SI CHIAMA DROR BURSTEIN

Mi scrive Davide Mano, ricercatore alla Tel Aviv University e traduttore (Avraham Heffner, Come Abelardo, come Eloisa, Giuntina, Firenze 2004, nonché un esempio qui). Davide mi segnala uno scrittore israeliano:
“Si chiama Dror Burstein, è stato già premiato in Israele sia per l’opera poetica che per la prosa, ma rimane a tutt’oggi sconosciuto al di fuori dei "confini" del suo Paese. In particolare sono rimasto felicemente colpito da un suo libretto uscito due anni fa, intitolato "Città gemelle", raccolta di notizie relative a errori e incidenti internazionali, che si distingue per una scrittura che richiama molto quella sudamericana, e per un genere che potrebbe essere definito "realismo magico geopolitico"”.

Altre notizie su Burstein: è nato nel 1970, vive a Tel Aviv, dove lavora alla programmazione di musica  classica dell’emittente radiofonica “Il Suono della Musica”.
Per farla corta, Davide sta cercando un editore che pubblichi il libro in Italia: e mi invia quattro brevi assaggi  da Città gemelle (Babel, Tel Aviv 2004). che condivido con i passanti. Hai visto mai.

1.

Il “Dakar Courier” rivela che, a causa di un leggero errore di pianificazione da parte dell’ingegnere israeliano, gli operai senegalesi hanno elevato il ponte tra Benguela, Angola e Salvador, Brasile, con una imprevista deviazione di novanta gradi. L’errore è stato individuato solo quando gli impiegati dell’Ufficio Emigrazione dell’Angola, al posto dei primi rimorchi pieni di caffè scuro salvadoreno, si sono stupiti di avvistare una dozzina di auto Mercedes che trasportavano un gruppo di turisti tedeschi in completo bianco tricot firmato “Cucchi Bellini”, sul taschino della giacca la scritta “Benvenuti in Sicilia” in inglese accanto al disegno di un vulcano in eruzione.

2.

Pochi sanno che lo scavo del canale di Panama, iniziato nel 1904, era solo il primo stadio del maestoso progetto di collegamento tra Africa e Sud America. Dopo il distaccamento del Sud America dal suo Nord, la terra superflua sarebbe stata rimorchiata e portata verso Oriente per mezzo di una flotta navale speciale messa a disposizione da Stati Uniti e Canada. Là, vicino al meridiano zero, le navi avrebbero dovuto lasciare in un sol colpo il Sud America e permettere, con la forza dell’accelerazione, alla terra di dirigersi verso la buca occidentale africana, come predisposto in maniera speciale a questo scopo, fino all’incontro tanto atteso. In Angola già erano iniziati i preparativi per le cerimonie di unificazione delle due città gemelle, Luanda e Salvador, Brasile, e in Sierra Leone già erano state appese migliaia di insegne colorate di benvenuto ai fratelli della Guyana francese dall’altra parte del mare. Il programma di distaccamento fu annullato però all’ultimo momento perché, dopo uno studio delle mappe, fu scoperto che nel tragitto di trasferimento del Sud America lungo l’Oceano Atlantico sarebbe stata travolta l’isola di Sant’Elena, di dominazione britannica, isola che secondo il piano – in seguito anch’esso sventuratamente decaduto – era destinata a ospitare lo Stato degli ebrei, sulla base del testo originale di Theodor Herzl.

3.

Strano, ma quella macchia sulla carta geografica che da tanti anni ormai viene chiamata Australia non fu altro che frutto di un ripetuto errore nel processo di stampa delle cartine del mondo: di fatto, l’isola era la copia capovolta della Cina, stampatasi sulla superficie dell’oceano a causa di una malcapitata piega della carta dovuta alla disattenzione dello stampatore ebreo, mentre il colore era ancora fresco sul foglio. Quando nel 2004 fu terminata la costruzione della seconda Muraglia cinese settentrionale sul confine con la Mongolia, e l’architetto, capo dell’equipe israeliana, salì scortato dalla sua guardia del corpo privata fin sulla cima ad ammirare per l’ultima volta il panorama mongolo che gli abitanti della Cina non avrebbero mai più rivisto, per loro grande sfortuna, scoprì con certo stupore che al posto delle vastità aride e sabbiose del deserto dei Gobi si stagliavano in tutta larghezza davanti al suo sguardo piane innevate, e che la Muraglia, che cominciava a sprofondare lentamente nelle acque dell’Oceano Indiano, era indirizzata verso sud e non verso nord, come da progetto.

4.

Il commentatore politico del “Panama Zeitung”, in stanza a Bonn, rivela oggi che Bela Alfonsin, dittatrice del Venezuela di origini ebraiche, ha pubblicato di recente un proclama presidenziale ed in esso la decisione di erigere lungo il confine nazionale – tortuoso ma aperto al pericolo costante di invasione, secondo le sue parole – un alto muro di difesa. I cittadini di Bogotà, capitale della Colombia, sono rimasti sorpresi un bel giorno di trovarsi una recinzione elettrica posizionata nelle vicinanze dei quartieri cittadini. Anche molti abitanti degli Stati confinanti, Brasile e Guyana, a distanza di alcune centinaia di chilometri, hanno partecipato dello stesso stupore, per il fatto che un muro simile era stato eretto anche nei loro Paesi. Si è infine appurato che l’equipe israeliana responsabile del progetto, formata da ingegneri ed esperti, a causa di un’insufficiente conoscenza del dialetto spagnolo usato di norma in Venezuela, si era sbagliata e aveva eretto il muro, invece che lungo le linee di confine dello Stato, lungo il quadrato formato dai meridiani e dai paralleli della cartina del pianeta Terra, abbastanza vicini alle frontiere venezuelane, cosa che certo rendeva molto più agile l’opera, come furono costretti ad ammettere in Brasile, in Colombia e in Guyana. Il commentatore politico del “Panama Zeitung” aggiunge che gli ingegneri dell’equipe israeliana, non ancora messi al corrente dell’errore, stanno lavorando duramente alla pianificazione dell’angolo nord-orientale del confine, che, da quanto risulta da uno studio della mappa, si prevede eretto tra le acque dell’Oceano Atlantico.

2 pensieri su “SI CHIAMA DROR BURSTEIN

  1. Sottile, sottilissimo! “Realismo magico geopolitico”. Accipicchia. Ed è sottile anche mettere i “confini” di Israele tra virgolette!

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