E…. non litigate troppo
    Baci
    scusate l’OT

  39. Allora Andreac, dal “vuoto del reale”, tu dici. D’ora in poi a costo di scrivere, 🙂 appunto esattamente, mannaggia. A me a vedere tutta quella gente pigiatona, una in testa all’altra, mi vengono in mente, a caso: il medioevo (iconografia e letteratura, Giulio II che fa rifare la città pensando ai pellegrinaggi e crea una rete di strade che colleghi nel minor tempo possibile le basiliche, F. Paolo Michetti, Fellini, il sacco di Roma, la tenerezza che mi fa tutta questa gente che “percorre le orme dei padri”, ma sul serio, i polacchi che vogliono guadagnare postazioni in via della Conciliazione a scapito dei nostri (la solita guerra fra poveri) …mi fermo. Era solo un esempio per chiederti, senza litigare: come fai a dire “nel vuoto del reale” Il vuoto che nasce dal troppo pieno? Quello che sta succedendo – domani – ha una valenza simbolica troppo forte. Forse è per quello che non si riesce a leggere. La sopensione del giudizio è data a mio parere dall’incredulità: “Come, tutto assieme? Di nuovo? ma pensavamo che appartenesse alla sfera della fotografia, del cinema, della letteratura…e allora, se voglio raccontare a quale tradizione faccio riferimento? visto che un evento così li ha già toccati tutti i “settori” come un elfo in un supermercato…fruu..fru…fruuuu! 🙂

  40. Scusate, volevo semplicemente far notare che l’ultimo, aggressivo post firmato GISEPPE GENNA non dovrebbe essere attribuito a Giuseppe Genna: sia per l’errore nel nome che per il falso indirizzo email (di solito Genna indica l’URL dei Miserabili). Ecco, solo questo.

  41. Sì, Loredana, quello di Alajmo è proprio un bel libro. Pensavo a ciò che dice qualcuno,a proposito dei grandi autori, che sono i soli che cavalcano il genere per sfondarlo. Probabilmente è una sentenza un po’ banale, anzi, lo è sicuramente. Però leggendo Alajmo, leggendo le sacrosante parole di WuMing a proposito del genere come veicolo per narrare la realtà, leggendo dell’invasione di brandelli di realtà nella fiction (appunti, pagine di quotidiani, ecc.) – cosa, per la verità, già anticipata dall’avant pop – sono arrivato a una provvisoria certezza: si sta aprendo uno squarcio negli stilemi contemporanei, noi scrittori – anzi: i più bravi di noi -stiamo traghettando il logoro romanzo borghese verso un nuovo lido. Quale? Boh. Ma ricordate il neorealismo? Da esso nacque Calvino (che in realtà non c’azzeccava niente col neorealismo), nacque Vittorini, ecc.

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